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N. 71 - Novembre 2013 (CII)

LE STRANEZZE DI MORETTI
GIUDIZI SOSPETTOSI SULLA "SFINGE DELLE BRIGATE ROSSE" - PARTE II

di Giuseppe Formisano

 

La data 8 settembre 1974 è una cesura nella storia delle BR. Curcio e Franceschini furono arrestati alla stazione di Pinerolo, in provincia di Torino, grazie all’infiltrato Silvano Girotto, un missionario cattolico comunista che nei suoi soggiorni sudamericani negli anni precedenti ebbe floridi contatti con guerriglieri e per questo motivo era chiamato “Frate Mitra”.

 

I carabinieri riuscirono ad arrestare i due fotografandoli con Girotto in vari incontri. E proprio delle foto furono mostrate dal giovane giudice istruttore Giancarlo Caselli a Franceschini quando fu arrestato.

 

In una di queste, racconta in Mara Renato e io. Storia dei fondatori delle BR: «era facilmente riconoscibile anche Mario e lui mi chiese: «Conosce questo?», indicando con l’indice la sua faccia. Io risposi che non sapevo chi fosse e Caselli mi disse: «Provi a chiedersi perché hanno deciso di arrestarvi quando c’era lei insieme a Curcio. Lei non è l’unico che si è incontrato con Girotto, anche quello della foto si è incontrato con lui; anzi lei con Girotto non ci ha praticamente mai parlato, lo ha visto a distanza…».

 

Infatti - continua Franceschini - quando Renato incontrò Girotto prima del nostro arresto io aspettai in macchina ma non capivo cosa volesse dirmi Caselli: forse voleva insinuare che Mario era un protetto dai carabinieri? La sua frase mi mise a disagio ma non volevo farmi vedere in difficoltà. Così gli risposi che probabilmente i carabinieri avevano arrestato me perché gli stavo più simpatico».

 

Sull’operazione di Pinerolo c’è ancora altro che andrebbe chiarito. Tre giorni prima dell’arresto, giovedì 5 settembre, il brigatista Levati ricevette una telefonata da una persona sconosciuta che gli avvisò dell’arresto di Curcio previsto la domenica mattina successiva.

 

Levati e altri compagni - racconta sempre in Mara Renato e io - cercarono Curcio fin quando il sabato pomeriggio diedero l’incarico di avvisarlo a Moretti il quale proprio quel giorno, così come Franceschini, era venuto a conoscenza dell’incontro perché lo stesso Curcio li aveva informati.

 

Nessun avvertimento del pericolo che stava per correre, però, raggiunse Curcio. Chi fece quella telefonata?

 

Franceschini ipotizza che fu qualcuno dell’arma dei carabinieri interessato «a far fallire la prima importante operazione dei nuclei speciali di Dalla Chiesa» oppure gli israeliani «perché in ottimi rapporti con carabinieri e servizi segreti e, come avevano dimostrato offrendoci armi, per nulla ostili all’attività delle Brigate rosse».

 

Nel 1975 le BR sequestrarono il produttore di spumante Gancia. I carabinieri intercettarono i brigatisti e in questa operazione Mar Cagol rimase uccisa con un «esecuzione», dice Franceschini.

 

Quando la brigatista era già ammanettata e in ginocchio, un carabiniere in borghese le si avvicinò, le puntò una pistola sotto l’ascella e sparò. Il proiettile le perforò i polmoni. Giorgio Semeria, un brigatista della prima ora, l’anno successivo rischiò di essere vittima della stessa sorte.

 

Fu arrestato alla stazione di Milano, sotto gli occhi della gente, solo che Semeria non morì e fu successivamente trasportato in ospedale. Dopo fu portato in carcere e da lì scrisse a Curcio che «Mario (Moretti, ndr) è una spia».

 

Franceschini incupisce ancor di più la storia di Moretti quando racconta cosa disse Curcio a proposito del suo secondo arresto. Come detto Curcio nel 1974 fu arrestato insieme a Franceschini a Pinerolo. Nel 1975 riuscì a evadere dal carcere di Casale Monferrato grazie a Francesco Marra, uno degli informatori dell’Ufficio affari riservati del Ministero degli Interni.

 

Durante la sua latitanza tenne una riunione di esecutivo con Semeria e Moretti che allora viveva a Genova. A fine riunione Moretti domandò a Curcio se potesse ospitarlo e dopo qualche esitazione, accettò.

 

La riunione si tenne di giovedì, il sabato Moretti andò via e la domenica Curcio e Nadia Mantovani (la brigatista che, pedinata, nell’ottobre del 1978 portò gli uomini del Generale Dalla Chiesa nel covo milanese di via Montenevoso dov’erano conservati alcuni preziosi manoscritti di Aldo Moro) furono arrestati.

 

Quando Curcio ricevette la lettera di Semeria, era rinchiuso alle Nuove di Torino con Franceschini e rivelò a questi: «Giorgio ha ragione, sono certo che Moretti è una spia». Affermazione dovuta con molta probabilità all’esperienza vissuta con il suo secondo arresto.

 

Per chiudere il quadro bisogna solo capire perché Semeria doveva morire, e proprio questo cerca di fare Fasanella, l’intervistatore dell’ex capo BR, il quale risponde (potendo «soltanto intuirlo»): «Semeria avrebbe potuto essere di fatto il nuovo capo delle Brigate rosse, aveva posto il problema di Moretti, che lui considerava una spia».

 

Mentre Moretti ascende al comando delle BR, il vecchio compagno con il quale si erano incontrati e poi distanziati, Corrado Simioni, fugge da un mandato di cattura e ripara a Parigi dove fonda la famosa scuola di lingue Hyperion, da sempre sospettata di avere avuto un ruolo attivissimo, soprattutto durante il sequestro Moro, nel manovrare i gruppi eversivi di sinistra, italiani e non, perché in realtà era una centro della CIA.

 

Michele Galati della colonna veneta BR, raccontò nel 1982 al giudice veneziano Mastelloni che nell’aprile 1979 cominciò a indagare sull’Hyperion, della brutta reazione che Moretti ebbe quando in auto con Galati apprese la notizia via radio di questa indagine. Secondo Galati, Moretti si chiese come avevano fatto ad arrivare fin lì, fin ai «compagni di riferimento a Parigi».

 

Interessanti sono anche le testimonianze del pentito Antonio Savasta. Entrato nell’esecutivo BR nel 1981 (a dicembre delle stesso anno sarebbe avvenuta la scissione con il Partito della Guerriglia di Giovanni Senzani), Savanta fu informato da Moretti su alcuni rapporti internazionali; Parigi sarebbe un coordinamento con altri gruppi della sinistra extraparlamentare europea.

 

È ancora tutta da verificare, però, l’ipotesi secondo la quale l’Hyperion non aveva tale funzione tra questi gruppi ma avesse il compito di manovrarli, con una mano a stelle e strisce d’oltre Atlantico. Americani o no, Simioni probabilmente riuscì a mettere su il progetto chiarito a Franceschini ai tempi anteprecedenti alla loro rottura: creare una struttura clandestina al di sopra delle clandestine Br.

 

Infine, riportiamo parte dell’affermazione di Franceschini posta a pagina 169 del libro con Fasanella che vuole tale Graziano Sassatelli testimone dinanzi al giudice Mastellone di un’ammissione di Simioni. Nella nota del testo è riportata anche la fonte giudiziaria:

 

«Prima del sequestro Moro, nel gennaio 1978, le Br ammazzarono a Roma il giudice Riccardo Palma. Un testimone che allora era in contatto con Simioni, ascoltato da Mastelloni, riferisce al magistrato un episodio inquietante.

 

Subito dopo l’agguato al giudice Palma, questo signore, commentando la notizia con Simioni, dice: «Cavolo, noi stiamo sempre a parlare di rivoluzione e di lotta armata e poi non facciamo mai nulla. Le Brigate rosse, invece, le cose loro le fanno». E Simioni gli risponde: «non ti preoccupare, perché noi siamo alla testa delle Br, abbiamo dei compagni in funzione di comando all’interno delle Br (…)».

 

Se queste parole siano state veramente pronunciate esattamente in questi termini, chi erano questi «compagni in funzione di comando all’interno delle Br»? È questa la domanda giusta che darebbe la possibilità di capire che cosa furono veramente le Brigate rosse.

 

La “sfinge” delle BR ha attirato sospetti anche per alcuni fatti riguardanti il caso Moro come la storia infestata di servizi segreti e finti rinvenimenti di covi come quello di via Gradoli 96, a Roma, in una palazzina cui avevano sede agenzie immobiliari riconducibili ai Servizi, covo organizzato da Moretti fin dal 1976 e scoperto con una palese messa inscena.

 

Sincero rivoluzionario o meno, Moretti è il brigatista che per più tempo ha vissuto in clandestinità, ben nove anni, e che durante il sequestro dell’assessore regionale campano Ciro Cirillo nel 1981 (che vide fortemente coinvolta la camorra del super boss Raffaele Cutolo) rimase vittima di un accoltellamento «nell’addome da sotto in su, come si vede nei film, un colpo per ammazzare» da parte del camorrista Salvatore Farre Figueras durante l’ora d’aria nel carcere di Cuneo, mentre era in compagnia dell’ex docente di Letteratura Italiana all’Università di Genova Enrico Fenzi, anch’egli brigatista e colpito dalla lama dopo Moretti.

 

Nel 2008 Simioni morì in Francia dove viveva da molti anni. È un personaggio noto per chi studia gli anni del terrorismo ma sconosciuto alla stragrande maggioranza del pubblico. Eppure nell’aprile 1980 ebbe notorietà, forse.

 

Craxi parlò del “Grande Vecchio” che avrebbe potuto manovrare dall’estero il terrorismo italiano: «Quando si parla del ‘grande vecchio’ bisognerebbe riandare indietro con la memoria, pensare a quei personaggi che avevano cominciato a far politica con noi... e che poi, improvvisamente sono scomparsi».

 

In queste parole qualcuno ha letto il profilo di Simioni.

 

Vedi anche: LE STRANEZZE DI MORETTI - parte I

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Giovanni Fasanella, Alberto Franceschini, Che cosa sono le BR, BUR, Milano 2007

Alberto Franceschini, Pier Vittorio Buffa, Franco Giustolini, Mara Renato e io. Storia dei fondatori delle BR. Mondadori, Milano 1991

Mario Moretti, Brigate Rosse. Una storia italiana (intevista di Carla Mosca e Rossana Rossanda, Baldini&Castoldi, Milano 1998



 

 

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