N. 67 - Luglio 2013 
                          
                          (XCVIII)
																						Le stranezze di Moretti
																						giudizi sospettosi sulla "Sfinge delle Brigate rosse" - parte I
																						di Giuseppe Formisano
																			 
																			
																			
																			Molte 
																			volte 
																			in 
																			cui 
																			si 
																			parla 
																			degli 
																			anni 
																			di 
																			piombo, 
																			si 
																			dice 
																			che 
																			alcuni 
																			episodi 
																			che 
																			hanno 
																			costituito 
																			e 
																			caratterizzato 
																			quella 
																			stagione 
																			di 
																			sangue 
																			devono 
																			essere 
																			ancora 
																			chiariti. 
																			Trattare 
																			di 
																			tale 
																			argomento, 
																			quindi, 
																			è 
																			delicato. 
																			Per 
																			fare 
																			storia 
																			con 
																			la 
																			“S” 
																			maiuscola 
																			del 
																			suddetto 
																			periodo 
																			bisogna 
																			stare 
																			molto 
																			attenti 
																			a 
																			non 
																			cadere 
																			nella 
																			dietrologia 
																			con 
																			tutti 
																			i 
																			suoi 
																			aneddoti 
																			tal 
																			volta 
																			anche 
																			affascinanti.
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			caso 
																			Moro, 
																			quel 
																			coacervo 
																			di 
																			misteri 
																			e 
																			antimisteri 
																			legati 
																			al 
																			rapimento 
																			e 
																			all’assassinio 
																			del 
																			Presidente 
																			della 
																			Democrazia 
																			Cristiana, 
																			rientra 
																			pienamente 
																			in 
																			queste 
																			vicende. 
																			Mario 
																			Moretti, 
																			l’allora 
																			leader 
																			dell’organizzazione 
																			terroristica 
																			che 
																			lo 
																			sequestrò 
																			(egli 
																			stesso, 
																			però 
																			non 
																			vuole 
																			sentir 
																			palare 
																			di 
																			leadership 
																			nelle 
																			BR) 
																			è 
																			sempre 
																			stato 
																			sospettato 
																			di 
																			essere 
																			una 
																			spia, 
																			un 
																			infiltrato, 
																			insomma 
																			un 
																			falso 
																			combattente 
																			comunista.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Tenendo 
																			presente 
																			quanto 
																			detto 
																			sopra, 
																			anche 
																			scrivere 
																			di 
																			Moretti 
																			e 
																			della 
																			sua 
																			presunta 
																			“ambiguità” 
																			può 
																			indurre, 
																			se 
																			si 
																			tratta 
																			l’argomento 
																			con 
																			faciloneria, 
																			a 
																			essere 
																			storicamente 
																			scorretti. 
																			Proviamo, 
																			allora, 
																			a 
																			trattare 
																			del 
																			caso 
																			basandoci 
																			sulla 
																			fonte 
																			orale 
																			di 
																			Alberto 
																			Franceschini, 
																			uno 
																			dei 
																			fondatori 
																			delle 
																			BR 
																			(ricordando, 
																			comunque, 
																			che 
																			non 
																			sempre 
																			una 
																			fonte 
																			orale 
																			è 
																			ritenuta 
																			una 
																			testimonianza 
																			storica).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Franceschini 
																			nel 
																			libro 
																			"Che 
																			cosa 
																			sono 
																			le 
																			BR", 
																			nato 
																			dalle 
																			domande 
																			che 
																			il 
																			giornalista 
																			Giovanni 
																			Fasanella 
																			pone 
																			all’ex 
																			terrorista, 
																			parla 
																			non 
																			poco 
																			di 
																			Moretti 
																			e 
																			delle 
																			sue 
																			«stranezze». 
																			Un 
																			capitolo 
																			del 
																			libro, 
																			infatti, 
																			si 
																			intitola 
																			proprio 
																			"Le 
																			stranezze 
																			di 
																			Moretti".
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Lo 
																			studio 
																			di 
																			questo 
																			personaggio 
																			meriterebbe 
																			di 
																			dare 
																			attenzione 
																			anche 
																			a 
																			giudizi 
																			e 
																			opinioni 
																			“opposte”, 
																			diverse 
																			da 
																			quelle 
																			di 
																			Franceschini 
																			che 
																			pur 
																			se 
																			autorevoli, 
																			poiché 
																			pronunciati 
																			da 
																			un 
																			uomo 
																			che 
																			ha 
																			ben 
																			conosciuto 
																			quella 
																			realtà, 
																			non 
																			possono 
																			essere 
																			accettate 
																			come 
																			oro 
																			colato, 
																			verità 
																			inossidabili, 
																			ma 
																			ricordandoci 
																			che 
																			in 
																			queste 
																			parole 
																			potrebbe 
																			esserci 
																			molta 
																			soggettività 
																			che 
																			- 
																			non 
																			necessariamente 
																			in 
																			malafede 
																			- 
																			possono 
																			“inquinare” 
																			i 
																			fatti 
																			e 
																			allontanarli 
																			dalla 
																			verità 
																			storica.
																			 
																			
																			
																			Prima 
																			di 
																			riportare 
																			e 
																			analizzare 
																			i 
																			fatti 
																			di 
																			seguito 
																			raccontati, 
																			è 
																			importante 
																			affermare 
																			che 
																			chi 
																			scrive 
																			non 
																			vuole 
																			assolutamente 
																			difendere 
																			a 
																			spada 
																			tratta 
																			la 
																			tesi 
																			del 
																			Moretti 
																			infiltrato 
																			ma 
																			limitarsi 
																			solo 
																			a 
																			riportare 
																			quanto 
																			ricordato 
																			dal 
																			fondatore 
																			BR.
																			 
																			
																			
																			Franceschini, 
																			reggiano, 
																			nel 
																			corso 
																			delle 
																			pagine 
																			ricostruisce 
																			la 
																			sua 
																			storia 
																			politica 
																			personale 
																			che 
																			l’ha 
																			portato, 
																			con 
																			altri, 
																			a 
																			costituire 
																			le 
																			Brigate 
																			rosse, 
																			corredando 
																			il 
																			tutto 
																			con 
																			proprie 
																			opinioni 
																			e 
																			giudizi. 
																			L’organizzazione 
																			nacque 
																			dal 
																			CPM, 
																			il 
																			Collettivo 
																			Politico 
																			Metropolitano 
																			fondato 
																			da 
																			Renato 
																			Curcio 
																			e 
																			Corrado 
																			Simioni, 
																			un 
																			ex 
																			iscritto 
																			al 
																			PSI 
																			di 
																			Milano 
																			con 
																			Craxi, 
																			che 
																			tenne 
																			nel 
																			novembre 
																			1969 
																			un 
																			convegno 
																			a 
																			Chiavari.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			A 
																			questo 
																			gruppo 
																			si 
																			avvicinò 
																			quello 
																			di 
																			Franceschini, 
																			i 
																			ragazzi 
																			dell’“Appartamento”, 
																			come 
																			li 
																			chiamava 
																			il 
																			PCI 
																			a 
																			Reggio 
																			Emilia. 
																			Quelli 
																			dell’Appartamento 
																			e i 
																			personaggi 
																			del 
																			CPM 
																			avevano 
																			all’incirca 
																			la 
																			stessa 
																			concezione 
																			della 
																			politica: 
																			entrambi 
																			volevano 
																			organizzare 
																			la 
																			lotta 
																			armata 
																			perché 
																			convinti 
																			che 
																			questo 
																			strumento 
																			violento 
																			non 
																			fosse 
																			solo 
																			indispensabile 
																			per 
																			realizzare 
																			determinati 
																			progetti 
																			ma 
																			anche 
																			giusto 
																			da 
																			utilizzare, 
																			contrapponendolo 
																			alla 
																			violenza 
																			di 
																			Stato.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Nella 
																			primavera 
																			del 
																			1970 
																			le 
																			discussioni 
																			sul 
																			passaggio 
																			alla 
																			clandestinità 
																			erano 
																			sempre 
																			più 
																			vive 
																			e 
																			contornate 
																			da 
																			serie 
																			intenzioni. 
																			Nel 
																			CPM 
																			c’era 
																			anche 
																			Margherita 
																			“Mara” 
																			Cagol, 
																			moglie 
																			di 
																			Curcio 
																			la 
																			quale 
																			con 
																			questi 
																			e 
																			Franceschini 
																			costituirà 
																			il 
																			trio 
																			originario 
																			delle 
																			BR. 
																			La 
																			donna 
																			faceva 
																			parte 
																			delle 
																			cosiddette 
																			“zie 
																			rosse”, 
																			una 
																			sorte 
																			di 
																			organizzazione
																			
																			
																			 
																			
																			
																			semiclandestina 
																			all’interno 
																			del 
																			CPT 
																			e 
																			concepito 
																			da 
																			Simioni 
																			il 
																			cui 
																			compito 
																			era 
																			quello 
																			di 
																			uscire 
																			dai 
																			cortei 
																			delle 
																			manifestazioni, 
																			«colpire 
																			determinati 
																			obiettivi 
																			(…) 
																			per 
																			alzare 
																			il 
																			livello 
																			di 
																			scontro 
																			nei 
																			cortei», 
																			e 
																			rientrarvi 
																			mimetizzandosi. 
																			Nove 
																			mesi 
																			dopo 
																			la 
																			strage 
																			di 
																			Piazza 
																			Fontana, 
																			nel 
																			convegno 
																			di 
																			Pecorile, 
																			vicino 
																			Reggio 
																			Emilia, 
																			nell’agosto 
																			del 
																			1970, 
																			avvenne 
																			l’unione 
																			tra 
																			quelli 
																			dell’Appartamento 
																			e il 
																			CPM, 
																			dando 
																			così 
																			vita 
																			al 
																			collettivo 
																			Sinistra 
																			Proletaria.
																			 
																			
																			
																			L’anno 
																			seguente 
																			Franceschini 
																			si 
																			trasferì 
																			a 
																			Milano 
																			prima 
																			da 
																			Curcio 
																			e 
																			Mara 
																			poi 
																			nella 
																			comune 
																			in 
																			cui 
																			viveva 
																			anche 
																			Simioni. 
																			Entrambe 
																			le 
																			organizzazioni, 
																			ormai 
																			unite 
																			- 
																			come 
																			detto 
																			- 
																			volevano 
																			la 
																			lotta 
																			armata 
																			ma 
																			ciò 
																			non 
																			significa 
																			che 
																			non 
																			ci 
																			fossero 
																			divergenze. 
																			Franceschini, 
																			infatti, 
																			racconta 
																			che 
																			lui 
																			(Simioni) 
																			«proponeva 
																			di 
																			colpire 
																			in 
																			alto. 
																			Noi 
																			pensavamo 
																			a 
																			piccoli 
																			atti 
																			di 
																			“giustizia 
																			proletaria”, 
																			legati 
																			alla 
																			realtà 
																			delle 
																			fabbriche 
																			e 
																			alle 
																			lotte 
																			operaie. 
																			Per 
																			lui, 
																			invece, 
																			il 
																			punto 
																			chiave 
																			era 
																			la 
																			lotta 
																			antimperialista, 
																			da 
																			condurre 
																			con 
																			azioni 
																			eclatanti».
																			
																			
																			 
																			
																			
																			La 
																			rottura 
																			arrivò 
																			quando 
																			Simioni 
																			fu 
																			autore 
																			di 
																			alcune 
																			«stranezze» 
																			come 
																			il 
																			tentativo, 
																			rifiutato 
																			da 
																			Franceschini, 
																			di 
																			sottoporlo 
																			a un 
																			questionario 
																			molto 
																			intimo 
																			e 
																			privato 
																			(si 
																			chiedeva 
																			addirittura 
																			se 
																			si 
																			praticasse 
																			la 
																			masturbazione) 
																			con 
																			il 
																			fine 
																			di 
																			creare 
																			una 
																			struttura 
																			clandestina 
																			tutta 
																			sua, 
																			da 
																			egli 
																			gestita 
																			e 
																			controllata. 
																			Ecco 
																			alcune 
																			cose 
																			ritenute 
																			sospettose 
																			dall’ex 
																			terrorista 
																			reggino: 
																			nel 
																			settembre 
																			del 
																			1970 
																			il 
																			collettivo 
																			tenne 
																			una 
																			riunione 
																			in 
																			Liguria, 
																			ospite 
																			di 
																			Savina 
																			Longhi, 
																			presentata 
																			da 
																			Simioni 
																			come 
																			l’ex 
																			segretaria 
																			di 
																			Manlio 
																			Brosio, 
																			ambasciatore italiano 
																			e 
																			dal 
																			1964 
																			al 
																			1971 
																			segretario 
																			generale 
																			della 
																			NATO.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			posto 
																			dunque 
																			non 
																			pareva 
																			certamente 
																			adeguato 
																			a 
																			ospitare 
																			aspiranti 
																			terroristi 
																			comunisti. 
																			Simioni 
																			giustificò 
																			il 
																			tutto 
																			dicendo 
																			che 
																			la 
																			donna 
																			era 
																			stata 
																			una 
																			sua 
																			infiltrata 
																			in 
																			quell’ufficio; 
																			l’ex 
																			socialista 
																			non 
																			solo 
																			organizzò 
																			un 
																			attentato 
																			all’ambasciata 
																			americana 
																			ad 
																			Atene 
																			nel 
																			quale 
																			perse 
																			la 
																			vita 
																			una 
																			donna 
																			senza 
																			dir 
																			nulla 
																			agli 
																			altri 
																			compagni, 
																			ma 
																			nel 
																			paese 
																			ellenico 
																			(in 
																			quel 
																			periodo 
																			al 
																			potere 
																			c’era 
																			una 
																			dittatura 
																			fascista) 
																			aveva 
																			dei 
																			soldi 
																			depositati 
																			in 
																			una 
																			cassetta 
																			di 
																			sicurezza. 
																			A 
																			quel 
																			punto 
																			Franceschini, 
																			la 
																			Cagol 
																			e 
																			Curcio 
																			decisero 
																			che 
																			avrebbero 
																			preso 
																			strade 
																			diverse 
																			da 
																			Simioni.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			I 
																			due 
																			uomini 
																			e la 
																			donna 
																			chiamavano 
																			l’organizzazione 
																			che 
																			Simioni 
																			voleva 
																			mettere 
																			su 
																			«superclan», 
																			cioè 
																			superclandestino. 
																			Simioni 
																			fu 
																			seguito 
																			da 
																			varie 
																			persone 
																			tra 
																			cui 
																			Prospero 
																			Gallinari, 
																			anch’egli 
																			reggiano, 
																			l’uomo 
																			ritenuto 
																			il 
																			numero 
																			due 
																			del 
																			sequestro 
																			Moro 
																			e 
																			fidato 
																			di 
																			Moretti.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Paolo 
																			Emilio 
																			Taviani, 
																			partigiano, 
																			antifascista 
																			e 
																			anticomunista, 
																			uno 
																			dei 
																			più 
																			autorevoli 
																			esponenti 
																			della 
																			DC 
																			che 
																			era 
																			a 
																			conoscenza 
																			di 
																			Gladio, 
																			ministro 
																			dell’Interno 
																			dal 
																			1962 
																			al 
																			1968 
																			e di 
																			nuovo 
																			da 
																			1973 
																			al 
																			1974, 
																			ha 
																			rivelato 
																			nel 
																			suo 
																			libro 
																			di 
																			memorie 
																			"Politica 
																			e 
																			memoria 
																			d’uomo" 
																			(Il 
																			Mulino, 
																			Bologna 
																			2002) 
																			cosa 
																			gli 
																			confidò 
																			Dalla 
																			Chiesa, 
																			cioè 
																			che 
																			l’evasione 
																			di 
																			Gallinari 
																			dal 
																			carcere 
																			di 
																			Treviso 
																			del 
																			2 
																			gennaio 
																			1977, 
																			fu 
																			favorita 
																			«con 
																			lo 
																			scopo 
																			di 
																			scovare 
																			Moretti».
																			
																			
																			 
																			
																			
																			È la 
																			teoria 
																			dei 
																			“rami 
																			verdi”; 
																			lasciare 
																			libero 
																			un 
																			pesce 
																			piccolo, 
																			pedinarlo, 
																			tenerlo 
																			d’occhio 
																			perché 
																			prima 
																			o 
																			poi 
																			avrebbe 
																			sicuramente 
																			portato 
																			al 
																			pesce 
																			grosso, 
																			appunto 
																			Moretti. 
																			Gallinarì 
																			dalla 
																			«Sfinge 
																			delle 
																			Brigate 
																			rosse» 
																			(così 
																			Sergio 
																			Flamigni 
																			intitola 
																			il 
																			libro 
																			della 
																			biografia 
																			morettina) 
																			ci 
																			andò 
																			sicuramente, 
																			tanto 
																			che 
																			con 
																			altri 
																			compagni 
																			tenne 
																			Moro 
																			sequestrato 
																			per 
																			quasi 
																			due 
																			mesi. 
																			É 
																			legittimo 
																			domandarsi: 
																			il 
																			piano 
																			per 
																			arrestare 
																			Moretti 
																			dove 
																			andò 
																			a 
																			finire?
																			
																			
																			 
																			
																			
																			«La 
																			fuga 
																			di 
																			Gallinari, 
																			nel 
																			1977, 
																			fu 
																			favorita 
																			- 
																			scrisse 
																			Taviani 
																			- 
																			con 
																			lo 
																			scopo 
																			di 
																			scovare 
																			Moretti». 
																			E 
																			continua, 
																			«Purtroppo 
																			ci 
																			si 
																			accorse 
																			tardi 
																			dell’importanza 
																			del 
																			ruolo 
																			di 
																			Moretti». 
																			È 
																			possibile 
																			trovare 
																			una 
																			risposta 
																			in 
																			questa 
																			frase? 
																			Quale 
																			ruolo 
																			importante, 
																			oltre 
																			a 
																			quello 
																			di 
																			leader 
																			dell’organizzazione, 
																			aveva 
																			Moretti?
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Ma 
																			perché 
																			dileguarsi 
																			su 
																			Simioni, 
																			il 
																			CPM, 
																			l’“Appartamento”, 
																			passando 
																			per 
																			Pecorile 
																			se 
																			l’oggetto 
																			principale 
																			è 
																			Mario 
																			Moretti? 
																			Il 
																			futuro 
																			leader 
																			(o 
																			«dirigente» 
																			come 
																			si 
																			definì 
																			in 
																			un’intervista 
																			anni 
																			fa, 
																			rifiutando 
																			di 
																			essere 
																			chiamato 
																			capo 
																			delle 
																			BR), 
																			faceva 
																			parte 
																			della 
																			Sinistra 
																			Proletaria 
																			e si 
																			allontanò 
																			prima 
																			della 
																			rottura 
																			tra 
																			Simioni, 
																			Franceschini, 
																			Curcio 
																			e 
																			Cagol, 
																			accusando 
																			l’organizzazione 
																			di 
																			essere 
																			pavida 
																			e 
																			non 
																			rivoluzionaria.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Nella 
																			primavera 
																			del 
																			1971 
																			si 
																			riavvicinò 
																			al 
																			gruppo 
																			di 
																			Franceschini. 
																			Questi 
																			è 
																			fermamente 
																			convinto 
																			che 
																			il 
																			suo 
																			ritorno 
																			non 
																			fosse 
																			né 
																			casuale 
																			né 
																			spontaneo: 
																			«fu 
																			Simioni 
																			- 
																			dice 
																			- 
																			che 
																			non 
																			aveva 
																			accantonato 
																			il 
																			suo 
																			progetto 
																			di 
																			egemonizzare 
																			il 
																			gruppo, 
																			a 
																			rimandarlo».
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Con 
																			il 
																			suo 
																			ritorno 
																			ha 
																			inizio 
																			«l’escalation 
																			della 
																			violenza 
																			brigatista» 
																			e 
																			c’è 
																			il 
																			primo 
																			sequestro 
																			di 
																			persona. 
																			La 
																			vittima 
																			è 
																			Adalgo 
																			Macchiarini, 
																			un 
																			dirigente 
																			della 
																			SitSiemens, 
																			l’azienda 
																			presso 
																			la 
																			quale 
																			lavorava 
																			allora 
																			lo 
																			stesso 
																			Moretti. 
																			Nella 
																			primavera 
																			del 
																			1972 
																			Franceschini 
																			ha 
																			in 
																			mente 
																			di 
																			sequestrare 
																			De 
																			Carolis, 
																			persona 
																			importante 
																			dell’area 
																			più 
																			conservatrice 
																			della 
																			DC.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			progetto 
																			non 
																			arriva 
																			a 
																			compimento 
																			grazie 
																			all’intervento 
																			della 
																			polizia 
																			che 
																			arresta 
																			vari 
																			personaggi 
																			tra 
																			cui 
																			Marco 
																			Pisetta, 
																			proveniente 
																			dai 
																			GAP 
																			di 
																			Giangiacomo 
																			Feltrinelli, 
																			morto 
																			tragicamente 
																			proprio 
																			in 
																			quell’anno. 
																			Con 
																			lo 
																			scioglimento 
																			del 
																			gruppo 
																			armato 
																			dell’editore, 
																			Pisetta 
																			chiede 
																			di 
																			entrare 
																			nelle 
																			BR.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Franceschini 
																			è 
																			convinto 
																			che 
																			già 
																			con 
																			i 
																			GAP 
																			fosse 
																			un 
																			infiltrato 
																			e 
																			per 
																			tale 
																			motivo 
																			subito 
																			dopo 
																			il 
																			suo 
																			arresto 
																			iniziò 
																			a 
																			collaborare 
																			con 
																			la 
																			polizia. 
																			In 
																			occasione 
																			del 
																			blitz 
																			che 
																			portò 
																			alla 
																			scoperta 
																			del 
																			covo 
																			nel 
																			quale 
																			sarebbe 
																			stato 
																			tenuto 
																			prigioniero 
																			De 
																			Carolis, 
																			Moretti 
																			commise 
																			un 
																			errore 
																			che 
																			Franceschini 
																			reputa 
																			invece 
																			la 
																			prima 
																			«stranezza».
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Scampando 
																			per 
																			poco 
																			all’arresto, 
																			i 
																			compagni 
																			di 
																			Moretti 
																			scoprono 
																			che 
																			questi 
																			non 
																			aveva 
																			distrutto 
																			alcuni 
																			negativi 
																			di 
																			foto 
																			(ritraevano 
																			le 
																			mani 
																			di 
																			Franceschini 
																			e di 
																			un 
																			altro 
																			brigatista 
																			che 
																			puntavano 
																			la 
																			pistola 
																			alla 
																			testa 
																			di 
																			Macchiarini) 
																			scoperti 
																			nel 
																			luogo 
																			che 
																			sarebbe 
																			dovuto 
																			essere 
																			stato 
																			il 
																			covo 
																			di 
																			De 
																			Carolis. 
																			I 
																			negativi 
																			potevano 
																			essere 
																			pericolosi 
																			e 
																			compromettenti 
																			ma 
																			la 
																			polizia 
																			non 
																			arrivò 
																			a 
																			loro, 
																			anzi, 
																			il 
																			mancato 
																			arresto 
																			dei 
																			tre 
																			fondatori 
																			più 
																			Morlacchi 
																			(un 
																			altro 
																			brigatista 
																			coinvolto 
																			nel 
																			sequestro) 
																			e 
																			Moretti, 
																			diede 
																			«l’impressione 
																			che 
																			qualcuno 
																			ci 
																			proteggesse», 
																			afferma 
																			Franceschini. 
																			Dopo 
																			questa 
																			storia, 
																			Moretti 
																			diventa 
																			un 
																			brigatista 
																			clandestino 
																			perché 
																			era 
																			in 
																			pericolo 
																			di 
																			arresto.
																			 
																			
																			
																			Franceschini 
																			non 
																			si 
																			limita 
																			a 
																			ciò. 
																			Oltre 
																			a 
																			parlare 
																			di 
																			altre 
																			questioni 
																			(come 
																			l’abitazione 
																			di 
																			Moretti, 
																			di 
																			fronte 
																			a 
																			quella 
																			di 
																			Antonino 
																			Allegra, 
																			capo 
																			dell’ufficio 
																			Politico 
																			della 
																			Questura 
																			milanese) 
																			narra 
																			un 
																			fatto 
																			molto 
																			singolare 
																			e 
																			poco 
																			conosciuto 
																			che 
																			tra 
																			i 
																			più 
																			episodi 
																			raccontati 
																			è, a 
																			mio 
																			modestissimo 
																			avviso, 
																			il 
																			più 
																			sorprendente.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Giugno 
																			1973: 
																			il 
																			dirigente 
																			dell’Alfa 
																			di 
																			Arese 
																			Michele 
																			Mincuzzi 
																			entra 
																			nel 
																			mirino 
																			delle 
																			BR. 
																			Il 
																			suo 
																			sequestro 
																			è 
																			un’operazione 
																			gestita 
																			quasi 
																			totalmente 
																			da 
																			Moretti 
																			che 
																			realizza 
																			anche 
																			la 
																			classica 
																			foto 
																			del 
																			prigioniero 
																			con 
																			il 
																			simbolo 
																			dell’organizzazione 
																			su 
																			un 
																			cartello. 
																			Nulla 
																			di 
																			anomalo 
																			se 
																			non 
																			fosse 
																			che 
																			la 
																			stella 
																			delle 
																			BR 
																			non 
																			ha 
																			cinque 
																			punte 
																			ma 
																			sei, 
																			come 
																			quella 
																			di 
																			Davide, 
																			simbolo 
																			dell’ebraismo 
																			e 
																			dello 
																			Stato 
																			d’Israele
																			
																			
																			 
																			
																			
																			«Noi 
																			allora 
																			pensammo 
																			che 
																			Moretti 
																			fosse 
																			un 
																			po’distratto. 
																			Oppure 
																			che, 
																			commettendo 
																			quell’errore, 
																			aveva 
																			voluto 
																			mandare 
																			un 
																			messaggio 
																			a 
																			qualcuno. 
																			Che 
																			cos’altro 
																			dovevamo 
																			pensare? 
																			Molti 
																			anni 
																			dopo, 
																			un 
																			ufficiale 
																			dei 
																			carabinieri 
																			che 
																			ha 
																			speso 
																			la 
																			sua 
																			vita 
																			a 
																			indagare 
																			sul 
																			terrorismo, 
																			mi 
																			ha 
																			detto: 
																			«Moretti 
																			voleva 
																			mandare 
																			un 
																			messaggio 
																			agli 
																			israeliani: 
																			guardate 
																			che 
																			cosa 
																			sono 
																			in 
																			grado 
																			di 
																			fare, 
																			comando 
																			io».
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Franceschini 
																			non 
																			fa 
																			cenno 
																			a 
																			chi 
																			fosse 
																			il 
																			carabiniere 
																			che 
																			pronunciò 
																			questa 
																			confidenza 
																			né 
																			fornisce 
																			altri 
																			riferimenti 
																			ma 
																			ciò 
																			che 
																			lascia 
																			ancora 
																			di 
																			più 
																			a 
																			bocca 
																			aperta 
																			è 
																			che 
																			una 
																			risposta 
																			da 
																			Israele, 
																			ci 
																			fu!
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Nel 
																			dicembre 
																			dello 
																			stesso 
																			anno, 
																			tramite 
																			Antonio 
																			Bellavita 
																			e 
																			Aldo 
																			Bonomi 
																			del 
																			giornale 
																			“Controinformazione” 
																			che 
																			fiancheggiava 
																			le 
																			BR, 
																			i 
																			servizi 
																			segreti 
																			d’Israele 
																			chiesero 
																			un 
																			contatto 
																			con 
																			i 
																			brigatisti. 
																			Il 
																			messaggio 
																			proveniente 
																			dal 
																			medioriente 
																			era 
																			sostanzialmente 
																			questo: 
																			«Non 
																			vogliamo 
																			dirvi 
																			che 
																			cosa 
																			fare, 
																			a 
																			noi 
																			interessa 
																			solo 
																			che 
																			voi 
																			esistiate, 
																			e 
																			noi 
																			vi 
																			diamo 
																			armi 
																			e 
																			danaro». 
																			L’offerta 
																			fu 
																			rifiutata.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			tutto 
																			rimanda 
																			al 
																			“Field 
																			Manual”, 
																			un 
																			documento 
																			americano 
																			top-secret 
																			del 
																			1970 
																			che 
																			vede 
																			i 
																			terrorismi 
																			di 
																			diversi 
																			colori 
																			come 
																			un 
																			ottimo 
																			strumento 
																			da 
																			utilizzare 
																			per 
																			fini 
																			egemonici 
																			e di 
																			equilibri. 
																			Equilibri 
																			di 
																			Guerra 
																			fredda, 
																			ovviamente.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			L’importante 
																			documento 
																			definisce 
																			il 
																			terrorismo 
																			un 
																			«fattore 
																			interno 
																			stabilizzante» 
																			profilando 
																			una 
																			nuova 
																			teoria 
																			dell’anticomunismo, 
																			quella 
																			di 
																			«destabilizzare 
																			ai 
																			fini 
																			di 
																			stabilizzare», 
																			controllando 
																			e 
																			orientando 
																			i 
																			vari 
																			gruppi 
																			eversivi, 
																			pilotandoli 
																			con 
																			l’inserimento 
																			di 
																			infiltrati 
																			nei 
																			loro 
																			“organi” 
																			decisionali.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			documento, 
																			dopo 
																			essere 
																			stato 
																			pubblicato 
																			da 
																			un 
																			giornale 
																			turco 
																			e da 
																			uno 
																			spagnolo, 
																			fu 
																			pubblicato 
																			in 
																			Italia 
																			il 
																			27 
																			ottobre 
																			1978 
																			dal 
																			settimanale 
																			“L’Europeo”.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Se 
																			davvero 
																			quanto 
																			previsto 
																			dal 
																			documento 
																			abbia 
																			trovato 
																			attuazione 
																			in 
																			Italia 
																			significherebbe 
																			che 
																			le 
																			BR, 
																			italiane 
																			di 
																			nascita, 
																			abbiano 
																			poi 
																			preso 
																			una 
																			strada 
																			diversa 
																			- o 
																			meglio, 
																			questa 
																			strada 
																			sarebbe 
																			stata 
																			fatta 
																			prendere 
																			- in 
																			direzione 
																			atlantica, 
																			divenendo 
																			strumento 
																			in 
																			mani 
																			americane.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			A 
																			Israele 
																			sarebbe 
																			convenuto 
																			avere 
																			un 
																			paese 
																			come 
																			l’Italia 
																			- al 
																			centro 
																			del 
																			mediterraneo, 
																			con 
																			un 
																			forte 
																			partito 
																			comunista 
																			da 
																			controllare 
																			- 
																			instabile. 
																			Gli 
																			USA, 
																			nella 
																			gestione 
																			del 
																			medioriente, 
																			si 
																			sarebbero 
																			affidati 
																			più 
																			ai 
																			sionisti.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Vedi 
																			anche:
																			
																			
																			LE STRANEZZE DI MORETTI 
																			- 
																			parte 
																			II
																			
																			 
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Riferimenti 
																			bibliografici:
																			 
																			
																			
																			P.E. 
																			Taviani,
																			
																			Politica 
																			e 
																			memoria 
																			d’uomo, 
																			Il 
																			Mulino, 
																			Bologna 
																			2002.
																			
																			
																			G. 
																			Fasanella, 
																			A. 
																			Franceschini,
																			
																			Che 
																			cosa 
																			sono 
																			le 
																			BR, 
																			BUR, 
																			Milano 
																			2007.
																							
																			
																			
																			
																			
																							
																			 
																			
																			