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ARTE


N. 78 - Giugno 2014 (CIX)

Villa Torlonia, il polo museale
lungo la via nomentana - PARTE I

di Silvia Mattina

 

Villa Torlonia è una delle splendide ville pubbliche di Roma ed è situata nel quartiere Nomentano, in particolare nel quinto rione, con un'estensione che va da Porta Pia, attraversando via Nomentana e Viale dell'Università fino ad arrivare alla Stazione Tiburtina.

 

La Via Nomentana e la Via Salaria erano le due vie consolari che portavano alla Sabina, vicine tra loro e considerate importanti snodi di comunicazione e di commercio.

 

Dopo l'Unità d'Italia ci furono degli importanti lavori di sistemazione che interessarono in particolare la zona di Porta Pinciana e di Via Nomentana, da questi scavi emerse un vasto sepolcreto a due piani composto di stratificazioni di periodi differenti: fine del secolo repubblicano e dell'impero e altri contemporanei e posteriori al tempo di Traiano.

 

La datazione precisa di questa costruzione, purtroppo non è pervenuta fino ad oggi,  anche se è possibile restringere il lasso temporale grazie al ritrovamento della lapide con il nome di Gneo Munazio Aurelio Basso  nella zona di Mentana.

 

Dall'iscrizione sulla lapide emerge una figura che rivestì numerose cariche pubbliche, tra le altre fu procuratore di Augusto e curatore della via Nomentana:

 

gn.munatius marci filius palatina

aurelius bassus

procurator augusti

praefectus fabrum praefectus cohortis iii

sagittariorum praefectus cohortis iterum ii

asturum censitor civivm

romanorvm  coloniae victri_

censis qvae est in brittannia

camalodvni curator

viae nomentanae patronus eiusdem

municipi flamen perpetvs

duumvirali potestate

aedilis dictator iii

 

La Nomentana, in origine, era denominata via Ficulensis e arrivava fino alla località di Ficulea, mentre successivamente divenne un'importante via consolare che collegava Roma con una città chiamata Nomentum, oggi l'attuale Mentana.

 

Il tratto entro l'abitato era davvero ridotto rispetto alla zona suburbana, che si estendeva dalle vigne all'ampia campagna romana fino ai confini del comune odierno.

 

Nella fascia suburbana, in seguito agli scavi di inizio XX sec, affiorarono tesori di antichità di notevole interesse archeologico, come ad esempio le catacombe di S. Nicomede e i resti di una villa coeva a Traiano, nella parte a oriente e a nord dei Castra Praetoria, oltre ad altre tombe e due piccoli cimiteri cristiani a destra delle Ville Torlonia e Mirafiori.

 

Il punto di partenza del tracciato antico iniziava dall'angolo con la via Alta Semita, oggi via del Quirinale e attraversava le ordierne vie Goito, Castelfidardo e via Palestro fino alla Porta Nomentana. Quest'ultima fu demolita nel 1564 a seguito di una disposizione voluta da Pio IV , che prevedeva la ricostruzione con progetto affidato a Michelangelo Buonarroti e spostata di qualche metro di distanza rispetto a quella originaria.

 

Se il Buonarroti si occupò del prospetto interno, Virginio Vespignani intervenne per quello esterno di Porta Pia, rifacendosi nell'impostazione alla Porta del Popolo nelle due statue che affiancano la fornice, qui identificate con i due martiri ai quali si riferiscono le catacombe sulla via Nomentana:  S. Agnese e S. Alessandro.

 

Percorrendo oggi quel che rimane del tracciato antico si possono notare una serie di cambiamenti che hanno mutato l'assetto urbanistico nel corso del tempo.

 

A destra del piazzale di Porta Pia, il primo edificio che si incontra è il Ministero dei Trasporti e dei Lavori Pubblici, costruito dopo il 1911 in seguito alla demolizione della Villa dei Patrizi. Quest'ultima fu eretta per volere del cardinale Giovanni Battista Patrizi e fu visitata dallo scrittore Goethe nel suo viaggio a Roma  e da Stendhal nell’aprile del 1828.

 

Questa villa era stata realizzata nel 1716-17 dall'architetto senese Sebastiano Cipriani per il cardinale Patrizi, che aveva allargato la proprietà di famiglia inglobando la vigna Silva Mancini.

 

La descrizione originaria, a tre piani sormontata da un belvedere non è quella distrutta al momento dei lavori del Ministero, in quanto la villa subì in precedenza dei danneggiamenti, già nel 1849 e poi nel 1870, quando era nel momento di massima espansione e comprendeva anche la confinante Villa Bolognetti.

 

La sua lottizzazione fu prevista con esattezza nel  Piano Regolatore del 1885 , dove nella mappa si descrive una planimetria dell'area che riporta il tracciato delle strade da realizzare e dei villini ed edifici che dovevano sorgere nel parco.

 

Nel giro di pochi anni il fronte su Via Nomentana fu costellato dalla rapida costruzione di grandi edifici pubblici e di numerosi palazzi ad uso abitativo a danno delle aree verdi e dei parchi disseminati in quest'area.

 

Nella parte più arretrata invece, ampi giardini cominciarono ad essere realizzati in funzione di cornice per villini dalle architetture eleganti, voluti dalle classi sociali più agiate, come il villino di Enrico Wille o Villino Durante su progetto di Giulio Podesti.

 

Oltre questo palazzo, vi era la piccola chiesetta gotica del Corpus Domini realizzata dall'architetto Vittorio Gay, la chiesa di San Giuseppe e infine il percorso incrociava poi il complesso delle catacombe ebraiche, articolate su due aree cimiteriali risalenti al II e III sec. a.c., scoperte nel 1918 al di sotto di Villa Torlonia.

 

Sulla sinistra prima di giungere a Viale Regina Margherita, si può ammirare il complesso di Sant'Agnese, che è considerato un importante sito per molteplici motivi: come testimonianza dell'antica basilica costantiniana del IV secolo, nuova basilica voluta da Onorio I (625-638) e  catacombe con mausoleo di Costantinia o S. Costanza. 

 

Il suo monastero è considerato tra i più antichi di Roma, con una datazione che risale al IV secolo, ed è annesso alla basilica fatta costruire da papa Onorio I nella prima metà del VII secolo al posto di quella più antica costantiniana ad uso cimiteriale.

 

Le vicine catacombe sono in materiale tufaceo e la loro storia risale alle necropoli romane del II sec., quando ospitavano sepolture gentilizie e di alcuni cristiani in tombe ipogee, tra le quali quella della martire Agnese. La santa fu sepolta nella parte più antica di questo preesistente cimitero cristiano e in una galleria al primo piano del III secolo; il cimitero cristiano era formato, infatti, da fabbriche imperiali annesse alla Basilica stessa. 

 

Altra importante chiesa è quella dedicata a Santa Costanza, precedentemente considerata come tempio di Bacco per i grappoli d'uva presenti nel mosaico della volta. In origine questa struttura aveva la funzione di battistero di forma sferica, dove furono battezzate le due Costanze, figlia e sorella di Costantino e solo al tempo di Alessantro IV acquisì l'assetto di una chiesa.

 

Proseguendo il cammino si arriva a una villa davanti quella della famiglia Torlonia, la Villa Alberoni-Paganini, situata tra via della Fontana e l'attuale viale Gorzia.

 

Alla fine del Cinquecento in questo territorio vi era una semplice vigna che fu acquistata poi nel Settecento dal cardinale Giulio Alberoni, trasformandola in una vera e propria residenza dalle molteplici funzioni: un casino nobile, le coltivazioni di agrumi, i fienili e un monumentale ingresso.

 

Il casino del cardinale era di piccole dimensioni, anche se conteneva una ricca decorazione pittorica che fortunatamente le cronache del tempo contribuiscono a dare l'idea di come doveva essere. Successivamente questo Casino perde la sua autonomia perché il conte Lutzow decise di inglobarlo in un nuovo edificio.

 

Di grande pregio è il palazzo principale che è caratterizzato da una decorazione elaborata e di stampo barocco e si sviluppa all'esterno attraverso l'uso di cornici, nicchie e bugne angolari, mentre negli ambienti interni padroneggia il marmo pregiato delle scalinate e l'oro degli stucchi e degli specchi. 

 

Lo smembramento della suddetta villa non tardò ad arrivare, infatti a partire dal 1890, iniziò la lottizzazione su iniziativa del nuovo proprietario, il senatore Paganini fino all'esproprio nel 1934. Il Comune di Roma si occupò della ristrutturazione del casino nobile, annettendolo a un edificio novecentesco sede di una scuola.

 

Il parco definito "la Villa Torlonia dei poveri" ha una nuova struttura dal 1934, tuttavia conserva ancora delle specie di alberi secolari, come pini e lecci, che risalgono al giardino del cardinale Alberoni. Dello stesso cardinale si conserva il tinello, ossia una grotta con una fontana in stile barocco con la colossale personificazione del fiume Nilo.

 

La parte centrale è stata occupata con edifici di vario tipo, anche se una piccola porzione comprendente un ninfeo settecentesco è rimasto in situ e ospita la sede dell'Università LUISS.

 

Fino alla metà dell'Ottocento il tracciato che prosegue oltre Villa Alberoni e Villa Torlonia, era disseminato da vigne di diverse dimensioni e una di esse divenne l'altra residenza della famiglia Savoia, Villa Mirafiori.

 

Nel 1855 la villa con giardino all'inglese era già in via di sistemazione con Giovanni Malatesta, quando nel 1874 fu acquistata dal re Vittorio Emanuele II per la contessa Rosina di Mirafiori, trasformandola in un edificio a tre piani in stile neorinascimentale, ricco di strucchi e vetrate a motivi floreali.

 

Questo grande Casino era circondato da un giardino all'inglese, ideato da giardiniere Emilio Richter e caratterizzato da piante esotiche, da un'isoletta con lago, da serre e da uno chalet svizzero.

 

Di questa varietà e magnificenza è rimasto solo il lago piccolo e gli alberi più imponenti, infatti la villa fu in parte lottizzata come avvenne per le altre dimore site in questo tratto. Il corpo centrale fu raddoppiato e divenne sede di un istituto religioso, il parco fu diviso in lotti per l'edificazione mentre le strutture secondarie subirono la completa distruzione.

 

In questa operazione estremamente frammentaria, si tentò di conservare l'aspetto originario del giardino e di costruire edifici vicini ai modelli di villa nobiliare come per i seguenti casi di: Villa di George Page, Villa Crespi e Villa Luiggi; quest'ultima più delle altre, impiega le alberature e riprende alcuni motivi dell'antico parco di Villa Mirafiori.

 

Villa Mirafiori si trova a breve distanza da Villa Torlonia e dove vi era un'ampia distesa di vigne e piccole costruzioni fra queste la celebre osteria della Baracca e il terreno confinante di proprietà di Giovanni Malatesta. Questi terreni furono acquistati alla fine dell'Ottocento dal re Vittorio Emanuele II per la moglie morganatica Rosa Vercellana, nominata contessa di Mirafiori.

 

Il palazzo era lussuoso con stucchi, vetrate e mobili di valore, mentre il parco era spettacolarmente sistemato da Richter e comprendeva: due laghi, la sistemazione di una uccelliera proveniente dai giardini del Quirinale e una serra che conteneva piante rare.

 

La parte più antica della costruzione era formata da tre piani con due corpi laterali avanzati e una torre campanaria e più in basso un edificio loggiato che porta a una piccola cappella con copertura a cupola. L'ingresso principale era monumentale caratterizzato da una scalinata con tre portali che formavano un loggiato, vetrato con decorazioni floreali, da dove si accedeva al parco e al lago.

 

Questo nucleo ricalca i prototipi rinascimentali, come ad esempio la Farnesina alla Lungara, variati dalla presenza di elementi dissimili nella tipologia come la torre, la cappella e la loggia.

 

La bellezza di questo antico corpo è stata nel tempo offuscata parzialmente dalle aggiunte, che sono state fatte nel corso del tempo, intervenendo in particolare sulla loggia che fu innalzata a un piano superiore e la cappella diventata parte di un edificio più esteso. Il verde del parco è estremamente ridotto rispetto all'ampiezza originaria, contraddistinta da un lago "grande" con isoletta, serre e giardino cinese mentre oggi rimane solo il lago piccolo e alcune specie di gran pregio di alberi.

 

L'aspetto esotico e irregolare creato dal giardiniere Richter è ormai irrimediabilmente perduto e con esso la creatività di questo bravo progettista, il quale aveva posto scogliere, viali e aiuole tra serre, uccelliere e chalet. Questa sistemazione oggi è completamente cancellata e al suo posto restano soltanto prati e aiuole devastati e alcuni brevi percorsi, contrassegnati dalla presenza di scogliere e alcuni alberi di cedro, che restituiscono solo un assaggio di quello che era l'ampio e articolato parco originario, sacrificato con l'ampliamento della sede stradale sulla Nomentana nel 1910.

 

Nel 1787 alla morte del re, la Villa fu venduta e divisa in piccoli lotti e attualmente vi è la sede di un istituto universitario e il parco è pubblico.

 

Su questa antica Via si insediarono nel tempo varie famiglie nobili come i Patrizi, i Massimo e i Torlonia, quest'ultima comprò dai Colonna la proprietà "Vignola" della famiglia Pamphilj.

 

Nel Seicento questa zona era fiancheggiata da vigne con qualche piccolo edificio rurale e l'unica proprietà di ampie dimensioni destinata all'agricoltura, era quella di Benedetto Pamphilj nel 1673.

 

Quest'ultima  fu acquisita nel 1762 dal cardinale Girolamo Colonna, che si preoccupò di ampliarla, includendo nella proprietà i terreni confinanti ma al tempo stesso decise di  mantenere la destinazione rurale, secondo la denominazione di tenuta residenziale riportato nell'atto di acquisto.

 

Durante il processo di unificazione italiana, il Censo registra in percentuali diverse i proprietari dei terreni siti in questa estesa zona agraria, quest'ultima risulta spartita per più della metà da alcune prestigiose famiglie patrizie, come i Borghese e i Torlonia, e per il restante da alcuni enti religiosi e dai piccoli borghesi in forte crescita.

 

Notevole impulso allo sviluppo di questo quartiere si ebbe agli inizi del Novecento, quando l'esigenza di costruire cominciò a coinvolgere anche quelle parti della città considerate intoccabili, ovvero le zone militari o le aree a rischio di malattie.

 

L'avvio a questa fase di espansione si ebbe con la proposta voluta dal prefetto francese De Tournon , il quale prevedeva di dare a Roma l'aspetto di una seconda Parigi con due grandi parchi a cingerla, ma di fatto rimase solo un progetto a causa del cambio di governo.

 

Per vedere mutato il volto della città si dovranno attendere i progetti edilizi realizzati dopo l'Unità d'Italia. Queste iniziative rispondono a una richiesta di prestigio che il ruolo di capitale era chiamata a ricoprire per poter competere con gli altri paesi industrializzati, ma che già era in atto grazie al governo pontificio e alla sua azione politica in Via Nazionale.

 

Questa nuova coscienza è legata quindi, a una volontà politica degli anni tra il 1870 e 1880, tutta volta a investire i finanziamenti e i capitali nell'edilizia anche fuori città. In questi anni aumentò, infatti,  il fenomeno della confisca di gran parte dei terreni ad uso agricolo nelle zone di campagna, spostando di fatto gli agricoltori verso la città alla ricerca di un nuovo ruolo nella società.

 

Questa "febbre edilizia" non investì solo il centro storico ma andò oltre la cinta muraria, come nel caso del piano regolatore del 1909 per la zona tra la Via Nomentana e Villa Borghese, dove si cercò di costruire edifici dall'aspetto residenziale con pochi piani e con giardino.

 

La tassa sui fabbricati, voluta dal sindaco Nathan, ha costituito in quel momento un'innovazione importante, ma con il cambio di governo e l'annullamento di questa disposizione, cominciarono a svilupparsi a macchia d'olio una serie di baracche.

 

Solo negli anni fascisti, il regime contribuì a dare l'aspetto signorile, che ancora oggi è possibile osservare e si occupò di sgomberare l'area dalle baracche. L'operazione di spostamento di queste esili casupole verso le zone meno visibili e marginali della città, contribuì a creare nuove realtà e grazie all'intervento dell'Istituto Autonomo Case Popolari si costruirono numerosi palazzi, disposti a formare nuovi quartieri, come nel caso di Monte Sacro.

 

Lo sviluppo edilizio romano si caratterizzò quindi per due caratteristiche principali: inadeguatezza e poco rispetto dei contributi urbanistici.

 

C'è anche da considerare che il sistema fu alimentato da una azione speculativa serrata e promossa dall'avanzare dell'industria edilizia efficacemente sostenuta dagli enti pubblici.

 

Questa speculazione mirò quindi, all'annessione di terreni incolti per aumentare sempre di più i contrasti tipicamente romani, tra il compatto quartiere  di condomini e la campagna, senza imporre un modello di sviluppo urbano adeguato. 

 

In questa fase di trasformazioni, Villa Torlonia con il Villino Medioevale, la Casina delle Civette  e il Villino Rosso si adeguò parzialmente alla nuova tipologia abitativa del villino, sperimentata in più fasi sulla Via Nomentana.



 

 

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