N. 39 - Marzo 2011 
                          
                          (LXX)
																						La mia Tunisia
																						Terra di integrazione e di dialogo
																						di Enrico Costa
																			 
																			
																			
																			
																			A
																			
																			
																			
																			
																			Mohamed 
																			Bouazizi
																			
																			
																			
																			laureato 
																			tunisino 
																			di 
																			26 
																			anni,
																			
																			
																			
																			disoccupato,
																			
																			
																			
																			al 
																			quale 
																			non 
																			si è 
																			consentito 
																			di 
																			vivere
																			
																			
																			
																			neanche 
																			facendo 
																			l’ambulante
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			A 
																			Thelja 
																			Amaimia 
																			ed a 
																			Fouad 
																			Ben 
																			Ali
																			
																			
																			
																			
																			dottorandi 
																			presso 
																			l’Università 
																			Mediterranea
																			
																			
																			
																			di 
																			Reggio 
																			Calabria
																			
																			
																			
																			perché 
																			gli 
																			sia 
																			consentito
																			
																			
																			
																			di 
																			lavorare 
																			per 
																			la 
																			loro 
																			Tunisia
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			I.
																			
																			
																			
																			
																			
																			Tunisia. 
																			Un 
																			ambulante 
																			si 
																			dà 
																			fuoco 
																			a 
																			Sidi 
																			Bouzid: 
																			È 
																			grave. 
																			Rivolta 
																			del 
																			pane 
																			in 
																			Tunisia, 
																			decine 
																			di 
																			morti: 
																			«La 
																			polizia 
																			smetta 
																			di 
																			sparare». 
																			Scontri 
																			per 
																			carovita, 
																			appello 
																			del 
																			leader 
																			dell’opposizione. 
																			In 
																			Algeria 
																			cinque 
																			vittime, 
																			oltre 
																			800 
																			feriti 
																			e 
																			mille 
																			arresti 
																			(Corriere 
																			della 
																			Sera, 
																			8 
																			gennaio 
																			2001);
																			
																			
																			
																			
																			
																			Tunisia. 
																			Scontro 
																			di 
																			cifre: 
																			«50 
																			morti», 
																			«No, 
																			14». 
																			Polizia 
																			sotto 
																			attacco: 
																			spari 
																			anche 
																			al 
																			funerale. 
																			Tunisia, 
																			chiuse 
																			scuole 
																			e 
																			università. 
																			Il 
																			governo 
																			blocca 
																			l’istruzione 
																			«fino 
																			a 
																			nuovo 
																			ordine». 
																			Il 
																			presidente 
																			Ben 
																			Ali: 
																			«Ingerenze 
																			straniere» 
																			(La 
																			Repubblica, 
																			10 
																			gennaio 
																			2011);
																			
																			
																			Tunisia. 
																			Tra 
																			i 
																			giovani 
																			della 
																			rivolta: 
																			“Il 
																			regime 
																			ci 
																			ruba 
																			il 
																			futuro”. 
																			Viaggio 
																			nella 
																			protesta, 
																			fra 
																			le 
																			centinaia 
																			di 
																			giovani 
																			in 
																			piazza. 
																			“Noi 
																			laureati 
																			inutilmente: 
																			qui 
																			non 
																			c’è 
																			lavoro. 
																			Nessuna 
																			prospettiva. 
																			Emigrare? 
																			Per 
																			fare 
																			cosa? 
																			Il 
																			lavavetri 
																			ai 
																			semafori?” 
																			(La 
																			Repubblica, 
																			11 
																			gennaio 
																			2011);
																			
																			
																			Tunisia. 
																			Io, 
																			studente 
																			blogger 
																			prigioniero 
																			di 
																			Ben 
																			Ali. 
																			Censura, 
																			povertà 
																			e 
																			voglia 
																			di 
																			fuga 
																			le 
																			micce 
																			della 
																			rivolta. 
																			“Per 
																			noi 
																			giovani 
																			dal 
																			futuro 
																			negato 
																			è 
																			cominciata 
																			la 
																			rivoluzione”. 
																			La 
																			paura 
																			del 
																			regime 
																			e 
																			l’amore 
																			per 
																			il 
																			Paese 
																			(La 
																			Repubblica, 
																			13 
																			gennaio 
																			2011).
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Dicembre 
																			e 
																			gennaio 
																			li 
																			ho 
																			passati 
																			con 
																			gli 
																			occhi 
																			puntati 
																			sulla 
																			Tunisia, 
																			che 
																			considero 
																			il 
																			mio 
																			secondo 
																			Paese, 
																			e 
																			con 
																			il 
																			cuore 
																			pulsante 
																			per 
																			il 
																			destino 
																			della 
																			sua 
																			gente. 
																			E 
																			come 
																			fai 
																			a 
																			non 
																			essere 
																			in 
																			ansia 
																			per 
																			i 
																			popoli 
																			che 
																			si 
																			affacciano 
																			sul 
																			Mediterraneo, 
																			l’antico
																			
																			Mare 
																			Nostrum, 
																			non 
																			nel 
																			senso 
																			imperialista 
																			di 
																			quando 
																			Roma 
																			dominava 
																			il 
																			mondo 
																			allora 
																			conosciuto, 
																			ma 
																			nel 
																			senso 
																			di 
																			“nostro”, 
																			appartenente 
																			a 
																			tutti 
																			coloro, 
																			sud 
																			europei 
																			e 
																			nord 
																			africani, 
																			e 
																			popoli 
																			dell’asia 
																			minore, 
																			che 
																			su 
																			di 
																			esso 
																			si 
																			affacciano? 
																			Come 
																			fai 
																			a 
																			non 
																			fremere 
																			al 
																			pensiero 
																			di 
																			quel 
																			ragazzo 
																			di
																			
																			Sidi
																			
																			
																			Bouzid 
																			vicino 
																			Kasserine,
																			
																			
																			spirato 
																			il 5 
																			gennaio, 
																			dopo 
																			essersi 
																			dato 
																			fuoco 
																			il
																			
																			
																			17 
																			dicembre? 
																			Laureatosi 
																			con 
																			enormi 
																			sacrifici 
																			personali 
																			e 
																			familiari 
																			ma 
																			poi 
																			privato 
																			della 
																			possibilità 
																			stessa 
																			di 
																			esercitare 
																			la 
																			professione 
																			per 
																			la 
																			quale 
																			si 
																			era 
																			preparato, 
																			precario 
																			al 
																			punto 
																			di 
																			sopravvivere 
																			da 
																			ambulante 
																			senza 
																			licenza, 
																			suicidatosi 
																			dopo 
																			il 
																			sequestro 
																			della 
																			“bancarella” 
																			e 
																			della 
																			speranza 
																			di 
																			sopravvivere 
																			con 
																			dignità. 
																			Come 
																			fai 
																			a 
																			non 
																			essere 
																			solidale 
																			se 
																			in 
																			Tunisia, 
																			a 
																			Sousse 
																			(o 
																			Susa), 
																			a 
																			140 
																			km 
																			dalla 
																			capitale 
																			Tunisi, 
																			hai 
																			vissuto 
																			e 
																			lavorato 
																			e 
																			hai 
																			avuto 
																			i 
																			tuoi 
																			figli 
																			– 
																			tra 
																			il 
																			1968 
																			e il 
																			1973 
																			– 
																			quando 
																			avevi 
																			la 
																			stessa 
																			età 
																			di
																			
																			
																			Mohamed?
																			
																			
																			Come 
																			fai 
																			a 
																			non 
																			solidarizzare 
																			ancora 
																			oggi, 
																			con 
																			quella 
																			Tunisia 
																			che 
																			nel 
																			tuo 
																			piccolo 
																			hai 
																			cercato 
																			di 
																			aiutare 
																			a 
																			crescere 
																			e a 
																			svilupparsi?
																			 
																			
																			
																			
																			La 
																			mia 
																			generazione 
																			– ad 
																			Architettura 
																			di 
																			Roma, 
																			a 
																			Valle 
																			Giulia 
																			– il 
																			’68 
																			lo 
																			aveva 
																			già 
																			fatto 
																			cinque 
																			anni 
																			prima, 
																			nel 
																			’63, 
																			quando 
																			con 
																			un’occupazione 
																			“vera” 
																			cambiammo 
																			faccia 
																			alla 
																			scuola, 
																			facemmo 
																			“chiamare” 
																			da 
																			Venezia 
																			e da 
																			Firenze 
																			tre 
																			Professori 
																			del 
																			calibro 
																			di 
																			Luigi 
																			Piccinato, 
																			Ludovico 
																			Quaroni 
																			e 
																			Bruno 
																			Zevi, 
																			con 
																			i 
																			quali 
																			si 
																			cambiò 
																			modo 
																			di 
																			insegnare 
																			e di 
																			studiare 
																			(con 
																			Zevi 
																			mi 
																			sarei 
																			laureato, 
																			perché 
																			mi 
																			ero 
																			iscritto 
																			con 
																			la 
																			passione 
																			per 
																			la 
																			storia, 
																			mentre 
																			Quaroni 
																			e 
																			Piccinato 
																			mi 
																			accesero 
																			la 
																			fiamma, 
																			e la 
																			passione, 
																			per 
																			la 
																			Città 
																			e 
																			per 
																			il 
																			Territorio). 
																			Ma 
																			ciò 
																			che 
																			sono, 
																			lo 
																			sono 
																			diventato 
																			grazie 
																			anche 
																			al 
																			mio 
																			secondo 
																			Paese, 
																			ciò 
																			che 
																			ho 
																			imparato, 
																			nel 
																			contatto 
																			con 
																			un’umanità 
																			vera, 
																			lo 
																			debbo 
																			in 
																			gran 
																			parte 
																			ai 
																			miei 
																			cinque 
																			anni 
																			tunisini. 
																			Non 
																			vi 
																			ho 
																			approfondito 
																			l’urbanistica 
																			attraverso 
																			sofisticati 
																			studi 
																			post 
																			laurea, 
																			non 
																			vi 
																			ho 
																			insegnato 
																			all’Università 
																			– 
																			che 
																			del 
																			resto 
																			quando 
																			mi 
																			trasferii 
																			a 
																			Sousse 
																			ancora 
																			non 
																			c’era 
																			– ma 
																			vi 
																			ho 
																			appreso 
																			l’urbanistica 
																			della 
																			vita, 
																			della 
																			povera 
																			gente, 
																			di 
																			chi 
																			voleva 
																			evolversi, 
																			ma 
																			partiva 
																			da 
																			un’arretratezza 
																			strutturale 
																			aggravata 
																			dal 
																			colonialismo, 
																			di 
																			chi 
																			non 
																			aveva 
																			sufficienti 
																			risorse 
																			e 
																			sul 
																			territorio 
																			cercava 
																			risposte 
																			a 
																			bisogni 
																			primari, 
																			la 
																			casa 
																			innanzi 
																			tutto.
																			 
																			
																			
																			
																			Quando 
																			arrivai 
																			erano 
																			gli 
																			anni 
																			tumultuosi 
																			ed 
																			esaltanti 
																			della 
																			fine 
																			del 
																			colonialismo 
																			(l’indipendenza 
																			tunisina 
																			dalla 
																			Francia 
																			risaliva 
																			al 
																			20 
																			marzo 
																			1956), 
																			del 
																			terzomondismo 
																			di 
																			Nehru, 
																			di 
																			Tito, 
																			di 
																			Nasser 
																			e di 
																			Bourguiba, 
																			dell’affacciarsi 
																			sulla 
																			scena 
																			mondiale 
																			di 
																			paesi 
																			per 
																			lo 
																			più 
																			postcoloniali, 
																			dall’India 
																			alla 
																			Jugoslavia, 
																			dall’Egitto 
																			alla 
																			Tunisia. 
																			Erano 
																			gli 
																			anni 
																			della 
																			durissima 
																			lotta 
																			di 
																			liberazione 
																			algerina 
																			(e 
																			del 
																			film
																			
																			La 
																			battaglia 
																			di 
																			Algeri 
																			di 
																			Gillo 
																			Pontecorvo). 
																			E 
																			quei 
																			popoli 
																			non 
																			potevi 
																			starli 
																			a 
																			guardare, 
																			non 
																			potevi 
																			esimerti 
																			dall’aiutarli 
																			per 
																			quello 
																			che 
																			conoscevi, 
																			per 
																			il 
																			mestiere 
																			che 
																			possedevi 
																			e 
																			per 
																			quanto 
																			e 
																			come 
																			sapevi 
																			farlo.
																			 
																			
																			
																			
																			Il 
																			regime 
																			di 
																			allora, 
																			perché 
																			quello
																			
																			di 
																			Habib 
																			Bourguiba, 
																			era 
																			un 
																			regime 
																			in 
																			senso 
																			stretto: 
																			una 
																			conduzione 
																			autoritario-paternalista 
																			non 
																			particolarmente 
																			corrotto, 
																			almeno 
																			fino 
																			agli 
																			anni 
																			Settanta, 
																			e 
																			certo 
																			non 
																			corrotto 
																			come 
																			quello 
																			di 
																			Ben 
																			Alì, 
																			un 
																			regime 
																			che 
																			comunque 
																			aveva 
																			almeno 
																			tre 
																			conquiste 
																			al 
																			suo 
																			attivo. 
																			Tre 
																			conquiste 
																			per 
																			quegli 
																			anni 
																			assolutamente 
																			rivoluzionarie: 
																			l’abolizione 
																			della 
																			poligamia, 
																			la 
																			parità 
																			fra 
																			la 
																			donna 
																			e 
																			l’uomo 
																			anche 
																			sul 
																			lavoro, 
																			e 
																			una 
																			diffusione 
																			senza 
																			precedenti 
																			dell’istruzione, 
																			oltre 
																			all’avvio 
																			di 
																			una 
																			sanità 
																			moderna 
																			e 
																			una 
																			dovuta 
																			attenzione 
																			alla 
																			pianificazione 
																			urbanistica. 
																			Con 
																			il 
																			suo 
																			successore 
																			Zine 
																			El-Abidine
																			
																			
																			Ben 
																			Ali, 
																			che 
																			depose 
																			Bourguiba 
																			il 7 
																			novembre 
																			1987 
																			(da 
																			cui 
																			gli 
																			orrendi 
																			monumenti 
																			sparsi 
																			ovunque, 
																			grandi 
																			oggetti 
																			a 
																			forma 
																			di 
																			‘7’ 
																			che 
																			più 
																			che 
																			esprimere 
																			un’idea 
																			democratico-rivoluzionaria 
																			o 
																			dittatoriale, 
																			ti 
																			facevano 
																			pensare 
																			a 
																			quella 
																			specie 
																			di 
																			gassosa 
																			americana 
																			chiamata 
																			7Up), 
																			tutto 
																			cambiò, 
																			e la 
																			corruzione 
																			del 
																			clan
																			
																			
																			Ben 
																			Ali 
																			assunse 
																			dimensioni 
																			intollerabili 
																			per 
																			una 
																			popolazione 
																			sempre 
																			più 
																			povera 
																			e 
																			priva 
																			di 
																			prospettive. 
																			E i 
																			risultati 
																			si 
																			sono 
																			potuti 
																			drammaticamente 
																			constatare.
																			 
																			
																			
																			
																			In 
																			un 
																			primo 
																			momento, 
																			si è 
																			parlato 
																			di 
																			“rivolta 
																			del 
																			pane”, 
																			ma 
																			poi, 
																			perché 
																			non 
																			di 
																			solo 
																			pane 
																			vive 
																			l’uomo, 
																			anche 
																			se 
																			la 
																			fame 
																			non 
																			mancava, 
																			di 
																			“rivoluzione 
																			dei 
																			gelsomini”. 
																			Chi 
																			non 
																			conosce, 
																			o 
																			conosce 
																			poco 
																			la 
																			Tunisia, 
																			non 
																			si 
																			rende 
																			conto 
																			di 
																			quanto 
																			il 
																			profumo 
																			dei 
																			gelsomini 
																			che 
																			– 
																			nei 
																			giardini, 
																			sparsi 
																			sui 
																			tavoli 
																			da 
																			lavoro, 
																			o 
																			raccolti 
																			in 
																			mazzetti 
																			elaborati, 
																			che 
																			scambiati 
																			fra 
																			amici, 
																			portati 
																			appoggiati 
																			sull’orecchio 
																			e 
																			rivolti 
																			all’ingiù, 
																			con 
																			i 
																			gambi 
																			inseriti 
																			e 
																			fissati 
																			sotto 
																			il 
																			bordo 
																			del 
																			copricapo 
																			tradizionale 
																			di 
																			colore 
																			rosso 
																			(la 
																			morbida 
																			“shashia” 
																			o “chéchia”, 
																			o il 
																			più 
																			imponente 
																			“fez” 
																			a 
																			tronco 
																			di 
																			cono) 
																			ti 
																			fanno 
																			sostare 
																			e 
																			muovere 
																			avvolti 
																			da 
																			un 
																			profumo 
																			leggero 
																			e 
																			rilassante 
																			– 
																			assecondando 
																			la 
																			disponibilità 
																			a
																			
																			parlarsi, 
																			a 
																			confrontarsi, 
																			a 
																			ragionare
																			
																			assieme 
																			sognando 
																			del 
																			futuro 
																			e 
																			del 
																			cambiamento 
																			possibile. 
																			E 
																			ora, 
																			si 
																			spera, 
																			col 
																			profumo 
																			di 
																			gelsomino 
																			che 
																			si 
																			diffonde 
																			nell’aria, 
																			per 
																			tanti 
																			tunisini 
																			parlarsi, 
																			confrontarsi, 
																			ragionare, 
																			e 
																			persino 
																			sognare, 
																			non 
																			sarà 
																			più 
																			proibito.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			II.
																			
																			
																			
																			
																			
																			Tunisia. 
																			Ben 
																			Alì: 
																			“Basta 
																			sparare 
																			su 
																			chi 
																			protesta” 
																			La 
																			folla 
																			in 
																			corteo 
																			nella 
																			capitale: 
																			“Abbiamo 
																			vinto”. 
																			Dopo 
																			otto 
																			giorni 
																			di 
																			scontri 
																			il 
																			presidente 
																			tunisino 
																			fa 
																			un 
																			passo 
																			indietro 
																			e 
																			parla 
																			al 
																			Paese 
																			in 
																			un 
																			messaggio 
																			televisivo: 
																			giù 
																			i 
																			prezzi 
																			di 
																			zucchero, 
																			pane 
																			e 
																			latte 
																			e 
																			maggiore 
																			libertà 
																			di 
																			informazione. 
																			La 
																			folla, 
																			nonostante 
																			il 
																			coprifuoco, 
																			si è 
																			riversata 
																			nelle 
																			strade 
																			di 
																			Tunisi 
																			per 
																			festeggiare 
																			la 
																			vittoria 
																			(Il 
																			Giornale, 
																			14 
																			gennaio 
																			2011);
																			
																			
																			
																			
																			
																			Tunisia. 
																			Alle 
																			23 
																			un 
																			aereo 
																			atterra 
																			a 
																			Cagliari 
																			per 
																			rifornirsi, 
																			ma 
																			Ben 
																			Ali 
																			non 
																			c’è. 
																			Arrivato 
																			a 
																			Jedda. 
																			Tunisia, 
																			il 
																			presidente 
																			lascia 
																			il 
																			Paese 
																			e si 
																			rifugia 
																			in 
																			Arabia 
																			Saudita. 
																			Proclamato 
																			lo 
																			stato 
																			di 
																			emergenza 
																			dalle 
																			17 
																			alle 
																			7. 
																			Il 
																			premier 
																			assume 
																			la 
																			guida 
																			ad 
																			interim 
																			della 
																			nazione 
																			(Corriere 
																			della 
																			Sera, 
																			14 
																			gennaio 
																			2011);
																			
																			
																			Tunisia. 
																			Nel 
																			nuovo 
																			esecutivo 
																			anche 
																			il 
																			leader 
																			dell’opposizione. 
																			Tunisia, 
																			c’è 
																			un 
																			nuovo 
																			governo. 
																			È 
																			giallo 
																			sulla 
																			fuga 
																			dell’ex 
																			first 
																			lady. 
																			Abolito 
																			il 
																			ministero 
																			dell’Informazione 
																			che 
																			per 
																			anni 
																			ha 
																			censurato 
																			giornali 
																			e 
																			mandato 
																			in 
																			carcere 
																			giornalisti 
																			(Corriere 
																			della 
																			Sera, 
																			17 
																			gennaio 
																			2011);
																			
																			
																			Tunisia. 
																			Aperta 
																			inchiesta 
																			sui 
																			beni 
																			di
																			
																			Ben 
																			Alì. 
																			Il 
																			governo 
																			libera 
																			i 
																			prigionieri 
																			politici. 
																			I 
																			magistrati 
																			tunisini 
																			indagano 
																			sulla 
																			provenienza 
																			del 
																			patrimonio 
																			dell’ex 
																			presidente. 
																			La 
																			Svizzera 
																			ha 
																			congelato 
																			i 
																			conti 
																			correnti 
																			aperti 
																			dalla 
																			famiglia 
																			presidenziale, 
																			arrestati 
																			33 
																			congiunti 
																			dell’ex 
																			leader. 
																			Già 
																			in 
																			crisi 
																			l’esecutivo 
																			di 
																			unità 
																			nazionale: 
																			proteste 
																			interne 
																			e di 
																			piazza 
																			per 
																			la 
																			partecipazione 
																			dell’ex 
																			partito 
																			di 
																			maggioranza, 
																			l’Rcd. 
																			L’Onu: 
																			“Oltre 
																			100 
																			le 
																			vittime 
																			delle 
																			violenze 
																			nel 
																			Paese” 
																			(La 
																			Repubblica, 
																			19 
																			gennaio 
																			2011).
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Ma 
																			quale 
																			Tunisia 
																			ho 
																			trovato 
																			e 
																			conosciuto 
																			dal 
																			1968 
																			al 
																			1973? 
																			Arrivato 
																			a 
																			Tunisi 
																			per 
																			la 
																			prima 
																			volta 
																			al 
																			porto 
																			della 
																			Goulette 
																			(proprio 
																			lì, 
																			in 
																			italiano 
																			Goletta, 
																			si 
																			sono 
																			aggregati 
																			nuclei 
																			di 
																			resistenza 
																			italiana 
																			al 
																			nazifascismo 
																			e da 
																			quella 
																			cittadina 
																			giungeva 
																			in 
																			Italia 
																			Claudia 
																			Cardinale, 
																			la 
																			siciliana 
																			nata 
																			e 
																			cresciuta 
																			in 
																			Tunisia, 
																			con 
																			la 
																			sua 
																			sfolgorante 
																			bellezza 
																			mediterranea, 
																			subito 
																			catturata 
																			dai 
																			Monicelli 
																			e 
																			dai 
																			Germi, 
																			dai 
																			Fellini 
																			e 
																			dai 
																			Visconti, 
																			maestri 
																			del 
																			cinema 
																			italiano 
																			per 
																			i 
																			loro
																			
																			Soliti 
																			ignoti 
																			e 
																			Un 
																			maledetto 
																			imbroglio, 
																			Otto 
																			e 
																			mezzo,
																			
																			Rocco 
																			e i 
																			suoi 
																			fratelli 
																			e 
																			Il 
																			Gattopardo) 
																			e ti 
																			immergevi 
																			nei 
																			colori, 
																			negli 
																			odori 
																			e 
																			nei 
																			sapori 
																			della 
																			Medina 
																			di 
																			Tunisi, 
																			nelle 
																			memorie 
																			romane 
																			e 
																			del 
																			Museo 
																			Nazionale 
																			del 
																			Bardo 
																			con 
																			i 
																			suoi 
																			straordinari 
																			mosaici 
																			romani 
																			e di 
																			Cartagine, 
																			che 
																			ti 
																			fanno 
																			venire 
																			una 
																			voglia 
																			matta 
																			di 
																			conoscere 
																			le 
																			altre 
																			città 
																			romane 
																			nordafricane. 
																			Poi 
																			a 
																			Sousse, 
																			dove 
																			sai 
																			di 
																			trovare 
																			un 
																			Museo 
																			della 
																			Kasbah 
																			quasi 
																			all’altezza 
																			del 
																			Bardo 
																			della 
																			capitale, 
																			una 
																			El 
																			Djem 
																			con 
																			l’imponente 
																			Colosseo 
																			degli 
																			imperatori 
																			Gordiani, 
																			ma 
																			anche 
																			Roberto 
																			Rossellini 
																			che 
																			vi 
																			sta 
																			preparando 
																			gli
																			
																			Atti 
																			degli 
																			Apostoli, 
																			nella 
																			stessa 
																			ambientazione 
																			di 
																			Sousse, 
																			che 
																			poi 
																			sarà 
																			la 
																			Gerusalemme 
																			del
																			
																			Gesù 
																			di 
																			Nazareth 
																			di 
																			Zeffirelli. 
																			Ma 
																			soprattutto 
																			una 
																			realtà 
																			socio-antropologica 
																			non 
																			ancora 
																			contaminata 
																			da 
																			modelli 
																			consumistici, 
																			e 
																			una 
																			Medina 
																			con 
																			i 
																			suoi 
																			gioielli 
																			architettonici 
																			del 
																			medioevo 
																			islamico 
																			in 
																			corso 
																			di 
																			restauro, 
																			dalla 
																			Grande 
																			Moschea 
																			al 
																			Ribat, 
																			straordinario 
																			monastero-fortezza 
																			e la 
																			Grande 
																			Moschea 
																			di 
																			Kairouan, 
																			terza 
																			Città 
																			Santa 
																			dell’Islam, 
																			e 
																			Kasserine.
																			 
																			
																			
																			
																			E 
																			poi 
																			ti 
																			attendono 
																			i 
																			lavori 
																			in 
																			corso, 
																			il 
																			restauro 
																			dei 
																			percorsi 
																			a 
																			rampe 
																			e 
																			gradoni 
																			di 
																			una 
																			incredibile 
																			Medina 
																			tutta 
																			cinta 
																			di 
																			mura, 
																			la 
																			conclusione 
																			del 
																			cantiere 
																			del 
																			Ribat, 
																			il 
																			lancio 
																			turistico 
																			di 
																			Sousse 
																			e di 
																			El 
																			Kantaui 
																			(un 
																			settore, 
																			il 
																			turismo, 
																			destinato 
																			a un 
																			grande 
																			sviluppo, 
																			visto 
																			che 
																			oggi 
																			con 
																			i 
																			circa 
																			5 
																			milioni 
																			di 
																			visitatori 
																			fornisce 
																			il 
																			20% 
																			delle 
																			entrate 
																			del 
																			paese), 
																			e i 
																			villaggi 
																			delle 
																			aree 
																			pre-desertiche 
																			attorno 
																			a 
																			Kairouan 
																			e a 
																			Kasserine. 
																			Insomma, 
																			per 
																			un 
																			neo 
																			laureato, 
																			un 
																			mondo 
																			intero. 
																			Un 
																			mondo 
																			di 
																			lavoro, 
																			di 
																			piani, 
																			di 
																			scambi, 
																			e un 
																			mondo 
																			che 
																			non 
																			si 
																			esaurisce 
																			nel 
																			territorio 
																			che 
																			ti 
																			hanno 
																			affidato, 
																			ma 
																			che 
																			si 
																			apre 
																			su 
																			milletrecento 
																			chilometri 
																			di 
																			costa, 
																			un 
																			paese 
																			non 
																			molto 
																			popolato 
																			(al 
																			mio 
																			arrivo, 
																			nel 
																			1968, 
																			gli 
																			abitanti 
																			della 
																			Tunisia 
																			erano
																			
																			poco 
																			più 
																			di
																			
																			4.933.000, 
																			mentre
																			
																			oggi 
																			sono 
																			circa 
																			10.600.000), 
																			ma 
																			sovraffollato 
																			rispetto 
																			alle 
																			scarse 
																			risorse 
																			di 
																			materie 
																			prime. 
																			Un 
																			mondo, 
																			oltre 
																			al 
																			territorio 
																			che 
																			devi 
																			curare, 
																			fatto 
																			di 
																			gente 
																			povera 
																			ma 
																			piena 
																			di 
																			speranze, 
																			e di 
																			cose 
																			che 
																			non 
																			ti 
																			devi 
																			assolutamente 
																			perdere: 
																			dal 
																			deserto 
																			del 
																			Sahara, 
																			che 
																			occupa 
																			il 
																			40% 
																			della 
																			superficie 
																			della 
																			Tunisia, 
																			con 
																			le 
																			grandi 
																			Oasi 
																			di 
																			Nefta 
																			e di 
																			Tozeur, 
																			oltre 
																			all’Oasi 
																			costiera 
																			di 
																			Gabès, 
																			le 
																			più 
																			piccole 
																			ma 
																			forse 
																			più 
																			spettacolari 
																			Oasi 
																			di 
																			montagna, 
																			dalla 
																			grande 
																			isola 
																			di 
																			Djerba 
																			e 
																			l’arcipelago 
																			delle 
																			Kerkennah 
																			ai 
																			luoghi 
																			turistici 
																			più 
																			rilevanti 
																			e 
																			frequentati 
																			come 
																			Hammamet, 
																			Monastir 
																			e la 
																			stessa 
																			Sousse, 
																			fino 
																			a 
																			siti 
																			archeologici 
																			spesso 
																			spettacolari 
																			come 
																			Cartagine, 
																			El 
																			Djem, 
																			Boulla 
																			Regia, 
																			Sbeitla, 
																			Dougga, 
																			Thuburbo 
																			Majus 
																			e 
																			Kerkouane, 
																			senza 
																			trascurare 
																			l’enogastronomia 
																			(piatti 
																			come 
																			Cuscus, 
																			Tajine, 
																			Molokhej, 
																			Mechouia 
																			e 
																			Briq, 
																			e 
																			vini 
																			come 
																			i 
																			rossi 
																			Tyna, 
																			Thibar 
																			e 
																			Magon, 
																			e i 
																			bianchi 
																			Coteaux 
																			de 
																			Carthage 
																			e 
																			Muscat 
																			sec 
																			de 
																			Kelibia), 
																			compresa 
																			la 
																			tipica 
																			pasticceria 
																			(Samsa, 
																			Adlia, 
																			Baklawa, 
																			Kaak 
																			Anbar, 
																			Kaak 
																			Tressé, 
																			Mlabes, 
																			Machmoum, 
																			Miniardise 
																			Jiljlane 
																			e 
																			Makroud), 
																			i 
																			liquori 
																			(Thibarine 
																			e 
																			Boukha) 
																			e, 
																			come 
																			bevanda 
																			naturale 
																			tradizionale, 
																			il 
																			Laghmi, 
																			cioè 
																			la 
																			linfa 
																			estratta 
																			dalla 
																			palma, 
																			servita 
																			senza 
																			particolari 
																			trattamenti. 
																			E 
																			poi 
																			tutto 
																			il 
																			Maghreb, 
																			con 
																			a 
																			est 
																			della 
																			Tunisia 
																			la 
																			Libia, 
																			e a 
																			ovest 
																			l’Algeria, 
																			il 
																			Marocco 
																			e la 
																			Mauritania.
																			 
																			
																			
																			
																			Quando 
																			arrivi, 
																			l’arabo 
																			non 
																			lo 
																			conosci, 
																			e 
																			non 
																			è 
																			detto 
																			che 
																			riesci 
																			ad 
																			apprenderlo, 
																			ma 
																			distingui 
																			chiaramente 
																			parole 
																			che 
																			ti 
																			sono, 
																			almeno 
																			in 
																			parte, 
																			familiari. 
																			Al 
																			mercato 
																			del 
																			pesce 
																			i 
																			venditori 
																			gridavano 
																			“triglia, 
																			triglia!” 
																			(triglie), 
																			“sgombri, 
																			sgombri!” 
																			(sgombri), 
																			“soubia, 
																			soubia! 
																			(seppie), 
																			tu 
																			stupito 
																			apprezzavi 
																			e 
																			appena 
																			familiarizzavi 
																			ti 
																			dicevano, 
																			in 
																			arabo 
																			parlato, 
																			“taliani/tunisini 
																			kif 
																			kif!”, 
																			dove 
																			kif 
																			kif 
																			starebbe 
																			per 
																			uguali, 
																			per 
																			amici 
																			e 
																			fratelli, 
																			come 
																			se 
																			altri 
																			europei, 
																			nella 
																			memoria 
																			del 
																			colonialismo, 
																			né 
																			uguali, 
																			né 
																			amici 
																			né 
																			fratelli 
																			lo 
																			erano, 
																			né 
																			lo 
																			sarebbero 
																			stati. 
																			E 
																			allora 
																			vai 
																			con 
																			le 
																			tracce 
																			di 
																			italiano 
																			nell’arabo 
																			parlato:
																			
																			ratsa 
																			(per 
																			razza);
																			
																			guirra 
																			(per 
																			guerra);
																			
																			basta 
																			(per 
																			basta);
																			
																			fatcha 
																			(per 
																			faccia, 
																			viso);
																			
																			mizirya 
																			(per 
																			miseria), 
																			la 
																			condizione 
																			comune 
																			di 
																			tanti 
																			arabi 
																			e 
																			italiani 
																			di 
																			un 
																			tempo;
																			
																			jornata 
																			(salario 
																			di 
																			una 
																			giornata);
																			
																			bala 
																			(pala);
																			
																			feeshta 
																			(per 
																			festa/festività);
																			
																			cougina 
																			(per 
																			cucina);
																			
																			forshita 
																			(per 
																			forchetta);
																			
																			tassa 
																			(per 
																			tazza);
																			
																			gazouza 
																			(per 
																			gassosa);
																			
																			shroubo 
																			(per 
																			sciroppo, 
																			bevanda 
																			dolce);
																			
																			jilat 
																			(per 
																			gelato);
																			
																			sigaro 
																			(sigaretta);
																			
																			bousta 
																			(per 
																			busta 
																			da 
																			lettera);
																			
																			qwattro 
																			(per 
																			quadro 
																			o 
																			cornice);
																			
																			stamba 
																			(per 
																			stampa);
																			
																			coubirta 
																			(per 
																			coperta);
																			
																			cabbout 
																			(per 
																			cappotto);
																			
																			sabbat 
																			(per 
																			ciabatta, 
																			calzatura);
																			
																			calcitta 
																			(calza);
																			
																			blassa 
																			(per 
																			piazza);
																			
																			trino 
																			(per 
																			treno);
																			
																			makina 
																			(per 
																			macchina, 
																			automobile);
																			
																			carraba 
																			(per 
																			macchina, 
																			automobile);
																			
																			carrita 
																			(per 
																			carretta);
																			
																			rouba 
																			fikia 
																			(roba 
																			vecchia); 
																			e 
																			poi
																			
																			gatt, 
																			gattous 
																			(per 
																			gatto);
																			
																			babbaghayou 
																			(per 
																			pappagallo);
																			
																			farfattou 
																			(per 
																			farfalla);
																			
																			zanzana 
																			(per 
																			zanzara)…
																			 
																			
																			
																			
																			Insomma, 
																			ci 
																			si 
																			capiva, 
																			ci 
																			si 
																			voleva 
																			capire, 
																			perché, 
																			condividendo 
																			miserie 
																			e 
																			sofferenze 
																			alla 
																			base 
																			della 
																			piramide 
																			sociale 
																			di 
																			una 
																			società 
																			coloniale, 
																			ci 
																			si 
																			scambiava 
																			anche 
																			il 
																			vocabolario 
																			di 
																			base. 
																			E ci 
																			si 
																			capiva 
																			da 
																			molto 
																			prima 
																			dell’epoca 
																			del 
																			protettorato 
																			francese. 
																			E ci 
																			si 
																			capiva, 
																			tra 
																			tunisini 
																			e 
																			italiani, 
																			perché 
																			entrambi 
																			dominati, 
																			e 
																			subalterni, 
																			all’epoca 
																			del 
																			protettorato 
																			francese, 
																			quando 
																			gli 
																			italo-tunisini 
																			erano 
																			considerati 
																			pericolosi 
																			(le 
																			peril 
																			italien) 
																			per 
																			gli 
																			interessi 
																			della 
																			potenza 
																			coloniale.
																			 
																			
																			
																			
																			Oltre 
																			ovviamente 
																			alla 
																			popolazione 
																			autoctona, 
																			soprattutto 
																			arabi, 
																			ma 
																			anche 
																			berberi, 
																			nel 
																			1926 
																			i 
																			francesi 
																			censirono 
																			173.281 
																			europei, 
																			e 
																			fra 
																			questi 
																			gli 
																			italiani 
																			erano 
																			89.216, 
																			più 
																			dei 
																			71.020 
																			francesi 
																			(oltre 
																			a 
																			8.396 
																			maltesi). 
																			Erano 
																			tanti, 
																			e 
																			invisi 
																			ai 
																			francesi, 
																			gli 
																			italiani 
																			di 
																			Tunisia, 
																			quasi 
																			tutti 
																			nati 
																			in 
																			Tunisia 
																			da 
																			siciliani 
																			arrivati 
																			nell’800 
																			con 
																			barche 
																			di 
																			fortuna, 
																			e 
																			destinati 
																			inesorabilmente 
																			a 
																			calare 
																			dopo 
																			il 
																			maggio 
																			1943, 
																			con 
																			la 
																			vittoria 
																			in 
																			Tunisia 
																			del 
																			generale 
																			De 
																			Gaulle 
																			e 
																			degli 
																			alleati, 
																			e la 
																			conseguente 
																			politica, 
																			attraverso 
																			la 
																			chiusura 
																			di 
																			giornali 
																			e 
																			scuole, 
																			di 
																			ridimensionamento 
																			della 
																			presenza 
																			italiana: 
																			84.935 
																			nel 
																			1946, 
																			solo 
																			3.000 
																			nel 
																			2005, 
																			quasi 
																			tutti 
																			nell’area 
																			metropolitana 
																			di 
																			Tunisi. 
																			Ma 
																			gli 
																			italiani 
																			in 
																			quel 
																			paese 
																			nord 
																			africano 
																			c’erano 
																			già 
																			da 
																			prima 
																			dell’800. 
																			Prima 
																			ancora 
																			che 
																			l’isola 
																			di 
																			Tabarka, 
																			di 
																			fronte 
																			all’omonima 
																			città 
																			sulla 
																			costa 
																			nord 
																			della 
																			Tunisia, 
																			dal 
																			1540 
																			al 
																			1742, 
																			appartenesse 
																			per 
																			concessione 
																			del
																			
																			bey 
																			di 
																			Tunisi 
																			alla 
																			famiglia 
																			genovese 
																			dei 
																			Lomellini, 
																			della 
																			cerchia 
																			di 
																			Andrea 
																			Doria 
																			- 
																			che 
																			si 
																			radicò 
																			su 
																			quel 
																			territorio 
																			dedicandosi 
																			alla 
																			coltivazione 
																			e 
																			alla 
																			lavorazione 
																			del 
																			corallo, 
																			garantendo 
																			così 
																			una 
																			base 
																			per 
																			i 
																			commerci 
																			genovesi 
																			–, 
																			erano 
																			frequenti 
																			anche 
																			relazioni 
																			più 
																			minute 
																			fra 
																			Sicilia 
																			e 
																			Tunisia.
																			 
																			
																			
																			
																			In 
																			particolare 
																			a 
																			Sousse 
																			– fu 
																			emozionante 
																			rileggerla 
																			proprio 
																			nella 
																			città 
																			dove 
																			vivevo 
																			– 
																			era 
																			ambientata 
																			la 
																			seconda 
																			novella 
																			della 
																			quinta 
																			giornata 
																			del
																			
																			Decameron 
																			di 
																			Boccaccio: 
																			« 
																			Gostanza 
																			ama 
																			Martuccio 
																			Gomito, 
																			la 
																			quale, 
																			udendo 
																			che 
																			morto 
																			era, 
																			per 
																			disperata 
																			sola 
																			si 
																			mette 
																			in 
																			una 
																			barca, 
																			la 
																			quale 
																			dal 
																			vento 
																			fu 
																			trasportata 
																			a 
																			Susa; 
																			ritruoval 
																			vivo 
																			in 
																			Tunisi, 
																			palesaglisi, 
																			ed 
																			egli 
																			grande 
																			essendo 
																			col 
																			re 
																			per 
																			consigli 
																			dati, 
																			sposatala, 
																			ricco 
																			con 
																			lei 
																			in 
																			Lipari 
																			se 
																			ne 
																			torna
																			
																			». 
																			Chissà 
																			se, 
																			sette 
																			secoli 
																			fa, 
																			anche 
																			la 
																			siciliana 
																			Gostanza 
																			approdata 
																			tutta 
																			impaurita 
																			a 
																			Susa 
																			con 
																			la 
																			sua 
																			barca 
																			lasciata 
																			andare 
																			alla 
																			deriva 
																			in 
																			cerca 
																			di 
																			morte, 
																			risvegliandosi 
																			abbia 
																			sentito 
																			i 
																			pescatori 
																			che 
																			si 
																			trovavano 
																			nei 
																			pressi 
																			gridarsi 
																			l’un 
																			l’altro 
																			“triglia, 
																			triglia!” 
																			(triglie), 
																			“sgombri, 
																			sgombri!” 
																			(sgombri), 
																			“soubia, 
																			soubia! 
																			(seppie), 
																			o se 
																			la 
																			popolana 
																			che 
																			la 
																			soccorse, 
																			dopo 
																			averla 
																			tranquillizzata 
																			parlandole 
																			con 
																			“favella 
																			latina” 
																			le 
																			abbia 
																			anche 
																			aggiunto, 
																			con 
																			parlata 
																			semplice, 
																			“taliani/tunisini 
																			kif 
																			kif!”,
																			
																			cioè 
																			uguali, 
																			cioè 
																			amici 
																			e 
																			fratelli? 
																			Tutto 
																			ciò, 
																			tra 
																			Lipari, 
																			Susa 
																			e 
																			Tunisi, 
																			in 
																			un 
																			mediterraneo 
																			di 
																			pace, 
																			dove 
																			ci 
																			si 
																			capisce 
																			anche 
																			parlando 
																			lingue 
																			comuni, 
																			e 
																			dove 
																			valori 
																			come 
																			umanità, 
																			solidarietà 
																			e 
																			accoglienza, 
																			prevalgono 
																			sugli 
																			egoismi 
																			e 
																			sulle 
																			differenze 
																			più 
																			costruite 
																			che 
																			fondate.
																			 
																			
																			
																			
																			Mi 
																			si 
																			potrebbe 
																			domandare: 
																			perché, 
																			dopo 
																			cinque 
																			anni 
																			in 
																			cui 
																			sei 
																			stato 
																			bene, 
																			e 
																			hai 
																			lavorato 
																			in 
																			un 
																			clima 
																			di 
																			accoglienza 
																			e di 
																			solidarietà, 
																			te 
																			ne 
																			sei 
																			andato? 
																			La 
																			risposta 
																			è 
																			quasi 
																			telegrafica: 
																			se 
																			vuoi 
																			bene 
																			a un 
																			popolo, 
																			lo 
																			devi 
																			aiutare 
																			ma 
																			non 
																			ti 
																			devi 
																			sostituire 
																			a 
																			loro, 
																			soprattutto 
																			quando 
																			possono 
																			fare 
																			da 
																			soli. 
																			Bastò 
																			una 
																			cena 
																			settembrina, 
																			a 
																			casa 
																			di 
																			un 
																			amico 
																			neo 
																			ingegnere 
																			tunisino 
																			laureato 
																			in 
																			Francia, 
																			una 
																			cena 
																			a 
																			quattro, 
																			lui 
																			e la 
																			moglie 
																			francese, 
																			io 
																			con 
																			mia 
																			moglie 
																			Lucia, 
																			direttrice 
																			del 
																			“Bureau 
																			d’Urbanisme 
																			de 
																			Sousse”. 
																			Erano 
																			entrambi 
																			disoccupati, 
																			cercavano 
																			lavoro 
																			senza 
																			trovarlo, 
																			e 
																			noi 
																			non 
																			potevamo 
																			aiutarli. 
																			Bastò 
																			uno 
																			sguardo 
																			fra 
																			noi, 
																			e la 
																			decisione 
																			di 
																			tornare 
																			in 
																			Italia 
																			fu 
																			naturale. 
																			Non 
																			fummo 
																			immediatamente 
																			sostituiti 
																			da 
																			personale 
																			tunisino, 
																			al 
																			nostro 
																			posto 
																			si 
																			avvicendarono 
																			altri 
																			italiani, 
																			ma 
																			di 
																			lì a 
																			poco 
																			il 
																			“Bureau” 
																			fu 
																			diretto 
																			da 
																			un 
																			Tunisino. 
																			Andarcene 
																			fu 
																			un 
																			atto 
																			d’amore 
																			per 
																			quella 
																			gente, 
																			per 
																			quel 
																			Paese.
																			 
																			
																			
																			
																			Ma 
																			torniamo 
																			all’oggi, 
																			anzi 
																			al 
																			domani 
																			della 
																			Tunisia, 
																			dopo 
																			la 
																			cacciata 
																			di 
																			Zine 
																			El-Abidine
																			
																			
																			Ben 
																			Ali 
																			e la 
																			caduta 
																			del 
																			suo 
																			regime 
																			corrotto, 
																			autoritario 
																			e 
																			antidemocratico. 
																			Cosa 
																			c’è 
																			dietro 
																			l’angolo? 
																			Ancora 
																			non 
																			si 
																			sa, 
																			ancora 
																			non 
																			è 
																			chiaro. 
																			Basta 
																			leggere, 
																			ancora 
																			una 
																			volta, 
																			i 
																			titoli 
																			dei 
																			giornali.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			III.
																			
																			
																			
																			
																			
																			Il 
																			caso. 
																			Tunisia, 
																			rientra 
																			dopo 
																			vent’anni 
																			il 
																			leader 
																			islamico 
																			Ghannouchi 
																			(La 
																			Repubblica, 
																			30 
																			gennaio 
																			2011);
																			
																			
																			
																			
																			
																			Tunisia: 
																			Sparatorie 
																			nel 
																			centro 
																			di 
																			Biserta. 
																			Proteste 
																			a 
																			Kasserin, 
																			a 
																			Gabes 
																			incendiata 
																			una 
																			sinagoga 
																			(Il 
																			Giornale, 
																			1 
																			febbraio 
																			2011);
																			
																			
																			Nordafrica. 
																			Sale 
																			la 
																			tensione 
																			in 
																			Tunisia, 
																			nuovi 
																			scontri, 
																			una 
																			vittima. 
																			Un 
																			uomo 
																			è 
																			stato 
																			ucciso 
																			da 
																			un 
																			candelotto 
																			lacrimogeno 
																			a 
																			Kebili, 
																			durante 
																			una 
																			manifestazione 
																			contro 
																			il 
																			neo 
																			governatore 
																			della 
																			regione. 
																			Proteste 
																			anche 
																			a 
																			Kef, 
																			nel 
																			Nord 
																			del 
																			Paese: 
																			assaltata 
																			e 
																			data 
																			alle 
																			fiamme 
																			la 
																			Prefettura. 
																			Ieri 
																			nella 
																			stessa 
																			città 
																			erano 
																			morte 
																			quattro 
																			persone 
																			e 
																			altre 
																			venti 
																			erano 
																			rimaste 
																			ferite 
																			(La 
																			Repubblica, 
																			6 
																			febbraio 
																			2011);
																			
																			
																			Tunisia. 
																			Placata 
																			la 
																			rivolta, 
																			viaggio 
																			in 
																			un 
																			paese 
																			diviso 
																			tra 
																			valori 
																			islamici 
																			e 
																			voglia 
																			di 
																			democrazia. 
																			Il 
																			cauto
																			
																			rinascimento 
																			di 
																			Tunisi 
																			dopo 
																			Ben 
																			Ali. 
																			Generazione 
																			Facebook 
																			(La 
																			Stampa, 
																			6 
																			febbraio 
																			2011).
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Si è 
																			parlato 
																			di 
																			un 
																			possibile 
																			“Rinascimento 
																			di 
																			Tunisi”, 
																			anche 
																			se 
																			di 
																			un 
																			rinascimento 
																			difficile. 
																			Un 
																			rinascimento 
																			legato 
																			anche 
																			a 
																			Facebook 
																			e 
																			alla 
																			straordinaria 
																			azione 
																			informativa, 
																			e di 
																			contro 
																			informazione, 
																			resasi 
																			possibile 
																			attraverso 
																			la 
																			rete. 
																			Lo 
																			spero, 
																			glielo 
																			auguro, 
																			se 
																			lo 
																			meritano. 
																			Se 
																			lo 
																			sono 
																			guadagnato 
																			con 
																			almeno 
																			220 
																			morti, 
																			e 
																			anche 
																			di 
																			più, 
																			il 
																			prezzo 
																			della 
																			Democrazia 
																			e 
																			della 
																			libertà. 
																			Non 
																			lo 
																			sapremo 
																			mai 
																			se 
																			le 
																			vittime 
																			sono 
																			state 
																			di 
																			più 
																			di 
																			220. 
																			Soprattutto 
																			non 
																			ce 
																			lo 
																			dirà
																			
																			
																			
																			il
																			
																			
																			
																			Ministero 
																			degli 
																			Interni, 
																			quello 
																			che 
																			era 
																			chiamato 
																			il 
																			“Ministero 
																			del 
																			Terrorismo”. 
																			Staremo 
																			a 
																			vedere 
																			con 
																			la 
																			doverosa, 
																			e 
																			fiduciosa, 
																			attenzione. 
																			Si 
																			sente 
																			parlare 
																			di 
																			giovani, 
																			cui 
																			il 
																			regime 
																			agonizzante 
																			chiuse 
																			scuole 
																			e 
																			università, 
																			bloccando 
																			l’istruzione 
																			fino 
																			a 
																			nuovo 
																			ordine, 
																			che 
																			vorrebbero 
																			una 
																			società 
																			basata 
																			su 
																			valori 
																			islamici, 
																			ma 
																			senza 
																			dittatura, 
																			in 
																			altre 
																			parole 
																			un 
																			“modello 
																			turco”. 
																			E 
																			perché 
																			no, 
																			visto 
																			i 
																			passi 
																			avanti 
																			che 
																			i 
																			turchi 
																			stanno 
																			compiendo 
																			sulla 
																			via 
																			dell’Europa, 
																			e ai 
																			quali 
																			sono 
																			stati 
																			risparmiati 
																			i 
																			guai 
																			e il 
																			rischio 
																			bancarotta 
																			che 
																			hanno 
																			fatto 
																			soffrire 
																			i 
																			vicini 
																			e 
																			storici 
																			rivali 
																			greci?
																			 
																			
																			
																			
																			Il 
																			partito 
																			del 
																			presidente 
																			è 
																			finito, 
																			e la 
																			stessa 
																			sorte 
																			spetta 
																			al 
																			sindacato 
																			di 
																			regime. 
																			La 
																			tv 
																			di 
																			Stato 
																			“T7” 
																			– il 
																			cui 
																			nome 
																			necessariamente 
																			rievocava 
																			la 
																			“rivoluzione” 
																			di 
																			Ben 
																			Ali 
																			– ha 
																			già 
																			perso 
																			l’imbarazzante 
																			“7” 
																			chiamandosi 
																			“National 
																			One” 
																			e 
																			assieme 
																			alla 
																			privata 
																			“Hannibal 
																			Tv”, 
																			sono 
																			molto 
																			più 
																			libere 
																			di 
																			prima, 
																			e 
																			cercano 
																			di 
																			fare 
																			vera 
																			informazione, 
																			fuori 
																			dell’ingessata 
																			ufficialità 
																			cui 
																			erano 
																			abituate, 
																			mostrando 
																			immagini 
																			sulla 
																			vera 
																			Tunisia, 
																			quella 
																			che 
																			la 
																			gente 
																			soffre 
																			ogni 
																			giorno, 
																			che 
																			prima 
																			non 
																			avrebbero 
																			mai 
																			potuto 
																			mostrare. 
																			Nelle 
																			strade, 
																			nelle 
																			scuole 
																			e 
																			nelle 
																			università, 
																			e 
																			nei 
																			tanti 
																			caffè 
																			di 
																			Tunisi, 
																			si 
																			respira 
																			un’aria 
																			decisamente 
																			più 
																			libera, 
																			anche 
																			se 
																			qualcuno 
																			teme 
																			che 
																			gli 
																			islamisti 
																			più 
																			radicali 
																			possano 
																			impossessarsi 
																			di 
																			una 
																			libertà 
																			conquistata 
																			dal 
																			basso 
																			e 
																			non 
																			concessa 
																			dall’alto. 
																			Una 
																			libertà 
																			ancora 
																			tutta 
																			da 
																			costruire, 
																			ma 
																			ben 
																			incamminata. 
																			Un 
																			popolo 
																			vaccinato 
																			contro 
																			gli 
																			estremismi, 
																			con 
																			un’impronta 
																			laica 
																			che 
																			è 
																			quella 
																			che 
																			dall’indipendenza 
																			in 
																			poi 
																			non 
																			è 
																			mai 
																			stata 
																			messa 
																			in 
																			discussione.
																			 
																			
																			
																			
																			E 
																			cinquantacinque 
																			anni 
																			non 
																			sono 
																			certamente 
																			pochi.
																							
																			
																			
																			
																			
																							
																			 
																			
																			