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storia & sport


N. 31 - Luglio 2010 (LXII)

il primo atto di una leggenda

svezia 1958
di Simone Valtieri

 

Il 19 giugno 1958 è una data da ricordare nella storia del calcio. È un giovedì e allo stadio Ullevi di Göteborg, davanti a poco più di venticinquemila spettatori, un ragazzino di appena diciassette anni trascina la sua Nazionale nelle semifinali della Coppa Rimet segnando il suo primo gol ai mondiali.


Si gioca Brasile-Galles, quarto di finale della sesta edizione della competizione iridata, ed al sessantacinquesimo minuto il giovanissimo Edson Arantes do Nascimento da Três Corações, nel profondo sud del Brasile, risolve una partita fino ad allora complicata. Su colpo di testa di Didì riceve palla spalle alla porta, al limite dell’area piccola, e con un delicato tocco di prima elude la marcatura di ben due difensori gallesi servendosi da solo la palla per l’uno a zero. Sono da poco passate le otto di sera ma una stella già è sorta brillante: è quella di Pelè.

 

È il 15 gennaio 1958, una data da non ricordare nella storia della Nazionale di calcio italiana. Siamo a Belfast, Ulster. Nello stadio avvolto dalla nebbia, dopo neanche mezzora dall’inizio dell’incontro, l’Italia degli oriundi Ghiggia, Schiaffino, Montuori e Da Costa è già sotto di due gol contro l’Irlanda del Nord.


Agli azzurri basta un pareggio per garantirsi la presenza alla fase finale della Coppa Rimet, ma il match finisce 2-1 in favore dei padroni di casa, con l’inutile gol italiano di Dino Da Costa, ala italo-brasiliana della Roma. È la prima e ultima volta che l’Italia fallisce la qualificazione ai mondiali, fatto che porta alla seconda assenza azzurra di sempre nella massima manifestazione sommata a quella, per scelta, dell’edizione inaugurale uruguayana nel 1930.


L’8 giugno 1958 è invece il giorno d’inizio della sesta edizione della Coppa Rimet. Ad ospitarla è la Svezia dei due “nonni” Green e Liedholm, privi dell’ormai troppo vecchio Nordahl già passato alla storia del calcio insieme, con i suoi due colleghi, nel mitico “Gre-No-Li” che fece le fortune del Milan di quegli anni e della Nazionale scandinava, oro olimpico nel 1948.


Insieme alla sorprendente Irlanda del Nord e al suddetto Galles si qualificano per i mondiali anche Inghilterra e Scozia: fatto unico e non ripetuto che tutte e quattro le Home Nations britanniche riescano ad essere presenti alla Coppa.


La formazione inglese però, una delle favorite della vigilia, si presenta in Svezia mutilata dalla sciagura aerea di Monaco di Baviera del marzo 1958 che coinvolse i fortissimi giocatori del Manchester United e in cui morirono, tra gli altri, l’attaccante Tommy Taylor, il colosso Duncan Edwards ed il capitano Roger Byrne.

 

Sono altre sette, per un totale di dodici su sedici, le altre squadre qualificate dal Vecchio Continente: ci sono i campioni in carica della Germania Ovest nelle cui file giocano ancora, tra i pochi reduci di Berna, il capitano Fritz Walter ed il bomber Helmut Rahn; i finalisti di Svizzera ’54 dell’Ungheria, privi però dei fenomeni Puskas e Kocsis espatriati a seguito dell’invasione sovietica del 1956; e ancora la Francia di Kopa e Fontaine, la Cecoslovacchia di Masopust, le arcigne Jugoslavia e Austria e, per la prima volta, l’Unione Sovietica difesa dal suo imbattibile portiere, il “ragno nero” Lev Jascin.

 

Dall’altra parte dell’Atlantico arrivano invece l’Argentina di Stabile, stavolta nel ruolo di commissario tecnico, il Paraguay, il Messico e il Brasile dello storico 4-2-4 del tecnico Vicente Feola imbottito di stelle del calibro di Garrincha, Didì, Vavà e… Altafini.


Il mondiale viene per la prima volta diffuso ampiamente in televisione, tutte le partite sono trasmesse, e la formula è quella già sperimentata in Svizzera con quattro gruppi da quattro squadre ciascuno con i playoff a partire dai quarti di finale.


La sola variante rispetto all’edizione elvetica sta nell’abolizione degli spareggi eventuali: in pratica ogni squadra ha l’obbligo di affrontare tutte e tre le avversarie del suo girone e solo in caso di reiterata parità al termine di tutti e sei gli incontri, vige ancora lo spareggio.


Come detto sono tante le squadre europee, ben tre per gruppo, e proprio per questo motivo alla vigilia sembra possa essere rispettata la consuetudine che non aveva mai visto vincere una nazionale al di fuori del proprio continente.


Nel gruppo A, in effetti, la cenerentola inattesa risulta essere l’Argentina del portiere Carrizo, il primo nella storia a spingersi all’attacco abbandonando saltuariamente i pali con esiti non eccelsi, vista l’eliminazione al primo turno.

 

I campioni in carica della Germania Ovest, guidati da Helmut Rahn (6 gol per lui in tutto il mondiale), faticano non poco ad avere la meglio sulle rivali ma riescono ad arrivare primi nel raggruppamento grazie alla vittoria sui sudamericani e a due pareggi con medesimo risultato (2-2) contro Cecoslovacchia (con Rahn che durante la partita sigla il cinquecentesimo gol della storia della Coppa Rimet) e Irlanda del Nord.


Per seconda passa a sorpresa proprio la squadra britannica, grazie ad un 2-1 maturato nel primo tempo supplementare dello spareggio contro i cecoslovacchi. A segnare la rete decisiva è Peter McParland che conterà in totale cinque segnature alla fine della manifestazione.


Il gruppo B vede l’eliminazione della seconda squadra sudamericana in gara, il Paraguay, che nonostante l’ottima vittoria con la Scozia per 3-2 e il buon pareggio con la Jugoslavia per 3-3 deve arrendersi alla travolgente Francia di Raymond Kopa, centrocampista del Real Madrid, e degli attaccanti Roger Piantoni e Just Fontaine, ispiratissimi, soprattutto il secondo, per tutto il mondiale.


7-3 il risultato finale per la Francia che se non fosse per il passo falso con la Jugoslavia (3-2) avrebbe terminato a punteggio pieno il girone.

 

I padroni di casa della Svezia dominano il gruppo C, grazie ai magici vecchietti Gren e Liedholm ma anche al guizzante Skoglund e al giovane Kurt Hamrin, detto l’”uccellino” per il suo strano modo di correre.


Gli scandinavi sconfiggono per 3-0 un modesto Messico (basti pensare che in un’amichevole di allenamento durante il mondiale perderà con la squadra locale del Djurgården 5-0, formazione professionista svedese che all’epoca era da poco stata sconfitta con identico punteggio dall’Udinese) e per 2-1 una ridimensionata Ungheria prima di pareggiare con la rivelazione del torneo, il Galles del grande John Charles, per 0-0, qualificato anch’esso per gli ottavi grazie ai tre pareggi conseguiti contro le rivali.


Resta il Brasile a difendere i colori del Sud America nel gruppo D e lo fa stupendo il mondo. Il gioco espresso dalla formazione del tecnico Vicente Feola è spumeggiante. Il World Sport, giornale inglese, scrive che bisogna stropicciarsi gli occhi per poter credere che il calcio del Brasile appartenga al nostro pianeta. Didì in regia è un genio, Nilton Santos in difesa una sicurezza.


Davanti i dribbling ubriacanti di Garrincha, i tiri di Vavà e la concretezza di Altafini e Zagallo fanno sognare un popolo ancora scosso per le batoste incassate nelle due precedenti edizioni. E poi c’è la panchina, su cui siede un diciassettenne scalpitante.

 

Il gruppo viene vinto dal Brasile quasi in surplace, nonostante un imprevisto pareggio per 0-0 (il primo della storia dei mondiali, che precede di quattro giorni quello tra Svezia e Galles nel gruppo C) con l’Inghilterra nella seconda partita.


Gli altri incontri terminano per 3-0 contro l’ostica Austria e per 2-0 contro l’Unione Sovietica che non prende una goleada solo grazie ai miracoli del suo incredibile portiere. Lev Jascin sarà decisivo anche nello spareggio per il secondo posto vinto dai russi contro gli inglesi.


Dai quarti di finale non arrivano sorprese, a passare sono tutte le formazioni che si sono qualificate col primo posto nei rispettivi gironi: il Brasile, come già raccontato, riesce a superare il Galles, privo di John Charles infortunato, col risicato punteggio di 1-0; la Francia annienta per 4-0 l’Irlanda del Nord grazie anche ad una doppietta del suo bomber Just Fontaine; la Germania Ovest ringrazia il solito Rahn per il passaggio del turno contro l’arcigna Jugoslavia; La Svezia sconfigge gli stanchi sovietici, reduci dallo spareggio di due giorni prima, con i gol di Hamrin e Simonsson.


In semifinale, per quanto fin qui espresso, si affrontano forse le due compagini più forti della manifestazione. La partita tra Brasile e Francia è spettacolare e termina per 5-2 in favore dei verdeoro, in vantaggio già dopo due minuti grazie ad un gol di Vavà lasciato solo dalla difesa avversaria davanti al portiere.

 

Il pareggio della Francia arriva sette minuti più tardi con l’irresistibile Just Fontaine, al nono gol nel mondiale, che dribbla il portiere Gilmar ed insacca da posizione angolata.


Didì riporta in vantaggio i sudamericani con uno splendido sinistro all’incrocio dei pali prima dello show personale del giovanissimo Pelé. Ormai titolare da due partite, il ragazzino di Três Corações (“tre cuori”, quanti sembra averne in campo) gioca con il piglio di un veterano.


La prima delle sue tre segnature nasce da un errore grossolano del portiere a cui sfugge il pallone, la seconda da un’azione combinata con Garrincha e Vavà, la terza ancora da un pallone crossato di Garrincha, stoppato magistralmente e spedito alla destra del portiere.


Il gol di Piantoni a otto minuti dalla fine serve solo per le statistiche. Nell’altra semifinale i padroni di casa della Svezia eliminano col punteggio di 3-1 i campioni in carica tedeschi, nonostante il coraggio del capitano Fritz Walter in campo con i postumi di un infortunio, e raggiungono il Brasile nella finalissima di Stoccolma.


 

L’atto conclusivo è preceduto dal gustoso aperitivo della finalina per il terzo posto, servito a Göteborg da Francia e Germania. In una partita-spettacolo terminata 6-3 per i transalpini, Just Fontaine segna ben quattro reti e si issa irraggiungibile in vetta alla classifica dei marcatori con 13 gol, record di marcature in un mondiale tuttora ineguagliato.


Il 28 giugno 1958 allo stadio Råsunda di Stoccolma si affrontano nella sfida più attesa Svezia e Brasile. Entrambe le squadre vestono di norma un completo giallo con pantaloncini blu perciò, per evitare equivoci, la Seleçao è costretta a comprare in città uno stock di magliette azzurre e cucirvi sopra i numeri e lo stemma asportati dalla divisa principale (da quel giorno in poi il Brasile vestirà sempre come seconda maglia un completo azzurro con pantaloncini bianchi).


Dopo tre minuti il “Barone” Liedholm illude i cinquantamila spettatori portando in vantaggio la Svezia con un pregevole dribbling ai danni dei due difensori centrali brasiliani ed un tiro preciso sul palo alla destra del portiere. Ma, come nella semifinale, basta poco al Brasile per schiarirsi le idee e tornare in partita. Al 9’ ed al 32’ Vavà segna due gol simili, raccogliendo in entrambi i casi davanti al portiere un cross basso dalla destra. Poi tocca a Pelé.


Il primo gol che realizza è quasi indescrivibile, un capolavoro, anche raccontato con le parole di un poeta perderebbe in bellezza. E a farlo sul campo è un diciassettenne.

 

La palla gli arriva ad una dozzina di metri dalla porta, grazie ad un primo stop di petto supera un difensore, con un tocco morbido in pallonetto supera il secondo, con un tiro al volo di destro supera anche il portiere: è il delirio. Anche gli svedesi applaudono copiosi, cominciando a capire che questo Brasile è imbattibile.

 

Il quarto gol è di Zagallo, il momentaneo 4-2 di Simonsson ed il definitivo 5-2 ancora di Pelé, al novantesimo, con un colpo di testa magistrale che disorienta il suo difensore ed il portiere Svensson. L’arbitro fischia la fine, alla radio brasiliana Leonidas Da Silva, la “Perla Nera” della Seleçao degli anni Trenta diventato commentatore, sviene dalla gioia.


In patria si contano almeno sette morti d’infarto ed una festa infinita che dura per settimane.


Subito dopo il gol Pelè si siede sul campo e scoppia in un pianto a dirotto che non cessa neanche mentre i compagni lo portano in trionfo.


Pochi minuti dopo il capitano Bellini può finalmente sollevare al cielo quella coppa che in patria aspettano da quasi un trentennio.



 

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