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ARTE


N. 37 - Gennaio 2011 (LXVIII)

Suzanne Valadon
La figlia della tempesta

di Michele Broccoletti

 

Ho avuto grandi maestri, da cui ho preso il meglio, ovvero i loro insegnamenti, i loro esempi. Ho trovato me stessa, ho creato me stessa e ho detto ciò che avevo da dire. (Suzanne Valadon)

Diceva a tutti di essere nata a Bessines-sur-Gartempe il 6 giugno del 1867, e raccontava spesso, forse per rendere misteriose le sue umili origini, di essere stata abbandonata ancora in fasce difronte alla cattedrale di Limoges.

In realtà, Marie-Clémentine Valadon, conosciuta dai più con il nome di Suzanne Valadon, naque il 23 settembre del 1865, dalla relazione che la madre Magdelaine Valadon, una cucitrice rimasta vedova, ebbe con uno sconosciuto identificabile in un ingegnere ferroviario o, più presumibilmente, nella figura di un lavandaio francese. Sta di fatto che Magdelaine Valadon, a causa delle precarie condizioni economiche, affidò inizialmente la piccola Marie-Clémentine alle cure di alcuni parenti, e risiedette poi per un breve periodo presso altri parenti di Nantes, fino a quando non decise di abbandonare Bessines-sur-Gartempe per trasferirsi a Parigi.

Madre e figlia si stabilirono a Montmartre, che ai tempi era ancora un quartiere semi-rurale e fungeva da confine tra la campagna ed il nucleo urbano, quindi proprio per questo non era difficile trovarvi affitti a basso costo. Allo stesso tempo Montmartre rappresentava un luogo di incontro tra numerose varietà linguistico-culturali-sociali, le quali contribuirono a creare una colorata comunità che aveva trasformato la collina parigina in un luogo effervescente, trasgressivo ed originale, in cui l'interazione e l'eterogeneità, produssero esiti sorprendenti.

Fu così che Marie-Clémentine crebbe fra la precarietà economica e l'indifferenza della madre, ma in uno scenario stimolante, i cui protagonisti avevano praticamente sovvertito le norme del tradizionale modello sociale francese. In questo contesto si inserisce pienamente la realtà degli artisti impressionisti, grazie ai quali proprio i protagonisti del mondo subalterno divennero a volte soggetti artistici, che riuscirono così a raggiungere, quantomeno idealmente, il tanto agognato riscatto sociale.

Anche Marie-Clémentine Valadon, adattandosi appieno alla vivacità di Montmarte e pur senza grandi strumenti culturali, andò alla ricerca di un'autonoma, precisa e connotata soggettività, fin da quando si dimostrò insofferente alle gerarchie lasciandosi espellere per cattiva condotta dal convento dove stava portando a termine gli studi primari.

La giovanissima Marie-Clémentine così, si ritrovò inaspettatamente proiettata nella realtà quotidiana caratterizzata dalla contingenza economica, che la spinse ad impegnarsi in umili lavori quali pasticcera, sarta, fiorista, fin quando, a quindici anni, piena di entusiasmo si unì ad un circo iniziando a fare l'acrobata cavallerizza. Ben presto però, a causa di una brutta caduta, dovette abbandonare la compagnia circense, ma riuscì comunque a trovare un altro lavoro in grado di appassionarla cominciando a posare per alcuni giovani artisti che, allora, avevano nomi sconosciuti, come Pierre Auguste Renoir e Henry de Toulouse-Lautrec. Con i suoi occhi blu, la pelle di madreperla, la statura media e le perfette proporzioni, ed il suo fascino sensuale ed acerbo, nel giro di poco tempo, la “bellissima Marie”, come la chiamavano gli artisti per i quali posava, divenne una delle modelle preferite di coloro che invece diventeranno le pietre miliari del gruppo degli impressionisti.

La carriera di modella artistica fu per Marie una sorta di preludio dei propri interessi artistici e pittorici. Nell'arco di poco, oltre che da Renoir e Touluse-Lautrec, la giovane venne ritratta da Puvis de Chavannes (per il quale posò per sette anni), Jean-Jacques Henner, Federico Zandomeneghi, Giuseppe De Nittis, Gustave Wertheimer e Hector Leroux.

Marie fu anche amante di Renoir e Touluse-Lautrec, i quali, insieme ad altri artisti, la spronarono alla pittura la incoraggiarono a sviluppare da autodidatta la propria passione creativa. Fu proprio Touluse-Lautrec, inoltre, a suggerirle lo pseudonimo di Suzanne Valadon, nato dal fatto che la giovane, posando nuda per i suoi anziani “amanti-artisti”, evocava l'episodio biblico, poi divenuto ricorrente tema iconografico, di “Susanna e i vecchioni”.

Tra tutti i pittori che Suzanne Valadon conobbe, possiamo riconoscere sicuramente in Edgar Degas il suo più grande estimatore, che non smise mai di incoraggiarla e di offrirle suggerimenti e consigli. Degas manifestò fin da subito nei confronti di Suzanne un profondo rispetto ed accettò di svelarle i segreti delle diverse tecniche di esecuzione, ma oltre a ciò acquistò le prime opere della pittrice per spronarla, e comunque non smise mai di collezionare i disegni della “terribile Marie”, come lui amava chiamarla. Per Suzanne, Edgar Degas fu forse l'unica vera amicizia, e probabilmente incarnò, in parte, la figura paterna che fu totalmente assente nella vita della stessa pittrice.

I primi soggetti che Suzanne iniziò a dipingere sulle sue tele erano animali come gatti, cani e cavalli, con le cui raffigurazioni la pittrice iniziò ad esercitarsi fin da giovanissima, ai tempi dell'esperienza circense, dimostrandosi, sin dagli esordi, una perfezionista, riuscendo infatti a lavorare anche parecchi anni su una tela, prima di portarla a termine.

Con l'esercizio e la pratica pittorica, e totalmente da autodidatta (solamente nel 1897 l'Ecole National des Beaux-Arts aprirà l'insegnamento artistico anche alle donne), Suzanne Valadon riuscì gradualmente ad acquisire importanti elementi tecnici ed esecutivi che ben presto, uniti al forte talento istintivo, fecero sì che le opere realizzate iniziassero a raggiungere un eccellente livello qualitativo ed espressivo, e iniziassero ad essere caratterizzate da un'importante forza compositiva. Significativo è l'autoritratto che l'artista dipinse nel 1883, dal quale, al contrario del ritratto che Renoir le dedicherà lo stesso anno, possiamo desumere l'energica determinazione e la forza interiore, che furono vitali risorse alle quali la pittrice fece sempre affidamento per superare le ostilità che la vita le pose difronte.

Probabilmente la condizione più difficile che si trovò ad affrontare fu quella di ragazza-madre, quando nel 1883, precisamente il 26 dicembre, scelse irremovibilmente di accogliere il piccolo Maurice, inizialmente di padre ignoto, ma che venne poi riconosciuto nel 1891 dal giornalista spagnolo Miguel Utrillo. Maurice Utrillo diverrà un famosissimo paesaggista e farà parte di quella cerchia di artisti, tra i quali vi erano anche Picasso, Modigliani, Matisse e Chagall, che agli inizi del '900 contribuirono a rendere Parigi la capitale della cultura europea.

Maurice, che paradossalmente con i suoi successi oscurerà la figura artistica della madre, rimase sempre al primo posto nei pensieri di Suzanne, la quale nel 1896 accettò addirittura di sposarsi con Paul Mousis, un agente di cambio appartenente alla media borghesia parigina, che fu in grado di garantire il sostentamento le cure di cui Maurice, che aveva problemi psichici uniti alla dipendenza da alcool (frequenti furono i suoi ricoveri in sanatori e manicomi), necessitava. Fu proprio per aiutare il figlio a superare i suoi problemi che Suzanne si trasferì con lui in campagna e lo avviò alla pittura, salvandolo anche nel 1924, quando Maurice, ormai acclamato pittore parigino, tentò il suicido. Maurice Utrillo rappresentò indubbiamenre la più grande vittoria che Suzanne Valadon ottenne nei confronti della vita.

Dal punto di vista artistico invece, il primo importante riconoscimento personale per Suzanne arrivò nel 1894, anno in cui l'artista riuscì ad esporre un proprio disegno firmato alla Société National des Beaux-Arts, e risultò l'unica donna ad essere ammessa alla galleria che era stata recentemente fondata da Puvis de Chavannes, uno degli ex maestri-amanti della stessa Suzanne.

Nelle sue opere ovviamente è facile individuare l'influsso della “lezione” di Degas, i cui insegnamenti verranno seguiti anche nella scelta dei temi iconografici, come ad esempio è possibile notare nella serie delle bagnanti, ma non è difficile ritrovare altre influenze come quelle date da Gauguin e dalla scuola di Pont-Aven. Per contro invece, un elemento in cui Suzanne Valadon si differenziò da alcune tendenze del momento, sta nel fatto che l'artista prese le distanze da alcune tematiche iconografiche inerenti la vita del mondo borghese, che era invece molto cara alla corrente impressionista. Suzanne, come per esaltare le proprie umili origini, predilesse la raffigurazione della cura quotidiana e degli affetti domestici, che in alcuni casi vennero anche esaltati tramite la rappresentazione dei familiari, tra i quali ritroviamo in primo luogo il figlio Maurice (Portrait de Maurice Utrillo devant son chevalet - 1921), affiancato dal giovane pittore suo amico Andrè Utter (Portrait de la famille Utter - 1923), con il quale Suzanne, dopo essersi divorziata da Paul Mousis, si sposò nel 1914 dando origine così ad trio di artisti, che, vivendo insieme fra litigi ed armonia, venne definito dalla stampa parigina, come “Trinità infernale”.

Oltre alle tematiche familiari Suzanne si dedicò anche alla rappresentazione paesaggistica, a volte intrapresa durante viaggi, come nel caso del soggiorno in Corsica, durante il quale ebbe origine il ciclo pittorico dedicato ai paesaggi dell'isola francese (Le paysage Corse – 1913), caratterizzato, come le altre opere paesaggistiche, da visioni armoniche e serene ma, allo stesso tempo, dalla forza della composizione e dai colori vibranti.

Probabilmente però, tra tutti i temi pittorici, quello più ricorrente nella produzione di Suzanne Valadon, fu la raffigurazione dei nudi femminili, tramite i quali non vengono mai evocati falsi pudori, ma non viene nemmeno espressa la carnalità seduttiva, e a volte anche volgare, frequentemente presente nelle tele di altri pittori. Le donne di Suzanne, pur mostrando la pienezza delle proprie forme floride e graziose, sembrano allo stesso tempo sempre aver bene in mente la caducità delle proprie carni, che non vivranno mai un'eterna primavera. Ciò si può ritrovare in quasi tutti i suoi nudi femminili, ad eccezione che in Adam et Eve (1909), dove viene pienamente celebrata ed esaltata la fisicità della coppia ritratta, che senza dubbio rimanda alla coppia reale creata dal giovane Utter con la stessa Suzanne.

Altre tendenze stilistiche e pittoriche sono quelle che l'artista apprese dal gruppo dei Fauves e dall'orientalismo di Henri Matisse, che verranno ad esempio impresse in opere quali la Chambre bleue (1923), in cui tuttavia ritroviamo anche rimandi alle opere di Toulouse-Lautrec nella postura della donna e alle opere di Cézanne nella plasticità della figura.

Volendo individuare la principale tendenza artistica di Suzanne Valadon, dobbiamo sicuramente porre l'accento su un aspetto quasi “rivoluzionario” delle sue tele. Mentre nelle opere degli impressionisti era celebrata l'egemonia politico-sociale della classe borghese ed erano messe in secondo piano le classi proletarie, la pittura di Suzanne poneva l'accento proprio sulla precarietà e sulle umili condizioni delle classi subalterne, alle quali lei stessa apparteneva e che nelle sue opere assumono una fortissima dignità, con la quale quotidianamente venivano eroicamente affrontate le difficoltà date dalla sopravvivenza quotidiana.

Nel corso della sua vita Suzanne riscosse grandi successi e riconoscimenti, partecipò a numerosi saloni ed organizzò esposizioni personali, ma soprattutto riuscì a trasporre nei propri dipinti la fierezza della sua autonomia, accompagnata da un'enorme forza di volontà: è in questo modo che nacque e si definì il linguaggio artistico di Suzanne Valadon, che fin dagli esordi risultò vigoroso e lontano dalle mezze misure, rimanendo tale fino al 7 aprile 1938, giorno in cui la morte la sorprese proprio difronte al cavalletto.

La figlia della tempesta”, come lei stessa amava definirsi, conscia del fatto di essere sopravvissuta agli stenti e alle umiliazioni che subì durante l'infanzia, morì dipingendo all'età di settantatré anni. Al suo funerale parteciparono le più importanti figure del mondo artistico, come Picasso, Braque e Derain, ma molti ritengono, come abbiamo già detto, che la sua fama sia offuscata dalla grandezza raggiunta dal figlio, e la sua libertà sia reclusa nella memoria della “madre di Maurice Utrillo”.

Esiste forse, nella vita, qualcosa di più appagante...?



 

 

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