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N. 54 - Giugno 2012 (LXXXV)

i (troppi) suicidi tra i veterani del post 9/11
un macabro bilancio

di Denisa Kucik e Leila Tavi

 

Dal 2005 al 2010 il tasso di suicidi tra i militari statunitensi è stato di uno ogni 36 ore.

 

Negli U.S.A., infatti, i suicidi nelle forze armate sono aumentati notevolmente dal 2004, fino a raggiungere un record storico nel luglio del 2011, con ben 33 suicidi solo in quel mese.

 

È impossibile però determinare con precisione il tasso dei suicidi tra i veterani, si stima che muoia negli Stati Uniti d’America un veterano ogni 80 minuti, ovvero 18 veterani ogni giorno.

 

È interessante notare che, sebbene i soldati statunitensi impegnati nelle guerre di Afghanistan e Iraq siano solo l’1% della popolazione, rappresentano però il 20% dei suicidi totali.

 

Gli studi medici e psichiatrici svolti negli Stati Uniti tendono a dimostrare che non ci sia un nesso diretto tra suicidi e servizio militare svolto in zone di guerra, ma che nel 31% dei casi spesso la vera causa è legata a traumi vissuti negli anni precedenti all’entrata in servizio.

 

La Marina statunitense ha recentemente varato un programma di prevenzione con due slogan significativi "Never Leave a Marine Behind" (Non abbandonare mai un marine) e "Never Let Your Buddy Fight Alone" (Non lasciare mai il tuo compagno lottare da solo); un servizio dedicato soprattutto ai veterani, che nei primi tre anni di attività ha ricevuto più di 144 mila chiamate e prevenuto circa 7 mila suicidi.

 

Una delle cause più frequenti di disturbi psichici nei soldati è stato il trasferire da un campo all’altro i soldati che avevano assistito a eventi traumatici, tanto che la Marina ha deciso dal settembre 2007 al marzo 2010 che ogni uomo dovesse rimanere assegnato alla stessa unità almeno per 90 giorni.

 

In alcune recenti statistiche è stato evidenziato che un gran numero di militari che si sono suicidati aveva problemi con la legge o provvedimenti disciplinari in corso.

 

Una volta rientrati in patria i veterani sono sottoposti a un test di verifica e sono poste loro domande come: "Ha visto corpi morti, persone uccise o ferite durante la sua missione?" oppure "Durante la sua missione ha avuto mai la sensazione di essere in grave pericolo o di rischiare la vita?".

 

Gli psicologi che fanno parte di questo gruppo di studio hanno rilevato che tali pazienti molto spesso, una volta a riposo, diventano alcolizzati o fanno uso di stupefacenti o abusano di psicofarmaci.

 

Al 14% circa della popolazione delle forze armate USA è prescritto un oppiaceo, mentre il 45% delle morti accidentali o non accertate dal 2006 al 2009 sono state causate da droga o da alcool e il 29% dei suicidi tra il 2005 e il 2010 è stato per cause legate all’abuso di droghe e alcool.

 

Nel 2008 una statistica basata su questionari anonimi ha evidenziato che tra i soldati c’è un alto tasso di depressione; un’altra successiva ha individuato che il 43% degli appartenenti alle forze armate statunitensi che si sono tolti la vita nel 2010 non avevano ricevuto nessuno aiuto psicologico o controllo medico nel mese precedente alla loro morte; molto spesso la morte è avvenuta per mezzo di armi proprie.

 

Circa il 2% dei suicidi e il 5% dei tentati suicidi sono in relazione a maltrattamenti subiti durante il servizio; nonostante sia una piccola percentuale è comunque inaccettabile e dovrebbero essere presi dei provvedimenti per evitare in futuro nuovi abusi.

 

Studi recenti stanno cercando di stabilire, analizzando i dati relativi ai suicidi tra i veterani e, in particolar modo ai veterani del post 11 settembre, se i suicidi siano commessi immediatamente dopo esser stati dimessi dal servizio.

 

Il primo presidente degli U.S.A., George Washington, dichiarò: “The willingness with which our young people are likely to serve in any war, no matter how justified, shall be directly proportional to how they perceive the Veterans of earlier wars were treated and appreciated by their nation”.

 

Gli Stati Uniti perciò non stanno perdendo solo la loro guerra contro un nemico invisibile, ma anche la battaglia contro i suicidi tra i veterani, che, come sottolineano le parole del presidente Washington, dovrebbero ricevere al rientro in patria onori e cure, invece sono lasciati abbandonati a se stessi.

 

Molti di loro ritornano disabili, mutilati, con stress, depressioni e disordini mentali causati dagli eventi traumatici a cui hanno preso parte; Ari Sonnenberg, ad esempio, ha partecipato a tre missioni in Iraq ed è stato costretto a ritornare a casa per un grave trauma cranico e lesioni interne.

 

Il ricordo dell’orrore della guerra lo ha spinto, ad un certo punto della sua vita, a tentare il suicidio, anche perché, come ha spiegato il veterano al quotidiano statunitense Los Angeles Times, le condizioni in cui coloro che rimpatriano sono curati negli ospedali militari non fanno che aumentare le loro frustrazioni e le loro paure.

 

Il 20 maggio 2012 circa 50 veterani hanno protestato per le strade di Chicago in occasione del Summit della NATO, gettando in segno di dissenso le loro medaglie all’onore nei pressi dell’edificio, dove i rappresentanti dei paesi membri erano in riunione.

 

L’ufficiale della Marina Leah Bolger ha dichiarato che sia la guerra in Afghanistan che la guerra in Iraq sono state delle "guerre illegali della NATO e dell’America".

 

Tali manifestazioni di protesta dei veterani, che fanno seguito a quelle 2003 contro la guerra in Iraq, sono indice di un atteggiamento estremamente critico nei confronti dei conflitti in cui gli Stati Uniti sono a oggi coinvolti; il 33% dei veterani post 11 settembre afferma, infatti, che le ultime guerre hanno causato solo dolore, morti e danni.



 

 

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