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N. 66 - Giugno 2013 (XCVII)

LA STAMPA NEL DECENNIO FRANCESE
I GIORNALI D’INTENDENZA

di Anna Grazia De Mango

 

Nel panorama della stampa periodica italiana dell'Ottocento, si segnalò la presenza, in tutto il Regno delle Due Sicilie, di giornali promossi dagli Intendenti nelle varie province per agevolare a livello locale la conoscenza e l'applicazione delle leggi e favorire il buon andamento dell'amministrazione.

 

Le ragioni che spinsero la pubblicazione di questo tipo di giornale furono di ordine pratico. Per far giungere in tutto il Mezzogiorno l'impulso che partiva dalla Capitale, con la legge dell'8 agosto 1806, il Regno fu diviso in province, ed a capo di queste furono posti gli Intendenti, una figura di funzionario nuova non soltanto nel nome.

 

L'intendente, esecutore delle disposizioni impartitegli principalmente dal ministero dell'Interno, diresse l'amministrazione locale, controllò i comuni, fece conoscere leggi e decreti, ne curò l'applicazione, diramando circolari e tenendo un fitto carteggio con i sottintendenti, i sindaci e le altre autorità. Venne affiancato da un consiglio d’intendenza composto da tre membri nominati dal re e un segretario generale.

 

Quest’ultimo ricoprì un incarico altamente fiduciario espletando delicate mansioni e spesso la sua competenza amministrativa giunse a farne, come accadde con Giacinto Antelmy, segretario di intendenza in Terra d’Otranto, il personaggio più autorevole della provincia.

 

Gli intendenti rappresentarono la vera cerniera tra il centro e la periferia, essendo in grado di esercitare un controllo sulla vita amministrativa provinciale e comunale che nessuna magistratura di antico regime aveva mai effettuato.

 

Nella difficoltà delle comunicazioni e nella impossibilità di spedire da Napoli in migliaia di copie leggi, decreti, circolari, il governo avvertì la necessità di decentrare nelle province la stampa, meglio diremmo la ristampa, in centinaia di esemplari, degli atti inviati dai ministeri.

 

Perciò, prima ancora che fossero istituite le intendenze, il 9 giugno 1806 il ministro dell'Interno Miot si rivolse ai presidi, sottolineando l'importanza di stabilire delle stamperie, in ogni capitale di provincia, solo mezzo di comunicazione fra gli amministratori e gli amministrati, ed offrì tutti i possibili aiuti. Il ministro, infatti, secondo le situazioni prospettategli, diede contributi in denaro, locali e materiale.

 

Il 30 settembre dello stesso anno il ministro inviò un'altra circolare per sollecitare lo stabilimento della stamperia nella capitale di ogni provincia, dal momento che erano stati fissati i capoluoghi. Nel rinnovare la sua disponibilità per risolvere i problemi locali comunicò una sua idea per ridurre le spese di stampa:

 

“Invece di stamparsi gli atti d’Intendenza parzialmente uno ad uno, potrebbe ogni intendenza riunire insieme quelli che deve pubblicare nel corso di ogni settimana, o di quindici giorni, o più, che secondo la quantità delle materie o l’urgenza richiede, ed imprimergli in un volume solo, a forma d’un giornale d’Intendenza. Questo foglio non dovrebbe mai, e sotto qualunque pretesto aver nulla in comune colle gazzette politiche. Niuna notizia, niuno articolo estraneo agli oggetti dell’intendenza dovrebbe contenere. Un foglio cosi composto potrebbe regolarmente inviarsi a ciascuna università, la quale dovrebbe essere costretta ad associarsi, e pagarne il prezzo, che si dovrebbe ridurre a molto discreta cosa. Sul prezzo dell’associazione con un leggero aumento potrebbe l’accortezza degli intendenti trovare anche la somma necessaria a stabilire i corrieri indispensabili alla facile corrispondenza, tra le università e i sottointendenti, e tra costoro e gli intendenti in tutti quei luoghi ove non esiste il corso della posta”.

 

Il Miot concepì il giornale d'Intendenza come una iniziativa interna all'amministrazione, un espediente inteso a facilitare la diffusione e la conservazione degli atti del governo, e ricordò esplicitamente nelle sue circolari che non doveva trattare di politica.

 

Data la situazione disastrosa delle attrezzature dei capoluoghi, anche Giuseppe Bonaparte incoraggiò personalmente l’attività editoriale con l’istallazione di officine, l’uso gratuito dei locali, il rimborso delle spese per l’approvvigionamento delle carte.

Il suddetto giornale fu prodotto in maniera autonoma da ciascuna Intendenza e diffuse quindi le norme in vigore nelle province del Regno, le leggi e i decreti del governo, le istruzioni dei vari ministeri, le circolari e gli avvisi per i sottointendenti. Almeno un esemplare dovette, per legge, essere affisso in un luogo pubblico affinché ogni cittadino potesse consultarlo.

 

Nel gennaio 1807 uscì il primo giornale d’Intendenza ad Avellino. Nel 1808 venne prodotto a Monteleone, Aquila, Teramo, Foggia, Lecce, Campobasso e Potenza. Forse allo stesso anno risale quello di Salerno, certamente esistente nel 1809. Nel 1810 venne pubblicato a Bari e Napoli; ultimo, nel 1811, a Cosenza. I giornali, coprirono, così, tutto il Regno.

 

Nell’Archivio di Stato di Foggia ho avuto modo di leggere e studiare il Giornale dell’Intendenza di Capitanata relativo al 1809: sono presenti molti documenti di ordine pubblico come istruzioni per la persecuzione dei briganti; istruzioni che riguardano il compenso da darsi a’ medici e chirurghi fiscali del Regno; liste di evasori sia militari che di tasse; circolari sulle qualità che i giovani devono avere per la gendarmeria reale:

 

Buona condotta provata da documenti autentici; saper leggere e scrivere, aver l’età di 21 anni, sino a 30; altezza di cinque piedi, e tre pollici per la Fanteria, e cinque piedi, e quattro pollici per la Cavalleria, quelli poi che avranno i mezzi di provvedersi di cavalli prima della loro entrata, avranno maggior vantaggio; stato nominativo dei cittadini di Foggia che si sono offerti di distruggere il brigantaggio, provvedimenti sull'obbligo di somministrare beni e viveri alle truppe di passaggio, carte di ricognizione per distinguere i buoni cittadini dai briganti, stato degli arrestati ed infine anche istruzioni per la distruzione dei briganti.

 

Proprio la presenza di una così ampia documentazione nei riguardi del brigantaggio segnalò una problematica che negli anni non trovò soluzione. Più volte il governo napoletano cercò di debellare le bande fuorilegge e dare sicurezza alle vitali comunicazioni tra la Capitale e la Puglia, ma neppure le forze armate di Gioacchino Murat riuscirono a venirne a capo, anzi: un sottointendente di Bovino, piccola località di Capitanata significativamente eretta a sede di distretto a rimarcare una più attiva presenza delle autorità civili e militari dello Stato in quelle contrade, fu trucidato dai banditi e negli ultimi giorni di vita del Regno murattiano, i briganti occuparono quel centro costringendo il nuovo sottointendente ad una indecorosa fuga.

 

Sul versante dell'amministrazione civile, nel giornale d’Intendenza di Capitanata numero 19, relativo sempre all’anno 1809, sono presenti circolari dei ministeri e degli intendenti che attestavano momento per momento l'intensa attività dell'ordinamento dei comuni come la nomina del nuovo intendente di Capitanata Augusto Turgis:

 

“Chiamato all’onorevole, e geloso incarico di amministrare questa bella provincia, non ho perduto un momento per recarmi al posto assegnatomi dal Sovrano, e nel darvi parte di aver preso le redini dell’amministrazione, la mia prima cura è di manifestare lo spirito, che mi anima, ed i principi, che dirigeranno la mia condotta; assicurare la quiete interna, primo bisogno dè i popoli, procurare l’incasso delle contribuzioni, principio fondamentale, e conservatore di ogni sociale organizzazione; mantenere la stretta, e completa esecuzione delle Leggi, nell’intima persuasione, che, emanate da un savio, illuminato e peterno Principe, tutte hanno lo scopo l’onore della Padria, ed il vantaggio generale. Tali sono le mie intenzioni…”.

 

Sono presenti anche molte lettere di gioia per le vittorie delle truppe francesi e con annesse lettere di Napoleone per dare informazioni ufficiali sulla Grande Armata.

 

Nei Giornali d’Intendenza trovarono posto anche le decisioni del sovrano di premiare i più meritevoli tra gli amministratori assegnando loro delicate incombenze di ordine superiore, come accadde al sindaco di Putignano che entrò a far parte nel 1812 del consiglio d’Intendenza di Terra di Bari. Le prospettive di ascesa sociale e le carriere si orientarono verso il capoluogo, infatti sindaci e amministratori locali mirarono ad un passaggio, per sé o per i propri figli, nella burocrazia che si raccoglieva attorno alle intendenze, sperando di ottenere, come remunerazione per le capacità dimostrate, cariche pubbliche più elevate.



 

 

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