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STORIA & SPORT


N. 40 - Aprile 2011 (LXXI)

Da Sydney a Hobart
Regatando nelle insidiose "acque azzurre"

di Simone Valtieri

 

La Blue water classic, così com’è nota negli ambienti velici, è la regata più prestigiosa dell’emisfero australe. Con cadenza annuale, a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno, ogni estate si sfidano velisti tra i migliori del pianeta sulla rotta che separa Sydney da Hobart, principale centro dell’isola di Tasmania. 628 miglia nautiche per quella che è da molti considerata come la più difficoltosa regata al mondo, più ancora delle lunghe traversate come la Ocean Race o la Vendée Globe.

 

Il motivo di tale affermazione è insito nelle impervie difficoltà che la breve rotta comporta, dovendo le imbarcazioni affrontare le correnti degli oceani, ma soprattutto nella sua durata che negli ultimi trent’anni si è attestata tra i quattro ed i due giorni di navigazione a seconda delle condizioni del mare: un tempo troppo lungo per far riposare a dovere il fisico durante la prova e troppo breve per sostare o dormire senza perdere tempo prezioso in quella che storicamente è una gara molto tirata.

 

Il percorso non è mai cambiato in oltre 65 anni di storia. Si parte dalla baia di Sydney e si regata verso sud costeggiando le soleggiate spiagge, le città costiere e i piccoli villaggi di pescatori del Nuovo Galles del Sud. In questo frangente di gara la rotta da seguire è libera entro le 40 miglia dalla costa. Si lascia poi il continente per attraversare lo stretto di Bass e proseguire lungo la costa orientale della Tasmania. Giunti a Tasman Island la flotta vira verso ovest entrando nella Storm Bay e veleggiando lungo il fiume Derwent fino allo storico porto della città di Hobart.

 

A detta dei lupi di mare che hanno già affrontato la regata, il primo e l’ultimo giorno sono quelli più emozionanti. Dal Sydney Harbour gli iscritti alla regata partono tra due ali di imbarcazioni straripanti di appassionati, accompagnate dal ronzio degli elicotteri delle televisioni pronti a seguire i concorrenti durante il tragitto. Nella parte centrale le insidie sono parecchie, dettate dalle correnti del pacifico che a sud del continente confluiscono con quelle dell’oceano indiano, e dalle mutevoli condizioni atmosferiche dello stretto di Bass, anche noto come il paddock. Veleggiarvi nella stagione dell’estate australe non è sinonimo di garanzia che le acque siano calme, anzi. I fondali sono relativamente bassi ed il forte vento può favorire la formazione di grosse onde capaci di mettere in crisi anche i più esperti navigatori.

 

Avvicinandosi a Tasman Island, il litorale montuoso è composto da scogliere massicce e le condizioni del vento sono molto incostanti, con raffiche che soffiano in direzioni differenti a poche miglia di distanza le une dalle altre. Inoltre vi è spesso una bassa nebbia che rende difficile navigare. In passato le imbarcazioni hanno sempre veleggiato controllandosi a vista ed informandosi su posizioni e distacchi esclusivamente dai cosiddetti skeds, i programmi radio ufficiali che due volte al giorno comunicavano informazioni sulla gara. Oggi con la tecnologia gli equipaggi sono aggiornati in tempo reale dal computer di bordo e dagli avanzati sistemi Gps.
 

Dopo Tasman Island mancano ancora 40 miglia di navigazione lungo il Derwent prima di approdare al traguardo, ma il labirinto di correnti presenti nella zona, unito alle bizze del vento, rende impervio anche il tratto conclusivo. A 11 miglia dall’arrivo si doppia Iron Pot, letteralmente la “pentola di ferro”, un isolotto un tempo affollata meta balneare, e si veleggia poi dritti verso il capoluogo Hobart, dominato dal monte Wellington. All’arrivo lo stesso entusiasmo della partenza si fa, se possibile, ancor più grande con il vecchio porto, il Battery Point,  in festa per accogliere gli equipaggi talvolta in lotta fin sulla linea d’arrivo.

 

Non importa se a notte fonda o al mattino presto, in qualsiasi orario della giornata si presenti, la prima imbarcazione viene scortata da una miriade di altre barche di spettatori festanti, ufficiali di gara e televisioni, che la accompagnano fino all’approdo sulle rive del Sullivans Cove dove una folla ancor più grande è in trepidante attesa. Parte di essa è composta dai membri del Royal Yacht Club of Tasmania, club organizzatore dell’evento insieme al Cruising Yacht Club of Australia di Sydney, che riservano ai concorrenti la tipica ospitalità locale. Dopo l’arrivo gli equipaggi si rilassano in una sorta di terzo tempo rugbistico bevendo una birra insieme in uno dei famosi pub del lungomare cittadino, come il Customs House Hotel o lo storico Sydney-Hobart Dockside Bar.

 

Le prima edizione risale al 1945 ed è organizzata da Peter Luke, che insieme ad alcuni amici aveva fondato qualche anno prima un club per gli amanti della navigazione. Le prime rotte Sydney-Hobart erano crociere di piacere e su idea di un Ufficiale della Marina Inglese, il Capitano John Illingworth, vennero presto utilizzate come scenario di gara. La data di partenza della prima edizione è il 26 dicembre e vede iscritte nove imbarcazioni, una delle quali capitanata da Illingworth stesso.

 

Dopo 6 giorni, 14 ore e 22 minuti di vela il primo a giungere tra le acque del Battery Point è proprio il capitano britannico a bordo dello yacht Rani, l’unico non australiano iscritto alla prova. Ottavo, ed ultimo dei giunti al traguardo è Peter Luke, fedele alla sua vocazione di uomo da crociera, che in 11 giorni, 6 ore e 20 minuti col suo yacht Wayfarer detiene ancora oggi il record per la traversata più lenta della storia. Da li in poi fu una crescita continua di partecipanti e di interesse per la neonata regata australe.

 

Già alla seconda edizione presero parte 19 imbarcazioni, tra cui quella di Dagmar O’Brien, prima donna al via, e vennero stilate due classifiche: una a tempo definita Line Honours, che premia la prima imbarcazione in assoluto giunta al traguardo, ed una virtuale con tempi corretti in funzione di coefficienti che tengono conto del tipo di barca utilizzata e della sua velocità. Il vincitore di questa seconda classifica viene insignito ancora oggi dell’Handicap Winner.

 

I tempi di percorrenza si sono molto accorciati col passare degli anni, grazie soprattutto alle innovazioni tecnologiche ed all’utilizzo di barche sempre più veloci. Si è passati dai 3 giorni e spiccoli impiegati nel 1962 dall’americano Huey Long sul suo yacht Ondine, ai 2 giorni e 14 ore dal connazionale Jim Kilroy con Kialoa II  nel 1975 fino al giorno, 18 ore e 40 minuti dell’australiano Bob Oatley su Wild Oats XI nel 2005, ancora oggi record di percorrenza.

 

Attualmente la gara accoglie maxi yacht da ogni parte del globo e il 26 dicembre 2010, alla partenza della più recente edizione erano 87 le vele allineate nella baia di Sydney. Dal 1945 si contano un totale di 5.058 yacht partiti nelle 66 edizioni con una media di oltre 80 iscritti ad anno (371 nel 1994 la punta massima). Il record di vittorie spetta allo yacht Morna, poi rinominato Kurrewa IV, che dal ’46 al ’60 si è imposto per ben sette volte, mentre gli skipper pluripremiati sono Frank e John Livingston e Mark Richards, tutti australiani, con quattro vittorie ciascuno.

 

Peter Luke, il fondatore per eccellenza, è morto il 23 settembre 2007 all’età di 92 anni non senza la soddisfazione di vedere crescere la sua creatura da quella che era una crociera per pochi amatori fino a diventare una delle più spettacolari regate veliche al mondo.



 

 

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