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N. 77 - Maggio 2014 (CVIII)

Il fascismo, i giovani e la cura del corpo
La salute durante il ventennio

di Elisa Temellini

 

Dopo la marcia su Roma, il 28 ottobre 1922, in Italia si ebbe una vera e propria rivoluzione.

 

Benito Mussolini inaugurò un nuovo e drammatico periodo storico. Dal momento in cui gli fu lasciato il potere all’armistizio del 1943, la quasi totalità degli italiani acclamava le sue parole, imitava i suoi gesti e idolatrava la sua immagine. Il fascismo, aveva modellato il modo di pensare di un’intera popolazione grazie ad un’intensa propaganda e soprattutto ad un’educazione giovanile tesa all’ottenimento di una totale omologazione.

 

L’obiettivo era creare una massa docile e obbediente, pronta a sacrificarsi in guerre conquistatrici atte a fare dell’Italia un nuovo grande impero. E per far questo aveva bisogno di un uomo nuovo modellato, forgiato, fisicamente e mentalmente, sin dalla prima infanzia.

 

Gli italiani dovevano essere trasformati in obbedienti militari forti e pronti a sacrificarsi per la patria. Ed ecco prendere forma una particolare educazione rivolta alla cura e al rinvigorimento del corpo dei giovani uomini nuovi.

 

L’educazione fisica

 

L’emblema del nuovo italiano era rappresentato dal Balilla in divisa: audace, coraggioso, sprezzante del pericolo e soprattutto atletico. Il regime voleva avere dei soldati sani e forti. L’infanzia divenne il principale obiettivo di questa sorta di risanamento collettivo e l’educazione fisica, nome attribuito dal regime alla ginnastica, il mezzo più vistoso.

 

Le ore passate a ripetere esercizi ginnici, per lo più banali, servivano- a detta dei pedagogisti del regime – a rafforzare il corpo e la mente. Gli educatori insegnavano instancabilmente le coreografie spettacolari e suggestive, dove i ragazzi in divisa riproducevano la M di Mussolini e simboli del fascismo.

 

Nelle parate pubbliche, che con il passare degli anni diventarono sempre più frequenti, venivano messi in pratica tutti gli esercizi ginnici appresi con meticoloso ordine degli inquadrati.

 

Iniziarono a diffondersi anche gare e competizioni come pure giornate dedicate alla ginnastica. Il tutto mirava ad un potenziamento della razza italiana. Era necessario fortificare il giovane per renderlo più idoneo al combattimento, alla vita di guerra.

 

Inoltre il fascismo aveva bisogno di allontanare i bambini dai libri, da casa e dalle amorevoli, ma fin troppo protettive – a sentire i pedagogisti del regime –, braccia della mamma. Bisognava sottoporre i ragazzi ad un’educazione che li facesse diventare adulti alla svelta, senza tanti romantici preamboli adolescenziali.

 

Il regime dedicò cospicue risorse per il culto del corpo, finanziando anche la costruzione o il rinnovamento di palestre, stadi, colonie che divennero luoghi deputati al culto del littorio: il carattere si temprava e il fisico si rinforzava. Con il passare degli anni e con l’avvicinarsi della guerra si chiedeva agli italiani sempre più tempo da dedicare alla ginnastica, o meglio all’educazione fisica.

 

Con R.D. del 20 giugno 1935, il regime diede vita al sabato fascista. Con questo rituale il fascismo si impadroniva del poco tempo libero dell’italiano, obbligandolo a partecipare a manifestazioni pubbliche.

 

Al sabato fascista non erano chiamati solo i ragazzi ma anche gli adulti. Il lavoro e le lezioni dovevano terminare alle tredici per permettere a tutti di prender parte alle iniziative organizzate dal P.N.F. Prevalentemente erano ore di ginnastica durante le quali i partecipanti erano chiamati ad addestrarsi militarmente, con vari esercizi di forza e di coraggio (il più famoso è il salto nel cerchio di fuoco).

 

Alle ragazze invece venivano fatti eseguire esercizi ritmici e soprattutto coreografici: il tutto rigorosamente in divisa. Bisognava tonificare il corpo e rafforzare lo spirito. In effetti, oltre all’educazione fisica, agli esercizi di forza, al passo marziale, i giovani erano sottoposti anche ad un’educazione politica (più che altro si trattava di rafforzare l’obbedienza e incentivare l’omologazione) che aveva il fine di prepararli alla venuta dell’impero.

 

Le colonie e la salute dei bambini

 

Non si potevano però trascurare i bambini gracili e magrolini. A questo proposito vennero inaugurate tantissime colonie estive con il compito di irrobustire i ragazzi più deboli, spesso provenienti da famiglie indigenti.

 

Sole, ginnastica e merende (la vera attrattiva per i bambini costretti ad allontanarsi da casa per parecchi giorni) avrebbero sicuramente dato i loro frutti. In realtà le colonie marine montane, lacustri, fluviali ed elioterapiche erano già esistenti dai primi anni del Novecento.

 

L’ovvietà di questi mezzi aveva fatto sì che fossero già stati presi in considerazione anche da altre organizzazioni, messe poi al bando dal fascismo. Lo scrupolo dei fascisti, diversamente dagli educatori che li precedettero, riguardava più che altro i giovani poveri, spesso denutriti che di certo non potevano contribuire alla gloria patriottica, gravando su un’Italia fin troppo immiserita dalla crisi economica.

 

Già negli anni Venti, dopo la sanguinosa Grande Guerra, in tutta Europa ebbe avvio una politica sociale finalizzata alla crescita demografica. Oltre ad una martellante propaganda che incentivava le nascite, vennero attuate varie misure tipo riduzioni o esenzioni di tasse o addirittura premi per le famiglie numerose, il P.N.F. cercò anche di ridurre la ancora alta mortalità infantile.

 

Tra gli altri provvedimenti che furono messi in atto, vi era anche la prevenzione di alcune tra le più frequenti malattie. Nel nostro paese alla crescita demografia fu dato un posto di rilevo all’interno della politica fascista. Non dimentichiamoci che lo scopo del regime era riuscire a creare un impero e che per far questo le vite dei giovani da sacrificare sull’altare della patria erano preziosissime.

 

Le colonie estive si diffusero così ovunque. La vita all’aria aperta avrebbe giovato ai bimbi malaticci.

 

I bambini venivano regolarmente pesati per attestare il considerevole aumento corporeo tanto auspicato. Le direzioni delle colonie documentavano le loro attività con fotografie atte a testimoniare l’affetto e la cura del fascismo per i più deboli e sfortunati. Nell’immaginario collettivo le colonie divennero il rimedio per ogni sorta di malattia infantile.

 

Furono messi in pratica anche altri sistemi considerati migliorativi per la salute dei gracili bimbi e quindi della stirpe... Su molte riviste dell’epoca come Il Corriere dei Piccoli iniziarono a diffondersi pubblicità di prodotti per l’infanzia tra cui alcuni ricostituenti che hanno fatto epoca, come il Proton e il Nucleon, entrambi decantati come sostitutivi del mare o del sole. Vi sono poi il Mellin e i biscotti Lazzaroni.

 

Nelle pubblicità apparivano bambini in divisa fascista in atto di fare il saluto romano oppure neonati grossissimi cresciuti, a sentir loro, grazie ai nuovi prodotti miracolosi. L’immagine di forza e di virilità investiva anche i modelli infantili.

 

È proprio di quegli anni la prima attenzione alle malattie epidemiche che ancora falciavano la popolazione infantile italiana. La tubercolosi era una malattia ancora molto presente in Europa. Provocava ancora tantissime vittime, soprattutto bambini che, agli occhi dei fascisti, non sarebbero mai potuti diventare soldati.

 

I precetti che venivano ripetuti a scuola riguardavano soprattutto la pulizia delle mani, dei denti, della bocca e del corpo. Inoltre si consigliava di non sputare, se non nel fazzoletto e di respirare aria aperta. I ragazzi provenienti da famiglie che avevano casi di tubercolosi, venivano sottoposti ad attenzioni particolari, come i raggi X.

 

L’attenzione rivolta ai giovani rispondeva ad una duplice motivazione. È vero che si credeva, erroneamente – i fatti dimostrarono il contrario – vincente questo tipo di educazione rivolta ai giovinetti ma, allo stesso tempo, i ragazzi divennero anche i destinatari privilegiati della propaganda fascista trasformandoli, essi stessi, in veicoli di propaganda.

 

Le loro parole, i loro credi – e in questo caso le cure ricevute –avrebbero dovuto influenzare positivamente anche l’ambiente a loro circostante e le famiglie circa i benefici apportati dalla nuova, miracolosa e magnanima politica.



 

 

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