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N. 34 - Ottobre 2010 (LXV)

Ryder Cup
La sfida dei due mondi

di Simone Valtieri

 

Non sono molte le competizioni nel mondo dello sport in cui gli atleti si battono per la gloria e il prestigio piuttosto che per un premio in denaro. Tra queste spicca la Ryder Cup, che mette di fronte, a cadenza biennale, i migliori golfisti di Stati Uniti ed Europa per la conquista di un trofeo in oro massiccio.

 

La coppa prende il nome di un ricco mercante inglese di St. Albans, Samuel Ryder. Primogenito di otto figli, interruppe presto gli studi a causa dei persistenti problemi di salute e si dedicò all’attività di famiglia. Nei primi anni del Novecento emigrò dal Lancashire, dov’era nato nel 1858, per raggiungere Londra ed è qui che si appassionò al golf. Per imparare i segreti del gioco ingaggiò per 1.000 sterline l’anno Henry Abraham Mitchell, meglio conosciuto come “Abe”, professionista acclamato in Gran Bretagna e autore di buoni risultati anche oltreoceano.

 

Nel 1926, già discreto golfista, Samuel Ryder rimase affascinato da una sfida svoltasi a Wentworth, che vide coinvolti i migliori specialisti britannici e americani, terminata 11½ a 1½ in favore dei padroni di casa. La competizione era articolata in una serie di incontri match play (uno contro uno) che attribuivano un punto per la vittoria, mezzo per il pareggio e nessuno per la sconfitta.

 

Cinque anni prima, nella cittadina scozzese di Gleneagles era già stata disputata un competizione analoga, che finì 9-3 in favore dei britannici. Il dibattito su chi ideò la sfida è però ancora aperto. Secondo la teoria più accreditata, Sylvanus “SP” Jermain, presidente dell’Inverness Golf Club, prese l’idea da una proposta analoga che James Harnett, giornalista del Golf Illustrated Magazine, fece alla federazione americana USPGA (United States Professional Golf Association) nel dicembre del 1920.

 

Fatto sta che Samuel Ryder, rapito dal fascino estremo di un confronto tra due diverse culture golfistiche, decise di farsi promotore lui stesso dell’evento e di donargli ufficialità e cadenza regolare.

 

L’idea era balenata in mente a Ryder nei giorni della sfida del ’26. Al termine della stessa, nella club house di Wentworth, parlò del suo progetto ad Abe Mitchell, che aveva nell’occasione giocato con la squadra britannica, e a Walter Hagen, leggenda del golf statunitense, vincitore in carriera di ben 11 tornei Major (i quattro più prestigiosi del golf internazionale), attualmente secondo nella speciale graduatoria solo ai connazionali Jack Nicklaus e Tiger Woods.

 

La prima edizione ufficiale venne organizzata nel 1927 al Worcester Country Club, in Massachusetts. Per i vincitori Samuel Ryder fece coniare una coppa in oro massiccio da 250 sterline che donò agli organizzatori, premurandosi di mettere in palio anche un premio in denaro della simbolica cifra di cinque sterline per ciascun giocatore della squadra vincitrice. Sul coperchio della coppa fece scolpire l’effigie di un golfista ispirata al suo maestro Abe Mitchell.

 

Venne stabilita la cadenza biennale del torneo e la regola dell’alternanza per le sedi. Gli americani potevano schierare soltanto giocatori nati in patria, i britannici esclusivamente golfisti tesserati a tempo pieno nei club nazionali.

 

Alla prima edizione, per una sfortunata coincidenza, non partecipò Mitchell, malato di appendicite, e Hagen guidò al trionfo per 9½ a 2½ una formazione, quella statunitense, comunque dimostratasi superiore. Alla competizione non era presente neanche Samuel Ryder che potrà assistere dal vivo a sole due edizioni, nel 1929 e nel 1933, prima di scomparire il 2 gennaio 1936 all’età di 77 anni.

 

Nelle prime cinque sfide il torneo verrà sempre conquistato dalla formazione di casa, fino al 1937, quando gli statunitensi, guidati sempre da Walter Hagen, riusciranno per la prima volta ad espugnare per 8-4 il prato inglese di Southport. L’edizione successiva, e poi fino al 1945, la Ryder Cup verrà sospesa a causa del secondo conflitto mondiale.

 

Dal 1947 sarà poi riconfermata a cadenza biennale fino a oggi con la sola eccezione del 2001, quando la trentaquattresima edizione verrà annullata e posticipata di un anno in seguito ai fatti dell’11 settembre, riprendendo l’anno successivo la sua cadenza, stavolta negli anni pari.

 

Dal punto di vista regolamentare grandi cambiamenti investirono il torneo principalmente negli anni Settanta. Nel 1973 venne deciso, per tentare di arginare lo strapotere americano che durava dal 1937, con la sola eccezione del 1957, di permettere l’accesso alla sfida anche ai giocatori irlandesi.

 

Nel 1979 si stabilì, dopo altri tre successi statunitensi, di estendere ulteriormente la sfida a tutti i giocatori europei, rendendo così la Ryder Cup un incontro tra i migliori specialisti dei due continenti. A suggerirlo al Conte di Derby, presidente della British PGA, fu il grande Jack Nicklaus, desideroso di giocarsela ad armi pari contro gli europei.

 

Stavano infatti crescendo in quegli anni una serie di interessanti atleti in ogni parte dell’Europa, primi tra tutti lo spagnolo Severiano Ballesteros e il tedesco occidentale Bernhard Langer, che avevano già conseguito importanti riconoscimenti in ambito internazionale, come la vittoria dell’iberico nel prestigioso British Open.

 

Tale decisione, accolta di buon grado anche dalla federazione americana, a lungo andare riequilibrerà le sorti della manifestazione, che vedrà nelle quindici edizioni successive sette affermazioni per parte e un pareggio, e soprattutto darà alla Ryder Cup un seguito mondiale, rendendola una prova tra le più importanti e prestigiose del panorama sportivo internazionale.

 

Nel corso dei decenni, molti furono anche le modifiche al formato della competizione, sempre e comunque basata su sfide “uno contro uno” o “due contro due” e senza mai un cambio nell’attribuzione dei punteggi per vittorie e pareggi.

 

Sostanzialmente, dal 1979 la formula è rimasta invariata. Il torneo si gioca sulla distanza di 18 buche e si basa su un totale di 28 incontri: otto foursome ed otto fourball, divisi equamente nei primi due giorni del weekend di gare, e dodici confronti singoli nella terza ed ultima giornata per un totale di 28 punti in palio. L’asticella per la vittoria è posta dunque a quota 14 e in caso di parità la coppa resta nella bacheca della squadra detentrice.

 

Negli incontri foursome i due golfisti di ogni team giocano ogni buca con la stessa pallina colpendola alternativamente, in quelle fourball invece ognuno dei quattro giocatori gioca con la propria pallina ed il punto va alla squadra del giocatore che va in buca col minor numero di colpi.

 

Le regole di oggi impongono ad un capitano-non giocatore, figura gradualmente introdotta negli anni e diventata prassi dal 1965 per entrambe le formazioni, di scegliere i giocatori da destinare agli incontri di coppia (foursome e fourball) in una rosa di dodici golfisti. La figura del capitano viene scelta dalla dirigenza delle due federazioni internazionali che oggi gestiscono congiuntamente l’evento: la PGA America e la PGA European Tour.

 

Nel caso della formazione europea, i dodici si qualificano durante l’anno guadagnando posizioni in due ranking di merito differenti, quattro posti sono disponibili dal ranking mondiale e cinque da quello europeo, oltre a tre wild cards (fino al 2008 erano solo due) scelte dal capitano stesso. I dodici americani sono invece composti dai primi otto golfisti del ranking nazionale e da quattro picks (chiamate) decise dal capitano.

 

Dalla prima edizione del 1927 alla trentasettesima del 2008, ben trenta località diverse hanno ospitato la Ryder Cup. Il record spetta alla Brabazon Course del circolo The Belfry a Wishaw, dove il torneo ha fatto tappa quattro volte. Anche Southport, sempre in Inghilterra, ha ospitato quattro edizioni del torneo ma su due diversi percorsi.

 

Le uniche città europee al di fuori del Regno Unito ad essere sede della manifestazione sono state la spagnola Valderrama nel 1999 e l’irlandese Straffan nel 2006, mentre nelle 19 volte in cui il torneo ha fatto tappa negli Stati Uniti si è sempre scelta una città ospitante diversa.

 

Al 1969 risale una delle edizioni più celebri del torneo. Sul green del Birkdale Golf Club di Southport si sfidarono le due selezioni americane e britanniche rispettivamente guidate dai due capitani-non giocatori Sam Snead ed Eric Brown. Il clima fu teso per tutto il weekend e non mancarono comportamenti antisportivi da entrambe le parti.

 

Azioni di disturbo e piccoli trucchi per innervosire l’avversario erano diventati routine e più volte i due capitani dovettero calmare le acque in prima persona. In un clima di esasperata tensione si arrivò all’ultima buca dell’ultimo match play sul 15½ pari. A giocarsi l’ultimo putt erano Jack Nicklaus, ventinovenne americano al debutto nella Ryder, e Tony Jacklin, venticinquenne inglese già alla seconda partecipazione.

 

Nicklaus, dopo aver imbucato la sua ultima pallina e senza consultarsi col capitano Sam Snead, decise di “concedere” un putt da 70 centimetri al suo avversario, cioè di risparmiargli l’ultimo tiro dandoglielo per buono, tiro che valeva il pareggio e che Jacklin avrebbe anche potuto sbagliare regalando la vittoria agli Stati Uniti.

 

Il gesto, del tutto simbolico - in caso di pareggio il trofeo sarebbe comunque rimasto da regolamento agli Stati Uniti in quanto detentori - fu aspramente criticato dalla stampa americana e dallo stesso capitano Snead. “La Ryder Cup non può decidersi con un solo putt, gravando esclusivamente sulle spalle di un giocatore” fu la spiegazione che Nicklaus diede della sua azione che passò alla storia come “The Concession”. Quel gesto di rispetto che Nicklaus ebbe verso Jacklin fu alla base dell’intensa amicizia che da allora lega i due protagonisti e che li ha portati nel 2009 ad inaugurare un campo di gioco vicino Sarasota, in Florida, progettato e finanziato da entrambi, e intitolato The Concession Golf Course.

 

Il record di presenze in Ryder Cup, così come anche quello di punti realizzati (25), spetta all’inglese Nick Faldo, uno dei migliori golfisti europei di tutti i tempi, che dal 1977 al 1997 partecipò ininterrottamente a 11 edizioni del trofeo oltre a ricoprire il ruolo di capitano-non giocatore nella spedizione vincente del 2008 a Louisville, Kentucky. Dietro di lui il tedesco Bernhard Langer e l’irlandese Christy O’Connor Sr. Con 10 partecipazioni e il gallese Dai Rees a quota 9.

 

Tra gli americani sono invece in quattro a dividersi il primato con 8 presenze: Raymond Floyd, Phil Mickelson, Lanny Wedkins e Billy Casper ed è proprio quest’ultimo a detenere anche il record assoluto di coppe vinte (otto, tante quante le sue partecipazioni) dal 1961 al 1975.

 

Fino al 2008 un solo giocatore italiano aveva calcato i prestigiosi prati della Ryder, il bergamasco Costantino Rocca, che dal 1993 al 1997 prese parte a tre edizioni vincendone due e rendendosi protagonista di uno dei momenti più memorabili, la splendida hole-in-one ottenuta alla buca 11 dell’Oak Hill di Rochester durante un foursome della seconda giornata in coppia con lo scozzese Sam Torrance.

 

Dall’edizione 2010 a Celtic Manor, in Galles, Rocca non è più il solo italiano ad aver difeso i colori dell’Europa nella golfistica sfida dei due mondi e viene affiancato da due giovani e promettenti fratelli torinesi, Francesco ed Edoardo Molinari, punte di un movimento golfistico emergente nonostante la mancanza di un’eccelsa tradizione nella centenaria storia del golf.

 

La particolare tipologia di torneo ideata da Samuel Ryder ha fatto scuola e al giorno d’oggi di competizioni golfistiche che contrappongono continenti o aree geografiche ne esistono a decine. C’è la Solheim Cup ad esempio, l’equivalente femminile della Ryder Cup nata nel 1990, o la Presidents Cup in cui gli Stati Uniti affrontano una formazione internazionale che racchiude il meglio del resto del mondo, ad eccezione dell’Europa.

 

C’è anche il suo corrispettivo femminile, la Handa Cup, così come esistono due trofei dilettantistici in cui a sfidarsi sono ancora gli Stati Uniti e le Isole Britanniche, come avveniva nella Ryder Cup degli anni Settanta: Walker Cup femminile e Curtis Cup maschile.

 

Nella Lexus Cup è un team asiatico femminile che sfida una compagine del resto del mondo, mentre nel Royal Trophy maschile a sfidarsi sono il team europeo e quello asiatico, e nel Seve Trophy, ideato dallo spagnolo Severiano Ballesteros, il vecchio team delle Isole Britanniche sfida una formazione del resto d’Europa. Da questo elenco di manifestazioni golfistiche più o meno recenti emerge una sensazione palpabile: che nessuna di queste, sebbene molte siano sfide di livello ed interesse, potrà mai raggiungere in blasone, fascino e importanza quello che è la Ryder Cup, un trofeo d’altri tempi che racchiude in se tutto il fascino e la tradizione di un golf in bianco e nero che non c’è più.



 

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