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N. 84 - Dicembre 2014 (CXV)

LA STORIA DEL ROLAND GARROS

STORIA E CURIOSITÀ DEL PRESTIGIOSO OPEN DI FRANCIA - PARTE IV
di Francesco Agostini

 

Il tennis moderno divenne tale tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta, quando le racchette cambiarono radicalmente forma e materiali; dal legno si passò alla grafite e fu un altro mondo. Da un piatto corde stretto e piccolo, si passò a uno largo, indicato per giocatori meno tecnici, in modo che potessero colpire la palla anche non impattandola perfettamente al centro. In secondo luogo, la leggerezza. Il legno rendeva la racchetta estremamente pesante e poco maneggevole a differenza della grafite, che alleggeriva e di non poco il polso del tennista di turno.

 

Con queste premesse, il tennis si apprestò a svecchiarsi e a entrare nella modernità, ossia negli anni novanta. Il primo campione a far suo il Roland Garros fu lo statunitense Jim Courier, un picchiatore dai capelli rosso fuoco coperti dall’inseparabile cappellino bianco a visiera.

 

Courier fece sue le edizioni del 1991 e del 1992, la prima delle quali vinta contro l’amico - nemico André Agassi, compagno di squadra in Coppa Davis. L’americano trionfò in quelle due edizioni e fu l’emblema della nuova generazione degli “attaccanti da fondocampo”.

 

Diametralmente opposto a Jim Courier fu lo spagnolo Sergi Bruguera che nel corso degli anni novanta dominò a lunghi tratti la parte del circuito che si giocava sulla terra rossa. Bruguera poteva essere definito tranquillamente un “difensore da fondocampo”; lo spagnolo era solito stazionare almeno un metro dietro la linea di fondo a palleggiare e, più che cercare vincenti, il suo gioco tendeva a far sbagliare l’avversario.

 

I suoi colpi di forza erano sicuramente il topspin (dare rotazione alla palla mettendo in difficoltà l’avversario) e un buon servizio, spesso giocato in kick (palla che rimbalza molto alta e difficile da ribattere). Con queste frecce al suo arco, Bruguera vinse due edizioni, quelle del 1993 e del 1994.

 

Un altro giocatore simile allo spagnolo fu l’austriaco Thomas Muster, definito dalla maggior parte dei critici “The King of Clay”, ossia il re della terra rossa. L’austriaco vinse nel 1995 il torneo francese ma, verosimilmente parlando, avrebbe potuto vincere molto di più se nel 1989 una macchina non lo avesse investito, rompendogli un ginocchio. Il recupero fu lento e doloroso e la maggior parte dei medici avevano previsto l’abbandono dell’attività agonistica; fortunatamente per lui le cose non andarono così.

 

Dopo il successo nel 1996 di Evgenij Kafel’nikov (primo russo a vincere lo Slam francese), Parigi ebbe un nuovo idolo: il brasiliano Gustavo Kuerten, detto “Guga”. Kuerten si aggiudicò il torneo per ben tre volte, nel 1997, nel 2000 e nel 2001, grazie a un gioco eclettico e spumeggiante.

 

Nell’era del rovescio bimane, Kuerten utilizzava quel colpo a una mano, sovente in lungolinea, e grazie a esso riusciva a disegnare traiettorie spesso imprendibili.

 

Magrissimo, alto un metro e novanta con barba e capelli riccioluti al vento, Kuerten era sicuramente un personaggio stravagante ma simpaticissimo. Anche nelle giornate più dure aveva sempre il sorriso stampato sulle labbra, tipico del brasiliano che si vuole sempre divertire. Proprio per questo, “Guga” fu sempre sostenuto dal pubblico francese, come se fosse uno di loro.

 

Nel bel mezzo della favola Kuerten e poco prima dell’avvento di Nadal, ci fu spazio anche per un vecchio leone come André Agassi. L’americano vinse l’ultimo Slam che gli mancava nel 1999 grazie a un’incredibile prestazione in finale contro l’ucraino Andrij Medvedev. La partita vide Agassi sotto due set a zero per poi vincere al quinto set 6-4, grazie a una straordinaria rimonta.

 

Dopo tutta questa serie di campioni, vi fu l’avvento del vero e proprio “padrone di casa” di Parigi: Rafael Nadal. Lo spagnolo ha vinto il Roland Garros ininterrottamente dal 2005, quando aveva solo diciannove anni, interrotto solo nel 2009 dalla vittoria di Federer.

 

Con quel guizzo, lo svizzero è riuscito come Agassi a far suo l’unico trofeo che gli mancava, sull’ostica terra rossa. Parliamo comunque delle briciole lasciate agli avversari, di piccoli rimasugli concessi dal dominatore assoluto.

 

Nadal, anche nelle sue annate meno buone, è riuscito a esprimere sul Philippe Chatrier il suo tennis migliore, fatto di aggressività, sacrificio, tenacia e ferocia.

 

Per quanto lo spagnolo è entrato nella storia del Roland Garros, potremmo parlare di una vera e propria “era Nadal”. Un’era che, a tutt’oggi, non sembra avere la minima intenzione di terminare.



 

 

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