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N. 29 - Maggio 2010 (LX)

Roberto di Clari
la leggenda di Un “povero” cavaliere

di Christian Vannozzi

 

La vita di Roberto di Clari e le circostanze in cui scrisse la sua cronaca, sono tuttora poco note perché quasi nulla di lui dicono le fonti documentarie dell’epoca. La fonte usata da Anna Maria Patrone, nel suo studio sulla cronaca del Clari La Conquista di Costantinopoli, Robert de Clari en Animos chevalier auteur d’une chronique de la Quatrienne Croisade (1200-1216), di G. Boudon, in Bullettin de la Sociètè de Piccardie, non ci viene in aiuto se non in minima parte, e la stessa cronaca dell’autore, rimane oscura in molti aspetti della vita di Roberto. Un documento ufficiale riguardante una cessione di un terreno del 1195, di Amiens, annota il nome di Gilo di Clari, padre di Roberto, a cui viene dato l’appelativo di miles.


Il nome Roberto, appare per la prima volta con quello del padre Gilo, in un documento del maggio 1202, in cui Pietro d’Amiens, conferma il suo testamento, redatto nel giugno 1200, in cui era compresa la donazione di beni fondiari all’abbazia di Saint-Jean d’Amiens.


Questo testamento è l’unica fonte diplomatica in cui viene menzionato il nome di Roberto di Clari. Dalla sua cronaca sappiamo invece che egli partecipò alla quarta crociata al seguito del conte Pietro d’Amiens e che vi fu accompagnato da suo fratello minore Aleaumes il chierico.


Esiste poi un elenco di reliquie donate dal cavaliere piccardo all’abbazia di Corbie nel 1206, elenco che compare in Exuviae Sacre Constantinopolitanae, di P. Riant, che ci fa dedurre che a quell’epoca fosse già tornato in patria. La sua cronaca si conclude con la notizia della morte di Enrico di Hainaut, secondo imperatore latino d’Oriente, il che ci permette di asserire che nel 1216, anno della scomparsa dell’imperatore, Roberto di Clari fosse ancora vivo, ma la data della sua scomparsa rimangono ignote.


Secondo la fonte del Boudon, Roberto apparteneva ad una famiglia della piccola nobiltà, la quale solo da poco tempo aveva acquistato il titolo nobiliare di Clari, oggi Cleri-les-Pernois, piccolo villaggio nel comune di Pernon, che si trovava nella giurisdizione del conte d’Amiens, e da lui senza dubbio i Clari ottennero il titolo mobiliera ed il beneficio del piccolo feudo di Cleri. Ai signori d’Amiens i Clari rimasero sempre legati non solo per vincoli di vassallaggio ma anche per profonda devozione, cosa che traspare dalle pagine delle cronache di Roberto.


L’ascesa sociale dei milites era stato un fenomeno abbastanza rilevante nella Piccardia del secolo II. Mentre infatti nelle epoche precedenti, i milites, stipendiati dai feudatari non avevano un cognomen, nel secolo XII andarono acquistando titolo e cognomen, insieme al possesso di piccoli feudi.Il servizio come cavalieri, era un titolo d’onore, i cavalieri venivano a formare una aristocrazia fondiaria militare, pur restando molto al di sotto della cerchia delle famiglie signorili.


Questa ascesa è dovuta anche al fatto che i grandi feudatari non potevano più reclutare i loro armigeri dal contado, in quanto l’evoluzione agraria esigeva un numero sempre maggiore di uomini validi nelle attività connesse alla coltivazione della terra. Il mestiere del milites, era diventato quindi sempre più un mestiere fisso, praticato da una cerchia ristretta di famiglie. I cavalieri grazie a questa situazione avevano ottenuto piccoli titoli e benefici economici, pur rimanendo al gradino più basso della gerarchia feudale. Il feudo dei Clari, era infatti come si è detto modesto, e quindi non poteva certo offrire grandi risorse ai suoi possessori, questa condizione alimentava il malcontento di costoro che si definivano cavalieri “poveri”.


All’epoca l’agricoltura piccarda non era molto fiorente, e la maggiore risorsa della regione era il commercio di transito, in quanto per le terre piccarde passavano le strade che conducevano ai mercati fiamminghi e inglesi. Ma il commercio non era certo appannaggio della piccola nobiltà terriera, legata alla terra e al mestiere delle armi, come la famiglia di Clari.


Probabilmente Roberto di Clari prese la croce insieme al suo signore Pietro d’Amiens, che maturò la decisione di farsi crociato nella primavera del 1200, dopo che anche Baldovino, signore delle Fiandre ed i suoi vassalli, nel mercoledì delle ceneri dello stesso anno, si erano impegnati a liberare il Santo Sepolcro. Di Clari nella sua cronaca non parla dei preparativi della crociata, ne del suo viaggio a Venezia, che avvenne sicuramente dopo il maggio 1202, data dell’atto di donazione che abbiamo citato, e che sottoscrisse insieme a suo padre e al conte.


Tipica nella sua narrazione è la differenza tra i grandi feudatari e i “poveri” cavalieri, e per tutta la narrazione mantiene un tono di protesta contro l’arroganza e l’avidità dei grandi feudatari, eccezion fatta per il suo signore Pietro d’Amiens, per il quale spende sempre parole di ammirazione. In conseguenza di ciò, possiamo affermare che Roberto partecipò al tentativo di secessione avvenuto a Corfù, che ebbe come guida Pietro ‘Amiens, e che vien raccontato nella cronaca del Villehardouin, a cui Roberto non fa cenno nella sua cronaca. Ricomposta la frattura nell’esercito, seguì il suo signore a Costantinopoli, dove partecipò attivamente alla conquista della torre di galata, e presa la città, Roberto seguì Pietro d’Amiens nella disastrosa spedizione condotta dall’imperatore Baldovino contro Giovanni di Valacchia, raccontata nel capitolo CXII, al ritorno della quale morì Pietro d’Amiens.


La data del suo ritorno in patria dovrebbe essere intorno al 1205, benché l’ultimo evento della cronaca sia la morte dell’imperatore d’Oriente Enrico di Hainaut, avvenuta nel giugno 1216. Di fatti la cronaca dopo il 1205 appare narrata in maniera frettolosa e non è ricca di avvenimenti, quasi fosse raccontata per via indiretta e per completezza dell’opera piuttosto che da un reale osservatore. Inoltre dopo la morte dei signori d’Amiens, i piccardi privi di un capo, ritornarono in patria, scoraggiati e delusi dalla spartizione del bottino che aveva favorito solo i rapaci grandi feudatari e non aveva lasciato che le briciole per i piccoli cavalieri. Roberto dovrebbe essere stato uno di questi, visto che il periodo coincideva con la ferma del servizio militare che i crociati si erano impegnati a svolgere per l’imperatore d’Oriente.


Inoltre dal 18 ottobre 1206 cominciò a Corbie la Veneratio S. Iconis Roberti de Clariaco cioè probabilmente di quella Imago B. Mariae Virginis, scolpita nel pezzo di legno della croce, che il Clari portò in patria. Un’iscrizione posta sulla grande cruce cristallina, offerta anch’essa da Roberto di Clari all’abbazia di Corbie, dichiara inoltre che le reliquie in essa contenute furono portate da Costantinopoli ad opera di Roberto di Clari …en cel temps que li quens Baldovins de Fiandre en fust empereur, cioè in quel periodo di tempo che va dall’incoronazione imperiale di Baldovino, nel maggio 1204, fino all’arrivo a Costantinopoli della notizia della sua morte e l’elezione ad imperatore di suo fratello Enrico nell’agosto 1206.


Nel 1213 si cominciò a festeggiare a Corbie la Exceptio reliquiarum LIV Roberti de Clariaco. Le cinquantaquattro reliquie il cui elenco completo è contenuto in un rotolo inventariale dell’abbazia di Corbie, è conservato tra i manoscritti della biblioteca di Amiens.
 


Riferimenti bibliografici:


J. GODARD, La place de la ville et de l’abbaye de Corbie dans l’èconomie du Moyen Age, in Corbie abbaye royale.
P. RIANT, Exuviae Sacre Constantinopolitanae.
G. BOUDON, Robert de Clari en Animos chevalier auteur d’une chronique de la Quatrienne Croisade (1200-1216).
R. DI CLARI, La Conquista di Costantinopoli, cur. A.M. Nada Patrone.



 

 

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