.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

 

 

 

.

contemporanea


N. 51 - Marzo 2012 (LXXXII)

nella mente del "solitario providence"
ritratto di Howard P. lovecraft
di Giovanni De Notaris

 

Si narra che, nel VIII secolo d. C., Damasco fu teatro dell’orribile morte dello studioso di culture antiche Abdul Alhazred, violentemente smembrato da un’entità invisibile. Pare che Alhazred fosse un adepto della setta degli adoratori di Chtulhu.

 

Lo studioso è però ricordato, soprattutto, per aver creato il Necronomicon –il libro dei morti-, tramite cui sarebbe possibile evocare i “Grandi Antichi”, esseri terrificanti dai nomi oscuri, come Chtulhu, Azathoth, e Yog Sothoth, che dominarono l’universo eoni fa. Se costoro venissero davvero rievocati però, le conseguenze, per l’umanità tutta, sarebbero nefaste.

 

Secondo la leggenda, i “Grandi Antichi” provenivano da una lontana regione dello spazio, nei pressi della stella Sirio. Le formule magiche per evocare queste mostruose creature sono quindi contenute nel Necronomicon, libro a disposizione però solo di pochi iniziati; coloro difatti che non appartengono a quella schiera, ma che sono comunque riusciti a consultarlo, sono morti -si dice- in preda a tremendi attacchi di follia.

 

Tra i lettori del misterioso volume compare anche il nome di Howard Phillips Lovecraft, che, sembra, se ne fosse servito per la sua prolifica attività di scrittore. Ma in realtà, è dalla sua mente –e dalla sua penna- che proviene la storia appena narrata. Lovecraft, maestro indiscusso dell’orrore, quello più classico e autentico, quello dell’America coloniale si potrebbe dire, quando i timori maggiori erano rappresentati dalle streghe, che all’epoca venivano marchiate a fuoco o addirittura bruciate vive; Lovecraft si diceva, è il vero e indiscusso autore di quel testo.

 

Di famiglia borghese, nasce nel 1890 a Providence, nello stato del Rhode Island; è figlio unico. Il periodo storico è contrassegnato, negli Stati Uniti, dalla terza forte crisi economica, lontano postumo della guerra civile, che portò il paese sull’orlo del collasso: una forte disoccupazione, licenziamenti, le battaglie dei primi sindacati, che tutelavano, o tentavano di tutelare, i lavoratori. L’America, insomma, era in una fase di transizione, che sarebbe terminata di lì a poco, con la fine del secolo, quando, grazie a una nuova politica estera più dinamica e mercantile, varata dai presidenti Grover Cleveland prima, e William McKinley poi, la nazione si sarebbe risollevata.

 

Nel giovane Howard, che visse in quegli anni la sua fanciullezza, comincia a manifestarsi la propensione verso la follia, oltre ai continui incubi, da lui soprannominati “Magri notturni”; creature diaboliche simili a pipistrelli, che lo tormenteranno a vita. La causa di tali incubi potrebbe essere stata la sua vita raminga e triste, che si affermò fin dalla tenera età. Il padre Winfield Scott difatti, venne rinchiuso nel 1893, per follia, nell’ospedale psichiatrico Butler a Providence, in seguito alla contrazione della sifilide; cosicché il piccolo Howard si sposterà con la madre, iperprotettiva nei confronti del bambino, nella casa dei nonni paterni. Da quel momento la sua infanzia sembra prendere una piega diversa.

 

La maggiore serenità gli consente di appassionarsi a scrittori come Edgar A. Poe, Herbert G. Wells e Jules Verne. Già da queste letture si può intuire la sua passione per il fantastico, ma anche per l’orrore, concetti che fonderà poi magistralmente. Nel 1896, dopo la morte della nonna materna, il primo indizio della sua futura passione, si palesa proprio con i primi di quella lunga serie di incubi di cui, una volta adulto, non avrebbe mai fatto mistero con gli amici; erano quelli che gli permettevano di avere le terribili idee per i suoi racconti.

 

Verso la fine del secolo lo ritroviamo studente saltuario presso la Slater Avenue School di Providence; saltuario perché a causa di una salute mentale e fisica non proprio perfetta, è costretto a restare chiuso in casa, dove viene seguito da insegnanti privati. Il suo amore per il fantastico però sarà il suo sfogo, e il suo rifugio, tanto da portarlo a dirigere, nel 1903, il Rhode Island Journal of Astronomy, che chiuderà anni dopo. Ma la sfortuna, e la tristezza, davvero non sembrano volerlo abbandonare: prima la morte del padre, poi quella del nonno paterno, il tutto condito con la sua salute malferma.

 

A questo punto è costretto a abbandonare la scuola perché viene colto da un esaurimento nervoso; prova a studiare chimica, ma deve interrompere pure quest’altra passione. L’alba del nuovo secolo sembra rappresentare il tramonto della sua esistenza. Attraversa infatti un periodo di ristrettezze economiche, quando al contrario il paese cominciava a uscire dalla dura recessione della fine del secolo precedente. Questo forse è il suo periodo più nero; non vede il futuro. Fa addirittura testamento nel 1912.

 

Ma la tristezza, l’angoscia, forse anche il rifiuto per quella società in cui non riusciva a inserirsi, producono in lui altri, numerosi, terrificanti incubi, che saranno la sua energia. Trova comunque la forza di non abbandonare l’amore per le scienze e la letteratura, cosa che lo porterà nel 1915 - allo scoppio della prima guerra mondiale- a diventare revisore letterario, quella che sarà poi la sua professione ufficiale per tutta la vita. Pur di fuggire dalla triste routine quotidiana, Lovecraft proverà anche a arruolarsi, ma ovviamente la sua costituzione gracile glielo impedirà. È talmente amareggiato per il fatto di essere stato esonerato dall’arruolamento, che esprime tutta la sua rabbia nel terribile racconto La tomba, autentico elogio della morte.

 

Poco dopo la fine della guerra, mentre continua per passione a inviare brevi racconti a varie riviste -come Dagon, che è un classico racconto di fantascienza, con protagoniste civiltà aliene che abitarono la terra in epoche indefinite- conosce la sua futura moglie, Sonia H. Greene. È proprio grazie a lei, donna molto attiva, che la sua carriera prenderà un svolta imprevista. Nel 1921 scrive La città senza nome, dove compare per la prima volta Abdul Alhazred, ripreso poi, assieme alla prima apparizione del Necronomicon, nel racconto Il cane.

 

Con Sonia parte nel 1922 per New York, dove, tra l’altro, visita anche il cottage di Poe, scrittore a lui molto caro. Comincia poi a viaggiare per gli States in compagnia della moglie. Sembra aver iniziato una nuova vita, finalmente più serena e soddisfacente. New York diventa la sua nuova casa;   qui prosegue la sua attività di revisore letterario, suo vero e unico lavoro.

 

Ma finalmente il suo nome comincia a circolare nell’ambiente letterario americano, tanto che nel 1924, il mago Harry Houdini gli commissiona un lungo racconto dell’orrore, che sarà poi pubblicato sulla rivista del fantastico Weird Tales, con il titolo Prigioniero dei faraoni.

 

Ma le ristrettezze economiche non lo abbandonano di certo; sembra proprio che il destino avverso non gli consenta di essere riconosciuto per il suo grande talento. Decide così, nel 1926, di ritornare a Providence, laddove tutto era iniziato. Prosegue comunque il rapporto con Houdini, fino alla morte del grande mago, suo committente. L’ansia per una vita raminga e priva di reali, e persistenti, mezzi di sostentamento, si fonde poi con un altro trauma: il divorzio dalla moglie.

 

Ma di nuovo, quello che era la sua debolezza, si trasforma nella sua forza, perché gli incubi prosperano e si moltiplicano. È in questo periodo infatti che compone i suoi racconti più suggestivi e potenti: Il richiamo di Cthulhu, e lo straordinario Caso di Charles Dexter Ward, del 1927. Col primo crea delle divinità terrificanti, che sono poi alla base anche del Necronomicon.

 

Nel secondo fonde magistralmente magia nera e alchimia. Poco dopo è il turno del Boia elettrico,  seguito dal  Colore venuto dallo spazio, dove il cielo stellato, così misterioso e impenetrabile per l’uomo, diviene, proprio per questa sua aura di mistero, causa di mali per un gruppo di persone. Ed ecco allora che si intravedono qui, più chiaramente, gli echi del romanzo di Wells La guerra dei mondi, del 1897; sono i segreti dell’universo ignoto, difatti, la base di entrambe le storie.

 

È interessante notare come questa straordinaria produzione avviene in una fase in cui lo scrittore ritorna nella sua città natale, scrivendo in questo periodo storico i suoi migliori racconti, quasi come se Providence agisse da propulsore di idee e catalizzatore di incubi.

 

L’anno seguente, mentre cerca di riappacificarsi con la moglie, partorisce un altro capolavoro: L’Orrore di Dunwich, dove narra gli indicibili segreti di una comunità costretta all’isolamento dal mondo, e con problemi economici. Ancora due concetti a lui molto vicini. Quasi a voler suggerire che una vita come la sua potesse condurre anche un uomo mentalmente sano verso orrori inenarrabili. Il racconto, tra l’altro, sembra anticipare la trama del film The Village, di M. Night Shyamalan, del 2004.

 

Purtroppo però, nonostante ulteriori viaggi in giro per l’America, la sua salute macilenta, e la rottura ormai definitiva con la moglie, lo riportano in uno stato pieno di angosce. Ma di nuovo, grazie a questi eventi, dona ai lettori un'altra pietra miliare: nel 1929 scrive la storia del Necronomicon, la sua vera e propria eredità letteraria. Tale difatti sarebbe stata la fama –ovviamente postuma- di questo libro immaginario, che molti fans lo ritengono tutt’oggi reale, e presente in chissà quale biblioteca segreta; un po’ come Sherlock Holmes o James Bond, personaggi letterari, che per molti sono invece realtà. Lovecraft gli aveva dato delle solide basi storiche, citandolo in altri racconti come un testo reale.

 

Da anni intanto –e cioè da quando aveva conosciuto la moglie- aveva sconfitto la sua paura di viaggiare, tanto da spostarsi anche in Canada. Questo va a sottolineare come il suo ben noto soprannome di “solitario di Providence”, altro non fosse che un titolo male affibbiato. Lovecraft amava discorrere con amici e colleghi di comuni interessi o passioni; ma quando la depressione lo coglieva, la vecchia Providence, piena di tristezze e dolorosi ricordi, era lì, pronta a donargli ulteriori e angoscianti incubi, da cui purtroppo -o per fortuna per i suoi fans- non si sarebbe mai  davvero liberato.

 

Nel 1930 è ancora la sua vecchia passione per la fantascienza alla base di due memorabili racconti: Colui che sussurrava nelle tenebre, dove riprende la ben collaudata mitologia stellare, oltre al terrore di un universo ignoto popolato da chissà quali creature. E, mentre la solitudine avanza, negli ultimi anni di vita compone L’ombra venuta dal tempo, conclusa nel 1935, dove ricompaiono ancora i demoni della mitologia di Chtulhu; un mondo onirico, che per lui era ormai divenuto praticamente reale.

 

Nel 1937, quest’uomo che tanto aveva amato la vita, ma che da essa non era stato ricambiato con altrettanta generosità, muore per un cancro all’intestino. Da quel momento inizia la leggenda di una persona che non tentò mai di esorcizzare o rinchiudere i propri demoni, anzi, li lasciò liberi di vagare tra l’umanità. 

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Lippi G. (a cura di), H .P. Lovecraft. Tutti i racconti 1927-1930, Mondadori, Milano, 1991.

Pilo G., Fusco S. (a cura di), Howard Phillips Lovecraft. I miti di Chtulhu, Newton e Compton, Roma, 1995.

Pilo G., Fusco S. (a cura di), Howard Phillips Lovecraft. La tomba e altre storie dell’orrore, Newton e Compton, Roma, 1995.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.