.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


.

antica


N. 91 - Luglio 2015 (CXXII)

“Esiste scelta che escluda la colpa?”

Dalla civiltà della vergogna alla civiltà dell’attesa - Parte II
di Paola Scollo

 

Nel corso del V secolo a.C. è possibile osservare una progressiva interiorizzazione della coscienza, secondo la terminologia proposta da Kardiner, che si pone all’origine dell’interiorizzazione del divino e della concezione del senso di colpa. E la cultura della vergogna cede spazio a quella della colpa. Si tratta di un passaggio focale all’interno della storia della civiltà occidentale, in quanto rappresenta l’orizzonte umano e interiore su cui il cristianesimo può insinuarsi e svilupparsi.

 

Seguire le tappe di questo percorso si configura quale opera di ampio respiro. Con ogni probabilità le premesse vanno colte nella dimensione storica, sociale e politica della Grecia peninsulare in età arcaica, la quale appare segnata da una profonda crisi economica e, più in generale, da un dilagante senso di incertezza e di precarietà. Di fronte alla mancanza di sicurezza personale è poco probabile che l’uomo greco abbia assunto un atteggiamento di fede incondizionata, ossia di fiducia e di abbandono nei confronti della divinità capricciosa e invidiosa. Fino a quando sopravvisse un senso di solidarietà l’idea della colpa collettiva rimase stabile. Tuttavia, con l’insorgere delle prime tensioni familiari e la conseguente rottura dei vincoli familiari cominciò a emergere la consapevolezza delle responsabilità del singolo.

 

In sintesi, la diffusione di uno spirito individualistico e antropocentrico si sviluppò in parallelo con la disgregazione della famiglia, fulcro della società arcaica. E in tale processo innegabile è il contributo offerto dal pensiero filosofico. Già negli insegnamenti socratici, che alimentano dubbi e interrogativi su un mondo retto da apparenze e false credenze, è ravvisabile uno spostamento dell’asse speculativo dalla natura all’uomo quale soggetto pensante. Occorre a tal proposito ricordare che anche i Sofisti sviluppano le loro riflessioni in chiave antropocentrica. E la diffusione dell’arte dialettica, quale metodo più efficace per la trattazione di un argomento, ben esprime l’idea della contrapposizione tra generazioni, parzialmente complice della rottura dell’unità familiare. Centrale è poi il ruolo di Platone, che nel Timeo ritrae il daimon come l’essenza di pura razionalità presente nell’uomo. Questa immagine dischiude una fase in cui la discussione sul daimon diviene focale nel pensiero di Stoici, Neoplatonici e Cristiani medievali.

 

È in ambito teatrale che tale nuovo modo di sentire trova terreno fertile. L’idea del tragico sorge, infatti, nel momento in cui l’uomo acquisisce consapevolezza dell’insanabile conflitto tra libertà e necessità, ossia tra la propria volontà di agire e gli ostacoli che impediscono il raggiungimento del fine che si è posto. In questa idea confluiscono sia il senso del rischio e del pericolo sia il desiderio di sfida e di scommessa verso l’ignoto, all’origine della tensione drammatica che attraversa l’esistenza in sé.

 

Il conflitto tra volontà umana e Necessità reca una inevitabile caduta, una rovina, una perdita: è questa la condizione umana portata sulla scena dalla tragedia. Il dramma tragico vendica la vita in quanto è espressione dell’agire dell’uomo, della volontà di accedere ai misteri ultimi dell’esistenza e di affermare la propria libertà, sottoponendosi - ma solo dopo averlo accettato e subito - a un inevitabile destino di sconfitta e di morte. Nelle rappresentazioni teatrali rivive dunque l’antitesi tra physis e nomos - legge naturale e legge umana - al centro dei dibattiti filosofici nel corso del V secolo a.C.

 

Un primo illuminante esempio è offerto dal teatro di Eschilo, che riflette uno Stato in fieri e una società che ha sete di democrazia. I drammi eschilei presentano personaggi poderosi, complessi, ricchi di risvolti psicologici che si trovano a lottare contro demoni, spiriti maligni, forze malefiche - antitetiche a Zeus e alla legge morale - che freneticamente evocano idea di tragedia, morte e lutto. A dominare è il motivo della crudeltà e del sangue strettamente connesso alla regola assurda che domina e scandisce l’esistenza: ogni aspetto della vita è prestabilito e nessuno è pienamente padrone di sé, eccezion fatta per Zeus. Il dio eschileo risiede infatti nelle altezze e da lì - che sia Apollo o Zeus - «coglie lo strazio» e «a chi ha offeso manda Vendetta, colpo lento e sicuro» (58 - 59).

 

Questa visione anima, ad esempio, il dramma di Prometeo, reo di aver donato all’uomo lo zampillo di fuoco, «strada maestra di ogni ingegnoso mestiere». Ad Io, che chiede chi lo abbia inchiodato al precipizio, Prometeo risponde che è stata l’insidia di Zeus. Egli deve essere punito perché non ha dato valore alla parola del Padre: ha commesso un delitto ed è necessario che sconti il castigo degli dèi al fine di divenirne devoto. E tremendo è l’imperium di Zeus: la sua legge è sovrana. Colto nel suo dramma, Prometeo è carico di ira e di odio nei confronti degli dèi, ma non è in grado di porre sollievo alla sua sofferenza. È la Quota fatale a disporre della decisione estrema e l’ingegno è fragile rispetto al Destino che stringe. Occorre flettersi all’Inevitabile: questo è vero equilibrio. Del resto, la colpa viene tramandata da una generazione all’altra. E non esiste limite al tormento.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.