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N. 54 - Giugno 2012 (LXXXV)

reginald pole
il "quasi papa" che avrebbe cambiato la cristianità

di Lawrence F.B. Sudbury

 

Esistono, a volte, momenti e figure importanti nella storia del Cristianesimo che, per oscure (o meno oscure, se legate alla politica ecclesiastica) ragioni, dopo aver rappresentato punti di svolta (possibili o effettivi) nello sviluppo della fede, vengono, in qualche modo, dimenticati o relegati al rango di "conoscenze" per specialisti.


Certamente, all'interno di questa seconda categoria si colloca la storia dell'uomo che, in piena età controriformistica, è stato vicinissimo a mutare completamente il volto della Cristianità: il Cardinale Arcivescovo di Canterbury Reginald Pole.


Per capire quale avrebbe potuto essere il ruolo di quest'uomo nel cambiare radicalmente la visione di un mondo cristiano europeo occidentale diviso da una netta demarcazione tra Cattolicesimo e Protestantesimo, dobbiamo iniziare il nostro racconto in medias res.


È il 29 novembre del 1549 e Papa Paolo III è morto da pochi giorni. Il suo successore sarà famigerato Giovanni del Monte, eletto il 7 febbraio 1550 e salito al soglio come Giulio III.


Tra il 29 novembre e il 7 febbraio ci 69 giorni: tanti ne durò il secondo più lungo conclave del XVI secolo e tale lunghezza fu dovuta non tanto al numero inusitato di cardinali presenti (con un picco di 51, mai più raggiunto in seguito), quanto al loro essere legati a tre fazioni contrapposte, rispettivamente facenti capo a Enrico II di Francia, Carlo V del Sacro Romano Impero e Alessandro Farnese, il cardinale-nipote di Paolo III, e a divergenze sia di natura più o meno ecclesiastica (in particolare se il Concilio di Trento dovesse riprendere, come desiderava Carlo V o fosse da sospendere come, per ragioni antiasburgiche, sosteneva Enrico II) che chiaramente legate ad interessi personali (come la destinazione dei ducati di Parma e Piacenza che facevano gola sia a Carlo V che ai Farnese).


Tra i papabili, ogni fazione sostiene le sue candidature: i favoriti di Enrico II sono Louis de Bourbon de Vendôme, Jean de Lorraine, e Georges d'Amboise ma l'idea di un papa francese è inaccettabile per gli Asburgo e Enrico ripiega sul sostegno del cardinale protettore di Francia che viene dalla famiglia d'Este; Caterina de Medici vorrebbe vedere salire al soglio il cugino Giovanni Salviati, la cui candidatura è, però, assolutamente inaccettabile per la fazione imperiale e per i Farnese, mentre Carlo V, che trova inaccettabili tutti i cardinali francesi così come Salviati, Nicolò Ridolfi, e Giovanni Maria Ciocchi del Monte e Marcello Cervini degli Spannocchi (i due prelati responsabili, in funzione antitedesca, del trasferimento del Concilio di Trento a Bologna) favorisce Juan Álvarez de Toledo e, in seconda battuta, l'outsider inglese Reginald Pole.

 

A molti il nome di Pole potrebbe anche andare bene, ma ai francesi (l'uomo è di mentalità troppo aperta, troppo propensa a trovare accordi di pacificazione con i Protestanti e, proprio mentre la Francia è nel pieno dei suoi attacchi all'eresia ugonotta che si sta infiltrando all'interno dei suoi confini, un papa di questo genere non è davvero pensabile) e agli italiani (si tratta pur sempre di uno straniero e, per di più, in odore di eresia) no.


Così, quando, dopo qualche giorno di trattative, il primo scrutinio ha luogo (il 4 dicembre) e spagnoli e tedeschi arrivano a due soli voti dall'elezione di Pole, che riceve 26 voti, l'ambasciatore francese si presenta alla porta del Conclave e informa il Maestro di Cerimonie (probabilmente Giovanni Francesco Firmano) di aver avuto notizia che alcuni cardinali francesi (inviati in tutta fretta da Enrico II) si erano imbarcati a Marsiglia ma erano stati costretti, per il maltempo, a fermarsi sull'isola di Corsica e chiede che i cardinali rinviino la votazione successiva fino alla fine della settimana per dare il tempo ai cardinali francesi di aderire al Conclave (più che una richiesta si tratta di una vera e propria minaccia di protesta ufficiale e di invalidamento del conclave nel caso di risposta negativa).

 

Il Maestro di Cerimonie fa pervenire al presidente del conclave, cardinale de Cupis, la minaccia e questi riporta il messaggio francese al collegio cardinalizio, ma la cosa serve a poco, visto che gli asburgici, ansiosi di nominare il cardinale Pole papa, tentano quella sera stessa di proclamarlo "per adorazione", ma qui è lo stesso Pole che, ritenendo la procedura non valida, si schermisce e rifiuta.

 

A questo punto entra in gioco il cardinale Carafa, il Grande Inquisitore (dal 1542), che inizia ad aggirarsi per il conclave affermando che "da fonti certe" sa che il Cardinale Pole è stato toccato dal Luteranesimo: in un momento in cui gli animi sono esacerbati, questa accusa ha una grande presa anche su alcuni asburgici: nel secondo scrutinio i voti di Pole passano a 25, nel terzo a 22 con due adesioni, nel quarto a 22 con tre adesioni, nel quinto a 23 e nel sesto a 21, ma ne frattempo sono arrivati i "rinforzi francesi" e la candidatura di quello che sarebbe stato il secondo papa inglese della storia tramonta definitivamente.

 

Ci vorranno oltre 50 altri scrutini prima che i cardinali (che nella votazione finale, per vari motivi, sono scesi a 44) si accordino sul nome di Giovanni del Monte, paradossalmente ritenuto un papa di accomodamento e transizione e, soprattutto, così abile da far pensare a ciascuna fazione di essere contro le altre due.


Ma, a questo punto, dobbiamo chiederci chi fosse questo cardinal Pole e quanto ci potesse essere di vero nelle accuse del Carafa. In realtà, possiamo già anticipare che si trattava di accuse precipuamente politiche e che il "problema" di Pole era, più che altro, quello di avere una mente aperta, un buon grado di tolleranza (per l'epoca) e, soprattutto, di essere naturalmente portato all'accettazione della mentalità umanistica di cui si era nutrito fin dalla giovinezza. Per comprendere tutto ciò e le ragioni che lo portarono così vicino al soglio pontificio, dobbiamo ripercorrere brevemente i tratti salienti della sua esistenza.


Nato nel marzo del 1500 al Castello di Stourton nello Staffordshire da genitori appartenenti all'altissima nobiltà inglese (la madre era di sangue reale), Reginald diviene fin dall'infanzia, per la sua vivissima intelligenza, un pupillo di Enrico VIII, che arriva persino a sovvenzionarne l'educazione con lasciti annui notevoli (fino 12 sterline, una cifra notevole per l'epoca, donati per il suo mantenimento a scuola nel 1512).

 

Inviato a Oxford, dove si mantiene con la pensione che il re, l'8 giugno 1513, ordina al priore di St.Frideswide di dargli come se fosse un impiegato di nomina reale, Reginald si laurea nel giugno 1515 e, sebbene ancora laico, ottiene prebende della chiesa collegiata di Wimborne Minster e della cattedrale di Salisbury. Insomma, fino a questo punto, nulla di strano per un cadetto nobile e un pupillo reale.


Nel febbraio del 1521, dietro sua richiesta, il giovane Pole diventa inviato dal re per l'Italia, con l'incredibile stipendio di 100 sterline annue. A Padova, nel maggio - giugno di quell'anno, entra in amicizia con alcuni dei grandi umanisti che ivi risiedono (Longolius, Bembo, Leonicus e il suo connazionale, Thomas Lupset) e inizia una corrispondenza con Erasmo da Rotterdam, il quale gli spiega (ottenendo, ed è un dato piuttosto importante, pareri favorevoli dal giovane erudito) le teorie di Jan Łasky (Johannes a Lasco), il riformatore polacco che, allontanatosi progressivamente dal cattolicesimo, sarebbe poi giunto a riorganizzare la Chiesa riformata sulla base di valori discordanti rispetto a quelli del luteranesimo e, al ritorno nella natia Polonia dopo molti anni di esilio, sarebbe riuscito a gettare le basi dell'intesa delle confessioni protestanti del suo Paese (Calvinisti, Luterani e Fratelli boemi) nel cosiddetto "accordo di Sandomierz" (1572).


Tornato, dopo un soggiorno a Roma, in Inghilterra nel 1527, Reginald continua la sua "vita da eletto" e, ancora senza voti, viene eletto decano di Exeter. Nel 1529, ansioso di evitare di essere immischiato nella disputa tra il re e la regina Caterina, ottiene, con qualche difficoltà, il permesso reale di proseguire i suoi studi a Parigi ma qui riceve l'ordine di Enrico di ottenere dall'università pareri favorevoli sul il divorzio da lui progettato: Reginald si schermisce ma il re insiste (affiancandogli Edward Fox) e, alla fine, soprattutto grazie al parere favorevole di Francesco I, riesce nel suo intento.


Nel 1530 torna a casa e gli vengono offerti in alternativa l'arcivescovado di York o il vescovado di Winchester (il re voleva sostenitori del suo divorzio nei ruoli chiave ecclesiastici) ma, comprendendo le vere motivazioni reali (ed essendo intimamente contrario al divorzio), il giovane pupillo di Enrico rifiuta, arrivando a litigare con il suo protettore e a scrivere un trattato (oggi perduto) "contrario agli scopi reali".


Sia il disaccordo con Enrico sia la profonda antipatia che prova verso il leader del parlamento Oliver Cromwell lo inducono a chiedere (con insistenza e quasi ricattando il re con l'idea che se avesse dovuto frequentare il parlamento avrebbe parlato secondo la sua coscienza) un trasferimento all'estero che gli viene concesso a inizio 1532: Reginald è prima ad Avignone poi, subito dopo, torna a Padova, dove riprende gli studi di latino e greco, inizia a dedicarsi alla teologia (radicalizzando la sua opinione contro il divorzio, come appare chiaro da una epistola inviata al suo ex-protettore) e, durante alcuni dei numerosi viaggi a Venezia, fa amicizia con Gaspare Contarini e Ludovico Priuli.


Il suo volontario "esilio dorato" è rotto nel 1535 quando Carlo V gli chiede, dopo il matrimonio di Enrico con Anna Bolena e l'atto di diseredazione di Mary Tudor, di mediare a favore di Mary e Pole, ansioso di evitare ogni possibilità di una guerra civile in Inghilterra, accetta.

 

Nel frattempo, però, Enrico aveva già chiesto un parere a Pole riguardo al fatto se la supremazia papale fosse una istituzione divina e lo aveva chiesto tramite una lettera scritta dal suo segretario Starkey: Pole si era preso tempo per riflettere ma Starkey aveva ritenuto opportuno dare al re qualche indicazione sui punti di vista politici generali del giovane umanista con un "Dialogo" nel quale Pole appare come una sorta di riformatore e che, per la sua genericità non piacque per nulla al re (che fece scrivere da Cromwell una lettera di sollecito al suo ex protetto, il quale rispose con un trattato, mai terminato, dal titolo 'Pro Ecclesiasticae Unitatis Defensione', completamente contrario alle decisioni reali).


Pole era, tra l'altro, già stato chiamato, su sollecitazione di Gaspare Contarini, divenuto cardinale, a far parte di una commissione per l'istituendo Concilio generale e papa Paolo III, venuto a conoscenza della posizione di Pole, nel 1536 lo convocò a Roma e lo nominò (contro la volontà del giovane nobile inglese che temeva per la sua famiglia in patria) diacono e cardinale, per poi, nel febbraio successivo, dargli il titolo di legato pontificio in Inghilterra.

 

Come legato Pole venne subito spedito in patria portando con sé del denaro con il quale, si pensava, avrebbe potuto incoraggiare i ribelli del nord del Paese contro Enrico VIII ma il giovane cardinale, durante il viaggio, decise di fare appello a Francesco I, alleato di Enrico, perché esortasse il re inglese a tornare alla chiesa romana come la sua unica salvezza.

 

Pole, però, giunse a Lione nel momento sbagliato, quando Enrico VIII aveva schiacciato la ribellione del nord e, soprattutto, quando Francesco I e l'imperatore erano in guerra, e nessuno dei due voleva offendere Enrico, cosicché il legato pontificio venne trattenuto in attesa a Cambray per più di un mese e solo un salvacondotto di Maria d'Ungheria, reggente dei Paesi Bassi, gli permisee di potersi spostare a Liegi e, da lì, tornare a Roma. Qui rimase fino alla primavera 1538, quando accompagnò Paolo III al vertice di Nizza tra Francesco I e Carlo V, occasione durante la quale ebbe modo di conoscere personalmente e intrattenersi con l'imperatore.


Tornato a Padova, Pole riceve la notizia dell'arresto in Inghilterra di suo fratello Sir Geoffrey e, in seguito, a Roma quello dell'arresto dell'altro fratello, Lord Montague, di sua madre e di alcuni amici. Il 27 dicembre, per paura dei sicari di Enrico lascia Roma per Barcellona e, da qui, raggiunge a Toledo, nel febbraio 1539, l'imperatore che rifiuta più volte di consegnarlo all'ambasciatore inglese.


Nell'estate seguente è a Carpentras, in territorio papale francese (a, ancora una volta, Francesco I rifiuta di riceverlo) e qui viene a conoscenza della esecuzione della madre, cosa che lo deprime a tal punto che è per lui uno sforzo immane tornare a Roma nel 1540 per ricevere dal Papa l'assegnazione della legazione (cioè del governo temporale) di Viterbo, città nella quale diviene protettore del "circolo degli Spirituali", i membri della Curia Romana in dissenso marcato, anche sul piano dottrinale, con la tradizione ecclesiastica e che premevano per una radicale riforma della Chiesa: del circolo facevano parte, tra gli altri, il cardinale Giovanni Morone, il protonotario apostolico Pietro Carnesecchi, le gentildonne Vittoria Colonna e Giulia Gonzaga, l'artista Michelangelo Buonarroti, e, ovviamente, il principale animatore del circolo, il mistico spagnolo Juan de Valdés, vicino alle dottrine luterane.


E' il 1541 quando Contarini, inviato dal papa alla dieta a Ratisbona, si consiglia con Pole, il quale dice chiaramente di apprezzare il fatto che il cuore della controversia stia nella dottrina della giustificazione, sulla quale le sue opinioni personali non sono dissimili da quelle di Lutero e di ritenere che la frattura non sia insanabile: è il massimo livello di comprensione e tolleranza che un cardinale di Santa Romana Chiesa dimostri verso il Protestantesimo da lì ai 400 anni successivi ed è proprio su questo che Carafa si appiglierà per le sue rimostranze conciliari.

 

Ciò, però, non significa minimamente che Pole si sia mai allontanato dal Cattolicesimo, tanto che nel 1542 fu uno dei tre legati nominati dal papa per aprire il Concilio di Trento, a cui partecipo fino a che, durante la sessione riguardante la giustificazione per fede, non dovette abbandonare i lavori per un attacco di febbre reumatica (e non pochi furono i commenti maligni riguardanti una possibile "malattia diplomatica").


Tornò a Roma il 16 novembre con il permesso del papa, e qui, nel gennaio 1547, venne a sapere della morte di Enrico VIII, iniziando a sperare che il papa fosse disposto ad una alleanza con Carlo V per recuperare l'Inghilterra travolta dallo scisma, tanto che arrivò a scrivere al Privy Council (che rifiutò di ricevere il suo messaggero) per implorare una riappacificazione con la Chiesa Cattolica e, in seguito, a inviare il suo più fido collaboratore per parlamentare (inutilmente) con il Lord Protector e a mandare per tutto il 1549 messaggi (inascoltati) alle più influenti autorità inglesi.


Arriviamo, così, alla morte di Paolo III e al successivo conclave. Possiamo pensare che Pole sperasse nell'elezione? È difficile dirlo. Certamente tutti i pronostici erano a suo favore e certamente aveva già redatto un trattato, 'De Summo Pontifice,' sui poteri e doveri dell'ufficio papale (mentre pare dubbio che avesse già scritto una orazione di ringraziamento ai cardinali, come sostenuto da alcuni), ma abbiamo già visto che, quando ebbe occasione di occupare il soglio con una sorta di "colpo di mano", rifiutò per scrupolo di coscienza.

 

Di fatto, il nuovo papa, che non aveva favorito la candidatura di Pole, rimase molto toccato dal suo disinteresse, tanto che gli assegnò una rendita e lo volle come uno dei redattori del documento ripresa dei lavori tridentini.


Quando il Concilio viene bruscamente sospeso nel mese di aprile 1552 in conseguenza della guerra in Europa, Pole, ansioso di restare fuori dalla crisi, va, praticamente, in pensione con il permesso del papa e, nella primavera del 1553, lo troviamo al monastero di Maguzzano sul Lago di Garda, dove scrive una 'Pro Defensione' per esprimere il suo parere su tutta la vicenda relativa a Enrico VIII e alle persistenti voci di una sua eresia luterana. In seguito riporta il testo in forma di lettera a Edoardo VI, che, però, muore prima di riceverla.


Tutto quello che segue risulta puramente politico: Mary Tudor ("Maria la sanguinaria") ascende al trono d'Inghilterra e Pole affretta il suo ritorno dall'esilio, riesumando la sua antica carica di "Legato Pontificio in Inghilterra" (che ricopre fino al 1557), sebbene Maria e l'imperatore Carlo V ritardino il suo rimpatrio fino al 20 novembre 1554 temendo che l'influente cardinale possa opporsi all'imminente matrimonio della regina con il figlio di Carlo, Filippo di Spagna.


Come legato pontificio, Pole negozia una dispensa papale che consente ai nuovi proprietari di terre monastiche confiscate di mantenere, con il permesso del parlamento, i possessi acquisiti contrariamente a quanto disposto dall'"Act of Heresy" del 1555 . Nonostante ciò, quando, il 13 novembre 1555, Cranmer viene ufficialmente privato del Sede di Canterbury, Maria ordina che Pole, finalmente ordinato sacerdote il 20 marzo 1556, venga nominato arcivescovo di Canterbury due giorni dopo, incarico che mantenne fino alla sua morte.


Come massima autorità spirituale d'Inghilterra, il cardinale diventa Cancelliere delle università di Oxford e Cambridge (nel 1555 e 11556 rispettivamente) e, di fatto, primo ministro e consigliere della regina. In questo ruolo, esistono prove concrete che cercasse di mitigare, nonostante le sue ormai cagionevoli condizioni di salute, la persecuzione anti-anglicana della monarca, concedendo, dove possibile, numerose grazie.


Ma ormai il cardinal Pole era vecchio e stanco: morì a Londra il 17 novembre 1558, solo dodici ore dopo la morte della regina Maria, lasciando il ricordo di un uomo sempre fedele alla sua coscienza, ma, soprattutto, aperto al dialogo e al confronto, lontano da ogni dogmatismo e pronto a mettere ogni aspetto della chiesa, di cui fu, nonostante dubbi e dicerie, sempre fedele servitore, in discussione.
Impossibile non pensare che per soli due voti la Cristianità non ebbe un papa capace di cambiare il volto della storia.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

T.F. Mayer, Reginald Pole: Prince and Prophet, Cambridge University Press 2007;
L. Beccadelli, B. Pye, The Life Of Cardinal Reginald Pole, Nabu Press 2011;
F.G. Lee, Reginald Pole: Cardinal Archbishop of Canterbury, BiblioLife 2011;
T.F. Mayer, The Correspondence of Reginald Pole, Ashgate 2004;
D. Fenlon, Heresy and Obedience in Tridentine Italy: Cardinal Pole and the Counter Reformation, Cambridge University Press 2008;
T. Phillips, The History Of The Life Of Reginald Pole, Vol.1 e 2, Nabu Press 2012.



 

 

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