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N. 71 - Novembre 2013 (CII)

BAnDIeRe Al VenTO
le tristi sorti di Re Cecconi e Di Bartolomei

di Andrea Bajocco

 

Re Cecconi e Di Bartolomei. Di Bartolomei e Re Cecconi. Bastano i nomi a far venire i “lucciconi” agli occhi dei tifosi di Lazio e Roma, che li hanno vissuti e idolatrati per anni. Quei tifosi che con il loro affetto ne hanno creato il mito, la leggenda.

 

Quei tifosi che con il loro amore hanno spalancato le porte a una scontata conseguenza: le storie di questi due campioni del passato, le loro gesta (all’interno e all’esterno del rettangolo di gioco) vengono tramandate di padre in figlio, di nonno in nipote, anche a distanza di decenni.

Le storie di queste due “bandiere” iniziano in maniera diversa calcisticamente parlando (divisi da modo di giocare e da maglie di colore opposto), proseguono assomigliandosi sempre più (saranno parte integrante degli undici che vinceranno il Campionato, non una cosa di tutti i giorni a Roma), fino alla conclusione che li accomuna, uniti da un destino che ha bussato troppo presto alle loro porte.

Agostino Di Bartolomei, “Ago” per i suoi tifosi, nasce e cresce calcisticamente nella Roma e, dopo un prestito al Lanerossi Vicenza, torna a casa, pronto per affrontare, finalmente, il calcio che conta. Resterà nella Roma per otto stagioni, nelle quali vincerà uno Scudetto (con il “Barone” Nils Liedholm allenatore) e 3 Coppe Italia, la terza delle quali alzata al cielo nel giorno della sua ultima presenza con la Roma; sarà infatti ceduto al Milan nell’estate del 1984.

Proprio nel 1984 accadde qualcosa che segnò irrimediabilmente il suo stato d’animo. A Roma, infatti, andava in scena la finale di Coppa dei Campioni. Le pretendenti erano proprio la Roma di “Ago” e il Liverpool. La partita si concluse con gli inglesi campioni d’Europa ai calci di rigore.

Era il 30 maggio. Per un’assurda coincidenza (o forse no), proprio il 30 maggio di dieci anni dopo, Di Bartolomei decise di togliersi la vita per mezzo di una Smith & Wesson calibro 38.

Inizialmente si pensò che i motivi fossero economici, ma successivamente, dopo il ritrovamento di un biglietto d’addio, si capì che il gesto estremo di “Ago” fu figlio del “tradimento” da parte del mondo del calcio che da troppo tempo non lo teneva più in considerazione. Se ne andò così una pietra miliare del calcio capitolino...

Sull’altra sponda del Tevere, ancora oggi si piange il biondo Luciano Re Cecconi, storico numero 8 della Lazio di Maestrelli. Ed è proprio sotto la guida del “Maestro” (era questo il soprannome che i tifosi avevano dato all’allenatore) che Re Cecconi fa il suo esordio in Serie B con il Foggia nella stagione 1969/70. Due anni dopo, i due si ritroveranno insieme anche nella Lazio dove, al primo anno, sfiorano lo Scudetto arrivando terzi a soli 2 punti dalla Juventus Campione d’Italia.

L’appuntamento con la Storia però è soltanto rimandato di un anno; è il 12 maggio del 1974, infatti, quando la Lazio di Re Cecconi si laurea Campione d’Italia con una giornata d’anticipo. La colonna portante di quella squadra è il biondo centrocampista, chiamato “Cecco” dai suoi tifosi.

La gioia per quella quasi insperata vittoria risulterà però un’effimera realtà.

Il 18 gennaio del 1977, Re Cecconi e due amici si recarono in una gioielleria con l’intenzione di fare uno scherzo al proprietario, fingendosi rapinatori. In tutta risposta, il gioielliere impugna una Walther calibro 7.65 e fa fuoco. Ne fa le spese il giovane centrocampista, che viene colpito a morte. La sconvolgente notizia attraversa in breve tempo l’intera città lasciando un vuoto nel cuore dei tifosi, già scossi dalla scomparsa di mister Maestrelli, appena un mese prima.

Nel 2012 si è dato risalto all’eventualità che il biondo centrocampista, quel maledetto giorno, sia stato ucciso senza aver pronunciato parola e che quindi non avesse a che fare con alcuno scherzo.

Di fatto, in molti ritengono che le tristi storie di “Ago” e “Cecco” rappresentino ancora oggi le pagine più emozionanti del calcio romano. E non è un caso se il Comune di Roma, in eterna memoria di questi personaggi che nel bene e nel male hanno fatto la storia del calcio della capitale, ha deciso di “intitolare” a entrambi due vie all’interno di Villa Lais, parco del quartiere Tuscolano. Due vie che si intrecciano l’una con l’altra, quasi a evidenziare come le storie di Re Cecconi e Di Bartolomei sono – e saranno per sempre – indissolubilmente legate l’una all’altra.

E in una città nella quale le due squadre e le rispettive tifoserie sono, fin dagli albori, esattamente agli antipodi, questo è l’ennesimo “miracolo calcistico” di due grandi uomini e straordinari calciatori.



 

 

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