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N. 73 - Gennaio 2014 (CIV)

LA QUINTA REPUBBLICA
UNA MONARCHIA REPUBBLICANA

di Tommaso Venezia

 

La Francia, nel dopoguerra, fu l’unica a sperimentare, fra le democrazie dell’Europa occidentale, una grave crisi istituzionale. Al termine della seconda guerra mondiale si instaurò un sistema democratico–parlamentare, la cosiddetta “Quarta repubblica", i cui governi instabili e discordi si trovarono ad affrontare il problema della smobilitazione di un impero la cui conservazione si rivelava sempre più insostenibile.

 

Nel maggio del 1958 giunse al culmine la crisi legata al problema algerino, con la minaccia di un colpo di stato da parte dei militari di stanza in Algeria. Vene allora chiamato alla guida del governo e incaricato di redigere una nuova costituzione il generale De Gaulle, protagonista della liberazione francese, dal 1946 si era ritirato in orgoglioso isolamento.

 

La nuova costituzione con cui nasceva la Quinta repubblica, rappresenta un momento di importanza cruciale nella storia politica francese per diversi ordini di motivi: quello della rottura della profonda cesura con i regimi precedenti, quello della durata e della stabilità dei governi.

 

Il merito di De Gaulle, la sua lungimiranza politica stanno proprio nell’avere compreso che bisogna porre termine all’ instabilità delle istituzioni e dotare la Francia di un sistema in cui l’esecutivo (Presidente e Governo) disponesse di potere e legittimità sganciato finalmente dalla dipendenza del legislativo, ossia di un parlamento arena di lotte e interessi settoriali ugualmente intenti ad affermare interessi specifici e di parte.

 

Molto prima del ‘58 il progetto di De Gaulle si era delineato e poi manifestato nel celebre discorso di Bayeux del 16 giugno 1946, nel quale sono presenti tutti gli elementi e i punti essenziali che caratterizzarono la costituzione del 1958 e vi era già un riferimento preciso agli effetti e al ruolo dei partiti sul funzionamento del sistema politico francese.

 

Al centro del progetto di riforma nella concezione del generale si connota nel rafforzamento dell’esecutivo, la limitazione del parlamento, la preminenza del capo dello stato, concepiti come strumenti indispensabili per porre fine all’anarchia del sistema dei partiti e alla debolezza dello stato. Al centro del progetto di riforma dello stato sta dunque la nozione di separazione dei poteri che nella concezione di De Gaulle si connota in maniera particolare, assumendo un significato del tutto diverso rispetto alla tradizione giuridica e alla teoria classica esposta da Montesquieu.

 

Per il filosofo e giurista francese, i tre poteri legislativo (elaborazione delle leggi), esecutivo (applicazione delle leggi) e giudiziario (regolamenti dei contrasti e controversie), dovevano mantenere ambiti di pertinenza separati, per evitare la confusione e la sovra posizione. De Gaulle parte da un punto di vista e da una esigenza differente direi opposta, costruendo il suo ragionamento sulla realtà politica – istituzionale francese. Occorre dunque separare il potere esecutivo dal potere legislativo emancipandolo affermando la supremazia sia attraverso strumenti costituzionali adeguati sia attraverso il conferimento di una forte legittimità democratica.

 

Da De Gaulle dunque la separazione dei poteri è intesa come strumento per il rafforzamento del potere esecutivo e la limitazione drastica del potere del parlamento, con uno spirito esattamente opposto a quello espresso da Montesquieu.

 

Il progetto istituzionale del generale trovò il suo culmine con il referendum istituzionale del 1962, che sancì l’elezione diretta del presidente della repubblica. Fu uno scontro molto forte che trovo come antagonista a De Gaulle e al suo progetto istituzionale il leader socialista assai discusso, Francois Mitterrand.

 

La riforma istituzionale del 1962, rappresenta il punto di arrivo di una riflessione che parte dal discorso di Bayeux, un ordito di fondo che attraversa il pensiero costituzionale di De Gaulle e che nel 1958 darà vita con l’arrivo del generale al potere ad uno sconvolgimento istituzionale senza precedenti nella tradizione costituzionale della Francia repubblicana che si può così schematizzare:

a) Il presidente della Repubblica non sarà più eletto dal parlamento ma dal popolo. Questo procedimento allargherà le basi di legittimità del presidente rendendolo indipendente dal parlamento.

b) Il primo ministro e il governo non riceveranno più l’investitura dall’ Assemblea Nazionale (Parlamento) ma saranno nominati dal presidente della repubblica, realizzando così una piena autonomia dal potere parlamentare.

c) Il Presidente della repubblica potrà scioglier l’Assembla Nazionale, ma questa non potrà far dimettere il presidente della repubblica.

d) I poteri dell’esecutivo, Presidente e Primo Ministro e quindi governo saranno, molto rafforzati e ampliati quelli del legislativo di converso, molto limitati producendo secondo la formula usata da Michel Debrè “ Un Parlamento Razionale “. La riforma del 1962 dunque, con i poteri conferiti al presidente e l’attribuzione ad esso di una legittimazione amplissima (l’elezione diretta a suffragio universale) rappresenta la realizzazione più concreta ed essenziale della concezione dello stato di De Gaulle, nella quale il bene comune l’interesse generale della nazione non possono e derivare dall’autorità di un capo al di sopra delle parti e dei partiti, da “un monarca repubblicano”.

 

Quella della separazione dei poteri è un aspetto che merita particolare attenzione perché proprio a esso deriva il carattere specifico di un congegno istituzionale che introduce nella forma presidenzialista la dinamica e la flessibilità che costituiscono l’originalità del sistema francese ossia della forma semipresidenzialista.

 

La separazione dei poteri come ho già analizzato riguarda la disciplina, i rapporti fra poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. Profondamente diverso è la nozione dei poteri cui si richiama il generale De Gaulle. Possiamo affermare che la costituzione del 1958 appare subito incentrata, su una doppia separazione dei poteri pubblici ossia fra esecutivo, legislativo e giudiziario.

 

La seconda non meno importante che De Gaulle introduce con forza è quella fra continuità e l’identità dello stato assicurato da “un arbitro nazionale” che è esercitato dal Presidente della Repubblica.

 

L’elemento originale introdotto da De Gaulle riguarda appunto la seconda accezione della separazione dei poteri e cioè la separazione fra i poteri dello stato rappresentato dal Presidente della Repubblica e il potere dei partiti rappresentato dal Parlamento.

 

Il primo tipo di potere è quello che racchiude e simboleggia la nazione nella sua identità,indipendenza ed unità, ad esso è titolare il Presidente della Repubblica, che è capo dello stato a cui sono affidati i poteri nella direzione della difesa e della politica estera, come pure il potere di nomina dei vertici dell’amministrazione e funzione “garante dell’indipendenza della magistratura.

 

È all’interno di questa concezione del “ potere di stato” infatti che trovano legittimità giuridica i poteri speciali del presidente, in situazioni di crisi secondo quanto previsto e ipotizzato dal famoso articolo 16 della costituzione e cioè in cui si verifichino alcune condizioni:

1) quando sia compromesso il funzionamento regolare dei poteri pubblici;

2) quando le istituzioni repubblicane sono minacciate;

3) quando è in pericolo l’indipendenza e l’integrità territoriale dello stato.

In tali circostanze, il capo dello stato assume poteri speciali e dispone mezzi per attuarli.

 

La costituzione del 1958 dunque si presenta come una costituzione giuridica particolarmente originale poiché in essa coesistono due tipi di poteri che sono entrambi espressione della sovranità popolare pur richiamandosi a due diverse concezioni di popolo.

 

Il potere di stato di cui il presidente della repubblica è l’organo supremo riprendendo la tradizione di Rousseau, che ritiene il popolo espressione di una “volontà generale” quindi di un sentire comune e di una superiore unità, il potere democratico, invece il cui organo è il parlamento da voce ad una idea di popolo considerato nelle sue divisioni e rappresenta gli uomini nella loro collocazione economica e sociale.

 

La mia ultima analisi si sofferma nella caratteristica per eccellenza del sistema istituzionale francese ossia nella bicefalia del potere esecutivo cosi come definito dal testo costituzionale del 1958 e perfezionato nel 1962 che ne costituisce la tipicità rispetto al modello presidenziale puro che si identifica con quello statunitense.

 

Esso del resto appare subito evidente agli studiosi di diritto costituzionale e di scienza politica, che traducono i dubbi teorici e le concrete perplessità nell’interrogativo su chi sia realmente il soggetto che governerà il paese. Il Presidente della Repubblica, ha il potere di nomina del primo ministro, presiede il comitato di difesa ed il consiglio della difesa, oppure il primo ministro che dirige nell’azione di governo e determina e conduce la politica della nazione ed è responsabile della difesa della nazione.

 

La formulazione degli articoli della costituzione infatti con l’attribuzione dei rispettivi poteri alle due teste dell’esecutivo, sembra contenere non pochi elementi contraddittori e comunque si presta ad alimentare interpretazioni diverse e timori di possibili conflitti legati alla diarchia dell’esecutivo.

 

Le affermazioni di De Gaulle a riguardo e la puntuale chiosatura politica che egli fa nella sua lettura della costituzione poco prima di diventare capo dello stato contengono già esplicitata la sua concezione di potere presidenziale ne definiscono i compiti l’estensione e l’esclusività.

 

L’idea golliana del ruolo del presidente del suo primato rispetto all’altra testa dell’esecutivo si realizza presto sin dai primi mesi nell’esercizio concreto del potere. Egli infatti primo presidente della V repubblica, compie subito degli atti precisi, primo fra questi la nomina del primo ministro, che prelude alla formazione del governo.

 

In tale circostanza la scelta di De Gaulle è significativa e mirata. Egli non sceglie fra gli esponenti di spicco della maggioranza parlamentare e neppure fra i gollisti a lui più vicini che hanno condiviso battagli importanti. Ad essi preferisce Michel Debrè, personaggio di prestigio grande esperto di questioni istituzionali, ma soprattutto uomo di grande fedeltà, in sintonia con la sua concezione di potere del presidente ed abile difensore del suo primato in alcune occasioni importanti.

 

La designazione del primo ministro nella persona di Debrè dunque ha un significato preciso e traccia chiaramente il binario sul quale De Gaulle intende muoversi, come per una chiara esplicitazione della gerarchia dei poteri nella nascente V repubblica. Sin dall’inizio infatti il rapporto tra il presidente De Gaulle con Michel Debrè si configura come una chiara subordinazione di quest’ultimo all’autorità di cui il primo ministro si mostra fedele collaboratore. Il cuore del potere è incontestabilmente l’Eliseo, dove si riunisce il consiglio dei ministri, presieduto secondo il dettame della costituzione dal capo dello stato.

 

Questo fatto è già di per se significativo poiché sancisce giuridicamente e istituzionalmente la supremazia del Presidente della Repubblica, in quanto egli e non il primo ministro presiede l’organo del governo modificando la funzione stessa del consiglio dei ministri. Quest’ultimo infatti nella prassi politica della V repubblica diventa altra cosa rispetto al consiglio di gabinetto della IV repubblica che aveva il potere deliberante e di decisione.

 

Esso perde di fatto alcuni suoi poteri e prerogative non ultima quella per la quale i ministri in quanto membri del consiglio esercitavano una responsabilità collettiva, adesso i ministri ne sono privati e ciascun si limita ad occuparsi e a discutere dei problemi e delle materie inerenti al proprio ministero.

 

Il consiglio dei ministri non funziona come organo collegiale che affronta i problemi di politica generale e propone le scelte e gli orientamenti complessivi della linea politica del governo. Esso perde alcuni aspetti della sua autonomia vincolata da regole e regolamenti interni che sottolineano la sua subordinazione al capo dello stato.

 

Terminata questa mia riflessione trovo molti punti in comune tra la crisi istituzionale che sta attraversando l’Italia oramai da venti anni che difficilmente uscirà a breve se non si riuscirà a trovare un politico carismatico come De Gaulle in Francia nel dopo guerra che diede un sistema istituzionale solido, con governabilità e rappresentatività democratica.



 

 

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