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N. 67 - Luglio 2013 (XCVIII)

iL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA

PARTE II - 1949-54: INIZIATIVA FRANCEse
di Laura Ballerini

 

La Germania dell’ovest, in seguito agli accordi di Washington e Petersberg del 1949, era diventata la Repubblica Federale Tedesca, a cui le potenze occupanti avrebbero trasferito i loro poteri, se fosse entrata nel blocco occidentale.

 

Il federalismo era stato considerato la soluzione migliore per la ricostruzione delle strutture politiche, poiché era conforme alla storia tedesca e impediva il riproporsi di una Germania centralizzata e di un quarto reich. Si formò un sistema per lo più bipolare, basato su S.P.D. (socialdemocratici) e C.D.U. (cattolici democratici) con Adenauer.

 

I primi ritenevano che solo mantenendosi neutrali avrebbero potuto dialogare con l’URSS per la riunificazione della Germania, mentre per i secondi tale fine era perseguibile solo con il recupero della piena sovranità e quindi con l’entrata nel blocco occidentale.

 

Nel maggio del `49 Adenauer divenne capo del governo e dovette cercare il modo di conciliare le spinte esterne al riarmo con l’opposizione dell’opinione pubblica. Per convincere i tedeschi al nuovo armamento era necessario che la Germania non si riarmasse per riesumare un vecchio militarismo prussiano, ma per aiutare a costruire l’Europa che avevano distrutto.

 

Doveva nascere un esercito europeo a cui la Germania avrebbe dato un contributo, riscattando le sue colpe. Ecco quindi le basi dell’europeismo tedesco, che, come ogni spinta verso l’integrazione europea, si fondava sulle esigenze nazionali.

 

La Francia rimaneva lo scoglio più grande all’integrazione della Germania in Europa, fin quando il primo ministro Adenauer non fece una proposta che rappresentò una svolta storica nella storia dell’Europa unita e dei rapporti franco tedeschi.

 

In un'intervista per l’International News Service, Adenauer auspicava una completa unione tra Francia e Germania, con l’adozione di una cittadinanza comune e la fusione delle economie e delle risorse. La proposta era chiaramente simbolica e venne inizialmente vista con molta freddezza.

 

In seguito però diede alla Francia la possibilità di porsi a capo di un’iniziativa diplomatica, smuovendosi dalla semplice posizione antitedesca sostenuta finora. Il 9 maggio del 1950, il ministro degli esteri francesi, Shuman, illustrava alla stampa un piano di condivisione delle materie prime della Ruhr e della Saar, con organi sovranazionali a gestirle.

 

Il così chiamato Piano Shuman portava l’integrazione europea dall’indirizzo unionista tanto voluto dalla Gran Bretagna, a quello funzionalista. Dopo circa un anno, nel maggio del `51, nasce la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), estesa all’Italia e ai paesi del Benelux: l’Europa dei sei.

 

Rimaneva aperta la questione del riarmo tedesco e di un esercito europeo. L’Italia, cercando di non limitarsi ad aderire alle iniziative altrui, fece una proposta agli USA che prevedeva una maggiore condivisione degli armamenti e il riarmo tedesco all’interno dell’integrazione europea.

 

Gli Stati Uniti però volevano che la Germania ricostruita entrasse all’interno del Patto Atlantico, alleggerendoli dal pesante fardello di difensori dell’Europa. Non diedero risposta positiva all’Italia e sfruttarono la guerra nata in Corea per mostrare che la guerra fredda si estendeva anche in estremo oriente e che l’Europa avrebbe dovuto contribuire all’armamento statunitense.

 

La Francia non era disposta per nessun motivo a compromettere la sua ricostruzione per una questione militare, sostenendo che i contributi agli USA sarebbero dovuti arrivare semmai dalla Germania. Ecco dunque che gli Stati Uniti avevano ottenuto il “permesso” di prendere i contributi tedeschi, avvicinandoli all’alleanza atlantica.

 

Nel 1950 il segretario di stato USA, Acheson, propose l’omonimo piano, che prevedeva la formazione di un esercito europeo all’interno dell’Alleanza atlantica, con la presenza della Germania, con eguali diritti alle altre potenze. La Francia tuonò immediatamente: andava bene il riarmo tedesco, vista la minaccia rossa, ma nei tempi e nelle modalità europee. Rispose con una proposta alternativa, il Piano Pleven: creare un esercito europeo, comprendente la Germania, con un ministro per la difesa e un bilancio comuni.

 

La motivazione francese non era più antitedesca, bensì antistatunitense:non bisognava delegare agli USA il riarmo tedesco. Il motivo di questa grande apprensione era la nascita della NATO, ovvero lo sbocco militare del Patto Atlantico, che aveva però le sue basi e la sua direzione negli USA.

 

Aggiungendovi il riarmo tedesco, gli Stati Uniti avrebbero raggiunto uno status tale per cui la Francia non si sentì più garantita. A questo punto – poiché dopo il Patto di Bruxelles la Gran Bretagna si era fatta da parte – l’ago della bilancia era proprio l’Italia. Per quanto quest’ultima fosse favorevole a entrambe le proposte optò per il Piano Pleven: la proposta francese sarebbe stata il pilastro di un unione anche politica in Europa, rendendola finalmente pari agli USA.

 

Se per gli Stati Uniti infatti l’Europa si doveva fare per soddisfare i propri interessi, per l’Italia invece doveva nascere per portare i paesi europei a un livello paritario con gli USA.

 

La paura francese verso l’aggressore tedesco, però, non si era dissolta. Il Piano Shuman infatti non aveva trovato problemi perché era la Germania a condividere le materie prime della Ruhr e della Saar, ma nel Piano Pleven bisognava evitare che la Germania avesse pari diritti e che ricostruisse gli organi di difesa. Pertanto il ministro per la difesa comune sarebbe stato francese.

 

Sugli altri due punti del piano, ovvero la formazione di un esercito e un bilancio comune, vi furono maggiori discussioni. A quale livello inserire le truppe tedesche?

 

I francesi optavano per l’inserimento di battaglioni tedeschi, ma Adenauer auspicava che all’interno dell’esercito fossero trattati come pari e non come lanzichenecchi. La soluzione fu il corpo d’armata, evitando così che la Germania dovesse ricreare le proprie strutture militari.

 

Il punto di maggiore tensione fu la questione del bilancio comune. Per l’Italia il bilancio non poteva essere affidato al solo ministro, ma dovevano nascere degli organi sovranazionali ad amministrarlo. Per questo motivo insistette per inserire l’articolo 38 nel trattato. L’articolo prevedeva la creazione di un assemblea parlamentare bicamerale, di un Commissariato, una Corte di Giustizia e di uno statuto contenente i principi dell’unione politica.

 

L’istituzione di questo articolo portava il Piano Pleven a un livello più alto, federalista, che dava vita alla Comunità Europea per la Difesa (CED), dove la Germania aveva pari diritti. il 27 maggio 1952, i sei paesi della CECA firmarono il trattato che istituiva la CED: ora spettava ai singoli parlamenti nazionali la ratifica. USA e Gran Bretagna videro con molta freddezza la CED, ma con Eisenhower alla Casa Bianca il clima, per il momento, si rasserenò.

 

La scrittura di uno statuto era stata invece affidata a un’assemblea ad hoc che il 25 febbraio 1953 diede alla luce la Comunità politica europea (CPE). Quest’ultima si presentava come un vero governo europeo e segnò l’apogeo dei tentativi d’integrazione sotto l’indirizzo federalista.

 

I parlamenti nazionali non potevano ratificare la CPE prima di aver approvato la CED, cosa che avvenne tra il 1952-54 da parte di Germania, Olanda, Belgio e Lussemburgo. Mancavano solamente la Francia e l’Italia.

 

Quest’ultima, convinta del veto francese, temporeggiava per evitare di mettere altra carne sul fuoco della politica interna, già aggravata dalla “legge truffa” alla vigilia delle elezioni. Gli Stati Uniti, convinti di poter portare a proprio favore la CED, spinsero l’Italia alla ratifica del trattato, che scelse invece di giocarsi un'ultima carta. Dalla fine della seconda guerra mondiale Trieste era stata divisa in due zone, una sotto l’influenza angloamericana, l'altra jugoslava.

 

Grazie alle pressioni italiane, nel `54 gli angloamericani si ritirarono dalla prima zona, cedendola all’amministrazione italiana. E mentre l’Italia aveva già preparato il disegno di legge per la ratifica, nel giugno del `54 la Francia diede il suo veto alla CED, uccidendo così il più alto progetto di integrazione politica e militare europea.

 

Furono diversi i motivi che spinsero la Francia a rifiutare. In primis la parità di diritti con la Germania non era un punto digeribile dall’opinione pubblica francese: uno degli slogan più comuni di quel periodo era «La CED riarma la Germania e disarma la Francia».

 

Inoltre la sanguinosa guerra apertasi in Indocina non consentiva alla Francia di legarsi a un esercito europeo, cedendo a parte della propria sovranità. Infine la morte di Stalin nel `53 aveva aperto un clima di disgelo che rendeva i francesi meno apprensivi sulla propria difesa.

 

Con la morte della CED, che sarà per De Gasperi un enorme rimpianto, tornò a farsi avanti la Gran Bretagna. Propose infatti di estendere il Patto di Bruxelles anche alla Germania e all’Italia, dando vita all’Unione Europea Occidentale (UEO).

 

Senza più la clausola antitedesca l’Italia entrò a far parte dell’ormai unica sede di consultazione sulle questioni militari: anche qui l’aspetto pratico era affidato alla NATO. Se dunque il patto di Bruxelles era nato per chiedere agli USA una garanzia contro la Germania, ora la Germania stessa diventava fattore d’integrazione.

 

Un’integrazione, s’intende, rigidamente indirizzata sul piano unionista. Ora che il problema tedesco era risolto, ce n’era uno nuovo da affrontare: la decolonizzazione.



 

 

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