N. 52 - Aprile 2012 
                          
                          (LXXXIII)
																						il primato italiano nel Risorgimento
																						storia di un’invenzione - parte II
																						di Roberto Rota & Giovanni Piglialarmi
																			 
																			
																			
																			Il 
																			mito 
																			del 
																			primato 
																			italiano 
																			cambierà 
																			di 
																			pari 
																			passo 
																			con 
																			le 
																			circostanze 
																			politiche, 
																			se 
																			per 
																			il 
																			Cuoco 
																			esso 
																			si 
																			inseriva 
																			nelle 
																			vicende 
																			dell’occupazione 
																			francese 
																			e 
																			nella 
																			necessità 
																			di 
																			un’emancipazione 
																			autoctona, 
																			la 
																			situazione 
																			cambia 
																			a 
																			cavallo 
																			degli 
																			anni 
																			‘30 
																			e 
																			‘40.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Dopo 
																			il 
																			fallimento 
																			delle 
																			stagioni 
																			rivoluzionarie 
																			del 
																			1820-21 
																			e 
																			del 
																			1830-31 
																			è 
																			sempre 
																			più 
																			evidente 
																			che 
																			la 
																			situazione 
																			italiana 
																			non 
																			potrà 
																			cambiare 
																			senza 
																			la 
																			collaborazione 
																			della 
																			diplomazia 
																			internazionale. 
																			Le 
																			forze 
																			interne, 
																			soprattutto 
																			carbonari 
																			e 
																			liberali, 
																			sono 
																			troppo 
																			deboli 
																			dinanzi 
																			all’intervento 
																			delle 
																			potenze 
																			straniere 
																			che 
																			difendono 
																			gli 
																			equilibri 
																			della 
																			Santa 
																			Alleanza, 
																			quindi 
																			solo 
																			un 
																			cambiamento 
																			degli 
																			assetti 
																			europei 
																			avrebbe 
																			potuto 
																			cambiare 
																			la 
																			situazione. 
																			Paradossalmente 
																			l’evidenza 
																			della 
																			necessità 
																			dell’ausilio 
																			straniero 
																			fa 
																			crescere 
																			la 
																			boria 
																			nazionale 
																			e le 
																			speculazioni 
																			circa 
																			il 
																			primato 
																			degli 
																			italiani.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Espressione 
																			di 
																			questa 
																			nuova 
																			stagione 
																			di 
																			sciovinismo 
																			e 
																			fanatismo 
																			nazionale 
																			saranno 
																			le 
																			speculazioni 
																			di 
																			Vincenzo 
																			Gioberti. 
																			Le 
																			novità 
																			del 
																			sacerdote-filosofo 
																			torinese 
																			saranno 
																			molte 
																			rispetto 
																			al 
																			Cuoco,
																			
																			in 
																			primis
																			
																			egli 
																			non 
																			si 
																			soffermerà 
																			esclusivamente 
																			sull’origine 
																			della 
																			filosofia 
																			italica 
																			ma 
																			guarderà 
																			alla 
																			Scolastica 
																			come 
																			al 
																			culmine 
																			della 
																			speculazione 
																			nostrana. 
																			Gioberti 
																			condivide 
																			l’idea 
																			dell’esistenza 
																			di 
																			un 
																			primitivo 
																			popolo 
																			italico 
																			(i 
																			pelasgi) 
																			i 
																			quali, 
																			già 
																			descritti 
																			nel 
																			Timeo 
																			platonico 
																			con 
																			il 
																			mito 
																			di 
																			Atlantide, 
																			avrebbero 
																			colonizzato 
																			la 
																			Grecia 
																			e 
																			quindi 
																			sarebbero 
																			stati 
																			essi 
																			i 
																			veri 
																			fondatori 
																			della 
																			civiltà 
																			occidentale. 
																			La 
																			vera 
																			novità, 
																			però, 
																			dell’opera 
																			giobertiana 
																			è 
																			racchiusa 
																			nella 
																			sua 
																			opera 
																			più 
																			nota:
																			
																			Del 
																			primato 
																			morale 
																			e 
																			civile 
																			degli 
																			Italiani
																			
																			(1843).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Come 
																			suggerisce 
																			il 
																			titolo, 
																			egli 
																			sostiene 
																			l’esistenza 
																			di 
																			un’effettiva 
																			superiorità 
																			morale 
																			dell’Italia 
																			in 
																			quanto, 
																			oltre 
																			al 
																			mito 
																			pelasgico, 
																			essa 
																			è 
																			stata 
																			scelta 
																			come 
																			sede 
																			del 
																			papato 
																			e 
																			quindi 
																			evidentemente 
																			eletta 
																			ad 
																			esser 
																			guida 
																			degli 
																			altri 
																			popoli. 
																			Egli 
																			sostiene 
																			che 
																			la 
																			vera 
																			sapienza 
																			è 
																			data 
																			dall’unione 
																			della 
																			filosofia 
																			e 
																			della 
																			teologia 
																			in 
																			quanto 
																			entrambe 
																			discendenti 
																			all’unico 
																			Verbo, 
																			ma 
																			la 
																			divisione 
																			tra 
																			i 
																			popoli 
																			e la 
																			moltiplicazione 
																			delle 
																			lingue 
																			ha 
																			portato 
																			al 
																			distacco 
																			delle 
																			due 
																			discipline, 
																			separazione 
																			completa 
																			in 
																			occidente, 
																			a 
																			causa 
																			delle 
																			filosofie 
																			barbariche, 
																			incompleta 
																			in 
																			oriente 
																			che 
																			è 
																			riuscito 
																			a 
																			conservare 
																			una 
																			qual 
																			certa 
																			unione 
																			grazie 
																			al 
																			mito 
																			e al 
																			simbolismo.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			La 
																			nuova 
																			e 
																			vera 
																			comunione 
																			è 
																			avvenuta, 
																			però, 
																			solo 
																			grazie 
																			alla 
																			religione 
																			cristiana 
																			ed 
																			in 
																			particolare 
																			ai 
																			Padri 
																			della 
																			Chiesa 
																			e 
																			alla 
																			Scolastica 
																			la 
																			quale 
																			è 
																			riuscita, 
																			attraverso 
																			il 
																			“principio 
																			supremo 
																			di 
																			creazione” 
																			(L’ente 
																			crea 
																			l’esistente, 
																			l’esistente 
																			ritorna 
																			all’ente), 
																			a 
																			ricongiungere 
																			filosofia 
																			e 
																			teologia 
																			senza 
																			cadere 
																			nel 
																			panteismo 
																			(come 
																			i 
																			tedeschi) 
																			o 
																			nel 
																			dualismo 
																			assoluto 
																			(come 
																			i 
																			francesi, 
																			per 
																			esempio 
																			Cartesio).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			La 
																			filosofia 
																			del 
																			Gioberti, 
																			partendo 
																			dalla 
																			critica 
																			al 
																			nominalismo 
																			speculativo 
																			e 
																			politico 
																			(secondo 
																			cui 
																			devono 
																			essere 
																			le 
																			idee 
																			a 
																			condizionare 
																			le 
																			istituzioni, 
																			come 
																			nel 
																			contrattualismo) 
																			esalta 
																			il 
																			realismo 
																			ideale 
																			(l’effettiva 
																			esistenza 
																			delle 
																			idee), 
																			secondo 
																			cui 
																			“l’essenza 
																			della 
																			cognizione 
																			non 
																			[è] 
																			nel 
																			soggetto 
																			ma 
																			nella 
																			semplice 
																			apprensione 
																			dell’oggetto”.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Essendo 
																			la 
																			verità 
																			racchiusa 
																			nell’oggetto, 
																			le 
																			istituzioni 
																			politiche 
																			non 
																			devono 
																			nascere 
																			dalle 
																			speculazioni 
																			filosofiche 
																			ma 
																			bensì 
																			dall’effettività 
																			del 
																			reale: 
																			cosa 
																			ci 
																			dice 
																			la 
																			realtà 
																			italiana? 
																			Che 
																			l’unica 
																			forza 
																			in 
																			grado 
																			di 
																			dare 
																			nuovamente 
																			lustro 
																			alla 
																			penisola 
																			è il 
																			papato 
																			il 
																			quale 
																			dovrebbe 
																			esser 
																			messo 
																			a 
																			capo 
																			di 
																			una 
																			confederazione 
																			di 
																			principi.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Questo 
																			è il 
																			progetto 
																			politico 
																			denominato 
																			“neoguelfo” 
																			che, 
																			come 
																			abbiamo 
																			visto, 
																			non 
																			nasce 
																			da 
																			considerazioni 
																			politiche 
																			o 
																			pragmatiche 
																			ma, 
																			bensì, 
																			da 
																			speculazioni 
																			filosofiche 
																			molto 
																			astratte 
																			le 
																			quali 
																			ci 
																			dicono, 
																			in 
																			nome 
																			del 
																			realismo 
																			ideale, 
																			che 
																			l’Ente 
																			è 
																			evidente 
																			o 
																			meglio 
																			che 
																			l’oggettività 
																			della 
																			storia 
																			italiana 
																			è 
																			evidente 
																			e ci 
																			suggerisce 
																			che 
																			la 
																			migliore 
																			prospettiva 
																			è 
																			quella 
																			della 
																			confederazione 
																			papale. 
																			Il 
																			primato 
																			della 
																			filosofia 
																			italiana 
																			risiede 
																			nel 
																			fatto 
																			che 
																			essa 
																			è la 
																			custode 
																			di 
																			quella 
																			“protologia” 
																			cioè 
																			di 
																			quella 
																			“prima 
																			scienza” 
																			superiore 
																			a 
																			tutte 
																			le 
																			altre 
																			che 
																			altro 
																			non 
																			è 
																			che 
																			il 
																			Principio 
																			di 
																			Creazione, 
																			il 
																			quale 
																			permette 
																			di 
																			non 
																			cadere 
																			nei 
																			due 
																			errori 
																			del 
																			panteismo 
																			e 
																			del 
																			dualismo 
																			assoluto.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Anche 
																			per 
																			Gioberti 
																			le 
																			caratteristiche 
																			di 
																			questa 
																			filosofia 
																			erano 
																			già 
																			racchiuse 
																			nel 
																			pensiero 
																			di 
																			Pitagora 
																			fautore 
																			di 
																			un 
																			realismo 
																			filosofico 
																			(e 
																			quindi 
																			delle 
																			idee) 
																			e 
																			politico. 
																			La 
																			vena 
																			speculativa 
																			italiana, 
																			vero 
																			vanto 
																			della 
																			nostra 
																			filosofia, 
																			è 
																			stata 
																			oscurata 
																			dall’Impero 
																			Romano, 
																			per 
																			poi 
																			riaffiorare 
																			nella 
																			Scolastica; 
																			essa 
																			passa 
																			di 
																			nuovo 
																			in 
																			secondo 
																			piano 
																			con 
																			il 
																			Rinascimento 
																			e 
																			con 
																			il 
																			naturalismo 
																			per 
																			ritornare 
																			con 
																			le 
																			riflessioni 
																			di 
																			Vico 
																			anche 
																			se è 
																			nuovamente 
																			abbandonata 
																			dagli 
																			italiani 
																			che 
																			cercano 
																			di 
																			farsi 
																			imitatori 
																			degli 
																			stranieri 
																			con 
																			il 
																			sensismo, 
																			il 
																			cartesianesimo 
																			e la 
																			filosofia 
																			tedesca 
																			(Kant).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Quindi, 
																			in 
																			definitiva, 
																			cercando 
																			di 
																			ripercorrere 
																			il 
																			canone 
																			degli 
																			autori 
																			italiani, 
																			Gioberti 
																			vuole 
																			definire 
																			(o 
																			meglio 
																			riscoprire) 
																			il 
																			nucleo 
																			della 
																			superiore 
																			filosofia 
																			italica, 
																			base 
																			del 
																			suo 
																			primato, 
																			che 
																			si 
																			può 
																			riassumere 
																			nei 
																			due 
																			concetti 
																			del 
																			principio 
																			creativo 
																			e 
																			del 
																			realismo 
																			ideale.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			A 
																			differenza 
																			degli 
																			altri 
																			tentativi, 
																			però, 
																			la 
																			prospettiva 
																			giobertiana, 
																			mettendo 
																			in 
																			connessione 
																			la 
																			questione 
																			nazionale 
																			e 
																			quella 
																			papale 
																			tocca 
																			un 
																			tasto 
																			particolarmente 
																			sentito 
																			dalla 
																			popolazione, 
																			soprattutto 
																			dopo 
																			la 
																			salita 
																			al 
																			soglio 
																			pontifico 
																			di 
																			Pio 
																			IX 
																			da 
																			molti 
																			considerato, 
																			almeno 
																			all’inizio, 
																			un 
																			papa 
																			liberale. 
																			Quindi 
																			la 
																			sua 
																			dottrina 
																			del 
																			primato 
																			avrà 
																			uno 
																			straordinario 
																			successo 
																			anche 
																			perché, 
																			intorno 
																			alla 
																			prospettiva 
																			della 
																			confederazione 
																			papale, 
																			egli 
																			riuscirà 
																			a 
																			cementare 
																			gran 
																			parte 
																			dei 
																			liberali 
																			italiani 
																			i 
																			quali 
																			abbandoneranno 
																			tale 
																			prospettiva 
																			solo 
																			dopo 
																			il 
																			fallimento 
																			dei 
																			moti 
																			del 
																			1848 
																			e il 
																			“tradimento” 
																			di 
																			Pio 
																			IX.
																			
																			 
																			
																			
																			Dagli 
																			anni 
																			‘40 
																			in 
																			poi 
																			il 
																			mito 
																			del 
																			primato 
																			si 
																			concentrerà 
																			sempre 
																			meno 
																			sulla 
																			questione 
																			delle 
																			origini 
																			(per 
																			esempio 
																			il 
																			mito 
																			italico 
																			degli 
																			etruschi 
																			o 
																			dei 
																			pelasgi) 
																			e 
																			sempre 
																			di 
																			più 
																			sull’eccellenza 
																			della 
																			filosofia 
																			italiana, 
																			quindi 
																			si 
																			esalterà 
																			più 
																			la 
																			tradizione 
																			e la 
																			continuità 
																			che 
																			l’antichità 
																			e la 
																			primogenitura. 
																			Per 
																			esempio 
																			Terenzio 
																			Mamiani 
																			celebrerà 
																			quel 
																			“metodo 
																			naturale” 
																			simbolo 
																			ed 
																			esclusività 
																			dell’eccellenza 
																			della 
																			filosofia 
																			italiana.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Mamiani 
																			sottolinea 
																			che 
																			essendo 
																			Una 
																			la 
																			verità 
																			Uno 
																			è il 
																			metodo 
																			sia 
																			per 
																			la 
																			filosofia 
																			che 
																			per 
																			le 
																			scienze 
																			e 
																			questa 
																			è 
																			stata 
																			la 
																			grande 
																			scoperta 
																			italiana, 
																			inoltre 
																			prende 
																			in 
																			rassegna 
																			i 
																			grandi 
																			autori 
																			italiani 
																			artefici 
																			di 
																			questo 
																			metodo 
																			unitario 
																			tra 
																			cui 
																			Archimede 
																			(il 
																			primo), 
																			Telesio 
																			(il 
																			primo 
																			ad 
																			utilizzarlo 
																			nelle 
																			scienze 
																			fisiche), 
																			Campanella 
																			(il 
																			primo 
																			nelle 
																			scienze 
																			morali) 
																			e 
																			soprattutto 
																			Galilei.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Partendo 
																			dalla 
																			sua 
																			critica 
																			proprio 
																			a 
																			Mamiani, 
																			il 
																			filosofo 
																			e 
																			sacerdote
																			
																			
																			Antonio 
																			Rosmini 
																			contribuisce 
																			anch’egli 
																			alla 
																			dottrina 
																			del 
																			primato. 
																			Tra 
																			le 
																			sue 
																			varie 
																			speculazioni 
																			egli 
																			afferma 
																			“la 
																			verità 
																			[…] 
																			rimanda 
																			ad 
																			enti 
																			intelligibili 
																			(le 
																			idee) 
																			che 
																			determinano 
																			la 
																			condizione 
																			di 
																			conoscibilità 
																			del 
																			mondo 
																			fenomenico.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			A 
																			loro 
																			volta 
																			la 
																			natura 
																			di 
																			tali 
																			enti 
																			implica, 
																			oltre 
																			che 
																			l’esistenza 
																			di 
																			un 
																			primum 
																			che 
																			li 
																			ponga 
																			e 
																			pensi, 
																			la 
																			loro 
																			assoluta 
																			unità”. 
																			Partendo 
																			da 
																			tali 
																			verità 
																			Rosmini 
																			sostiene 
																			che 
																			è 
																			merito 
																			della 
																			tradizione 
																			italica 
																			l’aver 
																			scoperto 
																			che 
																			la 
																			conoscenza 
																			è 
																			possibile 
																			solo 
																			grazie 
																			all’esistenza 
																			delle 
																			idee 
																			e 
																			che 
																			queste 
																			sono 
																			immutabili 
																			ed 
																			esistenti 
																			di 
																			per 
																			se, 
																			tutto 
																			ciò 
																			è 
																			dimostrabile 
																			guardando 
																			ai 
																			filosofi 
																			del 
																			passato: 
																			l’unità 
																			pitagorica 
																			o il 
																			monismo 
																			parmenideo 
																			altro 
																			non 
																			erano 
																			che 
																			anticipazione 
																			del 
																			concetto 
																			di 
																			immutabilità 
																			ed 
																			unità 
																			delle 
																			idee. 
																			Altro 
																			merito 
																			italiano 
																			è 
																			quello 
																			di 
																			aver 
																			distinto 
																			tra 
																			scienza 
																			(che 
																			deriva 
																			dalle 
																			idee) 
																			ed 
																			opinione 
																			la 
																			quale, 
																			basandosi 
																			sul 
																			mondo 
																			esterno 
																			e 
																			non 
																			sugli 
																			immutabili, 
																			non 
																			è 
																			verità.
																			 
																			
																			
																			Negli 
																			anni
																			
																			
																			‘60, 
																			ad 
																			unità 
																			ormai 
																			avvenuta, 
																			gli 
																			intellettuali 
																			possono, 
																			ormai, 
																			guardare 
																			orgogliosi 
																			al 
																			passato 
																			italiano 
																			ed 
																			esaltarne 
																			la 
																			continuità 
																			del 
																			primato 
																			nel 
																			lungo 
																			cammino 
																			che 
																			ha 
																			portato 
																			all’unificazione. 
																			Tra 
																			tutte 
																			le 
																			esaltazioni, 
																			quella 
																			che 
																			si 
																			distingue, 
																			per 
																			originalità 
																			e 
																			per 
																			estensione 
																			argomentativa 
																			è 
																			sicuramente 
																			quella 
																			del 
																			napoletano 
																			Bertrando 
																			Spaventa. 
																			Il 
																			filosofo 
																			hegeliano 
																			napoletano 
																			si 
																			allontana, 
																			durante 
																			gli 
																			anni 
																			‘50, 
																			dalla 
																			filosofia 
																			di 
																			Hegel 
																			per 
																			portare 
																			avanti 
																			un 
																			pensiero 
																			non 
																			ortodosso 
																			che 
																			possiamo 
																			definire 
																			“critico”.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			In 
																			particolare 
																			partendo 
																			dalla 
																			volontà 
																			di 
																			riallacciare 
																			la 
																			filosofia 
																			italiana, 
																			che 
																			dal 
																			‘600 
																			non 
																			è 
																			più 
																			al 
																			passo 
																			coi 
																			tempi, 
																			con 
																			la 
																			filosofia 
																			tedesca 
																			di 
																			Hegel 
																			egli 
																			dimostrerà 
																			l’esistenza 
																			di 
																			un
																			
																			continuum 
																			nella 
																			filosofia 
																			nostrana 
																			che 
																			può 
																			essere 
																			visto 
																			come 
																			premessa 
																			e 
																			parallelo 
																			dello 
																			sviluppo 
																			tedesco. 
																			Spaventa 
																			sostiene 
																			che 
																			la 
																			filosofia 
																			italiana 
																			per 
																			poter 
																			risorgere 
																			ha 
																			bisogno 
																			di 
																			coniugare 
																			il 
																			suo 
																			contenuto 
																			del 
																			‘500 
																			con 
																			la 
																			forma 
																			della 
																			filosofia 
																			germanica 
																			(la 
																			dialettica 
																			hegeliana 
																			e la 
																			fenomenologia) 
																			ma 
																			la 
																			sua 
																			indagine 
																			sfocerà 
																			nell’esaltazione 
																			di 
																			un 
																			percorso 
																			esclusivamente 
																			autoctono 
																			della 
																			speculazione 
																			nostrana.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			La 
																			sua 
																			indagine 
																			comincia 
																			dalle 
																			figure 
																			di 
																			Giordano 
																			Bruno 
																			e 
																			Tommaso 
																			Campanella, 
																			il 
																			primo 
																			considerato 
																			il 
																			predecessore 
																			di 
																			Spinoza 
																			mentre 
																			il 
																			secondo 
																			di 
																			Cartesio. 
																			Bruno, 
																			con 
																			la 
																			sua 
																			identità 
																			del 
																			dio 
																			sopra 
																			le 
																			cosa 
																			con 
																			il 
																			dio 
																			dentro 
																			le 
																			cose 
																			(e 
																			quindi 
																			DIO=NATURA) 
																			anticipa 
																			il 
																			Deus 
																			sive 
																			Natura 
																			(dio 
																			ovvero 
																			la 
																			nauta) 
																			di 
																			Spinoza 
																			e 
																			tutti 
																			quei 
																			filosofi 
																			che 
																			considereranno 
																			Dio 
																			come 
																			infinito 
																			reale 
																			e 
																			vivente 
																			nel 
																			mondo, 
																			non 
																			separato 
																			ma 
																			neanche 
																			identico 
																			alla 
																			natura. 
																			Se 
																			l’unità 
																			proposta 
																			da 
																			Bruno 
																			è 
																			quella 
																			tra 
																			Dio 
																			e 
																			Natura, 
																			l’immanenza 
																			per 
																			Campanella 
																			è 
																			radicata 
																			nella 
																			mente 
																			umana 
																			per 
																			cui, 
																			a 
																			differenza 
																			di 
																			quello 
																			che 
																			sosteneva 
																			la 
																			Scolastica, 
																			vi è 
																			unità 
																			tra 
																			PENSIERO-PENSATO.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Da 
																			ciò 
																			deriva 
																			che 
																			il 
																			pensiero 
																			è 
																			principio 
																			di 
																			se 
																			stesso, 
																			autonomo 
																			e 
																			misura 
																			di 
																			ogni 
																			cosa 
																			e, 
																			quindi, 
																			la 
																			ragione 
																			è la 
																			base 
																			della 
																			filosofia. 
																			Tale 
																			concezione, 
																			che 
																			pone 
																			nella 
																			soggettività 
																			(Principio 
																			di 
																			Soggettività) 
																			le 
																			basi 
																			della 
																			conoscenza, 
																			è la 
																			base 
																			e la 
																			premessa 
																			sia 
																			dell’empirismo 
																			sia 
																			del 
																			razionalismo 
																			anche 
																			se 
																			il 
																			limite 
																			di 
																			Campanella 
																			deriva 
																			dalla 
																			sua 
																			convinzione 
																			che 
																			la 
																			vera 
																			sapienza 
																			è 
																			fondata 
																			sui 
																			sensi.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			All’io 
																			come 
																			senso 
																			che 
																			pone 
																			la 
																			certezza 
																			nella 
																			forma 
																			dell’intuizione 
																			sensibile 
																			seguirà 
																			l’io 
																			come 
																			pensiero 
																			che 
																			pone 
																			la 
																			certezza 
																			nell’evidenza 
																			intellettuale, 
																			questo 
																			sarà 
																			l’esito 
																			perfezionato 
																			a 
																			cui 
																			giungerà 
																			Cartesio 
																			la 
																			cui 
																			strada, 
																			però, 
																			è 
																			stata 
																			aperta 
																			da 
																			Campanella 
																			vero 
																			fondatore 
																			del 
																			Principio 
																			della 
																			Soggettività 
																			(cioè 
																			dell’autonomia 
																			dello 
																			spirito 
																			a 
																			cui 
																			si 
																			ispireranno 
																			anche 
																			altri 
																			pensatori 
																			come 
																			Francis 
																			Bacon 
																			e 
																			Locke).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Se 
																			in 
																			un 
																			primo 
																			momento 
																			Spaventa 
																			fa 
																			terminare 
																			qui 
																			la 
																			stagione 
																			filosofica 
																			italiana 
																			oscurata, 
																			poi, 
																			dalla 
																			Controriforma, 
																			e 
																			guarderà 
																			al 
																			presente 
																			della 
																			situazione 
																			tedesca 
																			come 
																			ad 
																			una 
																			fonte 
																			a 
																			cui 
																			gli 
																			italiani 
																			dovranno 
																			attingere 
																			per 
																			recuperare 
																			la 
																			dignità 
																			delle 
																			loro 
																			speculazioni, 
																			in 
																			un 
																			secondo 
																			momento 
																			la 
																			cronologia 
																			degli 
																			autori 
																			italiani 
																			si 
																			allarga.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Precursore 
																			della 
																			figura 
																			di 
																			Kant 
																			diverrà 
																			Giambattista 
																			Vico 
																			il 
																			quale 
																			sostituirà 
																			il 
																			Dio 
																			concepito 
																			come 
																			natura 
																			(Bruno) 
																			il 
																			Dio 
																			concepito 
																			come 
																			storia 
																			e 
																			spirito. 
																			Fondatore 
																			della 
																			metafisica 
																			della 
																			mente 
																			egli 
																			anticiperà 
																			anche 
																			Hegel 
																			in 
																			quanto 
																			vede 
																			“l’universale 
																			(il 
																			vero) 
																			svolgersi 
																			nella 
																			storia 
																			(e 
																			non, 
																			cartesianamente, 
																			nel 
																			soggetto) 
																			attraverso 
																			la 
																			concretezza 
																			delle 
																			determinazioni 
																			positive 
																			(il 
																			fatto)”, 
																			per 
																			il 
																			Vico 
																			il 
																			“vero” 
																			è 
																			sempre 
																			“ideale”, 
																			in 
																			questo 
																			modo 
																			comincia 
																			a 
																			intravedere 
																			quell’identificazione 
																			tra 
																			universale 
																			e 
																			particolare 
																			portato 
																			a 
																			compimento 
																			da 
																			Kant 
																			nella 
																			sua 
																			dottrina 
																			della 
																			conoscenza 
																			(secondo 
																			cui 
																			pensare=essere) 
																			e 
																			poi 
																			da 
																			Hegel 
																			nella 
																			sua 
																			fenomenologia.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Secondo 
																			gli 
																			hegeliani 
																			napoletani 
																			la 
																			storia 
																			della 
																			filosofia 
																			italiana 
																			continua 
																			parallelamente 
																			a 
																			quella 
																			tedesca. 
																			In 
																			particolare 
																			se 
																			Kant 
																			aveva 
																			bisogno 
																			dell’io 
																			assoluto 
																			di 
																			Fichte 
																			per 
																			completare 
																			l’unione 
																			tra 
																			idea 
																			e 
																			realtà, 
																			la 
																			figura 
																			italiana 
																			che 
																			compie 
																			tale 
																			passaggio 
																			è 
																			quella 
																			di 
																			Rosmini, 
																			omologo 
																			quindi 
																			dello 
																			stesso 
																			Fichte.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			filosofo 
																			italiano, 
																			però, 
																			pone 
																			come 
																			primum 
																			del 
																			pensiero 
																			un 
																			“puro 
																			essere” 
																			astratto 
																			che, 
																			non 
																			essendo 
																			indeterminato 
																			ma 
																			definito 
																			dalla 
																			sua 
																			astrattezza 
																			di 
																			riduce 
																			semplicemente 
																			a 
																			massima 
																			astrazione 
																			della 
																			mente 
																			e 
																			non 
																			a 
																			primo 
																			principio 
																			(Dio). 
																			I 
																			limiti 
																			di 
																			Fichte 
																			sono 
																			i 
																			limiti 
																			di 
																			Rosmini 
																			e 
																			mentre 
																			il 
																			primo 
																			sarà 
																			perfezionato 
																			(completato) 
																			da 
																			Schelling 
																			e 
																			Hegel, 
																			che 
																			introdurranno 
																			il 
																			concetto 
																			di 
																			Spirito, 
																			il 
																			sacerdote 
																			italiano 
																			troverà 
																			il 
																			suo 
																			degno 
																			successore 
																			in 
																			Gioberti, 
																			in 
																			quale 
																			emancipando 
																			il 
																			“puro 
																			essere” 
																			dalla 
																			mente 
																			umana, 
																			lo 
																			solleverà 
																			da 
																			semplice 
																			astrazione 
																			della 
																			mente 
																			e lo 
																			renderà, 
																			come 
																			in 
																			Hegel, 
																			Spirito 
																			(Ente 
																			nella 
																			sua 
																			autonomia).
																			 
																			
																			
																			Muovendo 
																			dalla 
																			volontà 
																			di 
																			riconciliare 
																			la 
																			filosofia 
																			italiana 
																			del 
																			‘500 
																			con 
																			quella 
																			tedesca 
																			dell’800, 
																			Spaventa 
																			si 
																			ridurrà 
																			ad 
																			esaltare 
																			un’autonoma 
																			linea 
																			filosofica 
																			italiana 
																			che, 
																			grazie 
																			alla 
																			sua 
																			autoctona 
																			dignità, 
																			non 
																			ha 
																			bisogno 
																			di 
																			ispirarsi 
																			a 
																			quella 
																			tedesca 
																			anzi 
																			si 
																			presenta 
																			come 
																			precorritrice 
																			di 
																			tutte 
																			le 
																			correnti 
																			straniere.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Tale 
																			trasformazione 
																			della 
																			linea 
																			spaventiana 
																			sebbene 
																			sia 
																			frutto 
																			soprattutto 
																			di 
																			ricerche 
																			e 
																			studi 
																			prettamente 
																			filosofici 
																			si 
																			inserisce 
																			nelle 
																			vicende 
																			storiche 
																			dell’unità 
																			italiana, 
																			unità, 
																			per 
																			l’appunto, 
																			che 
																			ha 
																			bisogno 
																			di 
																			un 
																			forte 
																			nucleo 
																			filosofico-culturale 
																			per 
																			poter 
																			cementare 
																			lo 
																			spirito 
																			nazionale.
																			 
																			
																			
																			Possiamo 
																			concludere 
																			quindi 
																			che 
																			l’invenzione 
																			del 
																			primato 
																			italico 
																			(e 
																			della 
																			filosofia 
																			italiana) 
																			si 
																			inserisce 
																			pienamente 
																			nel 
																			contesto 
																			risorgimentale 
																			soprattutto 
																			all’interno 
																			degli 
																			ambienti 
																			liberal-moderati 
																			e 
																			conservatori.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Tale 
																			creazione 
																			culturale 
																			è 
																			funzionale 
																			alla 
																			difesa 
																			degli 
																			interessi 
																			della 
																			classe 
																			borghese 
																			in 
																			quanto, 
																			permette 
																			di 
																			conciliare 
																			quelle 
																			che 
																			sono 
																			le 
																			aspirazioni 
																			alla 
																			modernità 
																			(unità 
																			statale 
																			e 
																			sviluppo 
																			economico) 
																			con 
																			i 
																			progetti 
																			di 
																			conservatorismo 
																			sociale 
																			che 
																			solo 
																			il 
																			riferimento 
																			alla 
																			tradizione 
																			poteva 
																			assicurare, 
																			senza 
																			il 
																			pericolo 
																			di 
																			alimentare 
																			le 
																			richieste 
																			e le 
																			aspirazioni 
																			delle 
																			nuove 
																			classi 
																			lavoratrici 
																			che 
																			cominciavano, 
																			per 
																			la 
																			prima 
																			volta, 
																			a 
																			reclamare 
																			i 
																			propri 
																			diritti 
																			magari 
																			sostenendo 
																			il 
																			sogno 
																			repubblicano 
																			di 
																			Mazzini. 
																							
																			
																			
																			
																			
																							
																			 
																			
																			