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filosofia & religione


N. 25 - Gennaio 2010 (LVI)

presepi di liguria
Da betlemme a genova

di Giulia Gabriele

 

«Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio e gli porrà nome Emmanuele» (Isaia 7,14).

 

«[…] la stella che [i magi] avevano veduta in oriente andava davanti a loro finché, giunta sul luogo dov’era il bambino, vi si fermò» (Matteo 2,9).

Sotto il segno della Stella Cometa nacque il Figlio. Mille e duecento ventitré anni dopo, in un monastero, la Tradizione. E, nei secoli, l’Arte.

La storia vuole che sia San Francesco d’Assisi il padre naturale del presepe (dal latino praesaepe, ‘mangiatoia’), oggi riproposto in forme elaborate o più semplici durante il periodo natalizio.

Il presepe, che solitamente viene allestito il giorno dell’Immacolata Concezione (8 dicembre) – ma ogni casa ha la sua usanza – rappresenta la Natività di Gesù e l’Epifania (il termine deriva dal greco epˆfainw, cioè ‘presentare’, ‘far vedere’), ovvero l’arrivo dei Re Magi (cioè ‘astronomi’) con i loro doni nel giorno in cui il Cristo Bambino si ‘mostra’ al Mondo ed esso lo accoglie con oro in quanto Re, incenso in quanto Divinità e mirra in quanto Saggio e Salvatore. Cosa porta, però, i Re Magi da Betlemme a Genova?

Il fiorire delle arti nel capoluogo ligure fece seguito al costituirsi della città come Repubblica indipendente nel 1528 e, nel particolare, la tradizione del presepe genovese inizia a prendere il largo nel XVII secolo con delle prime produzioni che consistono in statuine intagliate nel legno, dorate e dipinte che hanno come modello sculture in marmo, paliotti d’altare, trittici e quadri riproducenti la Natività e l’Epifania, presenti nelle chiese della città. Il fenomeno procede in unione al costume devozionale delle processioni, durante le quali era usanza trasportare a spalla grandi statue di legno dipinte, commissionate dalle varie confraternite (le cosiddette ‘Casaccie’) come quelle del “Santo Presepio” e dei “SS. Tre Re Magi”. Documenti confermano l’uso del presepio mobile (dal 1610) e si sa inoltre che nel medesimo secolo sono in uso delle statuette con le parti visibili modellate in cera e figure ritagliate a traforo, dipinte da importanti artisti. Tuttavia, il caratteristico presepio genovese del Settecento sarà quello con figure in legno interamente scolpite.

Difficile è invece stabilire quando l’usanza del presepe sia passata dalle confraternite alle case private. Sembra probabile che nei primi anni del XVII secolo gli unici committenti di figure presepiali siano state le organizzazioni religiose; soltanto dopo la seconda metà del secolo la tradizione si sarebbe diffusa anche tra la nobiltà. Non a caso il periodo delle committenze patrizie coincide con le migliori produzioni, tanto nella qualità quanto nella quantità, delle statuine.

Anche a Genova, del resto, si verifica un fenomeno di partecipazione e di emulazione: dalla fine del Seicento i nobili gareggiano con le chiese nell’allestire scenari e commissionare figure. Come a Napoli e in Sicilia, il presepe privato finisce per costituire un arredo di valore che offre l’occasione di far sfoggio della propria sontuosità, favorendo l’attività di molti artisti e artigiani specialisti nell’intaglio, raccolti in numerose botteghe. La specializzazione non è infatti meno varia e attiva che a Napoli, né meno sviluppata: anche a Genova compaiono botteghe di orafi, cesellatori, ebanisti, armaioli e indoratori che forniscono i cosiddetti finimenti.

Non meno attenta la cura nella confezione degli abiti: tra Seicento e Settecento numerose dame della nobiltà, per svago e gioco, si dilettano a vestire di trine i propri pastori. Per quanto complesso, tuttavia, il presepe ligure è meno vario di quello napoletano: mentre infatti quest’ultimo rappresenta uno spaccato della quotidiana vita urbana, il primo è più vicino al racconto evangelico, pur non escludendo elementi estranei allo stesso. Sebbene anche a Genova il presepio diventi spettacolo cedendo alla moda, è comunque evidente la fedeltà al mistero di Betlemme. Genova ha un artigianato solido ed essenziale, minimale anche nell’allestimento delle scene sicuramente ben diverso da quello affollato e variopinto di Napoli, ma non meno affascinante e accurato.

Quella del presepe, quindi, è una tradizione che sembra avere, se non i natali, di certo la cittadinanza partenopea, ma che ha parallelamente ritagliato, nei secoli, uno spazio importante anche nel costume genovese e nella sua arte. Forse ha perso d’enfasi, facendosi superare dall’esuberanza napoletana, ma ancora oggi trova la sua forza nella semplice maestosità del legno, nella destrezza dei suoi artigiani. E, a ogni mezzanotte di Vigilia, nell’istante in cui una stella brilla fulminea, nasce l’Emmanuele nel mistero della Fede e della Vita.



 

 

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