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N. 70 - Ottobre 2013 (CI)

LA NASCITA DEL “PONTIFICIO ISTITUTO PER GLI STUDI ARABI-ISLAMICI”
per un DIALOGO ISLAMO-CRISTIANO

di Rita Mei

 

Nel 1926, a Tunisi, veniva fondata dalla Società dei Missionari d’Africa, i Padri Bianchi, che lì operavano fin dal 1888, una sezione di studi arabi e islamici all’interno dell’Institut des Belles Lettres Arabes (IBLA).

 

In un tempo in cui in Europa si pensava ancora che nelle colonie ci dovesse essere una vera e propria “assimilazione” linguistica e culturale alla madrepatria, l’Istituto nascente si proponeva di dare ai propri studenti, destinati a vivere in Terra d’Islam, una formazione di qualità nella lingua e letteratura araba, un approccio scientifico e teologico alla religione musulmana avvalendosi anche della preziosa collaborazione di professori tunisini musulmani.

 

Questa sezione dell’IBLA riscosse un grande successo: veniva offerta un’adeguata preparazione a tutte quelle persone che si trovavano a collaborare con i musulmani, in qualsiasi contesto, sia nel mondo accademico, che negli ospedali che nei servizi sociali, grazie a un ciclo di studi che durava due anni, in cui si studiava sia la letteratura araba che il dialetto tunisino, insieme a interviste, letture e saggi per capire concretamente la psicologia musulmana.

 

Al di là dello scopo perseguito, si può dire che l’Istituto diede sempre testimonianza di stima e considerazione per la cultura di popoli che, al tempo della colonizzazione, non sempre vedevano riconosciuta la propria identità.

 

 In breve il personale della biblioteca, i funzionari amministrativi e i professori divennero insufficienti per soddisfare il progetto dell’IBLA, tanto che si procedette a separare la sezione “istruzione e formazione” per costituire un Istituto autonomo che fu trasferito poi a La Manouba, alla periferia nord di Tunisi, nel settembre 1949. Qui venne acquistata dai Padri Bianchi una vecchia casa in stile arabo, El Kouis, dove si tennero le lezioni a partire dall’anno accademico 1949-1950.

 

Nella direzione si succedettero i padri Joseph Brossy (1949-1952), Jean Pruvost (1952-1953), George Letellier (1953-1961) e Denis Marchand (1962-1964). L’organico si arricchì nel 1954 dell’apporto di padre Maurice Borrmans e nel 1958 di padre Robert Caspar.

 

Tra i professori di quegli anni ricordiamo il domenicano egiziano Georges Anawati (1905-1994), grande esperto di islamismo, Jacques Jomier e Serge de Beaurecueil dell’Istituto Domenicano di Studi Orientali del Cairo, e infine il professor Luigi Gardet, dei Piccoli Fratelli di Gesù.

 

Il piano e il metodo degli studi riprendevano quelli della precedente esperienza dell’IBLA, per apprendere rapidamente la letteratura araba e lo studio approfondito di diversi aspetti dell’islamismo, anche se, di fatto, l’insegnamento della lingua araba dialettale scomparve dopo pochi anni.

 

Ignorato agli inizi, fu presto scoperto e apprezzato sia da ecclesiastici che da laici. Crescendo in numero e importanza, l’Istituto, allora conosciuto anche come “Seminario Superiore dei Padri Bianchi”, doveva garantire ai suoi studenti gradi accademici che fossero riconosciuti anche dalle autorità ecclesiastiche.

 

Così il 19 Marzo 1960, con decreto della Congregazione dei Seminari e delle Università, fu trasformato in Pontificio Istituto di Studi Orientali, o meglio in francese, Institut Pontifical d’Études Orientales (IPEO), con facoltà di conferire il grado di licenza, al termine di tre anni di studio.

 

Il numero degli studenti crebbe e si diversificò perché molte diverse famiglie religiose si interessarono al progetto: nell’anno accademico 1963-1964, a 13 anni dalla fondazione, contava una cinquantina di studenti.

 

Nel 1964 i responsabili dell’IPEO presero in considerazione il trasferimento della sede dell’Istituto al di fuori della Tunisia e fu allora che il Superiore Generale dei Padri Bianchi individuò Roma come nuova sede, nei locali provvisori messi a disposizione dalle Suore Missionarie di Nostra Signora d’Africa (Suore Bianche) in Viale XXX Aprile, sul Gianicolo, dove i corsi ripresero nel novembre 1964.

 

Nel 1967 l’Istituto subì un ulteriore trasferimento presso il Palazzo dell’Apollinare, vicino a Piazza Navona, per volere di Paolo VI. Qui l’Istituto rimase fino all’estate del 1990, anno in cui trovò la sua sede definitiva nel Palazzo Mastai in Viale Trastevere n. 89, dove è tutt’ora insediato.

 

Nel 1979 l’IPEO cambiò nome in Pontificio Istituto di Studi Arabi e di Islamistica (PISAI), una istituzione di diritto pontificio con la facoltà di conferire non solo la licenza in arabo e scienze islamiche, ma anche il dottorato.

 

Gli iscritti che frequentano il PISAI sono laici e preti provenienti dai più diversi orizzonti: tutti i continenti vi sono rappresentati. Il corpo docenti è costituito dai Padri Bianchi e da professori di madrelingua. Fra i numerosi professori invitati sono presenti intellettuali di spicco del mondo islamico.

 

Dalle origini a oggi, sono passati dal PISAI 1430 studenti; molti di loro oggi sono impegnati in prima persona nell’incontro e nel dialogo con il mondo musulmano, nell’intento di costruire rapporti di rispetto, stima, collaborazione. Infatti, secondo le parole dello Statuto del PISAI (art. 1), il fine ultimo è la formazione di testimoni di Cristo tra i musulmani, e non solo di esperti in studi arabo- islamico, che possano acquisire una conoscenza precisa e profonda della tradizione dei popoli musulmani, a partire dalla lingua araba, per arrivare alla religione, alla storia, al diritto, ai fatti sociologici, politici ed economici dell’Islam.

 

Per questo i corsi sono strutturati in tre anni, durante i quali la presenza dello studente alle lezioni è obbligatoria; i primi due anni del programma islamico è presentato in inglese o in francese.

 

Dall’ottobre 1997, grazie a un protocollo di collaborazione con il Centro di Studi Arabi Dar Comboni, il primo anno del ciclo di licenza viene tenuto al Cairo, sede della struttura gestita dai Missionari del Sacro Cuore di Gesù (Comboniani).

 

Dopo aver conseguito la licenza, gli studenti che desiderano approfondire le proprie conoscenze attraverso ulteriori studi e di ricerca hanno la possibilità di conseguire il Dottorato. Inoltre, da qualche anno, viene organizzato un corso preliminare in lingua italiana dal titolo “Introduzione all’Islam”.

 

Nel corso di licenza la lingua araba viene studiata quattro ore al giorno, cinque giorni alla settimana, per un totale di trenta settimane per anno accademico. L’islamistica - insegnata in francese e in inglese - comprende dieci materie fondamentali: partendo dalle fonti della religione - Corano e Tradizione - si studiano le varie scienze: filosofia, teologia, diritto islamico, storia, sciismo, e mistica.

 

Infine c’è il corso di relazioni islamo-cristiane, fondamentale per l’Istituto, in quanto esso non è solo una scuola di lingua araba o un centro di studio dell’islam, ma un Istituto pontificio.

 

In tale contesto, una volta alla settimana è prevista anche una preghiera comunitaria, che raduna professori e studenti, in comunione con le comunità cristiane che vivono nel mondo musulmano e in solidarietà con i credenti dell’islam.

 

Nel terzo anno del corso di licenza i corsi di lingua araba sono ridotti rispetto agli anni precedenti, dal momento che l’islamistica è tenuta in questa lingua.

 

Il programma d’islamistica comprende dodici materie di studio, di sei ore settimanali. Viene svolto basandosi sui testi fondamentali della religione islamica, ciò che permette allo studente di entrare nel campo delle scienze religiose nella lingua originale. Viene richiesta una tesina di fine licenza, come esercizio di ricerca scientifica.

 

 Durante l’anno accademico, il PISAI organizza un ricco calendario di seminari, conferenze e presentazioni di libri che sono aperti al pubblico e tenuti da esperti di fama internazionale; uno di questi incontri, la Conferenza Bradley Foundation, è diventato da tempo un appuntamento tradizionale nel mese di maggio.

 

In essa viene data voce, ad anni alterni in inglese e in francese, a rappresentanti di spicco nel mondo della cultura arabo-musulmana, trattando temi d’attualità nel contesto del dialogo interculturale e interreligioso.

 

Un nutrito numero di personalità provenienti dal mondo arabo-musulmano viene a contatto con il PISAI attraverso l’insegnamento, conferenze, tavole rotonde, così come frequenti sono le visite da parte del corpo diplomatico presso la Santa Sede e di membri di istituzioni accademiche e religiose. Inoltre i docenti del PISAI sono spesso invitati a colloqui, sessioni, convegni in tutto il mondo.

 

Dal 1975 venne pubblicata la rivista «Islamochristiana», che, da allora, fornisce nuovi e fecondi spunti di riflessione per il dialogo tra cristiani e musulmani. Scopo di «Islamochristiana» è pubblicare ogni anno il lavoro dei docenti del PISAI, cristiani e musulmani, fornendo così una sorta di dialogo a distanza tra due tradizioni religiose così diverse eppure così vicine.

 

Il suo nome sta a indicare il tentativo di proporre un’unità armonica dove si potesse trovare voce e spazio ambedue le religioni, grazie ad articoli in francese e in inglese che riguardano saggi di ricerca, studi, testimonianze, riflessioni sia sul dialogo islamo-cristiano nel corso della storia che nel contesto attuale. Arriva in molte biblioteche di paesi islamici e di università, tanto europee quanto orientali.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

M. Borrmans, Le PISAI: cinquante ans au service du dialogue, in “Islamochristiana” 25 (1999).

G. Biccini, Un incontro sempre più fecondo con il mondo musulmano, in “L’Osservatore Romano”, 13 giugno 2009.

Liminaire, in “Islamochristiana” 1 (1975).

A. Merad, Dialogue islamo-chrétien: pour la recherche d’un langage commun, in “Islamochristiana” 1 (1975).



 

 

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