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ATTUALITà


N. 42 - Giugno 2011 (LXXIII)

I perché di un cambiamento
Pisapia sindaco di Milano

di Benedetta Rinaldi

 

Lunedì 30 maggio Milano ha scelto definitivamente di dare inizio a un nuovo corso per la propria amministrazione: dopo 18 anni un candidato di sinistra torna a ricoprire la carica di sindaco nella città più importante del Nord Italia.

 

La notizia è stata accolta con enorme clamore sia nella coalizione di centrodestra, che si riscopre inaspettatamente più debole di quanto forse non pensasse, che a sinistra, ove si parla di Milano come l’inizio di cambiamento ineluttabile ormai.

 

Indubbiamente tale cambiamento a Milano riveste una portata che non è possibile sminuire.

 

Milano è il cuore pulsante dell’economia del Paese, il leader del centrodestra Silvio Berlusconi proviene dalla vicina Brianza ed è consapevole che il nocciolo duro del suo Partito sta in questa città ed è rappresentato in primis dagli imprenditori.

 

Perdere l’amministrazione della città oggi, a pochi anni da Expo 2015 e in un momento di stagnazione economica, è sicuramente un pesante insuccesso.

 

Ma come è stato possibile?

 

Qualcuno parla di arroganza da parte di una maggioranza di governo ormai seduta sugli allori e certa di una vittoria facile all’ombra della Madonnina. Non dimentichiamo che Berlusconi per la tornata elettorale era candidato nella lista Moratti e in molti parlavano con certezza di una vittoria al primo turno.

 

Eppure Giuliano Pisapia ha letteralmente stracciato il sindaco uscente. Diverse sono a mio parere le motivazioni di questa vittoria.

 

In primo luogo, Pisapia e il proprio entourage sono tornati a riprendersi l’elettorato diciamo così naturale del centro sinistra, ovvero gli abitanti delle periferie: la campagna del centrosinistra è stata realmente capillare sul territorio, coinvolgente per gli abitanti di quartieri spesso caduti nel dimenticatoio ma che realmente ogni giorno si scontrano con i problemi innegabili di una grande città.

 

Persone che da anni non andavano a votare sono andati con convinzione a esprimere la propria scelta.

 

In secondo luogo, all’opposto, la Lega ha perso moltissimi voti, espressione di una certa insoddisfazione del suo elettorato per le scelte fatte dal partito o, più probabile, insoddisfatto della gestione delle questioni critiche care alla dialettica leghista, ovvero immigrazione, sicurezza, federalismo.

 

In terzo luogo, l’ex sindaco Letizia Moratti non godeva evidentemente della simpatia dei propri concittadini, anche quelli a lei più vicini.

 

Il vero incredibile risultato di queste amministrative è quello che emerge dalla Zona 1 (Montenapoleone, Cordusio, Duomo, il centro davvero altoborghese della città): anche qui, in quella Milano a cui lei stessa appartiene, la Moratti non è riuscita a superare la soglia del 50% + 1. Indubbiamente molti sono stati gli errori nella campagna elettorale di Letizia Moratti.

 

Una campagna aggressiva, con lo scivolone nel confronto tv su Sky in cui ha dato all’avversario del ladro facendo riferimento a un presunto passato da terrorista dell’avvocato penalista.

 

Anche gli alleati comunque hanno fatto del loro meglio per confondere le idee ai propri elettori: Salvini, uomo forte della Lega, da qualcuno ventilato come possibile vicesindaco, parla di “Movida Milanese”, di contro De Corato, vicesindaco uscente, assicura sicurezza e coprifuoco per i locali.

 

Lassini gode di un momento di gloria con dei manifesti in cui i magistrati vengono paragonati alle BR, la Moratti cerca di smarcarsi subito da questa posizione, la Santanchè per tutta risposta tiene a sottolineare che saranno i votanti a decidere le sorti dell’estroso candidato, prevedendo per lui un eclatante successo (smentito dai fatti a urne chiuse).

 

Nelle due settimane prima del ballottaggio, un carnevale tra i leader dei diversi partiti del centrodestra, con uscite decisamente pittoresche: i Ministeri al Nord, la smentita; Milano zingaropoli, smentita del cardinale Tettamanzi; Ecopass a 10 euro se vince la sinistra; abolizione Ecopass in caso di vittoria della Moratti (che lo ha introdotto); amnistia delle multe e via su questo tenore.

 

Pisapia ha decisamente condotto una campagna coinvolgente, una campagna che caso più unico che raro si è autoalimentata tramite il web, interessando giorno per giorno sempre più persone, in particolare giovani. Il tutto condito da comizi – concerti con artisti d’eccezione a fargli da spalla tra cui Subsonica, Vecchioni, Silvestri, Afterhours.

 

La sinistra a Milano ha superato le proprie innate divisioni e ha fatto del suo meglio per conquistare il cuore della città. Giuliano Pisapia non ha certo la faccia del compagno estremista, durante la campagna elettorale si è sposato con la storica fidanzata giornalista di Repubblica, proviene da una famiglia dell’elìte milanese, il padre era professore alla Cattolica e ha riscritto il codice penale italiano.

 

Nella propria coalizione annovera nomi come quello di Boeri, sconfitto alle primarie, archistar e docente del Politecnico, già coinvolto nel progetto Expo, fratello del non meno conosciuto economista Tito. Questa non è certo la sinistra dei centri sociali.

 

Ma questa sinistra ha vinto. Una sinistra che raccoglie un grosso fardello. Un sindaco, Giuliano Pisapia, acclamato come una rockstar in piazza Duomo la sera della vittoria ufficiale, che dovrà fare i conti in primo luogo con una città scontenta e piena di aspettative, poi con le altre istituzioni, Regione e Provincia, saldamente in mano al centrodestra e non da ultimo con la concretizzazione di Expo 2015, croce e delizia di una Milano preoccupata ma anche speranzosa.

 

Occhi puntati quindi su questa nuova Milano che davvero, per riprendere le parole di uno slogan sentito in questi giorni, sembra voler uscire dalla Padania e tornare ad affacciarsi al resto mondo.



 

 

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