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N. 79 - Luglio 2014 (CX)

Hi-tech, short war
Il piano Rumsfeld per le forze armate americane

di Giovanni De Notaris

 

Nel dicembre del 2000 il president-elect George W. Bush annunciò che nel suo gabinetto sarebbe entrato a far parte come segretario alla Difesa Donald Rumsfeld.

 

Rumsfeld, ex militare e imprenditore, già segretario alla Difesa durante l’amministrazione Ford, era considerato tra i più intelligenti protagonisti della politica americana. Aveva idee interessanti sulla tecnologia e sulla sua applicazione nel campo militare.

 

La sua attività di imprenditore poi, gli aveva permesso anche di accumulare esperienza nella gestione aziendale e quindi nel risolvere i problemi più complessi. Furono questi i motivi per cui Bush e il suo vice Dick Cheney, vecchio amico e collega di Rumsfeld dai tempi della presidenza di Richard Nixon, avevano scelto proprio lui.

 

Bush infatti voleva ristrutturare il Pentagono diminuendone il budget e razionalizzandone le risorse per renderlo più moderno. Rumsfeld era sulla stessa lunghezza d’onda.

 

A suo parere difatti non era importante la quantità di armi possedute, ma la loro qualità. Riteneva che molto dovesse essere fatto dalla tecnologia, e meno dal fattore umano, anche per ridurre il costo di vite in un conflitto.

 

Più flessibilità, più adattabilità, più tecnologia. Determinante inoltre doveva essere l’aeronautica con i missili teleguidati e i droni.

 

Dall’alto difatti sarebbe stato più semplice individuare e colpire il nemico. Le forze di terra e di mare dovevano invece essere ridimensionate; meno uomini ma meglio equipaggiati tecnologicamente. Poi: nuovi metodi di selezione del personale, riduzione del budget e una nuova programmazione della politica estera del dipartimento della Difesa.

 

Così, non appena Bush ebbe siglato la National Security Presidential Directive 3, con cui autorizzava ufficialmente la trasformazione delle forze armate americane, nel gennaio del 2001, Rumsfeld si mise al lavoro. Il presidente gli aveva chiesto di rendere il Pentagono ”lethal, light and mobile”.

 

Bisognava innanzitutto alleggerire la pesantezza dei mezzi, e dotarli di nuovi sistemi di armi a guida laser, anch’esse più leggere e più moderne, in grado ad esempio di fermare dei missili teleguidati. La guerra stessa era cambiata e quindi anche le forze armate dovevano adattarvisi.

 

Per la Marina si cominciò con lo sviluppo di nuovi incrociatori più leggeri e dotati di nuove armi. I Marines avrebbero dovuto poi sviluppare un nuovo contingente a dislocazione rapida per le operazioni speciali.

 

L’esercito doveva invece sostituire i vecchi e pesanti mezzi da combattimento che impedivano il loro immediato spostamento sui teatri di guerra.

 

Talvolta difatti i mezzi corazzati dell’esercito erano talmente pesanti e carichi di armi, peraltro obsolete, che oltre a muoversi lentamente, richiedevano pure, per essere a loro volta trasportati da un luogo all’altro, un dispiegamento enorme di mezzi di supporto, con ulteriori costi.

 

Il vecchio modo di fare la guerra basato solo sull’uso di armi pesanti e sul loro numero non era più utile. La nuova guerra si sarebbe dovuta combattere più che altro con la collaborazione delle forze locali e con i servizi di intelligence. Rumsfeld ordinò infatti la cancellazione del Crusader, un cannone da 155 millimetri e 40 tonnellate di peso, per un costo di 11 miliardi di dollari, che proprio a causa della sua enorme stazza avrebbe necessitato di aerei cargo di supporto, oltre al trasporto delle munizioni, a cui si aggiungeva la dubbia utilità in un contesto montagnoso come quello afghano ad esempio.

 

Rumsfeld decise invece di investire 9 miliardi in sistemi di precisione teleguidati, riducendo inoltre l’esercito da dieci divisioni di 15.000 o 20.000 unità a quaranta brigate di 3.000 o 5.000 uomini ciascuno, più snelle ma con migliori tecnologie.

 

I progetti in cantiere comprendevano inoltre i jet F 22 e F 35 Joint Strike Fighter per l’aeronautica, per la Marina la progettazione dell’incrociatore DD(X) 21 Destroyer con tecnologia stealth, mentre l’esercito vide un aggiornamento dei carri armati Abrams e Bradley.

 

A questo si aggiungevano una nuova serie di satelliti radar, una nuova generazione di droni, nuovi missili teleguidati a fibre ottiche, il tutto accompagnato da una riduzione dell’arsenale nucleare dei sottomarini.

 

Nel giugno del 2001 Bush annunciò investimenti per circa 18 miliardi di dollari nella difesa, che lievitarono poi fino alla cifra totale di 329 miliardi; ma per i piani di Rumsfeld non era ancora abbastanza.

 

Il segretario aveva deciso anche di chiudere alcune basi e di cambiare i metodi retributivi, oltre al taglio di ruoli dirigenziali, soprattutto quando espletavano funzioni simili.

 

Di certo non immaginava neppur lontanamente che di lì a poco le sue idee avrebbero avuto modo di essere testate direttamente sul campo.

 

L’11 settembre del 2001 arrivò infatti il tragico attentato con tutto il suo bagaglio di morte e distruzione. La nuova America di Bush e Rumsfeld doveva adesso affrontare nuove sfide con una nuova concezione della guerra.

 

Durante la campagna militare in Afghanistan, Rumsfeld disse ai generali di organizzare il conflitto alla maniera che lui aveva in mente, con conseguente diminuzione di uomini e mezzi.

 

Il problema però era cominciare a cambiare il modo di intendere la guerra da parte dei militari. Venne creato a tal scopo il Future Combat System (FCS), con il compito di facilitare il dispiegamento e l’organizzazione delle forze militari nel teatro di guerra.

 

Il sistema però necessitava della creazione di un network satellitare tale da permettere a tutti mezzi militari di essere on line e quindi in collegamento diretto tra loro: aerei, carri armati, fanti e droni. Quasi come lo Skynet del film Terminator. Purtroppo però le forze armate non erano ancora equipaggiate per quel tipo di guerra futuristica. Ma Rumsfeld tirò dritto.

 

Il budget del 2002 del Pentagono conteneva difatti il potenziamento dei sistemi satellitari e radar, oltre ai progetti ancora in fase di prototipo del caccia F 22, di nuove generazioni di portaerei e del mezzo da trasporto per i Marines V-22 Osprey.

 

Oltre a tutto questo venne creato il SOCOM, Special Operations Command, che era una sorta di servizio segreto militare che doveva, a parere di Rumsfeld, supplire alle mancanze nelle covert operations della CIA, con un investimento di 7 miliardi di dollari.

 

Anche in Iraq Rumsfeld applicò la stessa idea di guerra rapida e tecnologica dell’Afghanistan contro il parere del segretario di Stato Colin Powell e del generale Tommy Franks, comandante delle truppe, che chiedevano invece un dispiegamento maggiore di uomini e mezzi. Il segretario aveva probabilmente sottostimato la portata del conflitto in corso.

 

Nell’agosto del 2004 poi, in pieno conflitto iracheno, Bush annunciò la più grande ridistribuzione delle forze armate americane del mondo dalla seconda guerra mondiale.

 

L’altro problema che Rumsfeld infatti si era trovato a affrontare fu l’enorme spesa relativa ai costi di mantenimento del personale militare e non, in America e nel mondo intero, che ormai non era più necessario e che quindi andava necessariamente tagliato. Ancora nel 2001 infatti vi erano 100.000 truppe dislocate in Europa che a parere di Rumsfeld non avevano più ragione di essere dato che la possibilità di un’invasione sovietica poteva dirsi chiaramente tramontata. Quelle truppe erano solo un lontano retaggio della guerra fredda.

 

Lo stesso valeva per altrettante 100.000 stanziate in Asia, e in Giappone in particolare, anche loro lì dalla seconda guerra mondiale e da quella di Corea. Ora che quelle minacce non esistevano più che senso aveva dunque lasciare in quei luoghi un numero così elevato di soldati?

 

Quindi: diminuzione di truppe in Europa, Giappone e Sud Corea.

 

Le truppe dovevano ora essere spostate in luoghi dove le minacce erano più immediate. Questo però poteva rischiare di compromettere le relazioni che gli Stati Uniti avevano con il resto del mondo. Alcuni vertici militari infatti obiettarono che la presenza delle truppe americane nei paesi alleati non serviva tanto per difenderli, ma per far capire che l’America non avrebbe abbandonato i suoi alleati storici.

 

Ma Rumsfeld non ebbe le stesse esitazioni.

 

Cosicché mentre in Europa le truppe venivano rimpiazzate da alcune brigate di veicoli Stryker e da gruppi per operazioni speciali, in Sud Corea le truppe scendevano da 37.000 a 35.000 unità. Di contro il Pentagono decise di aumentare il numero di Marines, portaerei e sottomarini nell’isola di Guam nel Pacifico e la presenza dell’esercito in Alaska e nelle Hawaii; in sostanza una maggiore militarizzazione del Pacifico. Intanto l’investimento nei sottomarini e nei droni era salito a 1.5 miliardi di dollari.

 

Nel 2005 venne poi finalmente creato il MARSOC, Marine Corps Special Operations Command, di cui si accennava all’inizio.

 

Il fulmine a ciel sereno, si fa per dire, arrivò però nell’autunno del 2006 quando, in seguito ai fallimenti dei conflitti in corso, in particolare di quello iracheno, Rumsfeld fu costretto alle dimissioni, lasciando il cantiere dei progetti ancora in progress.

 

Del piano Rumsfeld per le forze armate oggi resta più che altro la parte legata agli investimenti in nuove tecnologie.

 

Il segretario infatti aveva all’epoca avuto davvero delle idee innovative, ma fu poi ingiustamente ritenuto l’unico responsabile dei fallimenti delle campagne di Afghanistan e d’Iraq perché, ed era quello che principalmente gli obiettavano i militari, la trasformazione delle forze armate non può avvenire in tempi rapidi, e soprattutto non con più di un conflitto in corso.

 

Proprio ultimamente l’amministrazione di Barack Obama ha deciso di ridurre fortemente il budget del Pentagono, lasciando però attivi i progetti più avanzati tecnologicamente, che sotto certi aspetti hanno un costo minore proprio in virtù delle tecnologie all’avanguardia.

 

Rumsfeld quindi è stato di certo un pioniere, ma per sua sfortuna si è trovato a agire nel periodo storico sbagliato.

 

 

Riferimenti bibliografici

 

Dale R. Herspring, Rumsfeld’s Wars, University Press of Kansas, Lawrence 2008;

Bradley Graham, By his own rules, PublicAffairs, New York 2009;

Donald Rumsfeld, Known and Unknown, Sentinel, New York 2011.



 

 

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