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N. 49 - Gennaio 2012 (LXXX)

Il passo falso di Hezbollah
tra Errori e scenari futuri

di Federico Donelli

 

Il 6 dicembre scorso, nella zona meridionale di Beirut, ha fatto la sua apparizione dopo oltre tre anni di assenza il leader del movimento sciita libanese Hezbollah lo sceicco Hassan Nasrallah. Dal 2006, anno dell’invasione israeliana durata poco più di un mese, Nasrallah ha diminuito sempre più le proprie apparizioni in pubblico nel timore di attentati.

 

La sua ultima presenza ad una manifestazione era datata 2008 e da allora, eccetto per una rapida comparsa nel gennaio scorso in occasione delle celebrazioni della festività sciita dell’Ashura, il leader aveva iniziato a comunicare al proprio seguito solo ed esclusivamente attraverso video messaggi.

 

Il seguente articolo vuole esporre i possibili motivi che hanno spinto lo sceicco Nasrallah a mostrarsi nuovamente in pubblico dopo tanto tempo e quali sviluppi futuri attendono il movimento Hezbollah e gli equilibri regionali.

 

L’errore Hezbollah e il ritorno dello sceicco

 

La scelta di tornare a mostrarsi in pubblico, per quanto rischiosa, è stata considerata come obbligata da Nasrallah in un momento di alta tensione in tutta la regione e in particolare per uno dei principali alleati Hezbollah ovvero la Siria guidata da Bashir al Assad. Tensioni che inevitabilmente hanno avuto e continueranno ad avere pesanti ripercussioni sul futuro assetto mediorientale e dello stesso movimento sciita.

 

Il regime siriano per Hezbollah gioca un ruolo rilevante sia dal punto di vista finanziario, insieme all'Iran degli Ayatollah rappresenta lo sponsor principale, sia dal punto di vista strategico, in quanto Damasco è diventato con gli anni un appoggio logistico cruciale per i propri miliziani.

 

A convincere Nasrallah ad un ‘pericoloso’ ritorno per le strade di Beirut è stata la consapevolezza di aver commesso un grave errore politico nel decidere di appoggiare incondizionatamente Assad nelle dure repressioni che da quasi un anno avvengono quotidianamente per le strade siriane.

 

Per il mondo musulmano, compreso quello sciita vicino a Hezbollah, è stata difficile da comprendere la decisione di Nasrallah di inviare gruppi di combattenti in appoggio alle forze militari del regime siriano.

 

Una decisione la cui drammaticità viene descritta dai racconti della popolazione siriana dove emerge un quadro in cui le milizie Hezbollah svolgono il c.d. lavoro sporco con atrocità di ogni genere (rapimenti, torture, mutilazioni).

 

Agli occhi del pubblico arabo non sono passate inosservate le immagini, arrivate nonostante la censura di regime, delle durissime repressioni contro folla di manifestanti inermi nelle città del Paese.

 

Tra i molti video ve n'è uno ripreso nella città di Homs, in cui emerge nitida la figura di un gruppo armato di miliziani che, con tanto di bandiera Hezbollah, spara sulla folla disarmata. Altro episodio drammatico e mediaticamente impopolare è avvenuto a metà novembre in occasione di una manifestazione filo-alawita (gli Assad sono alawiti) per le vie di Damasco.

 

La folla, inneggiante il Presidente Bashar al-Assad, ha assaltato l'ambasciata giordana il cui re, Abd Allah II, si era reso colpevole di aver criticato Assad intimandogli di lasciare il Paese per il bene del proprio popolo.

 

I manifestanti siriani dopo aver saccheggiato l'edificio e averne ammainato la bandiera, hanno issato quella gialla del movimento sciita. Fatto grave soprattutto perché ha reso pubblica la partecipazione del movimento alle atrocità siriane criticate da tempo da tutti i Paesi arabi.

 

L’Internazionale sciita guidata da Teheran

 

L'appoggio Hezbollah alla indiscriminata repressione da parte del regime siriano sulla popolazione si è da subito rivelata una scelta sbagliata sia a livello di immagine internazionale che all'interno del mondo arabo-musulmano.

 

In ottica internazionale hanno trovato conferma le correnti di pensiero più radicali guidate da Stati Uniti e Israele che considerano Hezbollah un’ organizzazione terroristica, braccio armato iraniano e per questo motivo lo vedono come principale fattore di instabilità e pericolo nella regione.

 

Inoltre ad aggravare ulteriormente le responsabilità Hezbollah sono stati i molteplici rapporti degli analisti internazionali cui non è passato inosservato che le milizie intervenute su territorio siriano siano state precedentemente addestrate dai pasdaran (guardiani della rivoluzione iraniani) e, cosa più che probabile, abbiano agito su indicazioni provenienti proprio da Teheran.

 

L'Iran dagli inizi degli anni ottanta è l' alleato più fedele della Siria ed in particolare ha un profondo legame con la famiglia Assad. Fu il padre dell'attuale presidente Bashar, Hafiz al-Assad a stringere quest'alleanza con l'intento di limitare l'egemonia sunnita ‘wahhabita’ dei sauditi.

 

Un’alleanza che con il passare degli anni ha permesso di creare una sorta di “Internazionale sciita” che, partendo dall'Iran e passando per Damasco arriva fino al Libano con Hezbollah senza dimenticare gli stretti legami con i ribelli sciiti dello Yemen.

 

In particolare il legame tra la Siria e Hezbollah si è rafforzato ulteriormente nel 2005 quando le truppe siriane, in seguito all'omicidio del premier libanese Rafiq Hariri, hanno dovuto lasciare il Libano decidendo di continuare ad attuare un' influenza dall'interno potenziando il proprio appoggio al ruolo politico di Hezbollah.

 

La Siria negli anni ha sempre considerato il Libano come il proprio ‘giardino’ la cui indipendenza non è stato altro che il frutto di cospirazioni colonialiste occidentali in chiave anti-islamica.

 

Ai risvolti negativi in campo internazionale si devono però aggiungere anche quelli all'interno della stessa comunità musulmana. Il passo falso di Nasrallah ha alienato le simpatie di gran parte della popolazione musulmana della regione facendo perdere al movimento molta credibilità.

 

Hezbollah dagli anni ottanta e ancora di più dal maggio del 2000, anno del definitivo ritiro israeliano dal Libano, ha goduto di una vastissima popolarità derivante dalla consapevolezza araba che i miliziani siano stati l'unica forza in grado di sconfiggere un esercito, quello israeliano, considerato e descritto dalla storiografia araba come quasi imbattibile.

 

Nel corso degli ultimi anni il movimento ha conosciuto una rapida maturazione trasformandosi in un effettivo partito politico capace di operare all'interno del contesto costituzionale libanese promuovendo un proprio programma. Da considerare anche i molti risvolti psicologici della comunità sciita libanese seguenti all’ascesa di Hezbollah.

 

Gli sciiti, storicamente esclusi dal potere politico ed economico libanese, hanno acquisito sempre maggiore influenza e considerazione iniziando a ricoprire il ruolo di protagonisti delle vicende libanesi. Sviluppi questi insperati nel 1992 quando vennero eletti i primi parlamentari di Hezbollah il cui programma politico era ispirato solamente a rivendicazioni anti-israeliane.

 

In questi anni il movimento ha saputo passare indenne momenti difficili come l’attacco israeliano e il coinvolgimento nell’omicidio del premier Hariri ma ora il passo falso commesso da Nasrallah potrebbe costare caro in termini di popolarità e fiducia.

 

Un precedente storico e il bivio Hezbollah

 

A molti osservatori e storici la scelta errata di Nasrallah ha ricordata quella intrapresa da Yasser Arafat nel 1990 durante l'attacco di Saddam Hussein al Kuwait.

 

In quelle settimane il rais iracheno aveva cercato di ergersi a leader del mondo arabo accusando, nei giorni precedenti l'attacco, le monarchie del Golfo oltre ad Egitto e Turchia di agire in maniera 'clientelare' per l’ Occidente e, cosa ben più grave in ottica araba, per lo Stato ebraico.

 

Saddam suggerì al pubblico arabo in vari modi che l'azione contro il Kuwait fosse in realtà un passo determinante verso la liberazione della Palestina (Hallanday, 2008).

 

Una Palestina che in quei giorni viveva una delle fasi più calde della prima intifada. La scelta di Arafat, dettata anche per le pressioni provenienti dalla propria base, fu di schierare l'Olp al fianco di Saddam andando contro la Lega Araba, di cui l'Olp era una creazione, che appoggiò invece la risoluzione Onu per l’intervento in Kuwait.

 

La propria presa di posizione costò molto cara al leader palestinese che si trovò isolato internazionalmente e poco dopo (1993) costretto a negoziare con Israele da una posizione di debolezza ancora maggiore di quanto non potesse aspettarsi tre anni prima.

 

Così come successe per l’Olp, anche oggi l’ appoggio alla Siria ha improvvisamente spostato dalla parte del torto Hezbollah che da sempre considerati come i paladini degli oppressi ora rischiano di diventare i paladini dei dittatori.

 

La difesa degli oppressi è principio su cui da sempre Nasrallah basa gran parte della propaganda Hezbollah. Un concetto che fonda le proprie radici nelle teorie di Ali Shariati e, soprattutto, dell’Ayatollah Khomeini i cui discorsi negli anni precedenti alla rivoluzione iraniana erano fortemente impregnati di richiami ai diritti dei 'Mostaf ' azin' (diseredati). (Abdolmohammadi, 2007)

 

A pesare nella scelta dello sceicco di appoggiare Assad sono state una serie di errate valutazione che hanno evidenziato i limiti politici del movimento e più in particolare del loro leader. Infatti oltre alle pressioni della Siria per un appoggio concreto, ha contare sulle decisioni è stata la ferma convinzione di Nasrallah che l'Iran sarebbe intervenuto se la situazione fosse pericolosamente degenerata.

 

Non è da escludere che tale convinzione fosse in realtà figlia di rassicurazioni fattegli direttamente dalla Guida Suprema iraniana Khamenei. L'Iran però negli ultimi mesi ha avuto altro a cui pensare, dal rapporto dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA) ai 'sabotaggi' interni e/o di agenti esterni al programma nucleare. Motivi questi che uniti alle già forti pressioni internazionali e ai venti di guerra con Israele gli impediscono di fare qualsiasi mossa in direzione siriana.

 

È indubitabile che una eventuale caduta del regime degli Assad rappresenterebbe una dura sconfitta per la politica iraniana e porterebbe anche risvolti negativi nell'alleanza con Hezbollah che, pur rimanendo ben salda, perderebbe un importante centro di collegamento.

 

Hezbollah si trova ora di fronte alla necessità di fare una scelta politica tra un ulteriore rafforzamento delle proprie milizie armate oppure concentrarsi sul proprio ruolo politico e sopratutto sociale cercando di recuperare consensi e ristabilire la propria immagine. (Yacoubian, in ‘Foreign Affairs’ 2011)

 

Potenziarsi militarmente per provocare un nuovo scontro con Israele significherebbe innescare, attraverso lancio di missili in Galilea, una reazione israeliana in grado di alimentare la vecchia immagine di forza di resistenza. Il rischio però sarebbe quello di uno scontro ancora più duro rispetto ai precedenti con l'incognita di una Siria non più in grado di fornire appoggio e di una società libanese ormai stanca di guerra e distruzione.

 

L'opzione alternativa consisterebbe nella ripresa con sempre maggior vigore delle politiche e delle opere in favore delle fasce più povere della società libanese. Già in passato il welfare state Hezbollah ha assicurato le simpatie di molti libanesi anche appartenenti a comunità diverse da quella sciita promuovendo una fitta rete di attività sociali che forniscono aiuto materiale e finanziario ai più bisognosi.

 

Il problema è che la crisi siriana e le sanzioni Onu all'Iran hanno portato al taglio di molti fondi stanziati annualmente dai due Paesi per Hezbollah che, uniti alla diffusa corruzione interna, han portato l'economia del movimento in profonda crisi.

 

Proprio la crisi finanziaria interna al movimento avrebbe portato, secondo un’ inchiesta presentata su Le Figaro, molti miliziani ad incrementare i propri traffici di stupefacenti nel nord del Libano (con destinazione Cipro e mercato europeo) nel tentativo di aumentare i fondi disponibili.

 

Scenari futuri

 

É difficile prevedere se e quando Assad cadrà, soprattutto perché a risultare fondamentale per la definitiva caduta del regime dovrebbe essere l'intervento di una potenza straniera sul suolo siriano.

 

Al momento l'unica a considerare una simile opzione è la Turchia che però prima di far qualsiasi mossa vuole essere sicura che il proprio intervento sia considerato come indispensabile e soprattutto sia approvato dalle popolazioni della regione.

 

L’ intervento della Lega Araba difficilmente otterrà risultati concreti. É quindi probabile che la situazione di stallo siriana duri ancora a lungo dando così il tempo a Hezbollah di ritirarsi dal territorio siriano.

 

Il vero obiettivo di Nasrallah ora è cercare di farlo in maniera prudente così che non passi per un tradimento verso uno storico alleato, altrimenti in tal caso i passi falsi Hezbollah diventerebbero due.



 

 

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