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N. 81 - Settembre 2014 (CXII)

PANTALICA, tra ARCHEOLOGIA E TERRITORIO
Dalle necropoli ai villaggi bizantini – Parte II

di Federica Campanelli

 

Il villaggio bizantino più grande è quello costruito sulle rovine della necropoli sud-ovest, nei pressi della sella di Filiporto. In questo villaggio, composto da circa 150 abitazioni, sorge l’oratorio di San Micidiario (Fig.2.1); peraltro, non esistendo un santo con tale nome, si suppone che esso derivi da una serie di corruzioni dialettali a opera dei pochi pastori che hanno praticato tale territorio in tempi più recenti.

 

 

Fig.2.1 - Ingresso dell’oratorio di San Micidiario, IX secolo

 

Circa il periodo di realizzazione di questo complesso, l’Orsi fissa un terminus ante quem, cioè l’878 circa, anno in cui Siracusa fu presa dagli Arabi. La chiesa è suddivisa in quattro ambienti (Fig.2.2): il presbiterio, l’ambiente riservato ai fedeli, la sagrestia e una camera a essa attigua che l’Orsi identifica come l’abitazione del sacerdote. Tra il presbiterio e l’ambiente riservato ai fedeli sono riconoscibili le parti inferiori, superiori e laterali dell’iconostasi.

 

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Fig.2.2 - Pianta dell’oratorio di San Micidiario (IX secolo):

presbiterio (A) ; ambiente riservato ai fedeli (B);

sagrestia (C); abitazione del Sacerdote (D)

 

La parete di fondo del presbiterio presenta una piccola abside e due nicchie laterali (Fig.2.3). Tutti gli elementi e le pareti di questo oratorio, a quanto scrive Orsi, erano un tempo decorate.

 

 

Fig.2.3 - Interno dell’oratorio. Oltre alle nicchie e l’absidiola,

si notano i resti del setto iconostatico

 

Oggi le uniche figure dipinte distinguibili si trovano nella fascia muraria sovrastante l’abside e le due nicchie. Su di essa si riconoscono – nella parte centrale – un nimbo giallo con lumeggiature bianche e – lateralmente, sopra la nicchia sinistra – un’ala sui toni del rosso-aranciato, un nimbo giallo anch’esso lumeggiato, nonché i lievi contorni del volto di un angelo (Fig.2.4). Nell’abside si trovano infine dei lacerti di pittura rossastra e i contorni, visibilmente rimaneggiati con pittura nera, di un Cristo Pantocratore (Fig.2.5). Altre sottili tracce di intonaco giallo e rosso sono visibili sulla parete sinistra del presbiterio (Fig.2.6). Scrive inoltre l’Orsi: «In quasi tutta la chiesa si osservano due intonachi dipinti; nel sottostante, più antico, abbonda il rosso come fondo» (Orsi, Pantalica e Cassibile, p.31). Del doppio strato descritto dall’archeologo restano solo tracce della stesura rossa sottostante. Per quanto riguarda invece le figure dei due santi nella nicchia destra e l’iscrizione presente tra essi, non ve n'è alcuna traccia: «Nella nicchia d. i residui di due figure di santi (nimbi perlati e frammenti di panneggi rossi); in mezzo alle teste tracce di lettere bianche su cartello azzurrognolo, nelle fiancate finte marmorine e così su quella della nicchia opposta, di colore rosso su fondo bianco. Nello sfondo di queste, due figure di santi nimbati (perlatura bianca, panneggi rossi); fra le due teste tracce di lettere bianche su cartello azzurro: [ο αγι] OCE [...]» (Ibid., p.32).

 

Lo spessore medio delle stesure pittoriche è di difficile misurazione a causa dell’abbondante presenza di concrezioni e patine biologiche che interessano gran parte dell’edificio. Tuttavia, possiamo indicare uno spessore di 1-2 mm per le decorazioni presenti sulla parete nord del presbiterio e di circa 1 mm per le tracce d’intonaco presenti sulla parete sinistra dello stesso.

 

 

Fig.2.4 - Particolare di un angelo dipinto sopra la nicchia sinistra del presbiterio

 

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Fig.2.5 - Particolare dell’abside: le tracce in nero sono dovute a atti vandalici

 

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Fig.2.6 - Parete sinistra del presbiterio con tracce

di decorazione pittorica e graffiti dovuti a vandalismo

 

Chiesa di San Nicolicchio

 

L’oratorio si trova non lontano dall’Anaktoron, nell’ambito del piccolo villaggio bizantino sorto sul versante Sud di Pantalica. L’ambiente, basso e angusto, risulta alquanto complesso (Fig.2.7), costituito da quattro vani di cui il principale, sulla destra, termina con un’absidiola affiancata da due nicchie.

 

Fig.2.7 - Pianta della chiesa di San Nicolicchio, IX-XII secolo circa

 

Qui, le decorazioni sacre che probabilmente adornavano le pareti sono andate completamente perdute. Sulla parete nord, che presenta a sinistra una parte convessa, si possono invece ancora distinguere i resti di una decorazione che comprende tre figure di santi – realizzati proprio sul tratto ricurvo – e una figura alata (Figg.2.8a-b).

 

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Fig.2.8a - Interno di San Nicolicchio.

Si notano le figure dei tre e altre tracce di decorazioni

 

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Fig.2.8b - Le figure dei tre santi dipinte sulla parete nord.

Al centro si riconosce Sant’Elena

 

Le tre immagini di santi (Fig.2.8b) sono accompagnate da altrettante iscrizioni che almeno in passato hanno permesso di identificare i personaggi di Sant’Elena (al centro) e di Santo Stefano (sulla destra). Al di sopra di quest’ultimo, è inoltre presente un cartiglio contenente un’iscrizione da cui Paolo Orsi ha tratto il seguente apografo, interpretata come dedica dell’offerente:

 

 

Le opere si presentano oggi in stato frammentario e scarsamente leggibili. Oltre a cadute di colore dovute a processi di degrado naturale sono evidenti i segni di abrasione procurate dall’uomo (Figg.2.8a-b, 2.9a-b).

 

a

b

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Fig.2.9 - Interno dell’oratorio di San Nicolicchio. Sulla parete Nord sono presenti tre riquadri contenenti tre figure di santi. All’estrema sinistra è presente un Santo (a) di identità ignota

per mancanza di attributi iconografici. Si noti come la testa sia stata rimossa.

Probabilmente si tratta di un intervento frutto dell’iconoclastia araba del IX secolo.

La (b) mostra l’immagine di Santo Stefano, anch’esso vittima di atti vandalici. Sopra al santo è visibile il cartiglio con una iscrizione dell’offerente.

 

Lo spessore medio delle stesure pittoriche è anche in questo caso molto esiguo e va da 2 mm a 3 mm. La datazione dell’apparato decorativo è piuttosto complessa. Inizialmente gli storici suggerirono di inserirle in un arco di tempo piuttosto vasto comprendente ben tre secoli (VII-IX secolo). Recentemente l’archeologo Aldo Messina (Sicilia Rupestre, 2008, p. 51), studioso del fenomeno del trogloditismo medievale in Sicilia, suggerisce, invece, una collocazione degli affreschi in età normanna (XII secolo) e rimanda a una scarsa abilità del pittore i segni di arcaicismo stilistico.

 

Grotta del Crocifisso

La piccola Grotta del Crocifisso (Fig.2.10) era il centro religioso della comunità bizantina stanziatasi nei pressi della necropoli della Cavetta, a nord-est di Pantalica (Fig.2.11).

 

 

 

Fig.2.10 - Ingresso della Grotta del Crocifisso

 

 

Fig.2.11 - Alcune sepolture della necropoli

della Cavetta (IX-VIII secolo a.C.)

 

L'oratorio è oggi caratterizzato – così come all’epoca di Paolo Orsi – da una planimetria e da una forma scarsamente leggibili nel dettaglio, a causa della parete anteriore del tutto franata. Entrando nel piccolo edificio, sulla parete frontale si nota sulla sinistra, la raffigurazione di un santo identificabile – anche in base ad alcune indicazioni dall’Orsi – in San Nicola (quando Orsi eseguì i primi scavi su Pantalica nella seconda metà del XVIII secolo, all’interno della Grotta del Crocifisso fu in grado di leggere distintamente l’iscrizione Sanctus Nicolaus che accompagnava la grande testa nimbata, dipinta sulla parete antistante la porta d’ingresso).

 

Il dipinto (posteriore al XIV secolo) appare oggi piuttosto lacunoso specialmente nella parte inferiore, ma possiamo comunque apprezzare un grande nimbo ricco di decorazioni, nonché i deboli profili di un volto, seppur privo di connotati a causa del degrado (Fig.2.12). Questa figura è rappresentata su un fondo azzurro ed è incorniciata da due bande dipinte con colori giallo e un rosso molto intenso.

 

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Fig.2.12 - Interno della Grotta del Crocifisso,

rappresentazione di San Nicola (esecuzione posteriore al XIV secolo)

 

Dal volume Immagini rupestri bizantine nel siracusano, realizzato dall’Associazione Russia Cristiana “San Vladimir” di Siracusa veniamo inoltre a sapere che nella medesima chiesa dovevano esser presenti rappresentazioni sacre più antiche: una Crocifissione oramai scomparsa (forse le «tracce languidissime» di cui parla Paolo Orsi nell'opera già citata, erano relative proprio a questa Crocifissione) e una figura femminile rappresentante una santa di cui non si ha l’identità per mancanza di attributi iconografici e che è stata datata al XII-XIII secolo.

 

Il dipinto raffigurante la Santa Anonima (Figg.2.13a-b) è stato staccato a massello all’inizio del XX secolo e si trova attualmente conservato presso i magazzini del Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi di Siracusa. Da un’attenta analisi della superficie pittorica e della stratigrafia è possibile ipotizzare che l’autore abbia utilizzato una tecnica mista per la realizzazione di questa opera: la base cromatica è con ogni probabilità eseguita ad affresco mentre la maggior parte dei particolari sono stati eseguiti a secco.

 

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Fig.2.13a - Frammento di dipinto murale raffigurante una Santa anonima (XII-XIII secolo) staccato con la tecnica “a massello” dalla Grotta del Crocifisso. Il dipinto, staccato all’inizio del XX secolo,

è conservato presso i magazzini del Museo Archeologico regionale Paolo Orsi di Siracusa.

Non è noto né l’autore del distacco né è visibile la lacuna lasciata in situ da tale operazione a causa della frana della parete anteriore dell’oratorio. La direzione del Museo non ha concesso i permessi per la campionatura e l’analisi della presente opera

 

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Fig.2.13b - Frammento di dipinto murale staccato con la tecnica “a massello” dalla Grotta

del Crocifisso. Il frammento misura, nei punti di massima estensione, circa 31.5 cm in altezza

e circa 23 cm in larghezza; lo spessore totale è di circa 10.5 cm. Lo spessore medio

della stesura di intonaco è di 3 mm.



 

 

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