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N. 67 - Luglio 2013 (XCVIII)

BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA
2.000 ANNI DI STORIA DELLA PIÙ ANTICA BIBLIOTECA DEL MONDO

di Paolo Riccardo Oliva

 

La Biblioteca Apostolica Vaticana può essere considerata come una delle più importanti e apprezzate Biblioteche che il Mondo abbia mai conosciuto al giorno d’oggi. Da questa e su questa biblioteca, grandi personalità e istituzioni importanti ci sono passate, lasciando tracce più o meno profonde della loro presenza.

 

I riferimenti mi sembrano chiari: alludo a papi, vescovi, cardinali, senza dimenticare re, imperatori, come Carlo Magno, o ancora istituzioni come i vari governi italiani. Essi resero tale biblioteca ricca di Storia, e in molti casi anche di Cultura.

 

Per Storia intendo vicende che in qualche modo legarono tali figure o istituzioni con la biblioteca, sia nel bene, come le donazioni di libri e manoscritti, che nel male, come i famosi furti avvenuti sotto Napoleone. Per Cultura invece alludo in modo particolare alle donazioni, compravendite di manoscritti e medaglieri che hanno certamente contribuito a rendere il patrimonio umano di conoscenze certamente più ricco.

 

Ma la Storia è riuscita per ora a salvaguardare tale immensa opera dell’uomo, superando nel tempo gravi carestie, guerre, battaglie, incendi, e crisi, fino a oggi.

 

La storia della Biblioteca della Sede Apostolica può essere divisa in 3 periodi: la prima che va dalle origini della Chiesa sino al tredicesimo secolo, la seconda da Bonifacio VIII (1294 – 1303) fino a Martino V (1417 – 1431), la terza età da Eugenio IV fino a oggi.

 

Prima età: dalle origini fino al tredicesimo secolo

Accanto al Vangelo di Gesù Cristo che ne costituì il primo libro, fin dai primordi la Chiesa Romana dovette avere un suo Scrinio, per raccogliere ogni sorta di documenti relativi a tutto il mondo cristiano, come emendationes dei primi teologi, codici liturgici, lettere di comunione, encicliche, sentenze di condanna contro gli eretici, gli atti dei martiri e le carte della Romana Chiesa.

 

Ma molte di queste importanti opere vennero date alle fiamme su ordine di Diocleziano nel 303 d.C.. Solo a fine secolo furono ristabiliti gli Archivi presso la Basilica di S. Lorenzo alla fine del IV secolo, probabilmente nel medesimo punto dove ci furono le persecuzioni. Quando i documenti «sieno stati trasportati al Laterano, non si può dire»: secondo il cardinal Pitra il decreto attribuito al Santo Pontefice S. Gelasio I (492-496), De libris recipiendis, et non recipiendis, rappresenta il più antico catalogo della Biblioteca Lateranense.

 

Da quel momento in poi diversi pontefici si curarono sempre di più della Biblioteca: il Pontefice Zaccaria nel Sinodo Romano del 745 fece ornare di portico, torre, triclinio, pitture e cancelli di bronzo, mentre Adriano I (772-795) invece fece porre nella Biblioteca Lateranense gli atti greci autentici del Sinodo Secondo di Nicea, insieme alla loro versione latina.

 

«Ma Roma è stata sempre come il mare che dà e riceve da tutti i fiumi»: a testimonianza del suo primato, la Chiesa continuamente ricevette (tanti e di diverse tipologie) codici e libri che venivano posti presso l’Apostolico scrigno, oppure in latino scrineum, come il Salterio ricevuto nel 783 da Carlo Magno. A partire dal papato di Giovanni VII (705-707), una parte venne trasferito nella Turris Chartularia, ritenuta un luogo più sicuro.

 

I diversi incendi dell’XI secolo, guerre e stragi portarono alla perdita di tanti importanti documenti che erano stati raccolti, trascritti, registrati nei primi dodici secoli della Chiesa: «miseranda perdita d’inestimabili tesori; profonda lacuna nella storia del mondo, che non si può mai rimpiangere bastentemente». Molti invece furono portati via, trasferiti in altri archivi, cercando di salvarli dalla certa fine a cui sarebbero andati incontro.

 

Seconda età: la Biblioteca Bonifaciana e l’Avignonese

Con l’elezione di Innocenzo III (1198-1216), iniziò un periodo molto tumultuoso per il papato e così anche per la Biblioteca Vaticana: lungo il XIII secolo i papi furono costretti a trasferire in diverse località la Biblioteca, anche chiamata Archivio, Tesoro, Vestiario, come Orvieto, Viterbo, Anagni, Perugia.

 

Pur con tutti gli incidenti, incendi, stragi, trasferimenti, sotto Bonifacio VIII (1294-1303) la Biblioteca Apostolica era considerata tra le meglio fornite e importanti al mondo: possedeva tra le tante opere libri miniati dal celebre Oderisi da Gubbio e da Franco Bolognese. Con Bonifacio VIII fu redatto nel 1295 il primo vero e proprio inventario dei libri della Sede Apostolica di cui si abbia notizia.

 

Ma durante i diversi spostamenti verso Avignone, il Tesoro subì ingenti danni e perdite di documenti d’inestimabile valore. Con Giovanni XXII (1316-1334) si formò la nuova “Biblioteca Avignonese”; egli lasciò alla sua morte la biblioteca assai fornita di libri. Essa venne situata nella Torre degli Angeli, fatta costruire appositamente dal suo successore, Benedetto XII (1335-1337) in Avignone.

 

I pontefici successivi fino a Clemente VI (1342-1352) continuarono nell’arricchire, anche con spese molto ingenti, la Biblioteca della Santa Sede. Ma a partire da Innocenzo VI (1352-1362) fino al termine dello Scisma, non venne più consentito di effettuare grandi spese arrivando a trascurare addirittura la Biblioteca. L’antipapa Benedetto XIII nel 1408 iniziò a trasferire molti codici, ma solo in parte ritornarono presso la Biblioteca.

 

Terza età: la Biblioteca Vaticana fino a oggi

La nascita della Biblioteca Vaticana nel senso moderno della parola deve essere fissata solo intorno alla metà del Quattrocento, grazie al papa Niccolò V (1447-1455) che fondò l’attuale biblioteca che aveva come scopo “la comune utilità degli uomini di scienza”, rendendola accessibile anche a lettori esterni, cosa impossibile prima di allora.

 

Da un documento, il breve Iamdiu decrevimus, risulta che la Biblioteca esisteva già alla data del 30 aprile 1451. Comprò i libri di maggior valore in tutta Europa, si circondò di esperti e dotti segretari, mandandoli in tutta Europa, e nel mondo, alla ricerca di documenti, manoscritti e libri; fece tradurre molte opere dal greco al latino, estendendo la possibilità di consultarli a un pubblico maggiore di eruditi.

 

La biblioteca di Niccolò V «era costituita da un’unica sala»; chi completò il progetto di costruzione della Biblioteca e di catalogazione fu Sisto IV (1471-1484), che, con la Bolla Ad decorem militantis Ecclesiae del 15 giugno 1475, diede anche sede a innumerevoli libri manoscritti, fece collocare la Biblioteca presso un edificio il cui ingresso era dal cortile detto «dei Pappagalli» e la veduta sul cortile del Belvedere. Ne fece decorare le aule, dette Bibliotheca Latina, Bibliotheca Graeca, Bibliotheca Secreta, Bibliotheca Pontificia, da alcuni dei migliori artisti del tempo, come il Ghirlandaio, oppure il Teutonico.

 

Venne inoltre introdotto la carica del Bibliotecario, aiutato da tre sottoposti e da un legatore di libri. Nello stesso anno venne anche effettuato un nuovo inventario, che descriveva oltre 2.500 codici, tra cui il Codex Vaticanus, il più antico testo completo della Bibbia in greco, che, insieme al Sinaiticus e l’Alexandrinus, costituisce una delle testimonianze più importanti della tradizione manoscritta biblica.

 

Il numero di scritti continuò ad aumentare incessantemente, passando da un totale di 2.527 codici nel 1475 a 3.498 codici nel 1481. Ma gli acquisti e le acquisizioni di libri continuarono negli anni successivi alla morte di Sisto IV, soprattutto durante il papato di Leone X (1513-1521), quando i codici catalogati arrivarono a 4.100 di numero, fino all'inizio del XVII secolo quando si dovette costruire un nuovo edificio per ospitare l'enorme materiale sempre in continua crescita.

 

Già alla fine del Cinquecento si era sentita l'esigenza di separare il materiale archivistico, prima con Gregorio XIII (1572-1585), il primo a concepirne l'idea, e poi con Paolo V (1605-1621), che decise di istituire la competenza di un’istituzione privata, l'Archivio Segreto Vaticano.

 

Il nuovo edificio fu però realizzato da Sisto V (1585-1590), che incaricò l'architetto D. Fontana del progetto: il Cortile di Belvedere venne diviso in due e il nuovo edificio «sorse sulle scale divisorie tra il Cortile del Belvedere e quello detto ora della Biblioteca».

 

Addirittura molte biblioteche di origine principesca o di personaggi ricchi del tempo vennero acquistate interamente, o accorpate alla Biblioteca Vaticana come la biblioteca di Fulvio Orsini nel 1602, la biblioteca Palatina di Heidelberg nel 1623 donata dal Duca di Baviera Massimiliano I, la biblioteca dei duchi di Urbino nel 1657 acquistata dal papa Alessandro VII (1655-1667) e la raccolta della Regina Cristina di Svezia nel 1690 comprata da Alessandro VIII (1689-1691).

 

La Biblioteca così si espanse ulteriormente, fino al XVIII secolo, quando vennero ad aggiungersi anche collezioni antiquarie e artistiche. Tra le prime opere del pontificato di Clemente XII (1730-1740) vi fu l’elezione a Bibliotecario del Card. Angelo Maria Quirini, «personaggio non solo di carattere intraprendente, ma di grande dottrina, ricco d’ingegno e di censo» che per la Biblioteca comprò nuovi manoscritti, aggiunse una nuova sala, acquistò un gran numero di vasi etruschi e ottenne in cambio di diecimila scudi il famoso medagliere contenente la serie degli Imperatori Romani, la maggiore esistente al mondo dopo quella di Francia.

 

Sempre a questo periodo risale la prima raccolta di papiri, donati dal marchese Scipione Maffei, in cambio di seicento scudi. Il successore di Clemente XII, Benedetto XIV (1740-1758) fu il fondatore del Museo Sacro o delle Antichità Cristiane, annesso poi alla Biblioteca. Il Museo Sacro si compose inizialmente di due Musei da poco comprati: il Museo Vettori e il Museo Carpegna.

 

Il Museo Vettori era composto da 6500 impronte di gemme, mentre il Museo Carpegna raccoglieva soprattutto vetri cimiteriali e altri oggetti estratti dalle catacombe. Vennero ancora acquistate altre due importanti biblioteche: nel 1746 la Biblioteca Capponiana e nel 1748 quella Ottoboniana. Con Pio VI (1775-1799) si aggiunsero ulteriori manoscritti e raccolte di stampe, come la Collezione Sfragistica, che racchiude oltre seicento sigilli alla già ricca collezione della Biblioteca.

 

Nel 1786 acquistò la biblioteca Conti per 250 scudi: tra i libri a penna si ricordano i due Ebraici 485, e 486, che contenevano un Pentateuco con versione letterale latina. Tra i diversi codici invece si ricordano le Novelle di Teodosio e Maioriano Imperatori, e il famoso Codice Marchaliano, «oggi Vat.Gr. 2125», così chiamato perché appartenuto a Renato Marchal: quest’ultimo contiene l’opera completa di tutti i Profeti, Maggiori e Minori, secondo la recensione eseplare. Fece decorare il magnifico Gabinetto de’Papiri. Sotto il suo pontificato venne diviso il materiale sacro da quello profano, dando così vita al Museo Profano. Ma la fine del suo pontificato fu turbata dall’invasione francese in Italia, con le depredazioni repubblicane, che portarono via molti cimeli considerati di enorme valore, come vasi etruschi e soprattutto il Medagliere, che non fece più ritorno.

 

Solo dopo il 1815 si riuscirono a recuperare in parte i codici perduti e le edizioni rare sottratte. Si arricchì inoltre della libreria del Card. Zelada e della raccolta delle rinomate gemme di Vienna, offerte dall’Imperatore d’Austria Francesco I.

 

Venne così a formarsi il Gabinetto Numismatico, composto da più di cinquantamila medaglie, più i piombi pontifici, gemme ecc. Negli ultimi anni di pontificato vennero introdotti anche papiri egizi offerti dal missionario P. Angelo da Pofi e dal viaggiatore Belzoni.

 

Leone XII (1823-1829) acquistò i manoscritti della Biblioteca di Casa Colonna di Cencio Camerario, divenuto poi papa Onorio III (1216-1227), e la libreria del Conte Leopoldo Cicognara, rinomato storico, arricchendo così enormemente la Biblioteca Vaticana.

 

Gregorio XVI (1830-1846) mise a disposizione le Sale Borgia, decorate dal Pinturicchio, formò i Musei Egizio ed Etrusco, trasferendo la maggior parte dei papiri egiziani dalla Biblioteca al Museo a essi dedicato.

 

Leone XIII (1878-1903) diede un grande impulso alla modernizzazione della Biblioteca: agevolò per tutti l’uso dei tesori letterari di cui la Biblioteca e l’Archivio disponevano, ordinando la stampa de’Catalogi, affinché i manoscritti fossero alla portata di ognuno.

 

Il Gabinetto Numismatico accrebbe il suo valore con le raccolte della Glittica e della Sfragistica.

 

Nel 1892 la Grande Sala dell’armeria divenne una sala di consultazione per i 200.000 libri stampati, prima posti nell’Appartamento Borgia. Fu inoltre costituito il Laboratorio Interno di Restauro nel 1890, che portò a organizzare la storica Conferenza internazionale di San Gallo, considerata l’inizio della moderna scienza del restauro.

 

Nel 1900 fu pubblicato il primo volume della collana “Studi e testi” dell’attività editoriale della Biblioteca. Due anni dopo si giunse all’acquisto della grande biblioteca dei Barberini, con più di undicimila manoscritti greci e latini, e di oltre trentaseimila stampati. Nel 1912, verso la fine del pontificato di Pio X (1903-1914), venne aperta al pubblico una nuova sala di consultazione di manoscritti, e accanto a essa un deposito per i codici, dove diversi manoscritti furono trasportati dal Salone Sistino.

 

Nel 1921 la Biblioteca ricevette, dopo vari trasferimenti, anche il fondo di circa 1.200 manoscritti e di 8.000 stampati raccolti da Giovanni Francesco de’Rossi, mentre solo un anno dopo il governo italiano donò la biblioteca della famiglia Chigi, raccolta a partire dal XVII secolo da Fabio Chigi, poi Alessandro VII.

 

Si calcolò che solo durante il pontificato di Pio XI (1922-1939), furono più che raddoppiati i libri a stampa: da 300.000 a circa 700.000 libri. Pio XI aprì inoltre nel cortile del Belvedere un nuovo ingresso e realizzò un nuovo deposito destinato ai libri a stampa. Sempre in questo periodo furono organizzati importanti scambi culturali, anche con l’America.

 

Nel 1934 venne istituita la “Scuola di Biblioteconomia”, tutt’oggi esistente. Durante il pontificato di Paolo VI la biblioteca si dotò di un ulteriore grande magazzino, posto nell’ala occidentale del Cortile del Belvedere, per gli stampati, capace di contenere 400.000 volumi, e di una nuova sede per il Medagliere.

 

All’inizio degli anni’80 fu costruito un nuovo deposito sotterraneo di sicurezza per i manoscritti, con 10 km di scaffali, con l’obiettivo di salvarli in caso di calamità. Nel 1985 la catalogazione cartacea venne definitivamente sostituita da quella elettronica, con riconversione negli anni successivi dei dati presenti nelle schede manoscritte e dattiloscritte nel catalogo elettronico.

 

I materiali custoditi oggi dalla Biblioteca Vaticana coprono un arco temporale di oltre 2.500 anni e numerosi campi del sapere umano: dalla letteratura alla storia, dalla matematica alla medicina, dalla liturgia alla teologia.

 

Attualmente la Biblioteca contiene più di 80.000 manoscritti, 100.000 unità archivistiche, migliaia di cinquecentine e seicentine, 150.000 fra stampe, disegni e matrici, oltre 160.000 fotografie, 300.000 tra monete e medaglie, 1.500.000 stampati moderni.

 

L'ammissione alla Biblioteca è ancora oggi molto controllata: infatti è consentita ai soli ricercatori e studiosi qualificati, a docenti e ricercatori universitari o di istituti superiori e in via eccezionale anche a studenti laureandi. Per essere ammessi, essi devono presentare una lettera di malleveria e la Biblioteca si riserva il diritto di assicurarsi che essi dispongano della competenza e dell’esperienza necessarie per trattare il materiale prezioso con la dovuta cura.



 

 

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