N. 63 - Marzo 2013 
                          
                          (XCIV)
																						L’Operazione Quercia
																						La liberazione di Mussolini dalla prigione più alta del mondo
																						di Tommaso Cherubini
																			 
																			
																			
																			Nella 
																			notte 
																			tra 
																			il 
																			24 e 
																			il 
																			25 
																			luglio 
																			del 
																			1943 
																			si 
																			svolse 
																			l’ultima, 
																			drammatica 
																			seduta 
																			del 
																			Gran 
																			Consiglio 
																			del 
																			fascismo: 
																			dieci 
																			lunghe 
																			ore 
																			di 
																			arringhe 
																			e di 
																			confronti 
																			tra 
																			i 
																			componenti 
																			dell’organo 
																			fascista 
																			sull’esame 
																			dell’andamento 
																			del 
																			conflitto 
																			mondiale 
																			terminarono 
																			con 
																			la 
																			presentazione 
																			da 
																			parte 
																			di 
																			Dino 
																			Grandi, 
																			uno 
																			dei 
																			gerarchi 
																			più 
																			influenti 
																			del 
																			regime, 
																			della 
																			mozione 
																			con 
																			la 
																			quale 
																			si 
																			chiedeva 
																			“l’immediato 
																			ripristino 
																			di 
																			tutte 
																			le 
																			funzioni 
																			statali” 
																			e la 
																			conseguente 
																			esautorazione 
																			dei 
																			poteri 
																			assoluti 
																			del 
																			Duce, 
																			assunti 
																			con 
																			le 
																			leggi 
																			fascistissime 
																			del 
																			1925.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Con 
																			l’approvazione 
																			dell’ordine 
																			del 
																			giorno 
																			Grandi, 
																			con 
																			19 
																			voti 
																			favorevoli 
																			contro 
																			8 
																			contrari 
																			e 1 
																			astenuto, 
																			il 
																			Re 
																			Vittorio 
																			Emanuele 
																			III 
																			ebbe 
																			a 
																			disposizione 
																			lo 
																			strumento 
																			politico 
																			più 
																			idoneo 
																			per 
																			destituire 
																			da 
																			ogni 
																			carica 
																			il 
																			Duce 
																			e 
																			affidare 
																			il 
																			governo 
																			al 
																			Maresciallo 
																			d’Italia, 
																			filo 
																			monarchico, 
																			Pietro 
																			Badoglio.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			A 
																			rendere 
																			ancora 
																			più 
																			mesta 
																			l’uscita 
																			dalla 
																			scena 
																			politica 
																			di 
																			un 
																			uomo 
																			ormai 
																			irriconoscibile 
																			che 
																			non 
																			rappresentava 
																			nemmeno 
																			l’ombra 
																			dell’uomo 
																			della 
																			provvidenza 
																			che 
																			per 
																			un 
																			ventennio 
																			aveva 
																			governato 
																			in 
																			modo 
																			assolutista 
																			e 
																			incontrastato 
																			l’Italia, 
																			fu 
																			l’ordine 
																			di 
																			arresto 
																			impartito 
																			dal 
																			Re 
																			nei 
																			confronti 
																			dello 
																			stesso 
																			Mussolini 
																			appena 
																			uscito 
																			da 
																			Villa 
																			Savoia, 
																			l’attuale 
																			Villa 
																			Ada 
																			in 
																			Roma.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Dal 
																			giorno 
																			dell’arresto 
																			Mussolini 
																			fu 
																			trasferito 
																			prima 
																			sull’isola 
																			di 
																			Ponza 
																			poi 
																			dal 
																			7 
																			agosto 
																			sull’isola 
																			di 
																			La 
																			Maddalena 
																			e 
																			infine 
																			sul 
																			Gran 
																			Sasso 
																			a 
																			Campo 
																			Imperatore. 
																			I 
																			repentini 
																			cambi 
																			dei 
																			luoghi 
																			di 
																			prigionia 
																			erano 
																			dovuti 
																			al 
																			fatto 
																			che 
																			Hitler 
																			aveva 
																			manifestato 
																			anche 
																			pubblicamente 
																			la 
																			ferma 
																			intenzione 
																			di 
																			liberare 
																			l’amico 
																			Mussolini: 
																			già 
																			il 
																			26 
																			luglio 
																			in 
																			una 
																			riunione 
																			presso 
																			la 
																			Wolfsschanze, 
																			la 
																			cosiddetta 
																			Tana 
																			del 
																			Lupo 
																			in 
																			cui 
																			si 
																			rifugiava 
																			Hitler, 
																			lo 
																			stesso 
																			Furher 
																			ordinò 
																			al 
																			generale 
																			dell’aviazione 
																			tedesca 
																			Student 
																			di 
																			partire 
																			per 
																			Roma 
																			e di 
																			coordinare 
																			le 
																			attività 
																			operative 
																			e di 
																			intelligence 
																			finalizzate 
																			alla 
																			scoperta 
																			del 
																			luogo 
																			di 
																			detenzione 
																			del 
																			Duce 
																			e 
																			provvedere 
																			alla 
																			sua 
																			liberazione 
																			per 
																			trasferirlo 
																			in 
																			Germania.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Al 
																			generale 
																			Student 
																			furono 
																			affiancati, 
																			oltre 
																			ai 
																			reparti 
																			paracadutisti 
																			al 
																			comando 
																			del 
																			maggiore 
																			Harold 
																			Mors 
																			che 
																			avrebbero 
																			svolto 
																			l’attività 
																			operativa 
																			della 
																			missione, 
																			il 
																			responsabile 
																			del 
																			Servizio 
																			di 
																			Sicurezza 
																			tedesco 
																			a 
																			Roma 
																			Herbert 
																			Kappler 
																			e un 
																			reparto 
																			dello 
																			stesso 
																			Servizio 
																			di 
																			Sicurezza 
																			comandato 
																			dal 
																			capitano 
																			delle 
																			SS 
																			Otto 
																			Skorzeny, 
																			inviato 
																			direttamente 
																			da 
																			Berlino.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Ad 
																			agosto 
																			i 
																			tedeschi 
																			scoprirono 
																			rapidamente 
																			il 
																			secondo 
																			luogo 
																			di 
																			detenzione 
																			del 
																			Duce, 
																			Villa 
																			Weber 
																			sull’isola 
																			di 
																			La 
																			Maddalena. 
																			Grazie 
																			all’attività 
																			spionistica 
																			di 
																			Skorzeny 
																			e al 
																			cospicuo 
																			fondo 
																			riservato 
																			all’operazione 
																			Quercia 
																			di 
																			50.000 
																			sterline 
																			false 
																			stampate 
																			da 
																			falsari 
																			ebrei 
																			internati 
																			presso 
																			il 
																			lager 
																			di 
																			Sachsenhausen 
																			con 
																			il 
																			quale 
																			vennero 
																			comprate 
																			importanti 
																			informazioni, 
																			i 
																			tedeschi 
																			individuarono 
																			la 
																			prigione 
																			di 
																			Mussolini.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Probabilmente 
																			Badoglio 
																			apprese 
																			la 
																			notizia 
																			di 
																			un 
																			imminente 
																			attacco 
																			tedesco 
																			a 
																			Villa 
																			Weber, 
																			pertanto 
																			decise 
																			di 
																			ordinare 
																			il 
																			trasferimento 
																			dello 
																			scomodo 
																			detenuto, 
																			che 
																			sarebbe 
																			avvenuto 
																			il 
																			26 
																			agosto, 
																			presso 
																			l’albergo 
																			di 
																			Campo 
																			Imperatore 
																			sul 
																			Gran 
																			Sasso 
																			d’Abruzzo. 
																			I 
																			tedeschi 
																			si 
																			accorsero 
																			solo 
																			il 
																			29 
																			agosto, 
																			un 
																			attimo 
																			prima 
																			di 
																			attuare 
																			il 
																			piano 
																			d’assalto 
																			alla 
																			Villa 
																			sarda, 
																			che 
																			Mussolini 
																			era 
																			stato 
																			trasferito, 
																			impiegando 
																			una 
																			settimana 
																			circa 
																			a 
																			individuare 
																			la 
																			nuova 
																			prigione, 
																			grazie 
																			tra 
																			l’altro 
																			all’intercettazione 
																			e 
																			codificazione 
																			di 
																			un 
																			messaggio 
																			cifrato 
																			dell’ispettore 
																			Gueli, 
																			responsabile 
																			della 
																			custodia 
																			del 
																			Duce, 
																			inviato 
																			al 
																			capo 
																			della 
																			polizia 
																			Senise, 
																			nel 
																			quale 
																			si 
																			assicurava 
																			l’ultimazione 
																			del 
																			dispiegamento 
																			di 
																			un 
																			sistema 
																			di 
																			sicurezza 
																			e 
																			protezione 
																			intorno 
																			al 
																			Gran 
																			Sasso.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Si 
																			intensificarono 
																			dunque 
																			le 
																			indagini 
																			conoscitive 
																			intorno 
																			al 
																			Gran 
																			Sasso 
																			da 
																			parte 
																			degli 
																			uomini 
																			della 
																			Luftwaffe 
																			di 
																			Student 
																			e 
																			degli 
																			uomini 
																			di 
																			Skorzeny: 
																			entrambi 
																			i 
																			reparti 
																			collaborarono 
																			tra 
																			loro 
																			con 
																			reciproca 
																			diffidenza, 
																			che 
																			si 
																			sarebbe 
																			palesata 
																			anche 
																			durante 
																			il 
																			prosieguo 
																			dell’operazione. 
																			L’astio 
																			tra 
																			Student 
																			e 
																			Skorzeny, 
																			ma 
																			soprattutto 
																			la 
																			rivalità 
																			di 
																			quest’ultimo 
																			con 
																			Kappler 
																			si 
																			acuirono 
																			dal 
																			momento 
																			in 
																			cui 
																			la 
																			missione 
																			di 
																			Skorzeny, 
																			scoprire 
																			il 
																			nuovo 
																			rifugio 
																			del 
																			detenuto 
																			Mussolini, 
																			sembrava 
																			ultimata.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Le 
																			informazioni 
																			assunte 
																			tramite 
																			l’intercettazione 
																			di 
																			Gueli 
																			da 
																			parte 
																			di 
																			Kappler 
																			fu 
																			ripresa 
																			da 
																			Skorzeny 
																			il 
																			quale, 
																			attraverso 
																			vari 
																			sopralluoghi 
																			e 
																			avendo 
																			constatato 
																			un 
																			inconsueto 
																			movimento 
																			di 
																			militari 
																			intorno 
																			a 
																			una 
																			zona 
																			isolata 
																			come 
																			era 
																			il 
																			Gran 
																			Sasso, 
																			confermò 
																			l’ubicazione 
																			della 
																			nuova 
																			prigione 
																			del 
																			Duce. 
																			Ma 
																			l’indagine 
																			spionistica 
																			non 
																			fu 
																			così 
																			efficace 
																			da 
																			individuare 
																			la 
																			composizione 
																			e 
																			l’armamento 
																			del 
																			gruppo 
																			di 
																			militari 
																			italiani 
																			impegnati 
																			sul 
																			Gran 
																			Sasso.
																			 
																			
																			
																			Mussolini 
																			intanto 
																			dopo 
																			le 
																			peripezie 
																			dei 
																			trasferimenti 
																			forzati 
																			terminò 
																			il 
																			suo 
																			primo 
																			mese 
																			di 
																			detenzione 
																			in 
																			quella 
																			che 
																			lui 
																			stesso 
																			definì 
																			la 
																			più 
																			alta 
																			prigione 
																			del 
																			mondo, 
																			il 
																			rifugio 
																			albergo 
																			di 
																			Campo 
																			Imperatore 
																			a 
																			2200 
																			metri 
																			d’altezza.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			La 
																			vigilanza 
																			del 
																			sito 
																			e 
																			del 
																			sorvegliato 
																			speciale 
																			fu 
																			affidata 
																			a un 
																			numero 
																			di 
																			carabinieri 
																			e 
																			poliziotti 
																			piuttosto 
																			esiguo 
																			rispetto 
																			a 
																			quello 
																			necessario 
																			a 
																			fronteggiare 
																			un 
																			eventuale 
																			blitz 
																			tedesco: 
																			il 
																			nucleo 
																			alle 
																			dipendenze 
																			dell’ispettore 
																			generale 
																			di 
																			polizia 
																			Giuseppe 
																			Gueli 
																			e 
																			del 
																			tenente 
																			dei 
																			carabinieri 
																			Alberto 
																			Faiola 
																			era 
																			costituito 
																			da 
																			43 
																			carabinieri 
																			e 30 
																			poliziotti.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Una 
																			volta 
																			accertato 
																			che 
																			Mussolini 
																			dal 
																			6 
																			settembre 
																			risiedeva 
																			nel 
																			campo 
																			rifugio 
																			abruzzese 
																			i 
																			tedeschi 
																			si 
																			concentrarono 
																			sulla 
																			pianificazione 
																			dell’operazione 
																			militare 
																			di 
																			liberazione. 
																			L’orografia 
																			del 
																			paesaggio 
																			impediva 
																			un’azione 
																			terrestre 
																			su 
																			larga 
																			scala, 
																			almeno 
																			in 
																			principio. 
																			Pertanto 
																			il 
																			maggiore 
																			dei 
																			paracadutisti 
																			Mors 
																			illustrò 
																			il 
																			piano 
																			studiato 
																			per 
																			l’occasione 
																			al 
																			generale 
																			Student: 
																			l’attacco 
																			a 
																			sorpresa 
																			ai 
																			carcerieri 
																			di 
																			Mussolini 
																			sarebbe 
																			partito 
																			dal 
																			cielo 
																			attraverso 
																			un 
																			gruppo 
																			di 
																			alianti 
																			al 
																			comando 
																			del 
																			tenente 
																			von 
																			Berlepsch, 
																			sostenuto 
																			da 
																			terra 
																			dal 
																			resto 
																			del 
																			battaglione 
																			al 
																			comando 
																			del 
																			maggiore 
																			Mors 
																			che 
																			avrebbe 
																			isolato 
																			l’area 
																			intorno 
																			al 
																			rifugio 
																			e 
																			impedito 
																			eventuali 
																			rinforzi 
																			italiani 
																			da 
																			L’Aquila. 
																			Il 
																			piano 
																			prevedeva 
																			l’impiego 
																			di 
																			circa 
																			500 
																			uomini 
																			su 
																			un 
																			territorio 
																			privo 
																			di 
																			collegamenti 
																			che 
																			per 
																			i 
																			tedeschi 
																			risultava 
																			particolarmente 
																			ostile 
																			in 
																			quanto 
																			ancora 
																			controllato 
																			dalle 
																			forze 
																			militari 
																			italiane. 
																			Inoltre 
																			i 
																			tedeschi 
																			non 
																			erano 
																			riusciti 
																			a 
																			quantificare 
																			le 
																			forze 
																			nemiche, 
																			ma 
																			si 
																			presumeva 
																			che 
																			il 
																			numero 
																			dei 
																			militari 
																			italiani 
																			fosse 
																			piuttosto 
																			esiguo.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Nonostante 
																			qualche 
																			titubanza 
																			scaturita 
																			dalla 
																			volontà 
																			di 
																			preparare 
																			al 
																			meglio 
																			l’operazione 
																			e 
																			manifestata 
																			da 
																			Mors 
																			il 
																			quale 
																			preferiva 
																			un 
																			attacco 
																			notturno 
																			piuttosto 
																			che 
																			l’azione 
																			diurna 
																			pianificata, 
																			si 
																			decise 
																			di 
																			intervenire 
																			al 
																			più 
																			presto 
																			per 
																			evitare 
																			una 
																			nuova 
																			repentina 
																			fuga 
																			del 
																			prigioniero 
																			verso 
																			altre 
																			località. 
																			A 
																			questo 
																			punto 
																			dell’operazione 
																			il 
																			compito 
																			di 
																			Otto 
																			Skorzeny 
																			sembrò 
																			esaurito, 
																			ma 
																			il 
																			capitano, 
																			avendo 
																			presagito 
																			nuovi 
																			momenti 
																			di 
																			gloria, 
																			non 
																			volle 
																			rinunciare 
																			all’ambizione 
																			di 
																			partecipare 
																			all’effettiva 
																			liberazione 
																			del 
																			Duce, 
																			e 
																			chiese 
																			al 
																			generale 
																			Student 
																			di 
																			poter 
																			partecipare 
																			all’operazione 
																			militare. 
																			Student 
																			accordando 
																			al 
																			capitano 
																			quanto 
																			da 
																			lui 
																			richiesto, 
																			commise 
																			un 
																			errore 
																			di 
																			valutazione 
																			che 
																			avrebbe 
																			permesso 
																			all’arrivista 
																			Skorzeny 
																			di 
																			assumersi 
																			nell’immediato 
																			futuro 
																			il 
																			merito 
																			del 
																			buon 
																			esito 
																			dell’operazione.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Comunque 
																			Skorzeny 
																			avrebbe 
																			partecipato, 
																			secondo 
																			gli 
																			intendimenti 
																			del 
																			maggiore 
																			Mors, 
																			come 
																			mero 
																			osservatore 
																			e 
																			consigliere 
																			politico 
																			insieme 
																			ad 
																			altre 
																			SS, 
																			nel 
																			frattempo 
																			il 
																			capitano 
																			avvisò 
																			Berlino 
																			che 
																			la 
																			liberazione 
																			di 
																			Mussolini 
																			sarebbe 
																			stata 
																			imminente.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Alle 
																			3 di 
																			notte 
																			del 
																			12 
																			settembre 
																			il 
																			maggiore 
																			Mors 
																			alla 
																			testa 
																			di 
																			circa 
																			trecento 
																			tedeschi 
																			del 
																			battaglione 
																			paracadutisti 
																			si 
																			diresse 
																			verso 
																			Assergi 
																			per 
																			occupare 
																			la 
																			funivia 
																			che 
																			sale 
																			a 
																			Campo 
																			Imperatore 
																			e 
																			che 
																			rappresentava 
																			una 
																			via 
																			di 
																			comunicazione 
																			strategica 
																			per 
																			giungere 
																			al 
																			rifugio. 
																			Durante 
																			l’occupazione 
																			tedesca 
																			dei 
																			posti 
																			di 
																			controllo 
																			italiani 
																			caddero 
																			le 
																			uniche 
																			due 
																			vittime 
																			di 
																			questa 
																			operazione, 
																			cadute 
																			nell’oblio 
																			dell’anonimato, 
																			delle 
																			quali 
																			vogliamo 
																			almeno 
																			ricordare 
																			i 
																			nomi: 
																			la 
																			guardia 
																			forestale 
																			Pasqualino 
																			Di 
																			Tocco 
																			e il 
																			carabiniere 
																			Giovanni 
																			Natale.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Nel 
																			frattempo 
																			i 
																			piloti 
																			dei 
																			dieci 
																			alianti 
																			impiegati 
																			per 
																			raggiungere 
																			dall’alto 
																			il 
																			rifugio 
																			raggiunsero 
																			l’obiettivo, 
																			ma 
																			non 
																			tutti 
																			atterrarono 
																			perfettamente, 
																			a 
																			causa 
																			anche 
																			della 
																			spregiudicatezza 
																			del 
																			capitano 
																			Skorzeny 
																			il 
																			quale, 
																			pur 
																			di 
																			giungere 
																			per 
																			primo 
																			al 
																			cospetto 
																			di 
																			Mussolini, 
																			ordinò 
																			al 
																			proprio 
																			pilota 
																			di 
																			atterrare 
																			in 
																			picchiata 
																			mettendo 
																			a 
																			repentaglio 
																			la 
																			sicurezza 
																			e la 
																			vita 
																			degli 
																			equipaggi 
																			di 
																			due 
																			dei 
																			dieci 
																			alianti. 
																			Nonostante 
																			gli 
																			ordini 
																			di 
																			Student 
																			e 
																			Mors, 
																			l’ambizioso 
																			Skorzeny 
																			non 
																			rimase 
																			un 
																			semplice 
																			spettatore, 
																			ma 
																			con 
																			la 
																			sua 
																			consueta 
																			spavalderia 
																			cominciò 
																			a 
																			dettare 
																			i 
																			tempi 
																			dell’operazione 
																			aerea, 
																			approfittando 
																			del 
																			fatto 
																			che 
																			Mors 
																			era 
																			a 
																			terra, 
																			attestato 
																			presso 
																			la 
																			funivia.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			La 
																			reazione 
																			italiana 
																			al 
																			repentino 
																			atterraggio 
																			degli 
																			alianti 
																			fu 
																			sbigottita 
																			e 
																			lenta: 
																			i 
																			militari 
																			italiani 
																			non 
																			si 
																			sarebbero 
																			mai 
																			aspettati 
																			un’offensiva 
																			aerea, 
																			avendo 
																			ritenuto 
																			impossibile 
																			uno 
																			sbarco 
																			di 
																			paracadutisti.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Tra 
																			sgomento 
																			e 
																			incredulità 
																			gli 
																			italiani 
																			capirono 
																			subito 
																			che 
																			sarebbero 
																			stati 
																			facile 
																			obiettivo 
																			dei 
																			mitra 
																			tedeschi 
																			e 
																			non 
																			accennarono 
																			alla 
																			minima 
																			reazione, 
																			convinti 
																			anche 
																			dalla 
																			presenza 
																			di 
																			un 
																			generale 
																			italiano 
																			al 
																			seguito 
																			di 
																			Skorzeny: 
																			il 
																			generale 
																			delle 
																			guardie 
																			metropolitane 
																			Soleti, 
																			utilizzato 
																			più 
																			come 
																			ostaggio 
																			che 
																			come 
																			accompagnatore.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Tale 
																			arrendevole 
																			atteggiamento 
																			fu 
																			spiegato 
																			in 
																			seguito 
																			dallo 
																			stesso 
																			responsabile 
																			del 
																			dispositivo 
																			di 
																			sicurezza 
																			italiano 
																			Gueli, 
																			che 
																			dichiarò 
																			di 
																			aver 
																			appreso 
																			la 
																			notizia 
																			di 
																			un 
																			imminente 
																			azione 
																			tedesca 
																			per 
																			liberare 
																			Mussolini, 
																			avvalorata 
																			da 
																			un 
																			ambiguo 
																			telegramma 
																			del 
																			12 
																			settembre 
																			del 
																			capo 
																			della 
																			polizia 
																			Senise 
																			che 
																			invitava 
																			a 
																			comportarsi 
																			con 
																			la 
																			massima 
																			prudenza.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Pertanto 
																			l’ispettore 
																			Gueli 
																			diede 
																			degli 
																			ordini 
																			precisi, 
																			volti 
																			ad 
																			agevolare 
																			il 
																			più 
																			possibile 
																			il 
																			buon 
																			esito 
																			dell’operazione 
																			Quercia 
																			e 
																			neutralizzare 
																			le 
																			difese 
																			italiane 
																			prima 
																			ancora 
																			di 
																			qualsiasi 
																			cenno 
																			di 
																			reazione: 
																			fece 
																			accantonare 
																			le 
																			armi 
																			automatiche 
																			e le 
																			scorte 
																			di 
																			munizioni 
																			dentro 
																			una 
																			stanza 
																			chiusa 
																			a 
																			chiave; 
																			il 
																			giorno 
																			prima 
																			fece 
																			smontare 
																			le 
																			due 
																			mitragliatrici 
																			pesanti 
																			che 
																			erano 
																			poste 
																			sul 
																			tetto 
																			e 
																			che 
																			avrebbero 
																			potuto 
																			abbattere 
																			facilmente 
																			gli 
																			alianti; 
																			fece 
																			tenere 
																			i 
																			cani 
																			da 
																			guardia 
																			legati 
																			alla 
																			catena.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Nel 
																			dopoguerra 
																			questo 
																			atteggiamento 
																			unito 
																			all’insolito 
																			ottimismo 
																			mostrato 
																			prima 
																			della 
																			missione 
																			dal 
																			generale 
																			Student, 
																			che 
																			presagì, 
																			in 
																			modo 
																			quanto 
																			meno 
																			sospetto, 
																			che 
																			gli 
																			italiani 
																			non 
																			avrebbero 
																			sparato 
																			un 
																			colpo, 
																			lasceranno 
																			ipotizzare 
																			che 
																			la 
																			liberazione 
																			di 
																			Mussolini 
																			fosse 
																			stata 
																			barattata 
																			con 
																			la 
																			fuga 
																			del 
																			Re 
																			Vittorio 
																			Emanuele 
																			III 
																			da 
																			Roma; 
																			ma 
																			queste 
																			possono 
																			essere 
																			solo 
																			supposizioni.
																			 
																			
																			
																			In 
																			breve 
																			tempo 
																			i 
																			carcerieri 
																			italiani 
																			e i 
																			liberatori 
																			tedeschi 
																			si 
																			ritrovarono 
																			mischiati 
																			tra 
																			loro 
																			in 
																			attesa 
																			che 
																			uscissero 
																			dal 
																			rifugio 
																			gli 
																			ufficiali 
																			con 
																			Mussolini. 
																			Una 
																			volta 
																			messa 
																			fuori 
																			uso 
																			la 
																			radio 
																			in 
																			una 
																			stanza 
																			del 
																			rifugio, 
																			Skorzeny 
																			salì 
																			verso 
																			la 
																			stanza 
																			del 
																			Duce, 
																			la 
																			201, 
																			dove 
																			incontrò 
																			4 
																			uomini 
																			di 
																			guardia 
																			che 
																			non 
																			opposero 
																			alcuna 
																			resistenza: 
																			fu 
																			questo 
																			il 
																			momento 
																			storico 
																			al 
																			quale 
																			l’ambizioso 
																			Skorzeny 
																			non 
																			avrebbe 
																			mai 
																			rinunciato 
																			e 
																			per 
																			il 
																			quale 
																			aveva 
																			rischiato 
																			incoscientemente 
																			la 
																			vita 
																			propria 
																			e 
																			degli 
																			altri 
																			collaboratori.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Rimane 
																			dunque 
																			alle 
																			cronache 
																			storiche 
																			il 
																			saluto 
																			militare 
																			al 
																			Duce 
																			da 
																			parte 
																			di 
																			Skorzeny, 
																			che 
																			nel 
																			nome 
																			di 
																			Hitler 
																			comunicò 
																			allo 
																			stesso 
																			Mussolini 
																			di 
																			essere 
																			sul 
																			Gran 
																			Sasso 
																			per 
																			liberarlo.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Uno 
																			stanco 
																			e 
																			avvilito 
																			Mussolini, 
																			rispose 
																			in 
																			modo 
																			quasi 
																			meccanico 
																			ringraziando 
																			del 
																			gesto 
																			che 
																			aveva 
																			compiuto 
																			nei 
																			suoi 
																			confronti 
																			l’amico 
																			Hitler, 
																			avendo 
																			cura 
																			di 
																			dire 
																			le 
																			stesse 
																			parole 
																			nel 
																			momento 
																			in 
																			cui 
																			si 
																			presentò 
																			a 
																			lui 
																			il 
																			comandante 
																			effettivo 
																			dell’operazione, 
																			il 
																			maggiore 
																			Mors, 
																			che 
																			nel 
																			frattempo 
																			giunse 
																			presso 
																			il 
																			rifugio 
																			attraverso 
																			la 
																			funivia. 
																			Ma 
																			il 
																			Duce, 
																			appena 
																			uscito 
																			dal 
																			rifugio 
																			per 
																			sottoporsi 
																			alle 
																			attenzioni 
																			dell’apparato 
																			della 
																			propaganda 
																			tedesca 
																			con 
																			fotografie 
																			e 
																			riprese, 
																			si 
																			lasciò 
																			sfuggire 
																			di 
																			fronte 
																			al 
																			suo 
																			custode, 
																			il 
																			maresciallo 
																			Antichi, 
																			la 
																			frase 
																			“avrei 
																			preferito 
																			essere 
																			liberato 
																			dagli 
																			italiani 
																			“, 
																			manifestando 
																			una 
																			mal 
																			celata 
																			preoccupazione.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			L’ingombrante 
																			presenza 
																			del 
																			capitano 
																			Skorzeny 
																			si 
																			paleserà 
																			ancora 
																			una 
																			volta 
																			nel 
																			viaggio 
																			che 
																			avrebbe 
																			dovuto 
																			portare 
																			l’ex 
																			prigioniero 
																			a 
																			Pratica 
																			di 
																			Mare. 
																			Il 
																			piano 
																			prevedeva 
																			che 
																			un 
																			aereo 
																			biposto, 
																			il 
																			mitico 
																			modello 
																			Cicogna, 
																			avrebbe 
																			trasportato 
																			il 
																			Duce 
																			presso 
																			l’aeroporto 
																			di 
																			Pratica 
																			di 
																			Mare; 
																			a 
																			quel 
																			punto 
																			Skorzeny 
																			convinse 
																			l’ufficiale 
																			pilota 
																			a 
																			portarlo 
																			con 
																			sé 
																			vantando 
																			importanti 
																			amicizie 
																			negli 
																			ambienti 
																			militari 
																			berlinesi 
																			che 
																			avrebbero 
																			potuto 
																			agevolare 
																			la 
																			carriera 
																			del 
																			giovane 
																			pilota.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Nonostante 
																			le 
																			perplessità 
																			del 
																			maggiore 
																			Mors 
																			dovute 
																			alla 
																			stazza 
																			fisica 
																			di 
																			Skorzeny 
																			e 
																			alle 
																			ridotte 
																			dimensioni 
																			del 
																			biposto, 
																			l’aereo 
																			con 
																			Mussolini 
																			e 
																			Skorzeny 
																			decollò 
																			fortunosamente 
																			da 
																			una 
																			improvvisata 
																			pista 
																			alle 
																			ore 
																			15,00 
																			per 
																			fare 
																			rientro 
																			all’aeroporto 
																			di 
																			Pratica 
																			di 
																			Mare 
																			e 
																			ripartire 
																			successivamente 
																			per 
																			Vienna 
																			e 
																			infine 
																			verso 
																			la 
																			meta 
																			finale, 
																			Monaco 
																			di 
																			Baviera.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Terminata 
																			l’operazione 
																			militare 
																			cominciò 
																			la 
																			campagna 
																			di 
																			mistificazione 
																			dei 
																			fatti 
																			realmente 
																			accaduti: 
																			i 
																			cinegiornali 
																			e i 
																			giornali 
																			furono 
																			impegnati 
																			in 
																			una 
																			operazione 
																			mediatica 
																			di 
																			mitizzazione 
																			dell’operato 
																			delle 
																			SS 
																			durante 
																			la 
																			liberazione 
																			di 
																			Mussolini 
																			offuscando 
																			il 
																			reale 
																			merito 
																			militare 
																			di 
																			chi 
																			aveva 
																			pianificato 
																			l’azione, 
																			il 
																			maggiore 
																			Mors 
																			e i 
																			suoi 
																			paracadutisti.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			L’esaltazione 
																			di 
																			un 
																			successo 
																			più 
																			politico 
																			che 
																			militare 
																			da 
																			attribuire, 
																			secondo 
																			l’attenta 
																			regia 
																			del 
																			capo 
																			delle 
																			SS 
																			Himmler, 
																			alla 
																			polizia 
																			nazista 
																			permise 
																			a 
																			Skorzeny 
																			di 
																			godere 
																			di 
																			vantaggi 
																			immediati 
																			come 
																			la 
																			promozione 
																			sul 
																			campo 
																			al 
																			grado 
																			di 
																			maggiore, 
																			i 
																			complimenti 
																			ricevuti 
																			direttamente 
																			dal 
																			Fuhrer, 
																			una 
																			decorazione 
																			militare 
																			al 
																			valore, 
																			ma 
																			soprattutto 
																			gli 
																			permise, 
																			attraverso 
																			i 
																			numerosi 
																			contatti 
																			internazionali 
																			di 
																			costruirsi 
																			una 
																			vita 
																			dorata 
																			in 
																			Spagna, 
																			protetto 
																			dal 
																			regime 
																			franchista.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Infatti 
																			dopo 
																			un 
																			breve 
																			periodo 
																			vissuto 
																			in 
																			un 
																			campo 
																			di 
																			denazificazione, 
																			dal 
																			quale 
																			scappò 
																			nel 
																			1948, 
																			grazie 
																			a 
																			personaggi 
																			indiscutibilmente 
																			legati 
																			al 
																			nazismo 
																			come 
																			il 
																			milionario 
																			delle 
																			acciaierie 
																			Krupp, 
																			alla 
																			protezione 
																			di 
																			uomini 
																			del 
																			calibro 
																			di 
																			Otto 
																			Wolff 
																			von 
																			Amerongen, 
																			cofondatore 
																			del 
																			club 
																			Bilderberg, 
																			gruppo 
																			di 
																			ricchi 
																			potenti 
																			ultimamente 
																			salito 
																			alla 
																			ribalta 
																			delle 
																			cronache 
																			economiche 
																			mondiali.
																			 
																			
																			
																			Otto 
																			Skorzeny 
																			riuscì 
																			a 
																			sfuggire 
																			anche 
																			a 
																			Simon 
																			Wiesenthal, 
																			il 
																			cacciatore 
																			di 
																			nazisti 
																			che 
																			lo 
																			inseguì 
																			fino 
																			a 
																			Madrid, 
																			giungendo 
																			al 
																			paradosso 
																			di 
																			proporsi 
																			come 
																			spia 
																			nel 
																			servizio 
																			segreto 
																			israeliano, 
																			il 
																			Mossad 
																			e 
																			nella 
																			CIA 
																			americana. 
																			Gli 
																			altri 
																			protagonisti 
																			della 
																			liberazione 
																			di 
																			Mussolini 
																			ebbero 
																			altri 
																			destini.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			maggiore 
																			Mors 
																			nel 
																			gennaio 
																			del 
																			1944 
																			fu 
																			trasferito 
																			sul 
																			fronte 
																			russo 
																			con 
																			il 
																			sospetto 
																			che 
																			tale 
																			destinazione 
																			fosse 
																			la 
																			punizione 
																			per 
																			le 
																			proteste 
																			avanzate 
																			contro 
																			Skorzeny, 
																			volte 
																			a 
																			ristabilire 
																			la 
																			verità 
																			dei 
																			fatti 
																			accaduti 
																			sul 
																			Gran 
																			Sasso. 
																			L’ispettore 
																			Gueli, 
																			determinante 
																			nell’ordinare 
																			una 
																			anomala 
																			passività 
																			del 
																			reparto 
																			a 
																			custodia 
																			del 
																			Duce, 
																			riparò 
																			nel 
																			Nord 
																			Italia 
																			aderendo 
																			alla 
																			Repubblica 
																			Sociale 
																			Italiana 
																			per 
																			essere 
																			condannato 
																			dopo 
																			la 
																			liberazione 
																			a 
																			otto 
																			anni 
																			di 
																			detenzione 
																			per 
																			crimini 
																			di 
																			guerra. 
																			Conosciamo 
																			bene 
																			invece 
																			il 
																			destino 
																			del 
																			protagonista, 
																			suo 
																			malgrado, 
																			dell’operazione 
																			Quercia.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			La 
																			liberazione 
																			di 
																			Mussolini 
																			e la 
																			conseguente 
																			costituzione 
																			della 
																			Repubblica 
																			Sociale 
																			Italiana 
																			nel 
																			Nord 
																			Italia, 
																			avrebbero 
																			gettato 
																			per 
																			quasi 
																			un 
																			biennio 
																			il 
																			Paese 
																			nell’angoscia 
																			della 
																			prosecuzione 
																			di 
																			una 
																			guerra 
																			ormai 
																			persa 
																			e 
																			nella 
																			drammaticità 
																			di 
																			una 
																			cruenta 
																			e 
																			sanguinosa 
																			guerra 
																			civile.
																			
																			 
																			 
																			
																			
																			Riferimenti 
																			bibliografici:
																			 
																			
																			
																			G. 
																			Fissore,
																			
																			Operazione 
																			Quercia 
																			in 
																			Focus 
																			Storia, 
																			n. 
																			63, 
																			gennaio 
																			2012
																			
																			
																			M. 
																			Mucha,
																			
																			El 
																			archivo 
																			secreto 
																			in
																			
																			La 
																			Aventura 
																			de 
																			la 
																			Historia,
																			
																			n. 
																			165 
																			anno 
																			XIII
																			
																			
																			M.
																			
																			
																			Patricelli, 
																			Settembre 
																			1943 
																			i 
																			giorni 
																			della 
																			vergogna, 
																			Editori 
																			Laterza, 
																			Roma-Bari 
																			2009
																			
																			
																			O.
																			
																			
																			Skorzeny,
																			
																			Memorie 
																			segrete, 
																			Garzanti, 
																			Milano, 
																			1954.
																							
																			
																			
																			
																			
																							
																			 
																			
																			