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N. 57 - Settembre 2012 (LXXXVIII)

NICHOLAS J. HAMMOND
UNA VITA “DENTRO” LA STORIA

di Massimo Manzo

 

Chiunque decida di accostarsi, per studio, lavoro o passione alla storia dell’antica Macedonia non può fare a meno degli scritti dell’inglese Nicholas J. Hammond, considerato ancora oggi uno degli esperti più autorevoli in materia.


Il contenuto delle sue opere è stato il punto di partenza fondamentale di tutte le ricerche che nel corso del tempo hanno approfondito una parte altrimenti sconosciuta di storia antica.


Il grande contributo accademico di Hammond non è però solo il frutto di una brillante carriera universitaria, ma deriva da una conoscenza profondissima dei luoghi, acquisita nel corso di una vita tutt’altro che “meditativa”. Forse anche per questo risulta incredibilmente completo e privo di quell’approccio esclusivamente teorico (e in molti casi astratto) che caratterizza la maggioranza degli scritti di storia antica.


Nato il 15 novembre 1907 ad Ayr (nel sud della Scozia) da una famiglia di forti tradizioni clericali, Hammond manifesta molto presto il suo interesse per lo studio della storia antica, frequentando prima il College di Fettes ad Edimburgo e poi il Gonville and Caius College di Cambridge, dove si fa notare sia per l’impegno profuso negli studi che per la forte passione sportiva.


Cosa non comune agli intellettuali, il giovane riesce ad eccellere in entrambi i campi. Quando non è impegnato nelle ricerche gioca a tennis e diventa il presidente dell’Hockey Club universitario. Nel 1930, ad appena 22 anni, gli viene offerto il suo primo incarico nel vicino college di Clare, nel quale si confronta con studiosi brillanti, dimostrando di reggere il confronto nonostante la notevole differenza d’età.


Assecondando il suo spirito avventuroso, in quegli stessi anni Hammond compie lunghe esplorazioni nel nord della Grecia ed in Albania. Viaggia da solo, battendo palmo a palmo i territori dell’antico Epiro e della Macedonia, attraversando a piedi zone spesso ostili e selvagge e appuntando con la massima meticolosità percorsi e scoperte.


Impara a padroneggiare il greco moderno e osserva con attenzione la mentalità e i costumi delle popolazioni di pastori nomadi albanesi con le quali riesce ad entrare in contatto. Non sono solo “stravaganze” le sue, ma incontri importantissimi, che gli permettono di comprendere ancora meglio la nascita e l’evoluzione sociale degli antichi abitanti di quel territorio.


In effetti, come spesso noterà nei suoi scritti, l’isolamento dalla modernità in cui vivono i popoli nomadi permette in alcuni casi di avverare il sogno di tutti gli storici: viaggiare indietro nel tempo, attraverso l’osservazione di tradizioni rimaste invariate nei secoli.


Alla vigilia del secondo conflitto mondiale, l’esercito di Sua Maestà Britannica chiede al giovane Hammond di mettere le sue preziosissime conoscenze al servizio del paese. La Grecia e i Balcani sono infatti uno dei tanti fronti in cui gli inglesi sono coinvolti contro le forze dell’Asse. E Nicholas, avendo esplorato in lungo e in largo quelle zone, può essere utilissimo per dare ogni sorta di indicazione ai britannici, che appoggiano la resistenza greca.


Si tratta di un compito rischioso, ma Hammond vuole fare la sua parte e combattere in prima linea. Dopo qualche mese trascorso ad Atene nel 1941, partecipa alla ritirata dell'esercito britannico e riesce a raggiungere prima il Cairo e poi Haifa, in Palestina, dove addestra personalmente i resistenti greci che di li a poco dovranno essere paracadutati nel loro paese per contrastare gli occupanti tedeschi.


Lui stesso viene paracadutato in Tessaglia nel ‘43, curando come ufficiale i collegamenti con l’ELAS, l’esercito di liberazione ellenico. Tra le montagne che ama, questa volta nel pieno di una guerra, si distingue per coraggio e abilità, sfruttando al massimo ciò che ha appreso durante le esplorazioni giovanili. Partecipa ad azioni sotto copertura, al limite dell’eroico, conquistando il rispetto dei greci oltre che dei suoi connazionali.


Nel corso del conflitto tenta inoltre in tutti i modi di mettere d’accordo le opposte frange che compongono la resistenza, riuscendo a tenere a bada i comunisti, dei quali intuisce la pericolosità (saranno questi ultimi a far scoppiare la guerra civile subito dopo la cacciata dei tedeschi).


Hammond finisce dunque la guerra con il grado di tenente colonnello, avendo al suo attivo una meritata medaglia al valore per la dedizione mostrata.


Anche l’esperienza del conflitto fu un elemento essenziale nella formazione dello studioso, il quale guardò al teatro delle operazioni non solo con gli occhi del soldato ma soprattutto con quelli dello storico.


Nei decenni seguenti ritornerà spesso nei Balcani, in Tracia, Epiro e nella Macedonia greca, pubblicando saggi in cui tratterà in modo completo e incredibilmente dettagliato la storia di quelle terre, coprendo un periodo lunghissimo.


Impossibile elencarli tutti. Si va da saggi ed articoli sulla storia generale dell’antica Grecia a un atlante dei Balcani. Ne esistono due che però rimarranno i più originali e innovativi: la sua colossale storia della Macedonia in tre volumi (dalla preistoria alla conquista romana) e la storia dell’Epiro, ugualmente ricca e preziosa.


I suoi sforzi lo portano ad individuare dei siti altrimenti sconosciuti. Molto prima, ad esempio, che la straordinaria scoperta delle tombe reali di Ege (attuale Vergina) da parte del celebre archeologo Manolis Andronikos riaccendesse l’interesse verso l’antico regno di Macedonia, le ricerche e le indagini sul campo compiute da Hammond avevano individuato con straordinaria precisione l’ubicazione della capitale macedone e di altre importanti città.


Morto nel marzo del 2001 a novantatré anni quest’uomo straordinario, ben lontano dallo stereotipo del professore, è riuscito ad entrare lui stesso “dentro” la storia dei luoghi che tanto amava.



 

 

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