.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

 

 

 

.

contemporanea


N. 56 - Agosto 2012 (LXXXVII)

riflessioni sul New Deal
i primi 100 giorni

di Mira Susic

 

La crisi economico-finanziaria nella quale si dibatte oggi il mondo viene paragonata alla Grande Depressione scaturita dal crollo della borsa newyorkese del 24 ottobre 1929. Molti analisti evidenziano le similitudini tra la crisi odierna e il collasso finanziario ed economico della prima metà del XX secolo.

 

Storicamente parlando entrambe le crisi sono figlie di una particolare visione del ruolo dello Stato nell’economia e degli squilibri finanziari dovuti alla cosiddetta finanza creativa e speculativa.

 

Il concetto del libero mercato escludeva a priori l’ingerenza dello Stato o del governo in economia. Laisser-faire economics o il neoliberalismo economico odierno diventò ed è ancora la base del sistema della politica economica mondiale che trova nella globalizzazione la sua versione moderna.

 

Secondo questa concezione economica il mercato poteva e può autoregolarsi disponendo a tale scopo al suo interno di tutti i mezzi necessari alla stabilizzazione in caso di crisi. La competizione avrebbe dovuto, secondo i fautori del liberalismo sfrenato, regolare i prezzi, i salari e, di conseguenza, la domanda e l’offerta. In pratica ogni intervento esterno (in sostanza dello stato) nel mercato avrebbe leso la sua dinamica interna regolatrice.

 

Dopo la prima guerra mondiale gli Stati Uniti d’America erano diventati la prima potenza economica del mondo raggiungendo livelli di ricchezza superiori di quelli dell’Europa, dove i paesi coinvolti nel sanguinoso conflitto dovevano affrontare i costi della ricostruzione, il pagamento dei debiti contratti con i creditori americani e ampi problemi sociali.

 

Fra il 1922 e il 1928 la produzione industriale americana era cresciuta del 64% rispetto al magro 12% del decennio precedente. Lo scoppio del primo conflitto mondiale in Europa diventò un ulteriore volano di espansione dei prodotti agricoli e industriali americani che trovarono la via per l’Europa in conflitto.

 

La diffusione della seconda rivoluzione industriale, in particolare l’introduzione nei stabilimenti della Ford della produzione dei veicoli su catena di montaggio, implicò la nascita della produzione di massa in tutti i settori produttivi. Inoltre la nascita di nuove forme di distribuzione, di nuove tecniche pubblicitarie e della possibilità di acquistare i prodotti a rate, favorì il consumo di massa sancendo di fatto l’avvio del consumismo di massa.

 

Di fronte a questa imponente crescita economica i presidenti repubblicani Warren G. Harding, Calvin Coolidge e Herbert Hoover agirono sulla base di un dogma classicamente liberista: lo Stato doveva fare un passo indietro di fronte agli interessi privati.

 

Pertanto essi, per favorire gli investimenti: rinunciarono a qualsiasi forma di controllo sulle grandi concentrazioni finanziarie emergenti; diminuirono la spesa pubblica; ridussero al minimo le imposte sui redditi; mantennero basso il tasso di interesse, in modo da favorire l’accesso al credito da parte delle imprese.

 

Questo tipo di politica economica lasciò ampio spazio a forme finanziarie speculative.

 

Nel corso degli anni Venti l’investimento in borsa era diventato un fenomeno di massa. La febbre del facile guadagno si impadronì di ampie fasce del paese. La gente investiva i propri risparmi acquistando azioni per poi rivenderle poco dopo incassando la differenza.

 

Nel 1925 nella Borsa di New York si trattavano 500.000 azioni salite a 1.100.000 nei primi mesi del 1929. Di conseguenza, fra il 1927 e il 1929, il valore delle azioni raddoppiò.

 

Mentre una parte della popolazione investiva fiduciosa in borsa, milioni di americani vivevano in condizioni di sofferenza: i salari degli operai crescevano a un ritmo molto più blando della produzione e gli agricoltori dell’est assistevano impotenti ad una drastica discesa dei prezzi dei prodotti agricoli, causata dalla forte sovrapproduzione. Era chiaro che il mercato americano da solo non era in grado di assorbire tutte le eccedenze agricole che prima erano dirottate in Europa: ma ora la macchina agricola europea si era rimessa in moto.

 

L’euforia speculativa di Wall Street crollò improvvisamente il 24 ottobre 1929 (il “giovedì nero”) quando vennero ceduti milioni di azioni con un ribasso delle quotazioni apparentemente inarrestabile.

 

L’amministrazione Hoover, insediatasi da appena pochi mesi, non seppe affrontare con misure adeguate la crisi: la disoccupazione arrivò a toccare punte del 20%, le industrie chiusero e licenziarono mentre migliaia di banche, non rimborsate dei prestiti concessi, fallirono, scatenando il panico fra i risparmiatori.

 

L’anomalia della società americana dell’epoca ma anche odierna era l’iniqua distribuzione della ricchezza, concentrata nelle mani dell’1% della popolazione, quindi i maggiori profitti e guadagni del boom economico erano entrati nelle tasche di un esiguo numero di cittadini americani. Situazione simile che riscontriamo oggi anche in Italia dove secondo gli esperti del settore il 10% popolazione possiede la ricchezza del paese.

 

“Per troppi americani la vita non era più libera, non era più reale: gli uomini non potevano più inseguire l’obiettivo della felicità” proclamò il presidente F.D. Roosevelt riferendosi alle conseguenze della Grande Depressione.

 

In sostanza la Grande Depressione aveva messo in pericolo le libertà individuali tipiche della nazione americana, perciò si rese necessario agire e sopratutto garantire i diritti sociali del cittadino e proteggerli dalle vicissitudini del mercato. In altri termini, la sicurezza del singolo da quella economica e sociale.

 

La liberà individuale e quella personale erano dunque collegate alla sicurezza sociale e a quella economica. Di conseguenza tra i diritti civili e la stabilizzazione e tranquillità finanziaria vi era un nesso profondo. Questo principio in sostanza diventò la base della politica delle riforme attuate da Roosevelt negli anni Trenta del XX secolo.

 

Il New Deal comprendeva diversi provvedimenti economici e di intervento sociale, ma il punto di forza di questa azione politica fu la sua rapidità di attuazione nei momenti più critici per la nazione americana, cosa che non si può notare nell’Europa odierna dove i leader europei non riescono a mettersi d’accordo rapidamente, anzi al contrario, si perdono volutamente in discussioni logoranti a difesa dei particolarismi nazionali e degli egoismi di parte che a lungo andare non fanno che aggravare la situazione finanziaria ed economica dei singoli e di tutto il continente europeo.

 

Ma come agì Roosevelt nei momenti cruciali della crisi?

 

Nel suo discorso del 4 marzo 1933 il presidente Roosevelt pronunciò queste significative parole: “Sono convinto se c’è qualcosa da temere è la paura stessa, il terrore sconosciuto, immotivato e ingiustificato che paralizza. Dobbiamo sforzarci di trasformare una ritirata in una avanzata [...] Chiederò al Congresso l’unico strumento per affrontare la crisi. Il potere di agire ad ampio raggio, per dichiarare guerra all’emergenza. Un potere grande come quello che mi verrebbe dato se venissimo invasi da un esercito straniero”.

 

In breve il presidente Roosevelt chiese al Congresso poterei straordinari per la situazione d’emergenza nella quale versava l’economia americana.

 

Un fatto risultò chiaro al presidente democratico Roosevelt: la crisi economica e finanziaria poteva mettere in serio pericolo le fondamenta della democrazia americana, dunque non si poteva escludere il pericolo di una deriva autoritaria se i problemi economici non fossero stati risolti con misure drastiche e draconiane. In sostanza bisognava rimettere ordine nelle faccende economiche e ripensare al ruolo dello stato in economia.

 

Nei primi cento giorni della Presidenza Roosevelt vennero emanati importanti provvedimenti: l’Emergency Banking Act che istituì una vacanza bancaria di alcuni giorni al fine di sondare la liquidità e la solidità degli istituti Di credito e che assoggettò le banche al controllo dell’amministrazione federale; l’istituzione della Federal Deposit Insurance Corporation che assicurava tutti i depositi bancari sino a 2.500 dollari; la sospensione del gold standard, che comportò la svalutazione del dollaro e rese possibile il ricorso all’esportazione delle merci come sbocco per la sovrapproduzione statunitense; l’Economy Act che introdusse il bilancio federale di emergenza; l’Agricultural Adjustment Act che attribuiva contributi in denaro a quegli agricoltori che avessero limitato la produzione agricola in modo da mettere un freno alla caduta dei prezzi che aveva costretto sul lastrico milioni di agricoltori dell’est.

 

Successivamente furono introdotte ulteriori misure per tamponare la crisi e stimolare al crescita facendo leva sulle misure sociali: l’istituzione della Tennessee Valley Authority, agenzia che impiegò milioni di disoccupati nella costruzione di imponenti dighe al fine di sfruttare le risorse idroelettriche del bacino del Tennessee; l’istituzione della Works Progress Administration, altra agenzia governativa che gestiva la realizzazione di importanti opere pubbliche; l’approvazione del Wagner Act che sanciva il diritto di sciopero e della contrattazione collettiva; l’approvazione del National Industrial Recovery Act che imponeva l’adozione per ogni azienda di un codice di disciplina produttiva limitando la sovrapproduzione, rinunciando al lavoro nero e a quello minorile. La legge prevedeva inoltre dei minimi salariali; l’approvazione del Social Security Act che istituiva un moderno welfare state di cui i lavoratori statunitensi erano stati sino ad allora sprovvisti.

 

Roosevelt intraprese anche una riforma del sistema fiscale, in particolare modo delle imposte dirette. Venne quindi così modificata l’imposizione progressiva aumentando le aliquote per i contribuenti più ricchi e abbienti.

 

L’obiettivo del presidente americano era quello di ridistribuire l’onere della crisi equamente nel paese, ma anche di creare un efficace protezione sociale per garantire il minimo salario che avrebbe assicurato alle fasce meno abbienti quella sicurezza economica necessaria per riavviare la ripresa economica. Con l’intervento pubblico selettivo e mirato nelle infrastrutture crea una domanda aggiuntiva o aggregata tesa a stimolare la ripresa industriale e agricola della produzione.

 

Era chiaro che nell’attuare un ampio programma di investimenti pubblici si poneva il problema del deficit statale che però poteva essere risolto solo dopo aver riavviato l’economia del paese assicurando le entrate fiscali necessarie per calibrare nel tempo il rientro del debito pubblico. Solo un economia che tira può assicurare quelle entrate fiscali necessarie allo stato per potere non solo erogare i servizi ai propri cittadini ma anche un rientro graduale del debito pubblico. Dando regole al sistema bancario e creditizio nonché borsistico di fatto rese possibile la stabilizzazione del mercato finaziario ed azionario nonché creditizio e di risparmio.

 

Il New Deal rappresenta ancora oggi un’alternativa allo sfrenato liberalismo e alla mania dei tagli indiscriminati messi in atto dai governi di oggi e propagandati dalla scuola di pensiero liberalista per far fronte a una crisi per molti aspetti figlia del passato.

 

Vale la pena di riconsiderare la portata storica del New Deal e non lasciarla nel dimenticatoio del passato prendendo spunto dalla visione rooseveltiana dello stato, dei valori morali in politica e in economia adattandoli, si intende, ai giorni nostri.

 

Una politica senza valori morali e un economia senza regole possono solo portare, alla fine, a un esito: una svolta autoritaria.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.