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N. 74 - Febbraio 2014 (CV)

NASCITA DEL PRIMO CAPITALISMO
DALLA FORMAZIONE ALL’ABOLIZIONE DEL SISTEMA FEUDALE

di Laura Ballerini

 

L’impero romano d’occidente era basato su una forte organizzazione e sul contatto diretto tra Roma e la periferia. Nel 456 d.c. venne deposto Romolo Augusto e crollò l’impero a causa delle invasioni barbariche.

 

I re di questi popoli impostarono i loro regni con il sistema contrario, la delega, dando origine al sistema feudale. Per amministrare il vasto territorio, cedevano parte delle loro terre a un uomo di loro fiducia, il feudatario, che le gestiva in nome del sovrano.

 

A suo volta il feudatario poteva dividere la sua terra tra vassalli che l’amministrassero in suo nome: il rapporto vassallatico-beneficiario. La terra del signore era di solito divisa in due parti: da una parte c’era la terra direttamente sotto il suo controllo, che i contadini lavoravano qualche giornata al mese secondo il sistema delle corvee. In cambio, l’altra metà della terra era divisa tra i contadini, che la lavoravano per se, condividendo le zone boschive e le riserve d’acqua. Si configura quindi un sistema chiuso, che non necessitava scambi con l’esterno.

 

Per la difesa, il signore dava ospitalità ai cavalieri, che in cambio gli giuravano fedeltà e proteggevano la sua terra in caso di attacco. Dal punto di vista economico, il sistema feudale è paragonabile a un cerchio, con una resa 1:2. Investendo 100, infatti, si otteneva 200, di questi, 100 venivano consumati e 100 utilizzati per ricominciare il ciclo.

 

A differenza del sistema capitalista, dunque, quello feudale si basava sull’autoconsumo, e sul ruolo limitato del mercato. Ciò che veniva prodotto, infatti, veniva consumato e nuovamente investito. Altra fondamentale differenza con i sistemi economici futuri era l’assenza di proprietà. Il feudatario riceveva in gestione delle terre, che rimanevano, però, sempre del sovrano, e alla morte del signore tornavano alla corona. Si parla quindi di possesso, non di proprietà.

 

I contadini, inoltre, lavoravano le terre del signore per avere in cambio un appezzamento di terra dove abitare e di cui sostentarsi, che rimanevano sempre di possesso del signore, di proprietà del sovrano.

 

Non venivano dunque stipendiati, e qui l’altra importante differenza con il sistema capitalistico: il lavoro era servile, non salariato. Un sistema del genere andò avanti per più di un millennio: non lasciava, infatti, margini di cambiamento, a meno che non fosse scardinato dalle fondamenta.

 

Nel XVIII secolo, si registrò un aumento della popolazione, fino a quel momento rimasta stabile, grazie al miglioramento delle condizioni igieniche (rivoluzione demografica). Si scoprirono, inoltre, nuove tecnologie per incrementare la resa agricola: primo tra tutti, l’aratro di metallo, che consentiva di tracciare un solco più profondo di quello di legno.

 

A questo veniva attaccata una piccola aletta, chiamata vomere, che alzava la terra per depositare il seme. Il tutto veniva trainato dai buoi, non più dagli uomini. Si studiò poi una nuova rotazione della terra, che ora veniva tripartita. Ma gli innovamenti più importanti furono l’utilizzo di sistemi di concimazione e di canali per l’irrigazione.

 

Queste migliorie, però, richiedevano un investimento, che i signori non erano disposti a fare poiché non avevano proprietà della terra. La risposta venne dal basso. Il XVIII secolo, infatti, è noto come l’età dei lumi, perché risvegliò la coscienza della classe borghese, che spingeva per l’abolizione del sistema feudale. L’unico paese dove questa classe aveva una rappresentanza era il Regno Unito, e lì, per questo, cominciò il processo.

 

Quando Giovanni senza Terra prese il posto di Riccardo Cuor di Leone, regnò in maniera ritenuta dai baroni locali sconsiderata, per questo essi lo costrinsero a firmare la Magna Carta Libertatum, con la quale si poneva fine alla monarchia assoluta. Il re, infatti, non poteva imporre una tassa senza l’approvazione dei suoi destinatari: “no taxation without rappresentation”. Quei baroni andarono poi a formare l’House of Lords del parlamento inglese.

 

La seconda camera era l’House of commons, dove era rappresentato il popolo, o meglio il ceto borghese. Tornando alla rivoluzione industriale, i borghesi proposero di abolire il sistema feudale, e trovarono l’assenso dei Lord che vi videro una possibilità di guadagno. La corona, allora,diede la possibilità ai feudatari di riscattare quelle terre, ed essi, una volta acquistate, le recintavano per marcarne la proprietà: le famose enclosure acts, 1730-40.

 

Non tutti i feudatari riscattarono le terre, creando così un mercato. Ai contadini le terre venivano regalate, oppure gli veniva permesso di pagarle a cannone. Si crearono così delle vaste proprietà terriere dove i signori investivano per la costruzione di infrastrutture e migliorie nella produzione. A questo punto, però, per far lavorare la propria terra, il signore doveva stipendiare dei braccianti, che potevano poi acquistare i prodotti sul mercato. La moneta tornò ad assumere un importante ruolo.

 

 Il passaggio dal possesso alla proprietà, con il riscatto delle terre, determinò anche quello dall’autoconsumo al mercato e dal lavoro servile a quello salariato. Questo nuovo sistema non era più un cerchio, bensì una spirale, che dava grandi possibilità di profitto. La resa infatti poteva essere 1:3, 1:4 etc. Da 100, produco 300, di cui 100 ne consumo, 100 li utilizzo per ricominciare il ciclo, e 100 li accumulo.

 

Questo nuovo sistema, infatti, è chiamato capitalista proprio perché si basa sull’accumulo di capitale, che può essere investito per migliorare e incrementare ulteriormente la produzione. In questo modo si formò il sistema capitalistico che portò alla prima rivoluzione industriale, nella seconda metà del 1700 in Gran Bretagna, agli inizi dell’800 nel resto dell’Europa.



 

 

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