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storia & sport


N. 19 - Luglio 2009 (L)

Un tuffo nell’oro
Storia dei mondiali di sport acquatici - Parte I

di Simone Valtieri

 

Storia recente, quella dei mondiali di nuoto, o meglio degli sport acquatici, inaugurati nel 1973 a Belgrado.

 

Una piccola olimpiade dell’acqua con in programma gare di nuoto, tuffi, nuoto sincronizzato, pallanuoto e, recentemente, nuoto in acque aperte.

 

L’idea nasce a Losanna, negli uffici della FINA (Federazione Internazionale di Nuoto), all’inizio degli anni ’70 con lo scopo di ufficializzare un titolo, quello di campione del mondo, fino ad allora assegnato ufficiosamente ai vincitori delle Olimpiadi.

 

Nella piscina del Tašmajdan Sports Centre si ritrovano così il 31 agosto 1973 tutti i più forti nuotatori, tuffatori e pallanotisti del mondo per contendersi i podi della prima edizione ufficiale dei mondiali: 686 atleti provenienti da 47 Paesi, 37 medaglie d’oro in palio in 4 discipline, 29 nel nuoto, 4 nei tuffi, 3 nel nuoto sincronizzato ed una soltanto nella pallanuoto, considerato ancora uno sport esclusivamente maschile.

 

Questi i numeri del mondiale di Belgrado che riscuote un discreto successo di pubblico e soprattutto ottimi riscontri cronometrici in acqua.

 

Sono sedici i record del mondo che cadono tra le corsie della vasca slava, quattro dei quali per mano, o con lo zampino, di Kornelia Ender, una ragazzina appena quattordicenne che stupisce il mondo vincendo quattro ori (100 stile libero, 100 farfalla, 4x100 stile libero e 4x100 mista) e stabilendo altrettanti record del mondo (due tra semifinale e finale nei 100 stile libero).

 

Lo squadrone della Germania Est è l’unico ad avvicinare lo strapotere statunitense in corsia, monopolizzando le gare di nuoto femminile grazie anche a Renate Voegel (due ori nella rana), Rosemarie Kother, Andrea Hubner, Gudrin Wegner e, in campo maschile, al grande dorsista Roland Matthes (anche lui due ori), imbattuto in competizioni internazionali dal 1967 al 1974 e considerato tra i più grandi sportivi tedeschi di sempre.

 

Di contro gli Stati Uniti, orfani del fuoriclasse Mark Spitz, che a soli 22 anni decide di appendere gli occhialini al chiodo dopo i trionfali giochi di Monaco 1972 (7 ori e 7 record del mondo per lui in Baviera), rispondono con il talento cristallino di Jim Montgomery, che conquista i titoli più nobili nei 100 e nei 200 stile libero, di Rick Demont, ottimo mezzofondista, del ranista John Hencken e di Robin Backhaus nella farfalla.

 

Alla fine dei mondiali, grazie all’ausilio delle “sincronette”, guidate dalla leggiadra Teresa Andersen, e del tuffatore Phil Boggs, che per appena tre punti di valutazione (618,57 a 615,18) toglie all’italiano Klaus Dibiasi una storica accoppiata d’oro piattaforma-trampolino, gli americani hanno la meglio sulla Germania Est nel medagliere finale: 15 ori contro 13 e tanto talento in vasca (forse nel secondo caso non solo quello…) per le due superpotenze del nuoto degli anni ‘70, rispetto al resto del mondo.

 

Terza nel medagliere l’Italia, grazie a Dibias, e all’oro con record del mondo della “lieta Novella” Calligaris negli 800 stile libero.

 

Con un bronzo in meno dell’Italia lasciano il segno nella prima edizione dei mondiali anche l’Ungheria e la Svezia: i primi grazie al loro imbattibile team di pallanuoto, guidato dalla stella Tamás Faragó, ed al mistista András Hargitay, oro nei 400 metri; i secondi con l’altro forte mistista, Gunnar Larsson, che si impone nella distanza breve, e con la tuffatrice Ulrika Knape, già campionessa olimpica quattro anni prima a Monaco.

 

Dopo i buoni risultati in termini di interesse della prima edizione dei mondiali, si cerca di trovare una collocazione a questa nuova manifestazione nel già fitto panorama di eventi internazionali.

 

Per un quarto di secolo le date si alterneranno ogni due, tre, quattro e, in un caso, cinque anni, prima di trovare la loro definitiva cadenza biennale all’inizio del nuovo millennio.

 

Si giunge così al 1975, quando è Calì, capitale della Colombia, ad ospitare le gare.

 

Stesso numero di medaglie da assegnare e, praticamente, anche di atleti iscritti (682) rispetto a Belgrado, ma meno nazioni rappresentate, 39 in tutto, per questa seconda esperienza iridata.

 

Il copione non cambia e sono sempre gli Stati Uniti e la Germania Est a dettar legge. Stelle assolute saranno il fortissimo mezzofondista Tim Shaw, capace di far suoi tre ori nei 200,400 e 1500 stile libero, e, ancora una volta, l’ex bambina prodigio Kornelia Ender, che ricalcherà le quattro medaglie d’oro della precedente edizione, sfiorando per 19 centesimi anche la quinta nei 200 stile libero che saranno appannaggio dell’americana Shirley Babashoff (oro anche nei 400).

 

Le atlete della Repubblica Democratica Tedesca, le cosiddette “valchirie”, non finiscono di stupire il mondo conquistando dieci dei quattordici ori in palio, grazie alle dorsiste Ulrike Richter e Birgit Treiber, alla ranista Hannelore Anke, alla potente farfalla di Rosemarie Kother e alla polivalenza di Ulrike Tauber.

 

La storia dello sport non sarà però clemente con loro, visto che diversi anni dopo, con la caduta del muro di Berlino e la riunificazione delle due Germanie, verranno scoperti dei documenti contenenti i nomi di oltre diecimila atleti che avevano ricevuto nel corso della loro carriera sostanze dopanti, anche contro la loro volontà, all’interno di un piano governativo segreto.

 

Tale piano consisteva nello scegliere i talenti migliori e nel doparli sistematicamente e sin dalle più tenere età (gli anni variavano a seconda della disciplina sportiva), per perseguire successi internazionali da sfruttare in chiave propagandistica.

 

All’epoca, sebbene qualcuno avesse avanzato più di un dubbio sulle “valchirie”, la tendenza era di attribuire il merito dei loro successi esclusivamente ai metodi di allenamento ed al talento.

 

Dalla piscina emergono o si confermano campioni del calibro di David Wilkie, ranista inglese che monopolizza la specialità con due ori, o di András Hargitay che nei misti aggiunge un altro paio di medaglie (entrambe d’oro) a quella vinta due anni prima in Jugoslavia.

 

Fuori dalle corsie strette si ripete il dominio statunitense nel sincronizzato (tre ori su tre gare tra solo, duo e competizione a squadre) come si ripete anche, e con lo stesso esito, l’entusiasmante duello nei tuffi dal trampolino tra Boggs e Dibiasi.

 

Stavolta sono nove i punti di vantaggio per l’americano nei confronti del bicampione mondiale della piattaforma che conferma il suo titolo anche in Sud America.

 

Tra le donne la sovietica Irina Kalinina fa il verso a Dibiasi con un oro e un argento e i suoi connazionali della pallanuoto si impongono sui fortissimi ungheresi nel torneo maschile. Terza l’Italia.

 

Nel 1978 i mondiali tornano in Europa, a Berlino, dal lato occidentale del muro. I valori in campo si ribaltano.

 

Resta poco dell’imbattibile armata tedesca orientale vista a di Belgrado e Calì, che a manifestazione conclusa varca la porta di Brandeburgo con il solo oro di Barbara Krause nei 100 stile libero e con quindici medaglie complessive (ben dieci gli argenti conquistati).

 

A farla da padroni, come ormai da tradizione, gli Stati Uniti, con ben ventitrè medaglie del metallo più pregiato sulle quarantacinque totali, sinonimo di un dominio quasi incontrastato in ogni disciplina e specialità. Una sfilza di atleti tornano in America con l’oro al collo: David McCagg, Billy Forrester, Bob Jackson, Jesse Vassallo (due ori individuali), Nick Nevid, Joe Bottom, Mike Bruner, e tra le donne, Cynthia Woodhead, Linda Jazek, imbattibile nel dorso, e soprattutto la poliedrica Tracy Caulkins, che tra misti, farfalla e staffetta conquista ben cinque medaglie d’oro.

 

Saranno dieci alla fine i record mondiali degli americani sui quattordici totali fatti registrare durante la manifestazione, a cui vanno aggiunte la brillante medaglia d’oro, la terza consecutiva, del team di nuoto sincronizzato (nel solo e nel duo stavolta è il Canada ad affermarsi grazie al talento di Helen Vanderburg) e la doppietta Boggs-Louganis (quest’ultimo promettente diciottenne californiano) nei tuffi.

 

Quelli di Berlino 1978 saranno però anche mondiali positivi per la nazionale sovietica, con gli ori di Vladimir Salnikov, nei 400 e nei 1500 metri stile libero, delle due raniste Julia Bogdanova e Lina Kačiušytė e con la doppietta della ormai affermata tuffatrice Kalinina.

 

L’Australia scopre il talento cristallino della sedicenne Tracey Wickham, che fa doppietta nei 400 e negli 800 metri, mentre i padroni di casa della Repubblica Federale Tedesca vinceranno un solo oro con Walter Kusch nei 100 metri rana.

 

L’Italia tornerà a casa dalla Germania Ovest con due sole medaglie, il bronzo di Giorgio Cagnotto dal trampolino e il favoloso oro della nazionale di pallanuoto, capace di imporsi su Urss e Jugoslavia nel girone finale e di strappare il punto decisivo all’Ungheria dopo un tiratissimo e altalenante match finito in parità.

 

Nel 1982 è ancora il Sud America ad ospitare la rassegna mondiale che però stenta a decollare. Sono ancora troppo pochi i Paesi partecipanti, una cinquantina, e poco più di ottocento gli atleti iscritti.

 

Ad organizzare le gare questa volta è Guayaquil, cittadina ecuadoregna che si affaccia sull’oceano Pacifico, fondata dal celebre esploratore e navigatore spagnolo Francisco de Orellana nel 1537.

 

In vasca si assiste al rinnovarsi dello scontro tra titani che aveva fin qui caratterizzato le prime edizioni e sono ancora gli Stati Uniti ad avere la meglio sulla Germania Est per 13 ori a 12 (34 medaglie complessive contro le 26 dei tedeschi orientali).

 

Il primo posto degli americani è però questa volta merito dei tuffi, con l’en plein di quattro ori del giovane campione Greg Louganis e delle bravissime Megan Neyer e Wendy Wyland. Dalle corsie arrivano tre ori dalle staffette e poche individualità di spicco per gli statunitensi.

 

Più di loro impressionano il canadese Victor Davis, oro nei 200 rana con tanto di record del mondo, e il tedesco dell’ovest Michael Gross. L’”albatros” (sarà così soprannominato per la sua apertura di braccia, misurata in 2 metri e 27 centimetri) vince a 18 anni la prima delle sue quattro medaglie d’oro individuali mondiali, centrando la vittoria nei 200 farfalla e finendo per pochi centesimi di secondo alle spalle dell’americano Matt Gribble nei 100.

 

Nel mezzofondo è sempre Salnikov a farla da padrone, confermandosi campione in entrambe le distanze, mentre nei misti a spuntarla con il primato iridato è il brasiliano Ricardo Prado.

 

Nuove “valchirie” crescono in campo femminile: sono Birgit Meineke, Carmela Schmidt, Kristin Otto, Cornelia Sirch, Ute Gewinger, Ines Geissler e Petra Schneider a firmare il 10-4 con cui le tedesche dell’est superano, in numero di vittorie il resto del mondo.

 

Due americane, Kim Linehan e la emergente Mary Terstegge Meagher (per tutti “Mary T. Meagher”), l’olandese Annemarie Verstappen e la sovietica Svetlana Varganova marcano i punti per le non-tedesche.

 

Nella ritmica vasca del nuoto sincronizzato è la diciannovenne statunitense di origini latine, Tracie Ruiz, che toglie lo “slam” alle ragazze canadesi, mentre nella pallanuoto è invece la volta dell’Unione Sovietica che trionfa davanti all’Ungheria e alla Germania Ovest.

 

Per l’Italia, che torna a casa con il solo bronzo di Giovanni Franceschi nei 200 rana, è il mondiale più magro della storia.

 

Nel 1986 in Spagna si tocca il punto più basso in quanto a presenze di nazioni alla manifestazione: soltanto 34, che iscrivono però ben 1119 atleti complessivi. La crisi paventata dallo squadrone statunitense del nuoto a Guayaquil (se di crisi si può parlare) trova conferma durante l’estate madrilena.

 

A tenere su la baracca ci pensa la stella Matt Biondi, che vince l’oro nei 100 metri stile libero, l’argento nei 100 farfalla (battuto dal compagno di squadra Pablo Morales) e trascina alla vittoria le due staffette veloci (4x100 stile libero e mista).

 

Tom Jager si guadagna, per la prima volta in palio, il titolo di uomo più veloce del mondo in acqua, vincendo in 22 secondi e 49 centesimi l’oro nei 50 metri stile libero.

 

Per il resto tanti piazzamenti dietro a tedeschi (Rainer Henkel è il padrone del mezzofondo e Michael Gross dei 200 stile libero e farfalla), sovietici (Igor Polyansky regale nel dorso), canadesi (Victor Davis si conferma dominatore dei 100 rana) e ungheresi (l’istrione Tamas Darnyi e il ranista Jozsef Szabo tornano in patria con tre titoli).

 

Tra le donne il nuoto vira sempre più ad est. La ragazza più veloce del mondo è rumena e risponde al nome di Tamara Costache, prima iridata nei 50 metri stile libero con tanto di record assoluto.

 

Gli altri due ori non conquistati dalle tedesche sono a stelle e strisce: Betsy Mitchell nel 100 dirso e Mary T. Maegher nei 200 farfalla.

 

Per il resto è un monologo che, comprese anche le medaglie di staffetta, recita più o meno così: Kristin Otto e Heike Friedrich quattro ori, Astrid Strauss, Sulvia Gerasch, Kornelia Gressler e Manuela Stellmach due ori, Silke Hoerner, Kathleen Nord, Sabine Schulze, Nadja Bergknecht e Kathrin Zimmermann un “misero” oro.

 

Tutto questo tralasciando argenti, bronzi ed exploit maschili come quello della nuova 4x200 stile libero.

 

Sarà l’ultimo mondiale in cui il “doping di stato” del governo tedesco orientale frutterà medaglie a ripetizione.

 

Nel nuoto sincronizzato è il Canada della bravissima Carolyn Waldo (oro in tutte e tre le prove) a dominare le competizioni, mentre nei tuffi, oltre al dominio incontrastato di Greg Louganis, comincia ad emergere quello che sarà l’imbattibile squadrone del futuro, quello cinese, con i due ori femminili di Gao Min e Chen Lin, accompagnati da quattro argenti e un bronzo nel computo totale.

 

Madrid 1986 sarà ricordato dagli italiani per un altro fatto: l’interminabile e crudele finale del torneo di pallanuoto maschile tra gli azzurri e la Jugoslavia.

 

Mentre il primo titolo mondiale femminile finisce tranquillamente in mano all’Australia, che domina il torneo dalla prima all’ultima giornata arrivando davanti a Olanda e Stati Uniti, per decidere a chi dovessero andare l’oro e l’argento di quello maschile, davanti al bronzo sovietico, c’è da assistere alla partita più lunga che la storia ricordi: 52 minuti di emozioni rispetto ai 28 che normalmente si giocano in acqua, con ben otto (!) tempi supplementari di perfetto equilibrio tra le due nazionali.

 

L’epilogo, dopo un susseguirsi di vantaggi e pareggi da parte di entrambe le squadre, arriva a tre decimi di secondo dalla fine, quando sul contropiede jugoslavo, dopo che l’Italia aveva sprecato due facilissime occasioni davanti alla porta avversaria, Igor Milanovic segna la rete del definitivo 12-11 lasciando in preda alla disperazione e all’incredulità l’intero clan italiano.

 

Quel “maledetto” argento sarà l’ultima di tre medaglie dello stesso metallo conquistate dagli italiani in quel mondiale. Le altre due sono opera del ranista Gianni Minervini nella distanza corta e dell’appena sedicenne Stefano Battistelli, che la vince nei 1500 stile libero.

 

Gennaio 1991: il muro di Berlino è caduto da poco più di un anno, l’impero Sovietico si sta per disgregare, in Jugoslavia tira aria di rivoluzione e a Perth, nella calda estate dell’emisfero australe, si fanno le prove generali per i primi campionati mondiali di sport acquatici veramente globali.

 

1142 atleti provenienti da 60 nazioni si tuffano in vasca per contendersi le 45 medaglie in palio, con le novità rappresentate dal trampolino da un metro maschile e femminile (fino ad ora ci si era tuffati esclusivamente da quello da tre metri e dalla piattaforma da 10 metri) e dal nuoto in acque aperte, detto anche di gran fondo, sulla massacrante distanza di 25 chilometri.

 

Gli Stati Uniti, come nelle cinque precedenti occasioni, dominano il medagliere. Alle loro spalle si muove però qualcosa ed emergono nuove nazioni, come la Cina, o risalgono la china Paesi di vecchia tradizione natatoria, come l’Australia e l’Ungheria.

 

Gli atleti a stelle e strisce riguadagnano punti nel nuoto. Oltre alle conferme di Tom Jager come uomo-siluro e di Matt Biondi nei 100 stile libero, arrivano a rimpinguare il bottino i talenti di Jeff Rouse nel dorso, Mike Barrowman nella rana e Melvin Stewart nella farfalla, gli ultimi due con tempi da record del mondo nelle distanze lunghe.

 

L’ex tedesco dell’est Jorg Hoffmann, ora in rappresentanza della Germania unita, si guadagna il trono di mezzofondista principe centrando la doppietta 400-1500 (con strepitoso record del mondo ampiamente sotto i 15 minuti nella distanza lunga, battendo di mezza bracciata l’australiano Kieren Perkins al termine di un serratissimo confronto), mentre a vincere i 200 stile libero è un ragazzo bresciano di quasi ventun’anni: Giorgio Lamberti.

 

Nei 200 dorso è il forte spagnolo Martin Lopez-Zubero a negare l’oro a Stefano Battistelli, convertitosi a questo stile e vincitore anche di due bronzi nei 400 misti e nella 4x200, mentre nei rana ci vogliono i due detentori congiunti del record del mondo, peraltro abbassato in quest’occasione, per relegare al terzo posto Gianni Minervini: primo l’ungherese Norbert Rozsa e secondo il britannico Adrian Moorhouse.

 

Nei 100 farfalla fa sensazione l’oro di un’atleta proveniente dalla piccola repubblica sudamericana del Suriname, Anthony Nesty, che si permette il lusso di bruciare per due soli centesimi una leggenda vivente quale Michael Gross, vincitore nella terra dei canguri di due argenti individuali ed un oro di squadra.

 

Orfano delle fortissime e gonfiate “valchirie”, il panorama del nuoto femminile si scopre più variegato.

 

Nel dorso primeggia il talento del “topolino d’Ungheria”, Krisztina Egerszegi, sbocciata a soli 14 anni nella vasca olimpica di Seul, che fa sue entrambe le gare iridate.

 

Nei misti spunta la cinese Lin Li, punta dell’iceberg di una nazione che si prepara a stupire il mondo tre anni più tardi, anche se con il “trucco”.

 

Nel mezzofondo brilla su tutti la stella di Janet Evans, tra le più forti nuotatrici della storia. Bambina prodigio (stabiliva primati nazionali sin dall’età di 11 anni), si presenta a Perth da favorita assoluta e da detentrice dei record del mondo di tutte e tre le distanze lunghe dello stile libero (400, 800 e 1500), record ottenuti tra i sedici e i diciassette anni di età. Vincerà a mani basse le due prove in programma (400 e 800) e conserverà quei tre record per oltre un ventennio stabilendo, oltre ai primati in vasca, anche quelli quasi imbattibili di longevità delle prestazioni, che resisteranno a generazioni di nuotatori.

 

Nel nuoto sincronizzato continua il duello nordamericano tra Canada e USA, stavolta vinto delle statunitensi per due ori (squadra e duo) a uno (Syvlie Frechette nel solo).

 

Nel debuttante e massacrante nuoto in acque aperte i primi “iron-men” iridati sono l’americano Chad Hundeby (davanti all’italiano Sergio Chiarandini) e l’australiana Shelley Taylor-Smith, entrambi a mollo per oltre cinque ore per meritarsi il titolo.

 

Nei tuffi avanzano i cinesi, con le prestazioni superbe della squadra femminile con Gao Min iridata dai trampolini e Fu Mingxia oro dalla piattaforma.

 

Nella pallanuoto si confermano per il terzo anno consecutivo gli slavi, davanti alla Spagna, in campo maschile, mentre vincono il loro primo titolo le ragazze in calottina dell’Olanda.

 

Nel 1994 il nuoto si apre al mondo e Roma è la città ideale per accogliere questo cambiamento. I mondiali iniziano sempre di più a somigliare a quella piccola olimpiade acquatica che era nei sogni degli ideatori del progetto.

 

La città eterna ospita al Foro Italico la settima edizione dei campionati, in una suggestiva cornice che accoglierà 1400 atleti da 102 stati sparsi per i continenti.

 

Cambiano le gerarchie e a dominare il medagliere assoluto, grazie esclusivamente ai tuffi e al nuoto femminile, saranno gli atleti dagli occhi a mandorla e dalle spalle possenti della nazionale cinese.

 

Verranno in seguito confermati i tanti sospetti di doping che aleggiavano già nei giorni di gara attorno alle incredibili prestazioni delle atlete cinesi, ma intanto le medaglie erano state assegnate e la federazione, nell’impossibilità di provare quali e quante prestazioni andassero cancellate, le ha lasciate alle rispettive vincitrici.

 

Sono poche le atlete capaci di tener testa alle orientali. Jingyi Le nella velocità pura, Aihua Yang nei 400 stile, He Cihong nella rana, Limin Liu nella farfalla, Lu Bin e Dai Guohong nei misti monopolizzano il gradino più alto del podio nelle rispettive prove, conquistando l’oro anche nelle tre staffette.

 

I record del mondo e della manifestazione cadono a grappoli, ma quello più sensazionale è firmato da una ragazzina tedesca, figlia pulita della generazione delle “valchirie”. Il suo nome è Franziska Van Almsick e il suo tempo, che reggerà per otto anni come record mondiale dei 200 stile libero, è 1 minuto, 56 secondi e 78 centesimi.

 

Nel 2002, dopo un lungo periodo travagliato a causa della troppa popolarità ottenuta dalla bellissima nuotatrice berlinese, sarà ancora lei a ritoccarlo, prima che a scalzarla definitivamente dal libro dei primati ci pensi una giovane ragazza veneziana, Federica Pellegrini.

 

Negli 800 si conferma Janet Evans, anche se deve sudare le proverbiali sette camicie per superare l’australiana Hayley Lewis, già campionessa dei 200 stile libero tre anni e mezzo prima in quel di Perth.

 

Un’altra australiana, la bravissima Samantha Riley, si impadronisce della rana, tenendosi dietro le cinesi e stabilendo il nuovo record mondiale nei 100.

 

L’unica medaglia italiana in corsia di tutti i mondiali arriva dalla sorprendente bolognese Lorenza Vigarani, che termina alle spalle dell’imbattibile cinese di turno e del “topolino” Egerszegi nei 200 metri dorso.

 

L’atleta di spicco del nuoto maschile è lo “Zar” russo Alexander Popov che si guadagna in vasca il titolo di uomo più veloce del mondo, battendo in entrambe le gare veloci maschili (50 e 100 stile libero) l’americano Gary Hall Jr., figlio dell’omonimo campione degli anni ‘70.

 

Nei 200 emerge a sorpresa il finlandese Antti Kasvio, mentre nelle distanze più lunghe la fa da padrone Kieren Perkins, che stabilisce un sorprendente record del mondo nei 400, abbassando il precedente limite di oltre un secondo, e che fa sua anche la gara più lunga precedendo di tre secondi il connazionale Kowalski.

 

La rana è territorio di caccia per il magiaro Norbert Rozsa, che si aggiudica entrambe le prove, mentre nel dorso Martin Lopez-Zubero conferma il titolo dei 100 ma deve piegarsi nei 200 al russo Vladimir Selkov.

 

È russo anche l’oro dei 200 farfalla, Denis Pankratov, che nel 100 si fa sopravanzare dal polacco Szukala e dal possente svedese Lars Frolander.

 

Gli squilli più alti arrivano dalle gare in quattro stili, dove il finlandese Jani Sievinen nei 200 e l’americano Tom Dolan nella doppia distanza, riscrivono il libro dei record dei misti.

 

Dalla piscina dei tuffi del Foro Italico l’inno cinese si sente risuonare fin troppe volte. Nelle gare femminili Chen Lixia, Tan Shuping e la fuoriclasse Fu Mingxia volteggiano armoniose prima di tuffarsi senza schizzi dentro la medaglia d’oro.

 

Dalle competizioni maschili arrivano invece le sorprese più grandi, non tanto dal trampolino da tre metri o dalla piattaforma (dove la sfida tra i cinesi e il fuoriclasse russo Dmitri Sautin termina in parità con un oro a testa) quanto dal trampolino da un metro.

 

Ad avere la meglio su Lan Wei (argento) e sull’americano Brian Earley (bronzo) è un sorprendente tuffatore proveniente dal sud dell’Africa: Evan Stewart dello Zimbabwe. Figlio d’arte - sua madre Anthea Dorine Stewart era stata oro olimpico per il suo stesso Paese nell’hockey su prato ai giochi di Mosca 1980 - il giovane Evan, reduce dall’oro ai giochi del Commonwealth conquistato pochi giorni prima nella stessa gara, esegue una serie di tuffi senza sbavature, che gli permettono di sopravanzare il cinese Wei di poco più di sei punti, tanto quanto basta per far gioire una nazione intera.

 

Nel nuoto gran fondo gli “indistruttibili” di turno sono Greg Streppel, canadese, e Melina Cunningham, australiana, che a causa delle correnti avverse, per completare la “maratona delle acque” impiegano mezz’ora in più dei vincitori del precedente mondiale: cinque ore e 35 minuti lui, 48 lei.

 

Nel nuoto sincronizzato gli Stati Uniti tornano a dominare, grazie anche Becky Dyroen-Lancer, che è presente in tutte e tre le prove con Jill Sudduth come compagna di duo.

 

La pallanuoto femminile premia le ungheresi, vincitrici in semifinale sulle emergenti italiane, alla fine ottime terze, mentre in quella maschile si assiste all’incoronazione di un ciclo leggendario da parte del “settebello” azzurro, capace di vincere le olimpiadi di Barcellona nel 1992, gli europei di Sheffield e la coppa del mondo di Atene nel 1993, e di aggiungervi, nelle piscine romane, il titolo iridato 1994, con la schiacciante vittoria per 10-5 contro la Spagna.



 

 

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