.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

 

 

 

.

contemporanea


N. 56 - Agosto 2012 (LXXXVII)

Bimillenario augusteo
il mito di Augusto nel ventennio fascista

di Sonia Favale

 

La figura del princeps Augusto, al secolo Gaio Giulio Cesare Ottaviano, è stata sempre oggetto di interesse storico e politico nel corso dei secoli.

Il princeps fu stimato e smitizzato a seconda del contesto storico o delle diverse correnti di pensiero politico. Alcuni lo vedevano come il monarca buono e clemente, accostandolo ai propri sovrani con il fine di adularli, invece, altri come Voltaire e Montesquie intravedevano in lui un mostro e un tiranno assetato di sangue. Conservatore per alcuni, rivoluzionario per altri!

Fu il regime fascista, però, che fece di lui un mito!

La sua vicenda politica, la sua persona vennero assorbiti dalla propaganda fascista, che nel recuperare storia e simboli dell’antica Roma e l’imperatore padre dell’impero, miravano a creare una matrice culturale da utilizzare per accattivarsi le simpatie del popolo.

Nell’arco del ventennio fascista, il regime si era sempre preoccupato di creare un parallelismo storico ma quando venne conquistata l’Etiopia nel 1936-37 e con grande giubilo una voce pronunciava da Palazzo Venezia: “l’impero torna sui colli fatali di Roma”, il regime incrementò l’idea di un nuovo impero che nasceva sotto l’egida di un altro grande e valoroso condottiero: il duce!

Il 1937 coincideva proprio con il bimillenario augusteo! Nel regime si iniziò a parlare di mistica millenaria. Il il 1937 coincideva, oltre che con i duemila anni dalla nascita di Augusto, anche con i millenovecento dalla morte di Tiberio e milleseicento da quella di Costantino.

I tre eventi erano molto importanti per la storia romana: Augusto aveva fondato l’impero, Tiberio era stato l’imperatore della crocifissione e Costantino era l’imperatore che aveva assecondato il cristianesimo. Il 1937 fu battezzato come “l’anno dell’aquila e della croce”.

Sotto l’ottica della mistica millenaria cominciava a diffondersi l’idea che il ventennio fascista fosse un momento importante nel corso della storia: era l’inizio di un’epoca che faceva rivivere lo splendore dell’epoca romana.

I festeggiamenti in occasione del bimillenario furono sfarzosi e furono chiamati a parteciparvi tutti i classicisti dell’epoca che si affrettarono a scrivere pagine di argomento augusteo appena Augusto venne posto come oggetto di culto.

Tema principale dei festeggiamenti era il parallelismo tra i due condottieri: il princeps Augusto e il duce Mussolini

Tra le tante iniziative, quella più degna di nota, fu una raccolta di studi elaborata dall’Accademia dei Lincei “Augustus. Studi in occasione del Bimillenario augusteo”. Filo conduttore della raccolta è l’assimilazione del princeps al duce.

Nella raccolta gli studiosi che avevano accettato di collaborare, forse al fine di un avanzamento di carriera, tendevano a giustificare anche i lati più oscuri della parabola politica di Augusto e le fonti da loro utilizzate erano sempre filo-augustee (come, ad esempio, lo storico Velleio Patercolo che vedeva nel princeps un novello Enea).

Ad Augusto si giustificavano anche le odiate proscrizioni e le epurazioni dal senato, dettate da un periodo storico difficile. Perdonare e giustificare Augusto voleva dire perdonare e giustificare il duce. Anche il duce, del resto si era macchiato di atti non proprio leciti!

Nello stesso periodo storico, nel 1939, uno studioso britannico Ronald Syme, mostrandosi scettico riguardo ai festeggiamenti per il bimillenario augusteo, si apprestò al affiancare le figure di Mussolini a quella di Augusto.

In particolare ciò che veniva posto sullo stesso piano erano i due golpe di stato. Syme accostava la vecchia e nuova marcia su Roma. La prima era stata quella del giovane Gaio Giulio Cesare Ottaviano nel 43 a.c. mentre la seconda era stata quella di Mussolini nel 1922.

Entrambi avevano indirizzato la rispettiva marcia su Roma, cuore dello stato, in quanto nel 43 sede del senato romano e nel 1922 del parlamento italiano e della monarchia. Syme, con molta più lucidità e distacco, dagli eventi italiani taccia di panegirismo tutti coloro che avevano tessuto elogi per un uomo scaltro e manipolatore come Augusto, che era stato bravo nel creare un potere personale attraverso guerre civili.

Tacito, stesso, ostile al principato faceva notare come con Augusto le leggi caddero nell’oblio e che il consenso al principato era stato semplicemente un donare la propria libertà in cambio della fine delle guerre civili, proprio come quello che era accaduto in tempi più recenti in Europa.

Emblematica, durante i festeggiamenti, fu anche la mostra augustea della romanità organizzata tra il 1937-1938. La mostra, che si tenne al palazzo delle Esposizioni in via Nazionale, sotto la supervisione dell’archeologo Giulio Quirino Giglioli, si poneva l’obiettivo di creare un legame tra la storia passata di Roma e il presente e rafforzare la combinazione Mussolini-Augusto. I

n modo particolare la propaganda fascista si preoccupava di porre l’accento sul lato rivoluzionario dei due capi. Il fascismo infatti, voleva apparire rivoluzionario più che reazionario e studiosi vicini al fascismo, come De Francisci, che curò parte della mostra, faceva notare come una rivoluzione non deve necessariamente comportare un atto di violenza.

Per De Francisci era naturale che una rivoluzione potesse avvenire all’interno delle stesse istituzioni e senza eliminazione delle stesse. Il riferimento alla rivoluzione fascista era palese: l’affermazione dell’unica persona al potere, ossia il duce, era avvenuta senza cancellare il parlamento o la monarchia.

Anche Augusto aveva imposto il suo potere senza creare una rottura con il passato. Il discorso inaugurale della mostra andava a rafforzare ulteriormente l’accostamento tra vecchio e nuovo e il duce veniva definito: ”artefice di una nuova epoca della romanità nell’epoca moderna, spiritualmente unita all’antica me proiettata verso il futuro!”. Una grande epigrafe mussoliniana era posta all’entrata: Italiani, fate che le glorie del passato siano superate da quelle dell’avvenire”.

La storia, però, ha dimostrato come la propaganda fascista fosse in grande errore. L’impero creato da Augusto durò secoli, mentre quello voluto e osannato dal regime pochi anni!

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Luciano Canfora, La prima marcia su Roma, Laterza, Bari 2007

R. Syme, La rivoluzione romana, Torino 1962

AA.VV. Augustus. Studi in occasione del bimillenario augusteo, 1938

AA.VV. Quaderni di storia, 3, 1975, Dedalo, Bari

De Franciscii, Arcana imperii, Milano, 1948



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.