.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

 

 

 

.

Antica


N. 49 - Gennaio 2012 (LXXX)

mario contro silla
alle origini della decadenza della res pubblica

di Paola Scollo

 

La contrapposizione tra Mario e Silla si pone all’inizio di quel processo storico che segna il passaggio dalla res publica al principato, dal potere assembleare del senato a quello di un singolo individuo.

 

Il periodo successivo al fallimento dei tentativi dei Gracchi di riformare la società romana è, infatti, segnato dal graduale inasprimento dei rapporti fra nobiltà e senato. Le forti tensioni determinano una vera e propria spaccatura sociale tra ottimati (optimates), la parte più conservatrice della nobilitas che gode della maggioranza in senato, e popolari (populares), espressione degli interessi dei cavalieri, dei proletari e degli Italici.

 

Sul fronte della politica estera la situazione si presenta poi estremamente complessa. Motivo di forte preoccupazione è la Numidia, laddove Giugurta, fatti uccidere i legittimi eredi al trono, conquista il potere.

 

Nel 112 a.C. il senato di Roma è dunque costretto a dichiarare guerra. Dopo un primo fallimentare esito della spedizione, da Roma viene inviato un esponente della nobilitas, Quinto Cecilio Metello, che riesce a riportare una significativa vittoria su Giugurta.

 

La guerra si conclude, tuttavia, soltanto nel 107 a.C., in seguito all’elezione del console Caio Mario. Questo è per lui soltanto il primo di una cospicua serie di successi.

Nato ad Arpino da famiglia benestante, Mario non può vantare nobili antenati. La sua carriera è, pertanto, legata alle straordinarie capacità personali e militari, oltre che all’appoggio politico dei Cecilii Metelli, grazie ai quali accede alla classe senatoria, alla questura, al tribunato e alla pretura.

 

Proconsole in Spagna, nel 109 Mario è legato di Metello in Numidia nella guerra contro Giugurta. Proprio in questo contesto, matura l’idea di candidarsi al consolato, venendo così in contrasto con i Metelli. Mario viene eletto console per la prima volta nel 107; la carica gli viene confermata dai comizi centuriati e non dal senato per sei anni di seguito.

 

In questo modo, diviene sempre più caro ai populares. Durante il secondo consolato, Mario ottiene il comando della spedizione contro Cimbri e Teutoni. Si tratta dell’ennesimo trionfo. Dapprima, sconfigge i Teutoni alle Aquae Sextiae, poi i Cimbri ai Campi Raudii, presso Vercelli, nel 101. Intanto, la situazione a Roma rimane incerta.

 

Di lì a poco scoppia, infatti, la cosiddetta “guerra sociale”, un conflitto tra Roma e i suoi ex alleati, i socii italici. Il conflitto, che si protrae per diversi anni, è sospeso solo quando il senato di Roma comincia a estendere la cittadinanza a Latini, Umbri ed Etruschi, ossia a quelle popolazioni che non hanno preso parte agli scontri.

 

La fine della guerra è dovuta alla violenta repressione a opera del console Lucio Cornelio Silla, personaggio che comincia a emergere sulla scena politica. L’occasione propizia giunge per Silla molto presto. Nuove minacciose nubi, infatti, si addensano all’orizzonte dell’Urbe.

 

Nell’88 il re del Ponto, Mitridate VI Eupatore, invade la provincia romana d’Asia e il senato decide di affidare il comando della spedizione al luogotenente di Mario, Lucio Cornelio Silla, governatore della provincia. Pensando che questa scelta avrebbe comportato un esclusivo vantaggio per gli optimates, cavalieri e popolari riescono ad affidare il comando all’anziano ma esperto generale Mario, che conosce il sovrano e che gode dell’appoggio dei populares.

 

Da parte sua, Silla non accetta la revoca. In breve tempo, muove il suo esercito verso Roma e ottiene dal senato la messa al bando di Mario, che riesce a fuggire. Silla può tranquillamente volgersi alla guerra contro Mitridate in Asia Minore. Tuttavia, Mario non si arrende: sbarca in Etruria e, radunato un esercito di volontari, insieme a Cinna occupa Ostia, il Gianicolo e fa il suo ingresso a Roma.

 

Il 1° gennaio dell’86 Mario e Cinna assumono insieme il consolato: nell’Urbe prende il sopravvento il partito dei populares.

Il 17 gennaio dello stesso anno Mario muore a causa di una pleurite. I disordini riprendono quando a Roma giunge la notizia del ritorno di Silla dalla vittoriosa spedizione in Asia. Il governo, in mano ai populares guidati da Mario il Giovane, figlio di Mario, lo dichiara nemico pubblico (hostis).

 

Per due anni, a partire dall’estate dell’83 fino alla primavera/ estate dell’82, tutta l’Italia è teatro di una violentissima guerra civile tra i sostenitori di Mario e quelli di Silla. Nell’82 Silla sconfigge definitivamente le truppe di Mario nella celebre battaglia della Porta Collina presso Roma.

 

Sul punto di essere catturato, Mario sceglie di darsi la morte ma, prima di spirare, detta il suo epitaffio: «Nessun amico mi ha reso servigio, nessun amico mi ha recato offesa, che io non abbia ripagati in pieno». Quando Silla conquista il potere, i populares, dispersi e privi di una guida, non sono più in grado di imporsi. Ha così inizio il terribile periodo delle proscrizioni.

 

Stando al racconto di Plutarco, «le proscrizioni non riguardavano solo Roma, ma tutte le città d’Italia: non c’era tempio di un dio, focolare di un ospite o casa paterna, che non fossero contaminati dalle uccisioni, ma si scannavano i mariti accanto alle mogli, i figli accanto alle madri» (XXXI 5 - 9).

 

Al di là delle stragi, ogni iniziativa di Silla è per i Romani fonte di dolore. Silla si fa eleggere dictator allo scopo di riformare lo stato ma, di fatto, diviene padrone assoluto di Roma. Esercita un potere sconfinato: è a capo dell’esercito, del senato e di tutte le autorità, ha diritto di vita e di morte, ha potere di legiferare, di confiscare, fondare colonie o distruggerle, di sottrarre o attribuire regni.

 

Infine, priva i tribuni della plebe del diritto di veto e del diritto di presentare liberamente proposte di legge ai comizi centuriati. Mantenendo solo formalmente il rispetto delle leggi, Silla è il primo a porsi a capo di una dittatura politica, non militare.

Estremamente fiducioso nelle proprie capacità, ordina che gli venga conferito l’appellativo di Fortunato, equivalente per significato a Felix, e sceglie di chiamare i gemelli, avuti da Metella, Fausto e Fausta, in quanto i Romani definiscono faustum ciò che è favorevole e propizio.

 

Protagonisti della scena politica all’epoca della decadenza della res publica, Mario e Silla sono due personaggi straordinari ed eccezionali, sotto ogni punto di vista. Personaggi unici e irripetibili, come tutto ciò che appartiene alla storia. Su Mario e Silla la tradizione ci ha consegnato memorabili racconti e descrizioni.

 

Plutarco, ad esempio, li sceglie come protagonisti delle Vite, mentre Sallustio ne delinea il profilo fisico e spirituale nel Bellum Iugurthinum. Cerchiamo dunque di analizzare queste personalità così antitetiche a partire dalle testimonianze letterarie in nostro possesso.

 

Mario è, a tutti gli effetti, un homo novus: non può vantare una vetustas familiae, ovvero nobili natali, per cui deve trovare dentro di sé, nel suo modus vivendi, i punti di forza per eccellere e distinguersi dalla superbia della nobilitas.

 

Sin dall’adolescenza, esercita (sese exercuit) la propria personalità attraverso le bonae artes, facendo proprie le priscae virtutes che hanno determinato la grandezza di Roma nel passato: la severitas dei costumi, l’industria, la duritia, la parsimonia, la patientia, il rifiuto della cultura e dell’eloquenza greca e, soprattutto, delle urbanae munditiae. Mario incarna pienamente l’ideale catoniano ispirato a morigeratezza, laboriosità, integrità, rifiuto dei piaceri mondani.

 

In sintesi, il leader dei populares è simbolo della virtus che non deriva dal genus. Tuttavia, come precisa sempre Sallustio, tali virtù vengono ad essere attenuate dall’irrefrenabile avidità di gloria, dall’ambizione di giungere al consolato. Ed è proprio questa vana gloria che ne determina, successivamente, la caduta. Veniamo ora a Silla.

Silla è un aristocratico: discende dalla gens Cornelia, una famiglia patrizia caduta in rovina. Come osserva, infatti, Plutarco: «I suoi discendenti mantennero sempre un tenore di vita dimesso e lo stesso Silla fu allevato in una situazione patrimoniale tutt’altro che florida. Nella sua prima giovinezza abitava in una casa in affitto, pagando una pigione modesta, come gli veniva rinfacciato in seguito, quando la sua agiatezza appariva ingiustificata» (Sull. I 2 - 3).

 

Secondo Sallustio, Silla «fu profondo conoscitore del latino e del greco; uomo di animo grande, assetato di piaceri, ma ancor più di gloria, dissoluto nell’ozio; tuttavia, il piacere non lo distolse mai dai suoi impegni, anche se, nei rapporti coniugali, avrebbe potuto comportarsi in modo più decoroso.

 

Eloquente, astuto, affabile con gli amici, dotato di una incredibile capacità di simulare e dissimulare i suoi piani (ad simulanda negotia), generoso per molti aspetti, ma soprattutto quanto al denaro. Sebbene egli sia stato il più favorito dalla fortuna prima della vittoria nella guerra civile, la fortuna non superò mai i suoi meriti; molti si sono chiesti se egli sia stato più valoroso o più fortunato; infatti, riguardo a quello che fece dopo, non so se il parlarne susciti più vergogna o repulsione» (Iug. XCV 3 - 4).

 

A differenza di Mario, Silla è un uomo colto, istruito nella letteratura greca e latina, ed è, soprattutto, amante dei piaceri. Di conseguenza, intraprende tardi la carriera politica, all’età di trent’anni, quando ritrova una certa agiatezza grazie all’eredità di due donne, l’amante Nicopoli e la matrigna.

 

Divenuto questore nel 108 a.C., si reca in Africa agli ordini di Mario, mostrando già le doti dell’ottimo comandante militare: «Arrivato all’accampamento di Mario con la cavalleria, pur essendo inesperto e ignaro dell’arte militare, in breve tempo divenne il più capace.

 

Inoltre, era amichevole con i soldati, concedeva favori ai molti che glieli chiedevano, ad altri li accordava spontaneamente, li riceveva contro voglia, ma li ripagava più in fretta dei debiti, senza chiedere a nessuno nulla in cambio; si impegnava, piuttosto, perché il maggior numero possibile di persone fosse in debito con lui; trattava scherzosamente e seriamente con i più simili; era sempre presente ai lavori, durante la marcia e nei turni di guardia e, nel frattempo, non offendeva la reputazione del console o di qualunque altra persona in vista, come è invece tipico della cattiva ambizione; soltanto non tollerava che qualcuno lo superasse per intelligenza o prontezza ed eccelleva lui stesso sui più.

 

Con questo comportamento e queste doti, in breve tempo divenne carissimo a Mario e ai soldati» (Iug. XCVI 1 - 3). Secondo Plutarco, Silla in campo si mette in luce in ogni occasione e, in particolare, la vittoria su Giugurta è motivo di orgoglio. Narra, infatti, il biografo (Sull. III 8): «Lo stesso Silla, che era di carattere orgoglioso e che da un’esistenza umile o oscura godeva allora, per la prima volta, d’una certa considerazione agli occhi dei cittadini e gustava il piacere d’essere onorato, spinse la sua ambizione al punto che fece incidere la scena su un anello, che poi portava sempre al dito, e finché visse lo usò come sigillo. Vi si vedeva Bacco nell’atto di consegnarli Giugurta e Silla che lo faceva prigioniero».

 

Ben presto Silla si rende conto che i suoi successi sono malvisti da Mario, «che non gli offriva più volentieri l’occasione di agire e anzi ne ostacolava l’ascesa». Di qui la scelta di allearsi con il collega di Mario, Catulo, «uomo integerrimo, ma poco vocato alla guerra».

 

Catulo affida a Silla gli incarichi più importanti e delicati, sicché «la sua influenza cresceva di pari passo con la fama». A differenza di Mario, Silla sembra essere destinato a regnare. A tal proposito, Plutarco riferisce che «un Caldeo, che faceva parte del seguito di Orobazo, dopo aver osservato il volto di Silla e averne studiato con cura i movimenti della mente e del corpo, ne esaminò la natura alla luce dei principi della sua arte e concluse che era inevitabile che quell’uomo divenisse grandissimo e che si stupiva che in quel momento accettasse di non essere il primo fra tutti» (Sull. V 11).

 

Occorre comunque sottolineare che, nell’immagine di Plutarco, il fatto che Silla «sia divenuto primo (protos) in uno Stato così degenerato non prova affatto che fosse il migliore». Anzi, per il biografo Silla diviene exemplum crudelitatis: spinto da gelosia e da odio, è spietato sia con i nemici sia con gli amici.

 

Il suo atteggiamento, specie in seguito all’eliminazione degli amici più cari, genera orrore e paura. Inoltre, «la passione per i piaceri e le ricchezze dimostra che Silla si comporta da tiranno: né da giovane modera i suoi vizi a causa della povertà, né lo fa, divenuto vecchio, a causa dell’età, ma promulga leggi sul matrimonio e sulla temperanza per i suoi concittadini, mentre personalmente si abbandona agli amori e agli adulteri, come dice Sallustio».

 

Solo per quanto riguarda le azioni belliche, Silla sfugge a ogni genere di confronto: «Non è agevole -scrive Plutarco- calcolare quante furono le sue vittorie in battaglia campale e quante decine di migliaia di nemici abbia abbattuto» (Sull. V 1 - 6). Nella personalità di Silla si uniscono e ben si saldano sia i vitia della nobilitas, quali cupiditas, ignavia, luxuria e dissimulatio, sia le virtutes militari quali coraggio, generosità, intraprendenza.

 

In Silla troviamo tutti i comportamenti aborriti da Mario, primo fra tutti l’amore per il piacere (philoedonía). Non sorprende dunque che proprio questo personaggio così complesso, insuperabile sia nel compiere il bene sia nel compiere il male, sia divenuto espressione della decadenza della nobilitas e, in qualche modo, della res publica stessa.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

H. Bengtson, Einführung in die alte Geschichte, München 1977, trad. it. Bologna 1990.

H. Bengtson, Griechische Geschichte: von den Anfängen bis in die römische Kaiserzeit, München 1977, trad. it. Bologna 1989.

M.G. Bertinelli, M. Manfredini, L. Piccirilli, G. Pisani (ed.), Plutarco, Le vite di Lisandro e di Silla, Milano 1997.

T. E. Duff, Plutarch’s Lives, Exploring Virtue and Vice, Oxford 1999.

A. La Penna, Sallustio e la “rivoluzione” romana, Milano 19733.

A. La Penna, Il ritratto «paradossale» da Silla a Petronio, «RIFC» 104 (1976), 270 - 293.

A. La Penna, Ancora sul ritratto «paradossale», «RIFC» NS 7 (1980), 244 - 250.

M. Le Glay, J.-L. Voisin, Y. Le Bohec, Histoire romaine, trad. it. Bologna 2002.

G. Lipparini (ed.), C. Sallustio Crispo, La congiura di Catilina, La guerra giugurtina, Orazioni e Lettere, Bologna 1987.

C.B.R. Pelling, Plutarch’s Methods of work in the Roman Lives, «The Journal of Hellenic Studies» XCIX (1979), 74 - 96.

C.B.R. Pelling, Plutarch: Roman Heroes and Greek culture, in M. Griffin, J. Barnes, Philosophia Togata, Oxford 1989, 199ss.

K. Ziegler, Plutarch von Chaironeia, in RE XXI Stuttgart 1951, trad. it. Brescia 1965.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.