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N. 35 - Novembre 2010 (LXVI)

magellanica
qualche nota su Fernando de Magallanes

di Gennaro Tedesco

 

Come mai questo assordante silenzio su Fernando Magellano?

 

Certo qualche raro saggio nell’ultimo ventennio ha visto riemergere qualche barlume di interesse per il navigatore portoghese, ma è veramente poca cosa.

 

Neanche i media e la stampa si sono dati da fare per promuovere un qualche genere di attenzione nei suoi confronti. E non meno latitanti si dimostrano Scuola e Università non solo nel Bel Paese.

 

Una congiura del silenzio?

 

Starei quasi per rispondere di sì. Se così fosse, perché e come uscirne?

 

Naturalmente non abbiamo la presunzione di riscrivere la storia di Magellano e soprattutto del suo mondo, ma, forse, proprio le assenze o, se si vuole, i silenzi della Didattica ci possono aiutare a squarciare qualche velo di oscurità molto più delle ingombranti presenze. E non è da escludere che da questa operazione la stessa Didattica ne esca rafforzata e consolidata nella sua dimensione eminentemente ermeneutica.

 

È veramente paradossale che nel Terzo Millennio della Globalizzazione la Storiografia, la Scuola e l’Università non avvertano il bisogno, anzi l’urgenza di riconfrontarsi con l’Eroe, il mondo e l’epoca delle Grandi Scoperte Geografiche.

 

È proprio con Magellano e con la sua storica circumnavigazione del globo che inizia la planetarizzazione della storia, che si dimostra che la Terra è rotonda.

 

È con Magellano nel XVI secolo che comincia la modernità. E pure, non solo nei manuali di storia e nei libri di testo in generale, si continua a riversare, come un sonnifero, la solita, superficiale e addomesticata mitologia dell’Eroe erculeo che il salvifico Occidente invia in Oriente per illuminare d’immenso le anime perdute di un Oriente preistorico in attesa del nostro Uomo della Provvidenza.

 

Non approfondire i temi e i problemi posti dall’avventura magellanica, i suoi presupposti, le sue implicazioni e le sue conseguenze o parlarne poco e superficialmente, ripresentare nei manuali e attraverso i media rappresentare la figura di Magellano come una fugace meteora che con le sue “scoperte” illumina l’Oriente e il mondo è un modo disinvolto e neanche tanto elegante per non fare i conti non tanto col navigatore portoghese, ma soprattutto con la rivoluzione non solo economica e culturale che l’Oriente Asiatico dei nostri giorni, Cina, India, Indonesia, sta riversando sul fragilissimo involucro di un Occidente smarrito e perdente di fronte all’ineluttabilità delle epocali trasformazioni in corso nel teatro del globo.

 

Perché è evidente che il successo per il momento solo economico dei Giganti dell’Asia pone una seria ipoteca su un passato storico narrato quasi esclusivamente dall’osservatorio occidentale, non tenendo conto delle fonti, della realtà e delle modalità comunicative ed espressive di un Oriente che, sempre più vincente, reclama al tavolo della storia e dei poteri globali una riscrittura e una revisione degli stereotipi dominanti non solo storico-didattici.

 

Non è questione solo di nuove rotte oceaniche, di “scoperte geografiche” o di accessi privilegiati alle Spezie o di un Cristianesimo alla ricerca di nuovi fedeli da catechizzare, ma di un XVI secolo “magellanico”, che non escludendo, anzi valorizzando e contraddittoriamente ideologizzando un avventuriero portoghese divenuto Eroe suo malgrado, ambisce all’elaborazione e alla imposizione di una strategia oceanica e globale non sempre adeguatamente consapevole delle resistenze, dei limiti e dei rischi di tale impostazione della bilancia dei poteri globali.

 

I tanti silenzi sulla vita di Magellano sono silenzi eloquenti e significativi. È probabile che Magellano, prima di “scoprire” ufficialmente le Filippine, vi sià già approdato, come pure è probabile che abbia navigato alle Isole delle Spezie, intrattenendo nel corso della sua vita contatti e relazioni col mondo islamico non sempre chiare e cristalline.

 

La Spagna e il Portogallo, in competizione per il dominio sui mercati mondiali, la prima accecata dall’oro e dalle spezie, la seconda dalle spezie e dal commercio, entrambe possedute, galvanizzate ed euforizzate dal demone del Cannone potenziato e trasportato dal Veliero oceanico e quasi tutto su di esso puntando e investendo, non prendono in considerazione la complessità, l’antichità e la reattività della rete mondiale dei traffici orientali, l’interdipendenza e la connettività di un sistema economico e finanziario ben rodato ed equipaggiato che si estende, con le sue incredibili e possenti ramificazioni, dal Giappone a Venezia.

 

Questo articolato e sofisticato complesso di relazioni e interrelazioni internazionali che risale all’antichità possiede, tra l’altro, al suo interno, una capacità produttiva non ancora raggiunta e tanto meno superata dagli Europei, i nuovi arrivati o i Nuovi Barbari, così definiti, per la loro rozzezza e per la loro cupidigia,dai mandarini cinesi ( una storia che si ripete anche se a latitudini diverse: un altro Impero, quello romano d’Oriente e i suoi ministri e storici rimarranno stupefatti dall’analoga ingordigia dei Normanni, gli uomini venuti dal freddo del Nord).

 

È del tutto evidente che, per quanto non del tutto consapevole delle resistenze a cui si andava incontro nel momento in cui si decideva di dare una spallata definitiva a tale millenario sistema, Magellano dovesse mettere in conto un qualche genere di reazione da parte di poteri orientali così profondamente radicati e costituiti e così prepotentemente lesi.

 

E tutti gli strani personaggi che si incontrano nelle fonti occidentali, a cominciare da Marco Polo, e che si aggirano apparentemente come sradicati e vagabondi in un caleidoscopico e incomprensibile mondo orientale, non sono altro che osservatori e spie degli Europei che, come a torto o a ragione si è supposto sia di Magellano che di Colombo e di altri navigatori, non hanno mai incontrato difficoltà ad offrirsi, sul libero mercato degli uomini e delle informazioni, al miglior “datore di lavoro”, rivelandosi, per la loro spregiudicatezza, i primi e migliori campioni dell’individualismo borghese dell’incipiente modernità, negatrice di un Medioevo conformista e repressivo.

 

La disgregazione del sistema feudale e delle sue gerarchie, le difficoltà economiche, sociali e politiche di un’Europa quasi circondata e aggredita dalla marea montante e non ancora rifluita dell’Islam, la necessità di trovare alternative all’asfittica e impoverita rete commerciale europea, impacciata dal dominio islamico, hanno probabilmente fatto di necessità virtù: andare all’Oriente per l’Occidente senza andare per il sottile e soprattutto non soppesando fino in fondo le difficoltà e le resistenze di tali strategie espansionistiche. Insomma non fare preventivamente i conti con i propri limiti e le potenzialità degli Altri.

 

Ovviamente, come si è detto in precedenza, gli Europei erano molto più informati sull’Oriente di quanto la storiografia e i manuali di storia propinano a scolari e matricole, ma non erano in grado di valutare correttamente le informazioni in loro possesso sia per l’inadeguatezza che per la non esaustività di tali informazioni che potevano essere e certamente lo erano distorte e inquinate dai rivali orientali.

 

A tutto ciò si aggiunga un esorbitante senso di superiorità, che già preannuncia un incipiente razzismo, soprattutto da parte di Portoghesi e Spagnoli, estremamente fiduciosi nella forza della loro tecnologia militare e in parte notevole fanatizzati da un eterno spirito di Crociata sia bellico che religioso che probabilmente inficiava un corretto approccio alla realtà del mondo.

 

Comunque è veramente paradossale che in un’epoca di globalizzazione come quella che noi tutti, sia come docenti e storici che come allievi, stiamo attraversando e vivendo, la Scuola, l’Università, la Didattica e la Storiografia si siano chiusi gli occhi di fronte non solo alla possibilità di un confronto con la planetarizzazione magellanica, ma anche e soprattutto di fronte alla ineludibile necessità storica e pedagogica oltre che didattica e formativa, posta anche dalle problematiche magellaniche in modo prioritario ed urgente, di una Didattica della Storia interdisciplinare, comparativa e globale, all’incrocio e al confine di diverse discipline in una dimensione transazionale che trasforma l’interdisciplinarità in transdisciplinarità.

 

Il tutto approcciato ed elaborato, o meglio rielaborato, all’interno di una logica non lineare e multimediale in cui l’equipe docente in collaborazione e cooperazione con il gruppo classe-laboratorio non trasmissivo rivisiti, riesamini e rielabori, con l’ausilio di documenti elettronici attinti e forniti dal Web, le vicende magellaniche nel contesto più generale e più significativo della storia mondiale.

 

Chi scrive ha progettato, predisposto e realizzato in simulazione solitaria una ricerca in ambiente Web sugli annessi e connessi magellanici, utilizzando fonti elettroniche multimediali in portoghese, spagnolo, italiano e inglese.

 

Quali le conseguenze di tale approccio metodologico e interdisciplinare?

 

Certamente non proprio immediatamente, ma certamente in modi e tempi più rapidi ed efficaci rispetto alle modalità e ai tempi delle fonti scritte tradizionali e dei manuali, sono balzati in evidenza non pochi elementi innovativi: fonti e documenti e punti di vista non europei, ottiche e angolazioni orientali, asiatiche soprattutto, ma non solo, una visione panoramica, comparativa e globale quasi immediata, la scorrevolezza e la fruibilità non lineare dell’impostazione elettronica, la sua orizzontalità, la interattività e la interconnettività di processi conoscitivi, epistemologici ed educativi, l’apertura a dinamiche transdisciplinari e formative in continua e costante evoluzione a dimostrazione di una cumulatività collaborativa e cooperativa delle conoscenze e della loro non esaustività.

 

In questa pragmatica della comunicazione non solo elettronica si attivano processi ampiamente positivi e formativi di innovazione, partecipazione e democratizzazione del sapere del tutto preclusi nella dimensione della linearità comunicativa della forma-libro che può sollecitare anche gli allievi meno interessati e dotati a cimentarsi con quello che si profila anche come un allenamento al gioco protagonistico della Storia.

 

La dimensione ludica, cooperativa, interattiva, protagonistica, teatrale, d’inchiesta, giallistica, d’avventura, del canovaccio magellanico viene ulteriormente consolidata dal ricorso tecnologico e didattico alla “trasmissione “ radiofonica attraverso Internet per mezzo anche di un’eventuale intervista impossibile a Magellano e ai testimoni della memorabile impresa transoceanica.

 

L’eventuale smontaggio e rimontaggio di brani e pezzi non solo documentaristici tratti dalla biblioteca e cineteca universale e popolare di Internet confluenti in un cd inserito anche in rete consentirebbe di evidenziare non solo gli aspetti avventurosi, ma anche quelli geografici e soprattutto politici e spesso ancora oscuri dell’Odissea magellanica.

 

Non sarebbe solo una cronaca elettronica e multimediale, ma anche la riprova che la globalità e la non linearità della documentazione elettronica consente approcci alla storia molto più estesi, profondi e rapidi della documentazione della forma-libro. E proprio la fluidità e l’estensività dei mezzi elettronici, al contrario della rigidità e della limitata spazialità della forma-libro, aprono imprevedibili sentieri non solo tecnologici e metodologici, ma, correlativamente e interdipendentemente, anche conoscitivi e interdisciplinari, meglio sarebbe dire transdisciplinari.

 

L’uso di Internet ci consente in tempi rapidi una panoramica generale delle fonti elettroniche non solo occidentali, ma anche orientali sul navigatore portoghese, la sua epoca e il suo mondo. Se poi continuiamo a zigzagare (come metodologia e non solo come ludica) attraverso i siti e le fonti Internet, si può anche scoprire che forse, in qualche modo,la morte di Magellano era una morte annunciata e non imprevedibile.

 

Non troveremo documenti scritti che possano confermare le ipotesi che via via prenderanno corpo anche grazie alla strumentazione elettronica e ai suoi pregi di cui sopra. Ma vale la pena di tentare una riconfigurazione della problematica magellanica. In questo ci aiutano la geopolitica e gli indizi che il Web ci fornisce.

 

L’Europa, bloccata nella possibilità di espansione ad Oriente e di accesso alle spezie e ai mercati delle Indie, prova a imboccare la rotta occidentale per raggiungere il Catai e il Cipango. A questa necessità vitale, acuita anche dal fenomeno della disgregazione feudale e da una miseria crescente, destinata ad aumentare per la camicia di forza territoriale e commerciale imposta dall’assedio musulmano, l’Europa, attraverso il Portogallo prima e la Spagna poi, risponde, affidandosi al Cannone, divenuto mobile e micidiale e potenziato grazie al Veliero oceanico e in parte alla Predicazione cristiana, minacciando e aggredendo quel sistema economico-commerciale che dal Giappone e dalla Cina, attraverso il Sud-Est Asiatico, raggiungeva l’India e il Medio-Oriente musulmano, coinvolgendo e aggregando, come ultimo utilizzatore finale, la Serenissima.

 

Non è improbabile, anzi, tutt’altro, che, quando la flotta magellanica il 20 Settembre 1519 salpa da San Lucar de Barrameda, Venezia e i Musulmani e non solo le altre potenze europee ne fossero già ampiamente informati.

 

Raggiungere le Isole delle Spezie nell’attuale Indonesia o le Filippine non significa solo accaparrarsi e monopolizzare eventualmente il traffico di un così prezioso e strategico bene, ma soprattutto scompaginare un antichissimo, ben rodato e attrezzato, ramificato e ricchissimo mercato.

 

L’arrivo di Magellano nelle Filippine e la sua morte a Mactan il 27 Aprile 1521 non sono avvenimenti casuali, essi chiudono un cerchio non solo simbolico e ne aprono un altro, quello della nostra storia contemporanea globalizzata, interdipendente e intrecciata, non ancora del tutto compresa nella profondità e nella complessità del gioco dei suoi rimandi e delle sue ambiguità irrisolte.

 

Magellano nelle Filippine trova musulmani e popolazioni già islamizzate che non stavano certamente aspettando gli Europei per essere “scoperte” e “civilizzate”.

 

Le Filippine, come l’Indonesia e tutto il Sud-Est Asiatico, erano da tempo immemorabile parte di un unico sistema commerciale integrato che, come si è detto, andava dal Medio-Oriente all’India, alla Cina, al Giappone per finire con la lontanissima Venezia. Inoltre è evidente che da tempo l’influenza musulmana sia in termini commerciali che in quelli culturali e religiosi su queste aree avanzava spedita e incontenibile.

 

Magellano giungeva nelle Filippine, portando a termine un processo di accerchiamento non solo dell’Islam, ma anche delle altre potenze asiatiche, iniziato dai Portoghesi. Per l’Europa le Filippine erano il punto di sutura e saldatura dell’Occidente con l’Oriente: la rete predisposta ed aperta nella Penisola Iberica si chiudeva, anzi si serrava nelle Filippine. L’intero pianeta, per la prima volta, veniva globalizzato e sottoposto ad un unico ed universale dominio: quello europeo.

 

Ma è anche vero che il potere musulmano, giunto anch’esso alle Filippine, da questa base strategica, avrebbe potuto anch’esso tentare il grande balzo in avanti per chiudere l’Europa nella sua rete di strategia globale, attraversando il Pacifico.

 

A Mactan il 27 Aprile 1521 non si è verificato un caso accidentale e imprevedibile, la morte di Magellano, come ci informano i manuali di storia e la vulgata popolare e ormai mediatizzata. Ed è probabile che gli stessi testimoni dell’impresa magellanica ci hanno tramandato molto meno di quello che hanno visto e udito. Ma anche su questi aspetti da anni è carente e latitante la stessa storiografia occidentale, dalla quale in un prossimo futuro ci si aspetta un cambiamento di rotta, una più attenta rilettura delle fonti europee esistenti e soprattutto un’indagine storica centrata sulla scoperta e sulla valorizzazione delle fonti orientali.

 

A Mactan il 27 Aprile 1521, con la morte “inattesa” di Magellano, l’Europa ha scoperto che il suo dominio sul mondo non era scontato né facile né indolore, che in Oriente, a cominciare certamente dai Musulmani per finire con Indiani,Cinesi e Giapponesi, c’era ad attenderli una fiera e potente coalizione di oppositori pronti a sostenere il confronto e lo scontro e soprattutto decisi a rilanciare e a contrastare, senza nulla concedere, l’imperialismo europeo nascente e aggressivo.

 

Se la storia immediatamente successiva ci dice che Portoghesi e Spagnoli e poi Olandesi e Inglesi, malgrado l’avvertimento,si avventarono sulla ambita preda orientale, ciò non significa che i piani del dominio totale degli Europei non solo sull’Oriente si realizzarono pienamente e facilmente. Se infatti si dà uno sguardo alla mappa di tale presunto dominio, si nota che dal XVI secolo al XIX esso si estendeva territorialmente solo su pochi centri nevralgici prevalentemente costieri che non riuscirono mai fino al XIX secolo a divenire solidi possessi coloniali.

 

E comunque dagli Asiatici l’intrusione commerciale nei traffici del loro sistema mercantile millenario da parte europea, pur rivelandosi notevole e determinante, fu sempre percepita come omogenea al sistema medesimo e in quanto tale assimilabile e assimilata. Né, in un’ottica non eurocentrica, ma orientale e globale, va dimenticato che solo da poco alcuni storici contemporanei hanno cominciato a porsi il problema delle conseguenze “culturali” della planetarizzazione magellanica, quelle economiche al momento al di fuori di ogni reale ed effettiva considerazione, accingendosi a studiare e a valutare le ibridazioni conseguenti anche da punto di vista orientale, ma è solo un pallido ed incerto inizio, disseminato e minato ancora da ritorni di fiamma e rigurgiti identitaristici e nazionalistici.

 

Il processo di globalizzazione economica e informatica,che, non dimentichiamo può essere fermato o bloccato in qualunque momento sia per motivi oggettivi che soggettivi, ha indotto pochi, ma agguerriti storici a rimeditare il passato alla luce di un presente travolgente e stravolgente.

 

I perdenti di un tempo, almeno dal punto di vista della logica del potere, l’Elefante Indiano e il Dragone Cinese, nel processo di globalizzazione ancora in corso, si rivelano i vincenti di oggi sulla scena del teatro mondiale. La riscrittura della Storia e la ridefinizione della Didattica, ma non solo di esse, sono concepibili e praticabili solo alla luce di questo impatto cosmopolitizzante che avanza e sembra fagocitare qualsiasi fragile resistenza.

 

Il nuovo, e da ulteriormente approfondire e verificare, approccio alle problematiche magellaniche dallo scrivente proposto, per quanto breve, lacunoso, parziale e incompleto, sarebbe stato impensabile e inagibile nell’asfittica prospettiva eurocentrica e non elettronica dei manuali di storia correnti e non solo di quelli.

 

Naturalmente altre ipotesi interpretative potrebbero sommarsi alle nostre e anche stravolgere il nostro impianto didattico e storico.

 

Lo scrivente ne avrebbe altre da proporre, probabilmente scardinatrici del suo stesso approccio. Ma spazio, tempo e necessità di ulteriore approfondimento, magari integrato anche da fonti tradizionali scritte, non consentono di addentrarci in tale direzione, opportunità e necessità che volentieri lasciamo ad altri.

 

Il senso della nostra operazione, se senso vi è, consiste nel tentativo, riuscito o meno, di mostrare che una orizzontalizzazione della Didattica e della Storia, un loro approccio non conformistico, non dogmatico e non specialistico è possibile e opportuno, ma soprattutto, con la necessaria guida discreta di una equipe docente interdisciplinare e laboratoriale, alla portata delle nuove generazioni studentesche attraverso le loro proprie e specifiche modalità non solo elettroniche di rapportarsi alla realtà del mondo contemporaneo e globalizzato.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Gennaro Tedesco, Magellanica, Cd-rom, ANSAS-NTL, ex IRRE-Lombardia-Milano, 2010.


 

 

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