N. 74 - Febbraio 2014 
                          
                          (CV)
																						LA COMMOSSA MEMORIA DEL SUD
																						A proposito di LUIGI RUSSO
																						di Salvatore Ragonesi
																			 
																			
																			
																			Di 
																			Luigi 
																			Russo 
																			(Delia, 
																			Caltanissetta, 
																			29 
																			novembre 
																			1892-Marina 
																			di 
																			Pietrasanta, 
																			Lucca, 
																			14 
																			agosto 
																			1961) 
																			si 
																			sono 
																			perdute 
																			le 
																			tracce 
																			nelle 
																			attuali 
																			condizioni 
																			della 
																			critica 
																			letteraria 
																			italiana 
																			tutta 
																			spostata 
																			verso 
																			ineffabili 
																			lidi 
																			di 
																			oscura 
																			psicolinguistica, 
																			per 
																			la 
																			quale 
																			la 
																			nostra 
																			grande 
																			tradizione 
																			storicistica 
																			rischia 
																			di 
																			essere 
																			totalmente 
																			ignorata 
																			e 
																			pericolosamente 
																			cancellata.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Capisco 
																			la 
																			fatica 
																			intellettuale 
																			che 
																			comporta 
																			una 
																			necessaria 
																			riacquisizione 
																			del 
																			lavoro 
																			critico 
																			svolto 
																			dai 
																			nostri 
																			Francesco 
																			De 
																			Sanctis, 
																			Benedetto 
																			Croce, 
																			Giovanni 
																			Gentile, 
																			Michele 
																			Barbi, 
																			Alessandro 
																			D’Ancona, 
																			Francesco 
																			Flora, 
																			Attilio 
																			Momigliano 
																			e 
																			dallo 
																			stesso 
																			Russo, 
																			autore 
																			di 
																			una 
																			produzione 
																			davvero 
																			sterminata 
																			(tra 
																			cui, 
																			in 
																			particolare, 
																			si 
																			ricordano:
																			
																			Metastasio; 
																			Giovanni 
																			Verga; 
																			I 
																			narratori; 
																			Problemi 
																			di 
																			metodo 
																			critico; 
																			F. 
																			De 
																			Sanctis 
																			e la 
																			cultura 
																			napoletana; 
																			S. 
																			Di 
																			Giacomo; 
																			Elogio 
																			della 
																			polemica; 
																			Ritratti 
																			e 
																			disegni 
																			storici; 
																			La 
																			critica 
																			letteraria 
																			contemporanea; 
																			Carducci 
																			senza 
																			retorica; 
																			Il 
																			tramonto 
																			del 
																			letterato; 
																			Storia 
																			della 
																			letteratura 
																			italiana; 
																			De 
																			vera 
																			religione), 
																			ma 
																			anche 
																			vivace 
																			commentatore 
																			di 
																			classici 
																			e 
																			soprattutto 
																			acuto 
																			interprete 
																			dell’estetica 
																			desanctisiana, 
																			interlocutore 
																			di 
																			Croce 
																			e 
																			Gentile 
																			e 
																			paziente 
																			costruttore 
																			di 
																			un 
																			meridionalismo 
																			letterario 
																			lucido 
																			e 
																			battagliero, 
																			e 
																			non 
																			già 
																			decadente 
																			e 
																			piagnucoloso.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			suo 
																			è un 
																			meridionalismo 
																			pugnace, 
																			che 
																			definisco 
																			“trascendentale” 
																			proprio 
																			per 
																			la 
																			forza 
																			non 
																			contingente, 
																			non 
																			immanente 
																			e 
																			non 
																			faziosa 
																			della 
																			proposta, 
																			e 
																			per 
																			la 
																			profondità 
																			libertaria 
																			della 
																			visione 
																			critica, 
																			per 
																			l’evidente 
																			spessore 
																			ideale 
																			delle 
																			ragioni 
																			culturali 
																			e 
																			per 
																			gli 
																			spazi 
																			di 
																			larga 
																			prospettiva 
																			storico-critica 
																			aperti 
																			alla 
																			letteratura.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Permane 
																			in 
																			Luigi 
																			Russo 
																			un 
																			afflato 
																			speciale 
																			per 
																			la 
																			Sicilia 
																			e 
																			per 
																			il 
																			Sud, 
																			dopo 
																			la 
																			sua 
																			partenza 
																			per 
																			il 
																			Nord, 
																			prima 
																			per 
																			frequentare 
																			la 
																			Scuola 
																			Normale 
																			Superiore 
																			di 
																			Pisa 
																			e 
																			poi 
																			per 
																			partecipare 
																			in 
																			trincea 
																			alla 
																			prima 
																			guerra 
																			mondiale, 
																			e 
																			successivamente, 
																			in 
																			seguito 
																			ad 
																			una 
																			breve 
																			parentesi 
																			napoletana 
																			grazie 
																			alla 
																			quale 
																			può 
																			conoscere 
																			personalmente 
																			Benedetto 
																			Croce, 
																			Giustino 
																			Fortunato 
																			ed 
																			altri 
																			intellettuali, 
																			per 
																			insegnare 
																			letteratura 
																			italiana 
																			al 
																			Magistero 
																			di 
																			Firenze 
																			e 
																			quindi 
																			all’Università 
																			di 
																			Pisa.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Così 
																			il 
																			“barbaro 
																			zolfataio” 
																			vissuto 
																			per 
																			diciassette 
																			anni 
																			“in 
																			un 
																			piccolo 
																			paese 
																			della 
																			provincia 
																			di 
																			Caltanissetta”, 
																			ulteriormente 
																			imbarbarito 
																			da 
																			tre 
																			anni 
																			di 
																			trincea 
																			sul 
																			Carso, 
																			si 
																			trapianta 
																			fuori 
																			dell’Isola 
																			e 
																			sposa 
																			Teresa 
																			Saracinelli 
																			di 
																			un’illustre 
																			famiglia 
																			perugina, 
																			“una 
																			fanciulla 
																			che 
																			era 
																			stata 
																			mia 
																			compagna 
																			all’università 
																			di 
																			Pisa”, 
																			“una 
																			fanciulla 
																			senza 
																			dote, 
																			ma 
																			di 
																			una 
																			famiglia 
																			nobilissima, 
																			una 
																			contessa 
																			di 
																			una 
																			vecchia 
																			famiglia 
																			decaduta”, 
																			una 
																			donna, 
																			insomma, 
																			destinata 
																			ad 
																			ammorbidire 
																			la 
																			sua 
																			barbarie:“Tu 
																			sei 
																			un 
																			barbaro 
																			e 
																			lei 
																			ti 
																			sbarbarirà” 
																			(L. 
																			Russo,
																			
																			Nascita 
																			di 
																			uomini 
																			democratici,
																			
																			in 
																			Dialogo 
																			dei 
																			popoli, 
																			Parenti, 
																			Firenze 
																			1955, 
																			p. 
																			281).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			punto 
																			di 
																			vista 
																			meridionalista 
																			nella 
																			storiografia 
																			letteraria 
																			di 
																			Russo 
																			diviene 
																			una 
																			conquista 
																			durevole 
																			successivamente 
																			alla 
																			stesura 
																			della 
																			sua 
																			tesi 
																			di 
																			laurea 
																			sul 
																			Metastasio 
																			discussa 
																			a 
																			Pisa 
																			con 
																			Francesco 
																			Flamini 
																			nel 
																			1914, 
																			e si 
																			esprime 
																			efficacemente 
																			già 
																			con 
																			l’elaborazione 
																			del 
																			saggio 
																			su
																			
																			Giovanni 
																			Verga
																			
																			edito 
																			inizialmente 
																			da 
																			Ricciardi 
																			nel 
																			1919: 
																			“Questo 
																			volume 
																			apparve 
																			la 
																			prima 
																			volta, 
																			nell’ottobre 
																			1919, 
																			edito 
																			dal 
																			Ricciardi 
																			di 
																			Napoli, 
																			e 
																			diede 
																			lo 
																			spunto 
																			per 
																			larghe 
																			discussioni 
																			e 
																			acclamazioni 
																			all’arte 
																			del 
																			Verga 
																			[…] 
																			E 
																			invero 
																			è 
																			stata 
																			larga 
																			in 
																			quest’ultimo 
																			dodicennio 
																			la 
																			messe 
																			degli 
																			studi 
																			particolari 
																			e 
																			degli 
																			articoli, 
																			anche 
																			se 
																			spesse 
																			volte 
																			generici, 
																			ma 
																			tali 
																			in 
																			ogni 
																			modo 
																			da 
																			attestare 
																			che 
																			il 
																			Verga 
																			ormai 
																			è 
																			entrato 
																			nella 
																			coscienza 
																			e 
																			nel 
																			gusto 
																			dell’universale” 
																			(L. 
																			Russo,
																			
																			Avvertenza
																			
																			del 
																			1933 
																			alla 
																			seconda 
																			edizione 
																			del 
																			saggio 
																			su 
																			Giovanni 
																			Verga, 
																			Laterza, 
																			Bari 
																			1959, 
																			p. 
																			IX).
																			 
																			
																			
																			Nel 
																			momento 
																			in 
																			cui 
																			del 
																			Verga 
																			si 
																			conosce 
																			solo 
																			la
																			
																			Storia 
																			di 
																			una 
																			capinera,
																			
																			il 
																			critico 
																			siciliano 
																			lancia 
																			la 
																			lettura 
																			completa 
																			delle 
																			opere 
																			verghiane, 
																			mette 
																			in 
																			discussione 
																			la 
																			nettezza 
																			della 
																			distinzione 
																			tra 
																			poesia 
																			e 
																			non 
																			poesia, 
																			afferma 
																			l’unità 
																			di 
																			arte, 
																			cultura 
																			e 
																			eticità, 
																			e 
																			introduce 
																			uno 
																			storicismo 
																			critico 
																			che 
																			fa 
																			vibrare 
																			cuore, 
																			passione 
																			e 
																			intelligenza 
																			e 
																			che 
																			affida 
																			ad 
																			una 
																			molteplicità 
																			di 
																			fattori 
																			unificati 
																			da 
																			un 
																			potente 
																			sguardo 
																			penetrativo, 
																			da 
																			una 
																			larga 
																			competenza 
																			cognitiva, 
																			da 
																			una 
																			profonda 
																			comprensione 
																			e da 
																			un 
																			gusto 
																			pieno 
																			dell’arte.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Nell’elaborazione 
																			del 
																			saggio 
																			in 
																			questione, 
																			per 
																			lui 
																			decisivo, 
																			Russo 
																			dimostra 
																			quanto 
																			il 
																			Verga 
																			gli 
																			sia 
																			organico 
																			e 
																			congeniale 
																			e 
																			quanto 
																			con 
																			lui 
																			egli 
																			possa 
																			recuperare 
																			la 
																			tremenda 
																			libertà 
																			della 
																			sua 
																			anima, 
																			del 
																			proprio 
																			io, 
																			del 
																			proprio 
																			patrimonio 
																			lessicale 
																			e 
																			sintattico, 
																			e 
																			tutta 
																			la 
																			capacità 
																			critica 
																			legata 
																			alla 
																			propria 
																			“sicilitudine” 
																			ancora 
																			allo 
																			stato 
																			puro, 
																			come 
																			quella 
																			dei 
																			personaggi 
																			crudi 
																			e 
																			schietti 
																			dei
																			
																			Malavoglia,
																			
																			di
																			
																			Mastro 
																			Don 
																			Gesualdo
																			
																			e 
																			delle
																			
																			Novelle.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			In 
																			questa 
																			Sicilia 
																			verghiana 
																			Russo 
																			ritrova 
																			se 
																			stesso 
																			e il 
																			suo 
																			mondo, 
																			le 
																			sue 
																			radici 
																			di 
																			uomo 
																			e di 
																			intellettuale, 
																			la 
																			sua 
																			anima 
																			libertaria 
																			che 
																			sembrava 
																			quasi 
																			perduta 
																			nel 
																			composto 
																			e 
																			ben 
																			educato 
																			filologismo 
																			nordista. 
																			Il 
																			viaggio 
																			che 
																			egli 
																			adesso 
																			ricomincia 
																			è 
																			non 
																			più 
																			da 
																			Sud 
																			a 
																			Nord, 
																			ma 
																			da 
																			Nord 
																			a 
																			Sud 
																			in 
																			compagnia 
																			dei 
																			suoi 
																			Autori, 
																			del 
																			loro 
																			stile 
																			e 
																			dei 
																			loro 
																			personaggi 
																			più 
																			rappresentativi. 
																			Ed è 
																			un 
																			viaggio, 
																			bisogna 
																			sottolinearlo, 
																			finalizzato 
																			o 
																			destinato 
																			alla 
																			riconquista 
																			non 
																			solo 
																			della 
																			Sicilia 
																			come 
																			farà 
																			Elio 
																			Vittorini 
																			con 
																			le 
																			sue
																			
																			Conversazioni,
																			
																			ma 
																			dell’intero 
																			Sud, 
																			dove 
																			vivono, 
																			si 
																			muovono 
																			e si 
																			alimentano 
																			Croce 
																			ed i 
																			crociani, 
																			Gentile 
																			ed i 
																			gentiliani, 
																			Gramsci 
																			ed i 
																			marxisti-storicisti 
																			di 
																			Napoli, 
																			i 
																			massimi 
																			filosofi 
																			del 
																			secondo 
																			Ottocento 
																			e 
																			del 
																			primo 
																			Novecento, 
																			gli 
																			uomini 
																			del 
																			Risorgimento 
																			nazionale 
																			e 
																			soprattutto 
																			quel 
																			grande 
																			costruttore, 
																			creatore, 
																			teorico 
																			e 
																			critico 
																			che 
																			si 
																			chiama 
																			Francesco 
																			De 
																			Sanctis.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			L’operazione 
																			critica 
																			che 
																			Russo 
																			compie 
																			con 
																			il 
																			saggio 
																			sul 
																			Verga 
																			consiste, 
																			dunque, 
																			nella 
																			rivendicazione 
																			della 
																			presenza 
																			attiva 
																			del 
																			Meridione 
																			nella 
																			vicenda 
																			culturale 
																			e 
																			politica 
																			azionale, 
																			con 
																			un 
																			inizio 
																			collocato 
																			nel 
																			1861, 
																			nel 
																			momento 
																			dell’unificazione 
																			nazionale 
																			e 
																			della 
																			più 
																			larga 
																			socializzazione 
																			dei 
																			fatti 
																			letterari, 
																			artistici 
																			e 
																			filosofici 
																			della 
																			nuova 
																			Italia. 
																			Qui 
																			avviene 
																			la 
																			fusione 
																			della 
																			vita 
																			e 
																			della 
																			cultura, 
																			e la 
																			loro 
																			trasformazione 
																			in 
																			arte, 
																			come 
																			egli 
																			afferma 
																			con 
																			decisione 
																			già 
																			nel 
																			Verga
																			
																			del 
																			1919 
																			nel 
																			capitolo 
																			non 
																			rimosso 
																			in 
																			altre 
																			edizioni 
																			su
																			
																			La 
																			fama 
																			del 
																			Verga,
																			
																			in 
																			cui 
																			l’arte 
																			ha 
																			la 
																			sua 
																			fonte 
																			in 
																			una 
																			pluralità 
																			di 
																			sollecitazioni 
																			interiori 
																			organizzate 
																			da 
																			una 
																			sintesi 
																			a 
																			priori 
																			estetica, 
																			e la 
																			critica 
																			ne è 
																			la 
																			continuazione, 
																			e la 
																			poetica 
																			ne 
																			rappresenta 
																			la 
																			concreta 
																			esplicitazione.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			L’operazione 
																			condotta 
																			a 
																			termine 
																			con 
																			il 
																			Verga
																			
																			è 
																			assunta 
																			da 
																			Russo 
																			a 
																			paradigma 
																			di 
																			letterarietà 
																			meridionalista 
																			non 
																			più 
																			cancellabile. 
																			Questo 
																			è 
																			anche 
																			il 
																			punto 
																			più 
																			alto 
																			della 
																			metodologia 
																			russiana, 
																			che 
																			risiede 
																			nell’intensità 
																			del 
																			bisogno 
																			di 
																			un 
																			riferimento 
																			costante 
																			alla 
																			totalità
																			
																			delle 
																			espressioni 
																			e 
																			dei 
																			fattori 
																			che 
																			contribuiscono 
																			a 
																			produrre 
																			l’arte. 
																			Che 
																			non 
																			è 
																			cosa 
																			facile 
																			a 
																			farsi, 
																			se 
																			manca 
																			la 
																			pluralità 
																			delle 
																			componenti 
																			costitutive 
																			e 
																			non 
																			si 
																			realizza 
																			il 
																			ventaglio 
																			di 
																			possibilità 
																			creative 
																			e 
																			ricettive, 
																			e se 
																			non 
																			si 
																			mette 
																			in 
																			campo 
																			la 
																			forte 
																			capacità 
																			emozionale 
																			di 
																			unificazione 
																			dei 
																			vari 
																			prodotti 
																			e 
																			delle 
																			varie 
																			funzioni 
																			dello 
																			spirito. 
																			E 
																			ciò 
																			lo 
																			allontana 
																			dalla 
																			metodologia 
																			crociana, 
																			che 
																			vorrebbe 
																			introdurre 
																			una 
																			distinzione 
																			netta 
																			tra 
																			le 
																			varie 
																			manifestazioni 
																			e 
																			realizzazioni 
																			dell’umana 
																			spiritualità. 
																			Non 
																			è 
																			questa, 
																			però, 
																			la 
																			sede 
																			per 
																			ridiscutere 
																			la 
																			genesi 
																			e la 
																			rottura 
																			dei 
																			rapporti 
																			intellettuali 
																			e 
																			umani 
																			tra 
																			Russo 
																			e 
																			Benedetto 
																			Croce. 
																			(vedi 
																			S. 
																			Ragonesi,
																			
																			Carlo 
																			Antoni 
																			e 
																			Luigi 
																			Russo. 
																			La 
																			revisione 
																			del 
																			crocianesimo 
																			nell’estetica 
																			e 
																			nella 
																			filosofia 
																			politica,
																			
																			in 
																			“Nuova 
																			Secondaria”, 
																			n. 
																			10 
																			del 
																			15 
																			giugno1997).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Sta 
																			di 
																			fatto 
																			che 
																			la 
																			frequentazione 
																			di 
																			casa 
																			Croce 
																			subito 
																			dopo 
																			la 
																			Grande 
																			Guerra, 
																			quando 
																			Russo 
																			accetta 
																			per 
																			qualche 
																			tempo 
																			l’insegnamento 
																			di 
																			italiano 
																			e 
																			latino 
																			nel 
																			Collegio 
																			militare 
																			della 
																			Nunziatella 
																			di 
																			Napoli, 
																			gli 
																			apre 
																			tutto 
																			un 
																			mondo 
																			di 
																			relazioni 
																			intellettuali 
																			e di 
																			amicizie 
																			importanti 
																			e di 
																			vere 
																			sollecitazioni 
																			culturali, 
																			a 
																			cominciare 
																			da 
																			quelle 
																			che 
																			provengono, 
																			oltre 
																			che 
																			dallo 
																			stesso 
																			Croce, 
																			da 
																			Adolfo 
																			Omodeo, 
																			Giustino 
																			Fortunato, 
																			Guido 
																			De 
																			Ruggiero, 
																			Salvatore 
																			Di 
																			Giacomo, 
																			Francesco 
																			Flora, 
																			Federico 
																			Chabod, 
																			Fausto 
																			Nicolini, 
																			ecc., 
																			e 
																			dalla 
																			presenza 
																			di 
																			una 
																			rivista 
																			come 
																			“La 
																			Critica”, 
																			che 
																			affronta 
																			con 
																			sistematicità 
																			e 
																			molta 
																			competenza 
																			sia 
																			le 
																			questioni 
																			storiografiche, 
																			filosofiche 
																			e 
																			letterarie 
																			più 
																			in 
																			vista 
																			che 
																			quelle 
																			meno 
																			frequentate 
																			dalla 
																			cultura 
																			ufficiale.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Entro 
																			il 
																			nuovo 
																			spazio 
																			intellettuale 
																			Russo 
																			può 
																			concepire 
																			un’opera 
																			fondamentale 
																			(e 
																			purtroppo 
																			oggi 
																			poco 
																			nota) 
																			come
																			
																			Francesco 
																			De 
																			Sanctis 
																			e la 
																			cultura 
																			napoletana 
																			pubblicata 
																			nel 
																			1928, 
																			che 
																			rivela 
																			un 
																			interesse 
																			vivissimo 
																			per 
																			la 
																			storia 
																			e un 
																			sentimento 
																			di 
																			autentica 
																			simpatia 
																			per 
																			l’intero 
																			quadro 
																			di 
																			vita 
																			culturale 
																			del 
																			Meridione 
																			subito 
																			dopo 
																			l’unificazione 
																			nazionale. 
																			E De 
																			Sanctis 
																			viene 
																			posto 
																			al 
																			centro 
																			di 
																			questa 
																			vita, 
																			con 
																			le 
																			sue 
																			proposte, 
																			le 
																			sue 
																			azioni 
																			riformatrici 
																			e le 
																			sue 
																			ragioni 
																			estetiche, 
																			politico-culturali 
																			e 
																			filosofiche. 
																			Emergono 
																			così 
																			i 
																			patrioti 
																			meridionali 
																			dello 
																			spirito 
																			e 
																			dell’idea 
																			per 
																			il 
																			permanente 
																			valore 
																			del 
																			loro 
																			pensiero, 
																			ma 
																			soprattutto 
																			emerge 
																			la 
																			Napoli 
																			del 
																			secondo 
																			Ottocento, 
																			di 
																			cui 
																			il 
																			Russo 
																			fa 
																			una 
																			commossa 
																			rievocazione.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			De 
																			Sanctis 
																			epura 
																			radicalmente 
																			l’università 
																			borbonica 
																			caduta 
																			in 
																			estrema 
																			miseria 
																			intellettuale, 
																			e 
																			non 
																			per 
																			rappresaglia 
																			politica, 
																			poiché 
																			mantiene 
																			in 
																			servizio 
																			i 
																			borbonici 
																			più 
																			intelligenti 
																			e 
																			preparati, 
																			quanto 
																			per 
																			fare 
																			opera 
																			di 
																			autentica 
																			riforma 
																			morale 
																			e 
																			intellettuale 
																			con 
																			gli 
																			uomini 
																			migliori 
																			e 
																			rimettere 
																			in 
																			piedi 
																			la 
																			cultura 
																			meridionale 
																			e 
																			nazionale 
																			con 
																			gli 
																			intellettuali 
																			detestati 
																			e 
																			perseguitati 
																			dal 
																			vecchio 
																			regime:il 
																			Settembrini, 
																			il 
																			De 
																			Meis, 
																			Paolo 
																			Emilio 
																			e 
																			Vittorio 
																			Imbriani, 
																			Bertrando 
																			e 
																			Silvio 
																			Spaventa, 
																			il 
																			Tari, 
																			il 
																			Tommasi, 
																			il 
																			Fiorentino 
																			e 
																			molti 
																			altri 
																			ancora. 
																			In 
																			particolare, 
																			Bertrando 
																			Spaventa 
																			spazza 
																			via 
																			i 
																			vaniloqui 
																			dei 
																			giobertiani 
																			sul 
																			primato 
																			italico 
																			e 
																			incita 
																			al 
																			vero 
																			lavoro 
																			di 
																			storia 
																			della 
																			filosofia, 
																			mentre 
																			il 
																			De 
																			Sanctis 
																			reagisce 
																			con 
																			forza 
																			ed 
																			efficacia 
																			alla 
																			decadente 
																			letteratura 
																			del 
																			tardo 
																			romanticismo, 
																			e 
																			tutti 
																			gli 
																			altri 
																			napoletani 
																			portano 
																			nell’insegnamento 
																			della 
																			loro 
																			disciplina 
																			concretezza 
																			e 
																			rigore.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Insomma, 
																			il 
																			Russo 
																			esalta 
																			la 
																			vitalità 
																			ed 
																			il 
																			rigore 
																			che 
																			sprigionano 
																			da 
																			quella 
																			che 
																			chiama 
																			“età desanctisiana” 
																			ed 
																			esprime 
																			un 
																			elogio 
																			a 
																			Napoli, 
																			che 
																			è la 
																			vera 
																			patria 
																			della 
																			nuova 
																			cultura 
																			italiana, 
																			contrapposta 
																			a 
																			Firenze, 
																			che 
																			ha 
																			solo 
																			l’eredità 
																			formale 
																			di 
																			una 
																			vecchia 
																			cultura 
																			filologica 
																			ormai 
																			al 
																			tramonto. 
																			Povera 
																			cosa 
																			di 
																			fronte 
																			alla 
																			grandezza 
																			dello 
																			storicismo 
																			napoletano.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Questa 
																			prospettiva 
																			densamente 
																			storicizzata, 
																			e 
																			assunta 
																			come 
																			modello, 
																			è la 
																			conquista 
																			più 
																			fertile 
																			e 
																			originale 
																			di 
																			Russo, 
																			che 
																			trae 
																			da 
																			Croce 
																			e da 
																			Gentile 
																			quanto 
																			gli 
																			serve 
																			nel 
																			campo 
																			della 
																			storiografia 
																			e 
																			dell’estetica, 
																			correggendone 
																			magari 
																			le 
																			deformazioni 
																			o le 
																			incongruenze 
																			nella 
																			critica 
																			letteraria 
																			con 
																			l’ausilio 
																			del 
																			suo 
																			vero 
																			ed 
																			unico 
																			Maestro, 
																			il 
																			De 
																			Sanctis, 
																			che 
																			gli 
																			fa 
																			ritrovare 
																			la 
																			vasta 
																			ispirazione 
																			di 
																			critica 
																			storica, 
																			la 
																			forte 
																			tensione 
																			morale 
																			e 
																			sociale 
																			e le 
																			larghe 
																			e 
																			profonde 
																			escursioni 
																			filosofiche 
																			e 
																			culturali.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Così 
																			si 
																			fanno 
																			più 
																			frequenti 
																			le 
																			punzecchiature 
																			a 
																			Croce 
																			a 
																			proposito 
																			di 
																			Dante 
																			o 
																			del 
																			Manzoni 
																			o 
																			del 
																			Leopardi, 
																			quando 
																			Russo 
																			afferma 
																			con 
																			decisione 
																			e 
																			sprezzante 
																			ironia 
																			che 
																			la 
																			struttura 
																			poetica 
																			della 
																			Divina 
																			Commedia
																			
																			fa 
																			parte 
																			della 
																			poesia, 
																			che 
																			l’oratoria 
																			manzoniana 
																			rientra 
																			organicamente 
																			nella 
																			organizzazione 
																			della 
																			poesia 
																			dei 
																			Promessi 
																			Sposi,
																			
																			che 
																			la 
																			filosofia 
																			intreccia 
																			intimamente, 
																			senza 
																			potersene 
																			separare, 
																			la 
																			lirica 
																			leopardiana. 
																			Che 
																			è un 
																			ritorno 
																			alla 
																			grandezza 
																			di 
																			visione 
																			del 
																			De 
																			Sanctis 
																			e un 
																			allungamento 
																			dello 
																			sguardo 
																			critico 
																			ad 
																			una 
																			profonda 
																			esperienza 
																			e 
																			competenza 
																			storica, 
																			filosofica 
																			e 
																			letteraria.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Ma 
																			il 
																			Russo 
																			riconosce 
																			infine 
																			che 
																			pure 
																			il 
																			Croce, 
																			su 
																			varie 
																			sollecitazioni 
																			e in 
																			particolare 
																			a 
																			seguito 
																			degli 
																			scontri 
																			terrificanti 
																			con 
																			Gentile, 
																			teorizza 
																			il 
																			carattere 
																			di 
																			totalità
																			
																			dell’espressione 
																			artistica, 
																			e 
																			ciò 
																			non 
																			può 
																			essere 
																			ignorato, 
																			giacché 
																			il 
																			filosofo 
																			napoletano 
																			scopre 
																			ciò 
																			che 
																			è 
																			comune 
																			all’attività 
																			logica 
																			ed a 
																			quella 
																			fantastica, 
																			e 
																			accenna 
																			a 
																			regolarne 
																			il 
																			rapporto 
																			in 
																			modo 
																			sempre 
																			più 
																			chiaro 
																			e 
																			ravvicinato 
																			nel 
																			volumetto 
																			La 
																			Poesia
																			
																			del 
																			1936, 
																			ove 
																			si 
																			verifica 
																			la 
																			definitiva 
																			conquista 
																			della 
																			cultura 
																			che 
																			si 
																			fa 
																			arte 
																			e 
																			letteratura.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			La 
																			definizione 
																			di 
																			una 
																			storia 
																			della 
																			letteratura 
																			come 
																			storia 
																			dello 
																			spirito 
																			umano 
																			considerato 
																			nella 
																			sua 
																			interezza
																			
																			appartiene, 
																			però, 
																			al 
																			De 
																			Sanctis 
																			e 
																			non 
																			poteva 
																			essere 
																			diversamente, 
																			dice 
																			il 
																			Russo, 
																			perché 
																			“la 
																			sua[di 
																			De 
																			Sanctis] 
																			storia 
																			letteraria 
																			fu 
																			al 
																			tempo 
																			stesso 
																			la 
																			storia 
																			morale 
																			del 
																			popolo 
																			italiano. 
																			E in 
																			verità 
																			quell’opera 
																			si 
																			colloca 
																			nella 
																			serie 
																			dei 
																			capolavori, 
																			poiché 
																			fu 
																			intelligenza 
																			dell’arte 
																			nella 
																			sua 
																			pienezza, 
																			nella 
																			sua 
																			totalità, 
																			poiché 
																			ogni 
																			opera 
																			d’arte 
																			è un 
																			mondo, 
																			e 
																			come 
																			tale 
																			essa 
																			esprime 
																			l’unità 
																			della 
																			vita[…]e 
																			non 
																			si 
																			può 
																			eseguire 
																			la 
																			storia 
																			del 
																			suo 
																			valore 
																			puramente 
																			estetico 
																			senza 
																			cadere 
																			nell’astrattezza” 
																			(L. 
																			Russo,
																			
																			La 
																			critica 
																			letteraria 
																			contemporanea, 
																			I, 
																			Sansoni, 
																			Firenze 
																			1977, 
																			p. 
																			206).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Non 
																			può 
																			essere 
																			ignorato 
																			il 
																			fatto 
																			che, 
																			nonostante 
																			i 
																			continui 
																			contrasti 
																			con 
																			Croce, 
																			il 
																			Russo 
																			a 
																			lui 
																			ritorna, 
																			perché 
																			da 
																			lui 
																			attinge, 
																			dopoVerga 
																			e De 
																			Sanctis, 
																			gli 
																			stimoli 
																			più 
																			importanti 
																			per 
																			il 
																			suo 
																			lavoro 
																			critico. 
																			E 
																			lui 
																			rimane 
																			uno 
																			dei 
																			pilastri 
																			della 
																			cultura 
																			filosofica 
																			e 
																			storiografica 
																			del 
																			Sud, 
																			assieme 
																			ai 
																			vari 
																			Antonio 
																			Labriola, 
																			Bertrando 
																			Spaventa, 
																			Francesco 
																			Fiorentino 
																			e 
																			altri 
																			intellettuali 
																			di 
																			straordinaria 
																			forza 
																			e 
																			vitalità 
																			come 
																			Camillo 
																			De 
																			Meis, 
																			Luigi 
																			Capuana, 
																			Federico 
																			De 
																			Roberto, 
																			Salvatore 
																			Di 
																			Giacomo, 
																			Giustino 
																			Fortunat, 
																			Pasquale 
																			Villari, 
																			Gaetano 
																			Salvemini, 
																			Guido 
																			De 
																			Ruggiero, 
																			Francesco 
																			Jovine, 
																			Francesco 
																			Flora, 
																			Adolfo 
																			Omodeo, 
																			Giuseppe 
																			De 
																			Robertis, 
																			ecc.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			E 
																			non 
																			è 
																			davvero 
																			il 
																			caso 
																			di 
																			liquidare 
																			la 
																			forza 
																			speculativa 
																			di 
																			Giovanni 
																			Gentile 
																			fino 
																			al 
																			suo 
																			esaurimento, 
																			attorno 
																			alla 
																			metà 
																			degli 
																			anni 
																			Venti 
																			del 
																			Novecento, 
																			né 
																			l’importanza 
																			delle 
																			elaborazioni 
																			gramsciane 
																			come 
																			viene 
																			testimoniata 
																			nel
																			
																			De 
																			vera 
																			religione
																			
																			del 
																			1949, 
																			che 
																			è 
																			inizialmente 
																			un 
																			discorso 
																			letto 
																			alla 
																			Scuola 
																			Normale 
																			di 
																			Pisa 
																			e 
																			che 
																			è 
																			dedicato 
																			ad 
																			“Antonio 
																			Gramsci 
																			e 
																			l’educazione 
																			democratica 
																			in 
																			Italia”.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Dall’amicizia 
																			con 
																			Giustino 
																			Fortunato 
																			e 
																			dalla 
																			frequentazione 
																			del 
																			salotto 
																			crociano 
																			nasce 
																			in 
																			Russo, 
																			e si 
																			fa 
																			sempre 
																			più 
																			forte, 
																			il 
																			bisogno 
																			di 
																			tornare 
																			mentalmente 
																			al 
																			Mezzogiorno 
																			“barbarico”, 
																			di 
																			recuperare 
																			Giambattista 
																			Vico 
																			e la 
																			libertà 
																			creativa 
																			dei 
																			primitivi, 
																			di 
																			approfondire 
																			le 
																			ragioni 
																			della 
																			grandezza 
																			e 
																			bellezza 
																			di 
																			un 
																			canto 
																			segreto 
																			e di 
																			una 
																			visione 
																			che 
																			nulla 
																			ha 
																			di 
																			decadente 
																			e 
																			che 
																			conserva 
																			la 
																			vibrazione 
																			religiosa 
																			e la 
																			forza 
																			etica.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			“Io 
																			ero 
																			diventato 
																			molto 
																			amico 
																			di 
																			Giustino 
																			Fortunato, 
																			per 
																			un 
																			pungente 
																			motto 
																			con 
																			cui 
																			egli 
																			aveva 
																			ferito 
																			la 
																			mia 
																			ingenuità;capitato 
																			in 
																			quel 
																			salotto 
																			dopo 
																			quasi 
																			tre 
																			anni 
																			di 
																			trincea 
																			con 
																			un 
																			reggimento 
																			di 
																			toscani, 
																			e 
																			dopo 
																			che 
																			avevo 
																			compiuto 
																			un 
																			noviziato 
																			di 
																			quattro 
																			anni 
																			universitari 
																			a 
																			Pisa, 
																			io 
																			amavo 
																			toscaneggiare”.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Ma 
																			una 
																			domenica 
																			un 
																			vecchietto 
																			gli 
																			si 
																			avvicina 
																			e 
																			dice:“Chi 
																			è 
																			questo 
																			toscano?”. 
																			“Sentirmi 
																			dare 
																			del 
																			toscano 
																			in 
																			quel 
																			salotto 
																			napoletanissimo 
																			ferì 
																			la 
																			mia 
																			sensibilità 
																			e 
																			non 
																			posi 
																			tempo 
																			in 
																			mezzo 
																			a 
																			rimpastare 
																			da 
																			quel 
																			giorno 
																			in 
																			poi 
																			il 
																			mio 
																			linguaggio 
																			cotidiano 
																			nelle 
																			tradizioni 
																			delle 
																			parlate 
																			del 
																			Mezzogiorno” 
																			(L. 
																			Russo, 
																			Giustino 
																			Fortunato,
																			
																			in
																			
																			Il 
																			dialogo 
																			dei 
																			popoli, 
																			cit., 
																			p. 
																			262).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Ma 
																			non 
																			si 
																			tratta 
																			solo 
																			di 
																			linguaggio, 
																			perché 
																			da 
																			quel 
																			momento, 
																			come 
																			si è 
																			detto, 
																			è 
																			tutto 
																			un 
																			mondo 
																			che 
																			viene 
																			recuperato 
																			e 
																			Verga 
																			avanza 
																			con 
																			prepotenza, 
																			ed è 
																			la 
																			sua 
																			potenza 
																			espressiva, 
																			ed è 
																			la 
																			sua 
																			forza 
																			morale, 
																			ed è 
																			tutta 
																			la 
																			cultura 
																			del 
																			Meridione. 
																			Russo 
																			si 
																			aggrappa 
																			allo 
																			scoglio 
																			verghiano-desancrtisiano-crociano, 
																			e 
																			questo 
																			scoglio 
																			è il 
																			suo 
																			punto 
																			di 
																			riferimento, 
																			il 
																			suo 
																			orizzonte 
																			ed 
																			il 
																			suo 
																			lume.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Questo 
																			è 
																			l’effetto 
																			reale 
																			dell’incontro 
																			di 
																			Russo 
																			con 
																			il 
																			“vecchietto” 
																			Giustino 
																			Fortunato. 
																			E 
																			certamente 
																			egli 
																			si 
																			muove 
																			ormai 
																			entro 
																			le 
																			nuove 
																			coordinate 
																			meridionalistiche 
																			che 
																			vengono 
																			poi 
																			consolidate 
																			dalla 
																			scoperta 
																			delle
																			
																			Lettere
																			
																			e 
																			dei
																			
																			Quaderni
																			
																			di 
																			Antonio 
																			Gramsci.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Egli 
																			guarda 
																			alla 
																			cultura 
																			meridionale 
																			con 
																			maggiore 
																			attenzione 
																			e 
																			può 
																			elaborare 
																			un 
																			definitivo 
																			giudizio 
																			sul 
																			Meridione 
																			non 
																			ispirato 
																			a 
																			boria 
																			intellettualistica 
																			o 
																			“nazionalistica”, 
																			ma 
																			puntigliosamente 
																			agganciato 
																			alla 
																			verità 
																			della 
																			sua 
																			originalità 
																			produttiva.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			L’approccio 
																			libertario 
																			del 
																			meridionalismo 
																			è, 
																			però, 
																			l’aspetto 
																			per 
																			me 
																			più 
																			convincente 
																			dello 
																			storicismo 
																			russiano, 
																			che 
																			presenta 
																			una 
																			concezione 
																			unitaria 
																			e 
																			circolare 
																			della 
																			realtà 
																			letteraria 
																			e 
																			morale 
																			sulla 
																			base 
																			di 
																			uno 
																			sguardo 
																			sentimentale 
																			e 
																			intellettuale 
																			possente 
																			e 
																			omogeneo.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			L’amore 
																			ritrovato 
																			per 
																			il 
																			Sud 
																			diventa, 
																			allora, 
																			il 
																			criterio 
																			generale 
																			della 
																			critica 
																			letteraria, 
																			che 
																			alla 
																			fine 
																			ritrova 
																			Aci 
																			Trezza, 
																			i 
																			Faraglioni, 
																			la 
																			casa 
																			del 
																			Nespolo, 
																			la 
																			piana 
																			di 
																			Catania 
																			e il 
																			Biviere 
																			di 
																			Lentini 
																			con 
																			l’entusiasmo 
																			di 
																			un 
																			amante 
																			appassionato 
																			e la 
																			struggente 
																			commozione 
																			rievocativa.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			La 
																			commossa 
																			rievocazione 
																			che 
																			Russo 
																			fa 
																			del 
																			paesaggio 
																			verghiano 
																			è il 
																			grido 
																			di 
																			libertà 
																			che 
																			promana 
																			dalla 
																			purezza 
																			della 
																			sua 
																			anima 
																			e 
																			che 
																			viene 
																			ad 
																			integrare 
																			in 
																			modo 
																			perfetto 
																			la 
																			memoria 
																			intellettuale 
																			dei 
																			grandi 
																			personaggi 
																			del 
																			Sud 
																			che 
																			popolano, 
																			con 
																			altrettanta 
																			emozione, 
																			il 
																			suo 
																			percorso 
																			mentale.
																			
																			
																							
																			
																			
																			
																			
																							
																			 
																			
																			