.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

 

 

 

.

contemporanea


N. 68 - Agosto 2013 (XCIX)

IL LOUISIANA PURCHASE
QUANDO JEFFERSON SFIDÒ LA PROVVIDENZA

di Giovanni De Notaris

 

l “Louisiana Purchase” fu partorito dalla lungimirante mente di Thomas Jefferson - terzo presidente degli Stati Uniti d’America -, che in un unico colpo cacciò via dal nord-America sia la Spagna che la Francia. All’epoca difatti la Spagna era l’unica potenza europea che a tutti gli effetti bloccava l’espansionismo americano verso l’Oceano Pacifico, progetto primigenio di Jefferson quando ancora non era presidente.

 

Pochi mesi dopo l’inizio della sua presidenza, Jefferson dialogando con James Monroe, all’epoca governatore della Virginia, a proposito della sua idea di un’espansione su tutto il territorio nordamericano della lingua e dei principi degli Stati Uniti, teorizzava, per quanto riguardava i nativi americani, una loro assimilazione coatta o volontaria; per quanto riguardava i neri, invece, addirittura un loro rimpatrio in Africa.

 

Jefferson riteneva infatti, che nulla avrebbe potuto o dovuto fermare la volontà che la popolazione americana aveva di espandersi per coltivare la terra che la “provvidenza” aveva loro donato; ma possibilmente senza l’uso delle armi.

 

Il nemico numero uno quindi, era, come detto, la Spagna, che all’epoca possedeva nel nord-America: la Florida, la zona costiera del golfo del Messico, tutto il territorio dall’ovest del Mississippi fino al Pacifico, per non considerare il Messico stesso e altre colonie sudamericane. Una vera e autentica perenne minaccia agli Stati Uniti.

 

Il territorio del Mississippi era difatti vitale per il commercio americano, come pure il porto di New Orleans. Se non si fosse riusciti a impossessarsene tutto il commercio con i territori del nord-ovest sarebbe stato compromesso, in quanto sottomesso all’autorizzazione spagnola, limitando non solo la libertà di commercio e espansione statunitense, ma rischiando pure di affamare i giovani stati.

 

Ma, come più volte è accaduto nella storia americana, la fortuna, o la “provvidenza”, come è meglio nota al di là dell’Atlantico, venne mirabilmente incontro alle ambizioni del presidente.

 

L’impero spagnolo difatti era sì grande, ma non più potente, ormai in bancarotta.

 

Infatti nel 1800, alcuni rumors riferiti dall’ambasciatore statunitense a Londra, Rufus King, riferivano che la Spagna aveva venduto, con un trattato segreto, tutte le sue colonie nordamericane alla Francia. Se questi rumors fossero stati confermati, allora secondo Jefferson il pericolo sarebbe stato ancora più grande, perché, se era vero che l’impero spagnolo era in panne, la Francia di Napoleone Bonaparte procedeva invece a tutto gas, essendo ormai la prima potenza europea.

 

E nella primavera del 1803 tutti i timori di Jefferson vennero purtroppo confermati: ora era la Francia la potenza da combattere.

 

L’ambasciatore americano a Parigi, Robert Livingston, aveva infatti confermato che la Spagna aveva ceduto alla Francia i territori nordamericani in cambio di alcuni ducati in Italia come Parma e la Toscana. In un primo momento si considerò, da parte statunitense, l’ipotesi di prendere quei territori con la forza, ma i giovani stati, appena usciti dalla guerra d’indipendenza contro l’Inghilterra, non potevano certo sopportare un'altra guerra.

 

Livingston fece allora intendere ai francesi che se avessero provato a espandersi in nord-America, avrebbero subito lo stesso destino che era toccato anni prima all’Inghilterra.

 

Solo un bluff ovviamente.

 

Jefferson arrivò addirittura a pensare che se la Francia si fosse reinstallata in nord-America, gli Stati Uniti avrebbero dovuto chiedere aiuto alla flotta inglese, atto, quest’ultimo, che avrebbe tradito non solo tutta l’impalcatura su cui poggiava la diplomazia jeffersoniana, ma anche la storia recente dei giovani stati americani.

 

A quel punto allora il presidente ideò una seconda ipotesi: gli Stati Uniti sarebbero stati disposti a offrire 6 milioni di dollari alla Francia per l’acquisto di New Orleans e della Florida dell’ovest.

 

Se Napoleone avesse accettato, gli Stati Uniti non avrebbero obiettato al suo possesso di tutto il territorio della Louisiana a ovest del Mississippi.

 

Ma in un primo tempo Napoleone fu sordo a quelle richieste.

 

Vedeva difatti la possibilità di usare le grandi risorse agricole della Louisiana per soddisfare i bisogni delle colonie francesi nei Caraibi, come Santo Domingo, produttore di zucchero, risorsa piuttosto proficua per la Francia.

 

A quel punto Jefferson decise di inviare in Francia, sempre nella primavera del 1803, Monroe, per discutere dell’acquisto di New Orleans e della Florida occidentale e orientale, comprendente gli attuali stati della Florida, più parte degli attuali Louisiana e Mississippi.

 

Napoleone intanto aveva inviato a Santo Domingo 25.000 uomini guidati dal generale Charles Victor Emmanuel Leclerc per ristabilire l’autorità francese sull’isola, sostenendo il governo guidato dal rivoltoso François Dominique Touissant l’Ouverture, capo dei ribelli neri, che aveva però l’incarico di sedare gli oppositori, sempre di colore, al suo regime e alla Francia. Chi non si fosse adeguato sarebbe stato torturato e ucciso. Data la difficoltà di tenere l’ordine, oltre alle dilaganti barbarie, l’imperatore considerò l’idea di rendere schiavi tutti i neri dell’isola.

 

Quando ciò divenne palese però, la popolazione nera, che sfiorava le 500.000 unità, si rivoltò. Leclerc con le sue truppe, rinforzate, giungeva appena a 40.000; una vera missione impossibile.

 

Al tentativo di ristabilire l’ordine contro la forza devastante degli insorti, si aggiunsero anche epidemie di febbre gialla e malaria, che decimarono il già esiguo esercito francese. Leclerc comunicò quindi all’imperatore che l’isola era ormai irrimediabilmente perduta.

 

A quel punto il progetto di Napoleone di giungere fino a New Orleans fallì, e così nell’aprile del 1803 comunicò la sua decisione di vendere la Louisiana agli Stati Uniti.

 

Monroe, appena giunto in Francia, non era ancora al corrente di questa decisione, e Livingston si trovò quindi investito di una grande responsabilità. Decise di accettare la proposta, anche se il suo paese avrebbe dovuto sborsare una cifra di gran lunga superiore a quella preventivata. Il diplomatico temeva difatti che se non avesse colto al balzo la palla, Napoleone avrebbe potuto cambiare idea.

 

Nel maggio del 1803, quindi, la Francia cedeva agli Stati Uniti l’intero territorio della Louisiana per 15 milioni di dollari.

 

Si cominciò allora a discutere con la Francia sui confini precisi che il territorio dovesse avere. Jefferson propose una soluzione che andava dal Perdido river, il confine orientale del territorio, nei pressi dell’odierna Pensacola, comprendendo inoltre tutta la zona del golfo del Messico, all’epoca la Florida occidentale.

 

La Spagna però protestò con forza, sostenendo l’illegalità dell’acquisto, dato che il governo francese aveva promesso che mai avrebbe venduto quel territorio agli Stati Uniti. Il segretario di Stato James Madison chiarì che la parola data non era affatto rilevante per il suo governo, e che quindi era un loro problema.

 

Ma adesso, in seguito a questa azione unilaterale di Jefferson, si poneva anche il dubbio se un presidente avesse il potere di agire senza l’autorizzazione del Congresso.

 

La costituzione difatti non prevedeva l’eventualità di un acquisto da parte del governo di un territorio straniero con successiva incorporazione nell’Unione. Jefferson sosteneva però che era nei poteri del presidente stipulare trattati. Ma la sua azione andava comunque ratificata dai 2/3 del Senato. Difatti quando i padri fondatori crearono la costituzione vollero specificatamente che ci fosse un balance of powers tra i due poteri: l’esecutivo e il legislativo. Questa azione di Jefferson violava tali principi.

 

Il presidente ritenne allora che fosse il Congresso a ratificare il trattato con la creazione di un emendamento ad hoc, che richiedeva però sempre l’approvazione dei 2/3 delle due camere del Congresso, oltre ai 3/4 dei parlamenti dei singoli stati, di modo che, secondo Jefferson, si potesse trasformare l’acquisto da un’azione esecutiva a una congressuale.

 

Mentre però si discuteva sulle modalità della ratifica del trattato, il tempo passava, e sembrava che Napoleone ci stesse ripensando.

 

Cosicché si pensò di tralasciare l’emendamento e di passare direttamente all’approvazione del Congresso, che lo approvò in soli tre giorni, sotto forma di trattato internazionale, dividendo il territorio della Louisiana in due distretti federali: quello della Louisiana e quello di New Orleans.  Un ultimo problema che si pose fu poi come integrare e gestire il grande territorio, praticamente ancora inesplorato.

 

Jefferson sosteneva che l’integrazione tra i due territori sarebbe avvenuta reciprocamente e spontaneamente, con la colonizzazione dei coltivatori americani. Nulla di traumatico insomma.

 

Per concludere si può dire che per quanto Jefferson non possedesse l’autorità costituzionale per acquistare la Louisiana, la cosa andava comunque fatta nell’interesse della nazione.

 

E con il senno di poi si capisce come il grande statista agì bene e tempestivamente, intuendo fin da allora che per fare degli Stati Uniti una potenza mondiale, l’espansione in tutto il territorio nordamericano, dall’Atlantico al Pacifico, era un passaggio obbligato.

 

Ma, per ottenere questo, bisognava appunto forzare la “provvidenza” .



 

 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.