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ARTE


N. 23 - Novembre 2009 (LIV)

LIBRI COME CALAMITE
Orrori delle guerre, stupri, maternità e amore

di Giovanna D'Arbitrio

 

Conoscendo il mio vivo interesse per i buoni libri, spesso amici e parenti me ne fanno dono. Così, puntuali, sono giunti a me anche quest’anno e, fatto insolito, due di essi in particolare si sono presentati l’uno dopo l’altro come calamite che si attirano, seguendo un iter che li accomunava per temi ed analisi di problemi.

Il primo ad arrivare è stato “Il Ponte sulla Drina” ,regalo di un nostro amico che aveva notato il mio interesse per le pericolose tensioni che di tanto in tanto riesplodono nella ex Jugoslavia. In esso Ivo Andric’ (Premio Nobel per la letteratura nel 1961) narra la storia del ponte di Visegrad, in Bosnia, che unisce i due mondi opposti dei Cristiani e Musulmani, donando un grande affresco che va dal Cinquecento alla prima guerra mondiale, con la descrizione dei drammi di questa terra tormentata.

 

Mentre inorridivo per bambini strappati alle madri ed allevati dai Turchi nell’odio per la propria terra, di orribili torture e pene di morte, come l’impalamento, e mi chiedevo come possano nascere negli esseri umani odi così nefasti, crudeli e distruttivi, mi hanno regalato “ Venuto al Mondo” di Margaret Mazzantini, che sembrava quasi fornirmi delle risposte, riprendendo e continuando il discorso iniziato da Andrich’ (più volte citato anche dall’autrice), come un filo spezzato, tra passato e presente, che si ricompone e si riannoda. Sullo sfondo della recente terribile guerra in Kosovo, ecco le antiche vittime diventare carnefici e viceversa, in uno scambio di ruoli che spesso ritroviamo nelle alterne vicende storiche.


Gli indimenticabili personaggi, due Italiani, Gemma e Diego, due Bosniaci, Gojko e Aska, vengono travolti dalla guerra che piomba su di loro all’improvviso, inattesa e brutale, con i suoi riti feroci e disumani che stupiscono ancor più quando si ripresentano in paesi cosiddetti”civili”. Gojko, poeta bosniaco, Diego, “fotografo di pozzanghere”, e Gemma si erano incontrati in tempo di pace, nel 1984, durante le Olimpiadi invernali. Diego e Gemma si erano poi sposati e invano avevano cercato disperatamente di avere un figlio, per cui alla fine Gemma aveva deciso di cercare un utero “in affitto” e Aska, un’amica di Gojco, aveva accettato di aiutarla in cambio di una cospicua somma di danaro.

La tragedia, tuttavia, è in agguato e la guerra con le sue atrocità, violenze e stupri inghiotte le loro vite “normali”, infliggendo crudeli esperienze.

 

I viaggi frequenti dei due giovani italiani tra la zona dilaniatadal conflitto e l’Occidente pacifico e indifferente che osserva la guerra in TV, sconvolgono non solo i protagonisti, ma anche il lettore che si sente profondamente coinvolto dalle loro vicende. La spirale della violenza è descritta da Gojko, il poeta,con parole semplici e crude, quando rivela come la morte della madre e della sorella “in una sola notte” gli insegnarono odio e desiderio di vendetta che lo indussero poi a giocare “a pallone” con la testa mozzata ad un Serbo .

E’ possibile che in civili paesi europei si possa ripiombare nelle barbarie, quando venti separatisti, alimentati da interessi esterni ad una nazione, soffiando qua e là, seminano discordia tra popoli di etnie e religioni diverse, risvegliando sopiti rancori? Dopo l’Olocausto tutti eravamo convinti che mai più orrori simili si sarebbero verificati. E invece altre atrocità furono commesse solo pochi anni fa.

Il libro si conclude con un finale “a sorpresa” che potremmo definire “catartico”, poiché punta su valori positivi, sulla volontà di ritrovare pace, amicizia, amore attraverso una maternità accettata, sofferta e resa più consapevole e matura dagli eventi. Pietro, il figlio “venuto al mondo” durante la guerra, diventa il simbolo di tutto ciò.

Personalmente, forse perché sono donna, mi sono commossa in particolare alla narrazione delle sofferenze inflitte ai bambini, alle loro madri e in genere alle donne (descritte sia da Andric che dalla Mazzantini) che in guerra (e non solo!) “devono” subire torture ed inaudite violenze, quasi un obbligo da parte di carnefici e aguzzini, che in gruppo sfogano i loro bassi istinti come belve, senza pietà e senza più nulla di umano.

“Venuto al mondo” col suo stile particolare, ricco di analogie e similitudini che sgorgano in modo spontaneo e ininterrotto, tiene il lettore con il fiato sospeso come un thriller e in certi momenti ti “spacca il cuore”.
Concludo citando direttamente dal libro: - Non siamo altro che pesci…branchie che si gonfiano o si chiudono… poi viene un gabbiano che dall’alto ci prende e mentre ci smembra ci fa volare: forse questo è l’amore -.

 



 

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