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N. 18 - Giugno 2009 (XLIX)

Lebensborn
I figli di Hitler

di Marco Castelli

 

Mentre l’olocausto è un tentativo di eliminare le razze cosiddette “inferiori”, il Lebensborn Lebensborn (sorgente della vita) rappresenta, in concreto, il piano di creare una super razza.

 

In uno speciale dossier Sam Donaldson traccia la storia del programma avvalendosi anche delle interviste di numerose vittime e di ciò che   successe loro dopo la fine del nazismo.

 

Himmler inaugura il progetto Lebensborn il 12 dicembre del 1935, lo stesso anno in cui le leggi di Norimberga proibiscono i matrimoni “interrazziali” tra ariani ed ebrei ed altre razze ritenute non soddisfacentemente pure.

 

Per decenni il tasso di natalità in Germania è andato decrescendo, l’obiettivo di Himmler è d’invertire la tendenza facendo crescere la popolazione tedesca e nordica della Germania fino a 120 milioni di individui.

 

Il gerarca nazista incoraggia, conseguentemente, le SS e gli ufficiali della Wehrmacht ad avere bambini con donne ariane poiché i neonati del Lebensborn avrebbero contribuito a guidare in futuro una nazione ariana e nazista.

 

Durante i dieci anni d’esistenza del progetto almeno 7.500 bambini nascono in Germania, altri 10.000 sono concepiti in Norvegia, considerata terra di sangue vichingo; il piano mira ad aiutare le madri incinte, sia sposate sia nubili, fornendo loro una casa e sostenendole in modo da poter crescere i figli senza preoccupazioni economiche.

 

Entrambi i genitori devono passare un test di purezza razziale, capelli biondi e occhi blu sono caratteristiche richieste e preferite, inoltre deve essere possibile rintracciare l’ascendenza fino alla terza generazione.

 

Solo il 40 per cento delle donne che ne fa richiesta passa la prova di purità razziale e guadagna l’accesso al programma Lebensborn, la maggioranza delle madri non è sposata, nel 1939 la percentuale è del 57,6 per cento, un anno più tardi sale al 70 per cento.

 

Il primo centro Lebensborn è inaugurato nel 1936 a Steinhoering, un piccolo villaggio non lontano da Monaco. L’arredamento dell’edificio proviene dal saccheggio delle case ebree  mentre i loro occupanti prendono la strada di Dachau, simile sarà la situazione degli altri centri in Germania.

 

Alla fine della guerra si contano dieci sedi Lebensborn in Germania, nove in Norvegia (dopo l’invasione del 1940), due in Austria, una in Belgio, Francia, Olanda, Lussemburgo e Danimarca.

 

Nel 1939 il programma non ha prodotto i risultati auspicati da Himmler che emana un ordine alle SS di procreare il maggior numero di bambini possibile per compensare la mortalità dovuta alla guerra.

 

Soprattutto in Norvegia, gli ufficiali tedeschi e la truppa sono invitati ad unirsi alle donne scandinave, in tutti i casi Himmler garantisce promozioni sul campo, nonostante le proteste dei cattolici e dei protestanti che criticano la pratica come un incremento dell’immoralità dovuta alla mancata celebrazione di matrimoni.

 

Il progetto Lebensborn è seguito nei minimi dettagli, sovente sono inviate ispezioni dal Ministero, i bambini dei centri sono nutriti con una speciale dieta proteica, lo stesso Himmler visita spesso le sedi, premiando i bambini nati il suo stesso giorno, il 7 ottobre.

Al Lebensborn, con il trascorrere degli anni, accedono anche donne non tedesche e norvegesi, in una nota firmata da Hitler, nel 1942, gli invincibili guerrieri del terzo Reich sono invitati a fraternizzare con le donne, considerate ariane, dei territori occupati: d’ogni figlio si prenderà cura il regime e le donne, una volta partorito, potranno, volendo, ritornare a casa.

 

I tedeschi ricorrono anche al rapimento di bambini “razzialmente accettabili”, dai paesi controllati, nella sola Polonia sono prelevati oltre centomila neonati. Molti sono orfani di guerra, ma sono ben documentati casi in cui i piccoli sono strappati dalle braccia dei genitori, il criterio risponde a capelli biondi ed occhi verdi o blu.

 

Con l’avanzata degli alleati gli ospiti dei Lebensborn sono spostati verso l’interno della Germania, il primo maggio del 1945, un giorno dopo la morte del fuhrer, le truppe americane attraversano Steinhoering. Qui vi trovano trecento bambini, d’età fra i sei mesi ed i sei anni, molte delle madri e degli inservienti sono fuggiti. Uguali scoperte toccano all’esercito inglese a Brema  e all’armata rossa a Leipzig. Purtroppo molti archivi dei centri sono distrutti, prima dell’arrivo degli alleati, dalle SS in fuga, con la conseguenza che l’identità di molte piccole vittime è persa per sempre.

 

Il loro destino sarà molto diverso: alcuni saranno adottati, altri, più fortunati, rimandati alle loro famiglie, per i piccoli provenienti da altri paesi, una buona parte sarà rimpatriata, ma non quelli considerati “troppo tedeschi”.

 

Sorte peggiore toccherà ai bimbi nati in Norvegia, le SS non riescono nell’intento di distruggere gli archivi, le donne ed i loro figli sono tormentati, picchiati e chiamati “maiali nazisti” da insegnanti, parenti e compagni di scuola. Il governo invia oltre 14.000 tra donne e ragazze, che hanno dormito con i soldati della Wehrmacht, nei campi d’internamento. Il direttore del maggiore manicomio norvegese sostiene la pazzia delle donne che hanno avuto rapporti sessuali con i tedeschi e conclude che l’80 per cento della progenie è da considerarsi ritardata, molti di loro sono rinchiusi in istituti per la cura mentale.

 

Per molti bambini che hanno oggi dai 58 ai 68 anni l’identità dei genitori rimane un mistero, per alcuni ha significato la scoperta di un’atroce verità. Altri ancora sono rimasti sconvolti incontrando i genitori e scoprendo che sono rimasti fanatici nazisti.


 

 

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