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N. 78 - Giugno 2014 (CIX)

KARL POPPER

QUANDO IL “NON-FALSO” VALE PIù DEL VERO
di Carlo Ciullini

 

Karl Popper è il padre, tra le altre cose, della teoria metodologica scientifica detta Falsificazionismo, che si pone in contrapposizione all' Induttivismo ingenuo di stampo baconiano, incapace, per il filosofo tedesco, di esprimere una precisa distinzione tra Scienza e pseudo-scienza.

 

Ciò a causa di quella “teoria della conferma” che sostiene  la filosofia induttiva stessa: è una teoria che esula da presupposti e paletti assertivi limitanti le osservazioni scientifiche, ma che si nutre invece, in forma quasi bulimica, di tutto ciò la conforti.

 

Suo scopo primario è il logico occultamento di ogni fenomeno le si mostri contrario. La ricerca della distinzione tra Scienza vera e fittizia ne fa uno degli autori più letti, ancor più che da filosofi, da scienziati: i suoi testi fondamentali, come “La povertà dello  storicismo”e “La società aperta e i suoi nemici”, hanno ampio respiro in seno alla filosofia della scienza di questi decenni.

 

La demarcazione popperiana tra ambito scientifico e non, trova terreno fertile nella “scienza sociale”: è qui che egli esprime le sue forti critiche a teorie di carattere socio-psicologico come il Marxismo e la Psicoanalisi.

 

Popper, in effetti, attaccò la loro grande capacità di persuasione (base, questa, di successo e di proselitismo) evidenziando quanto tali teorie non facessero, in maniera molto semplicistica, che accumulare istanze positive atte a sostenere la propria tesi.

 

La facilità con cui Marxismo e Psicoanalisi attingevano al mondo fenomenico per trarne continue conferme alle proprie asserzioni era, secondo Popper, dovuto alla generalità esplicativa, non delineata apoditticamente nei suoi limiti teorici.

 

Teorie socio-psicologiche di questo tipo possono giustificare qualsiasi realtà concreta, non avanzando precise previsioni.

 

Dunque, una teoria vaga e generica è facilmente confermabile, e tale difetto impedisce che la teoria stessa sia sottoposta a un'opera di critica costruttiva. Al contrario, rilevanza assume, agli occhi di Popper, una teoria che si distingua per predizioni innovative e rischiose, e quindi suscettibile di rivelarsi falsa: tale egli considerò, ad esempio, la Relatività di Einstein (1917).

 

In poche parole (e qui sta l'espressione massima del suo pensiero) una teoria è tanto più vera non per quante teorie riceva, ma per quanti tentativi di dimostrarne la falsità riesca a superare.

 

Col termine falsificatore potenziale, dunque, Popper definisce la previsione innovativa e rischiosa di una istanza teorica.

 

Il metodo scientifico, perciò, deve poggiare non su conferme facilmente plasmabili a bella posta, ma sulla falsificazione della teoria, cioè sul tentativo di dimostrarne la non-veridicità.

 

Questo è il motivo per il quale Popper non ha una visione induttiva della Scienza, bensì deduttiva: l'induzione, in effetti, rivestendo carattere confermativo, può manifestare forti debolezze, nel caso una istanza falsificante porti, poi, alla falsificazione  dell'intera teoria.

  

In ultima analisi, di una teoria scientifica bisogna costantemente tentare di provare la falsità e non la veridicità, perché questa si dimostri sempre valida: una scienza non falsificabile è non-scienza (ad esempio, come alcune asserzioni metafisiche, quali la incausalità divina).

 

A questo riguardo, aggiungiamo che Popper non rifiutava completamente le teorie metafisiche, poiché riteneva che alcuni scienziati, ideando nuove e audaci congetture, potessero essere ispirati, anche incosciamente, da credenze non-scientifiche come quelle legate alla fede in Dio.

 

Il bravo scienziato rimane comunque solo colui che, sempre più rigorosamente e ingegnosamente, tenterà di mettere tra le falsificate la teoria che ha in esame.

 

Questo pensiero popperiano trova espressione nel suo libro “Congetture e confutazioni”, secondo cui si deve applicare alle teorie scientifiche il metodo selettivo naturale, per il quale solo le teorie resistenti alle falsificazioni sopravvivono.

 

Dato che, tuttavia, in senso casistico-probabilistico  ogni teoria, per quanto salda, può necessariamente venir confutata da un'istanza falsificante, ciascuna di esse è da ritenersi  soltanto provvisoria e correggibile (concetto di fallibilismo): una teoria non è per sempre.

 

La concezione del filosofo tedesco per la quale il patrimonio religioso, ideologico e anche onirico dello scienziato sia irrilevante ai fini della creazione teorica, si pone alla base di un fondamentale presupposto: per Popper il cosiddetto “contesto della scoperta” è secondario rispetto al “contesto della giustificazione”. Cosa si intende concretamente con ciò?

 

Il fatto è che non ricopre grande interesse metodologico la spiegazione delle vie, battendo le quali una teoria viene concepita; molto, invece, ne assume l'analisi significativa e validante dei controlli di natura empirico-osservativa riservati alla teoria stessa.

 

Per finire, poniamo uno sguardo all'impatto più prettamente storico di Karl Popper. Egli fu fondamentalmente avverso ai regimi che, proprio nella prima metà del XX° secolo, fiorirono vigorosamente in Europa.

 

Ideologie autoritarie, come ad esempio il Marxismo, furono criticate con asprezza, e non sfuggirono agli strali di Popper anche società in concreto mai realizzatesi, ma tuttavia idealizzate da pensatori come il Platone del “Repubblica”: il tedesco vi vedeva l'affermazione di una ferrea ideologia statale non mutabile e aliena a qualsiasi forma di critica, un'ideologia in seno alla quale ogni dissenso viene represso.

 

Popper auspicava il sorgere di un habitat in cui la Scienza potesse svilupparsi compiutamente, e l'abbattimento di ogni dogma si ponesse in senso contrario al progresso scientifico.

 

è un po' riprendere la filosofia utopica di Bacone, che nella sua “Nuova Atlantide” vagheggiava l'isola di Bensalem, dove il potere fosse detenuto da scienziati, i cui studi potessero essere democraticamente usufruibili e applicabili anche dal popolo semplice.

 

 

Riferimenti bibliografici

 

CASTELLANI ELENA, “La Rivoluzione Scientifica” in Fonnesu-Vegetti” Le ragioni della Filosofia”, Le Monnier scuola, Firenze 2008.

LADYMAN JAMES, “Filosofia della Scienza”, Carocci, Roma 2007.


 

 

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