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N. 51 - Marzo 2012 (LXXXII)

The iron lady
ai posteri l'ardua sentenza

di Giovanna D'Arbitrio

 

“Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza”, così scrisse il Manzoni nel “Cinque Maggio” parlando di Napoleone, ma a quanto pare la regista Phyllida Lloyd sembra ignorare tale saggia posizione cimentandosi nella descrizione di Margaret Thatcher, un personaggio ancora in vita e quindi ancora troppo vicino a noi per darne una valutazione storica obiettiva e distaccata.

Quanti la conobbero o semplicemente l’ ascoltarono e la videro in Tv tra gli anni ‘80 e ’90, infatti, non riescono a ritrovarne i tratti caratteristici che nel bene e nel male le valsero l’appellativo di “Lady di Ferro”, malgrado l’indiscussa bravura di Meryl Streep, candidata all’Oscar come miglior attrice.

Vero è che il film ci offre un’immagine inedita della Thatcher, insicura ottantenne, malata di Alzheimer, che parla con il fantasma del marito (Jim Broadbent) e confonde passato con presente, ma nemmeno i continui flash back sulla sua gioventù e carriera politica convincono le persone di una certa età: ancora emotivamente coinvolti per le loro idee politiche di destra o di sinistra, essi sono poco disponibili ad accettare oltretutto una lettura troppo “romanzata” del personaggio ridotto a una fragile donna che nei suoi ricordi danza romanticamente sulle note di “Il Re ed Io” e che appare poco convincente, quasi una caricatura di se stessa, anche quando a testa bassa come un toro persegue i suoi obiettivi, presentati nel film quasi come slogan e frasi fatte, non come fini da perseguire per ben definite strategie politiche.

A questo punto sembra utile ricordare che, benché di umili origini e per di più donna, ambiziosa e volitiva, ella riuscì a dare la scalata al potere nel partito conservatore fino a diventare Primo Ministro per ben tre legislature consecutive dal ’79 al ’90, anche se da molti contestata sia in patria che all’estero.

I conservatori e le destre in genere ne elogiano le scelte politiche che salvarono il Regno Unito da una grave crisi economica e rilanciarono il prestigio della nazione a livello mondiale, soprattutto dopo la guerra contro l’Argentina per il possesso delle isole Falkland. I laburisti e le sinistre le addebitano invece 10 morti per sciopero della fame tra prigionieri irlandesi dell’IRA (1981), il duro picchettaggio dei minatori in sciopero (1984), il sanguinoso attentato dell’IRA a Brighton dovuto all’inasprimento delle strategie repressive contro l’Ulster (1984) e in generale le politiche economiche che colpirono le classi meno abbienti. Significativa la sua frase “la medicina è amara ma il paziente ne ha bisogno”, una frase che stranamente ci fa venire in mente quelle di tanti politici europei dei nostri giorni come i suoi discorsi che incitavano i disoccupati a inventarsi qualcosa di nuovo per vivere, ad essere fantasiosi, creativi. La Storia si ripete!

Concludiamo con un’altra frase, ricordata anche nel film: - Cura le tue abitudini e curerai il tuo carattere, ama il tuo carattere e curerai il tuo destino -. Di carattere Margaret Thatcher ne aveva senz’altro da vendere, ma ci chiediamo quali possano essere gli esempi da offrire oggi ai nostri giovani affinché vengano curate quelle “abitudini” che ne migliorino il carattere e soprattutto li aiutino fare le scelte giuste in un’epoca che oltretutto tende ad omologare e ad appiattire piuttosto che ad esaltare forti individualità.

Difficile ed insicuro appare ora il destino delle nuove generazioni e le uniche abitudini con le quali dovremmo cercare di forgiare il loro carattere potrebbero essere quelle fondate sui valori di democrazia, libertà, equità sociale, lavoro, onestà, difesa dei cosiddetti beni comuni e dei diritti umani e civili, davvero “sane abitudini” che dovrebbero essere universalmente adottate fino a diventare trasversali e condivise anche da tutti gli schieramenti politici.



 

 

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