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N. 65 - Maggio 2013 (XCVI)

L'Impero Bizantino dall'apice alla sua caduta
LA FINE DELLA DINASTIA COMNENA - parte V
di Christian Vannozzi

 

Dopo la morte di Manuele, salì sul trono suo figlio dodicenne Alessio II. Alessio era, secondo la descrizione dello storico Niceta Coniata, un ragazzo prestante. Somigliava moltissimo al padre ed aveva una spiccata tendenza all'attività fisica, anche se secondo lo storico greco il giovane imperatore era inadeguato ai doveri che lo attendevano, e che lui evitava, preferendo la caccia ed i cavalli: pare fosse un eccezionale cavallerizzo (caratteristica buona ma non rilevante per un imperatore secondo lo storico bizantino).


Al di là di tutto Alessio, che solo al compimento del sedicesimo anno avrebbe potuto gestire il potere, venne letteralmente annullato dal Consiglio di reggenza, dominato dall'imperatrice madre, Maria d'Antiochia, e dal suo favorito, il Protosebastos Alessio Comneno, nipote di Manuele. Il consiglio non fece altro che seguire la politica tracciata dai predecessori, e diplomaticamente s'ebbero anche successi, ma il predominio aristocratico dei grandi proprietari terrieri, e il presunto atteggiamento filo-latino dei reggenti non faceva che alimentare malumori in alcuni settori nobiliari e tra il popolo.

La reggente Maria era odiata dal popolo perché occidentale. Sotto il suo regno fu accentuata la politica di avvicinamento all’Occidente sia nei rapporti politici che sociali. A questo Latinizzarsi il cittadino bizantino attribuiva il rapido deterioramento della situazione interna ed internazionale dell’impero.

 

Il risentimento verso i Latini era grande, sia contro i mercanti occidentali che si arricchivano nella capitale greca sia verso i cavalieri latini che rappresentavano il principale sostegno della reggenza.

 

L’opposizione all’occidentalizzazione dell’impero fu incarnata nella figura di Andronico Comneno, cugino di Manuele che allora risiedeva come governatore del Ponto.

 

A differenza di Manuele, verso il quale nutriva una grande rivalità, Andronico era un nemico convinto dell’aristocrazia feudale ed un deciso avversario della politica filo-occidentale di suo cugino. Per questa ragione il partito anti-latino che risiedeva a Costantinopoli guardava a lui come l’unico in grado di riportare l’impero greco al suo ruolo di Potenza regionale.

 

Nella Capitale, Andronico trovò subito due alleati nelle persone di Maria, sorellastra di Alessio II, e del marito, il cesare Ranieri, esclusi dal Consiglio di reggenza. Costoro risposero agli appelli di Andronico e, sempre atteggiandosi a salvatori del Βασιλεύς, tentarono una congiura ai danni del Protosebastos Alessio. I piani vennero scoperti e la congiura fallì: a Maria, Ranieri ed i loro alleati toccò rifugiarsi a Santa Sofia, donde lanciarono appelli alla rivolta.

 

La ribellione popolare scoppiò veramente, e, vista l'impossibilità di pervenire ad una risoluzione pacifica, il protosebastos, nel maggio del 1181 lanciò l'attacco. Si combattè edificio per edificio, fin sulle soglie della Chiesa Grande, ma alla fine gli imperiali prevalsero. Al fine di evitare ulteriori orrori in Santa Sofia, già profanata, il Πατριαρχείο Teodosio si propose come arbitro, così Maria e Ranieri poterono uscire dalla chiesa ed essere amnistiati. Tali notizie ovviamente non potevano che rallegrare Andronico nella sua avanzata verso Costantinopoli, così come la notizia delle tensioni tra il patriarca ed il Protosebastos.

 

La sua marcia si fece più rapida: la reggenza gli inviò contro un esercito, comandato da Andronico Angelo, ma costui si fece battere a Charax, in Bitinia. Temendo per la propria vita, Angelo passerà in seguito dalla parte di Andronico, che, intanto si accampò nei pressi di Calcedonia, di fronte a Costantinopoli. Il protosebastos decise, a questo punto, di tentare il tutto per tutto scatenando la flotta contro il ribelle, ma il Μέγας Δουξ. Andronico Contostefano decise di passare armi, bagagli e navi, dalla parte di Andronico Comneno. Che ora aveva davvero vinto, e da Calcedonia si preparò la strada per il Palazzo imperiale. Il Protosebastos Alessio venne arrestato ed imprigionato per esser poi accecato e venne scatenata la popolazione contro tutti i Latini presenti in Città, soprattutto Pisani e Genovesi, accusati d'esser la rovina del popolo e d'appoggiare il regime dell'imperatrice madre e del Protosebastos. In quell'aprile del 1182, chi si salvò dovette fuggire. Andronico poteva entrare nella Città tra il giubilo della popolazione che era ai suoi piedi. Maria d'Antiochia e Alessio II vennero trasferiti dal Palazzo imperiale in un palazzo più sicuro e guardati a vista. Nessuno poteva incontrare il giovane imperatore.

 

Andronico si presentò come salvatore e protettore del giovane Alessio II. Tutti i suoi avversari furono accusati di tradimento nei confronti dello Stato e dell’imperatore legittimo e vennero condannati a morte. Salì sul patibolo anche l’imperatrice madre Maria, la cui condanna a morte venne fatta firmare dallo stesso Alessio. Dopo questo Andronico accettò dalla corte e dal clero la porpora nel 1182, anno in cui divenne co-imperatore del giovane suo pupillo. Ma due mesi dopo il giovane Alessio fu fatto strangolare dagli aiutanti di Andronico.

 

L’ascesa al potere dell’imperatore è descritta dal cronista piccardo in questo modo: il regno di Andronico iniziato con stragi ed assassini fu un regno di terrore. La lotta contro la nobiltà terriera si trasformò in una terribile strage. I mezzi violenti usati senza nessuna inibizione morale dall’imperatore fecero vacillare la sicurezza che il popolo nutriva in lui quando trionfalmente entrò in Costantinopoli nel 1181.

 

I legami personali che Manuele aveva con il regno confinante di Ungheria si dissolsero e l’impero, dilaniato dalle faide interne messe in moto da Andronico, fu visto come una facile preda per i regni che lo circondavano. Nel 1181 Bela II si impadronì della Dalmazia e della Croazia. Il re ungherese dopo l’uccisione di Maria di Antiochia si presentava inoltre come difensore del giovane figlio di Manuele e voleva vendicare l’amara sorte della moglie dell’imperatore.

 

In Asia le famiglie aristocratiche, con alla testa della stessa famiglia dei Comneni, opposero una forte resistenza al governo di Andronico. Isacco Comneno, pronipote di Manuele, instaurò un regime personale sull’isola di Cipro e proclamò l’isola indipendente dall’impero. Assunse il titolo di imperatore e fece coniare anche alcune monete col proprio nome.

 

L’impero perdeva così un importante base strategica nel Mediterraneo orientale. Aveva inizio, a causa della politica di Andronico, uno sgretolamento dell’impero, proprio quando i normanni, vista la debolezza di Costantinopoli, intrapresero una nuova campagna militare contro Bisanzio.

 

Nella penisola balcanica l’autocrazia bizantina è impotente di fronte all’emergere di stati nazionali slavi: i serbi sotto il governo dello Zupan Stefano Nemanjia riescono ad affrancarsi dall’egemonia bizantina.

 

Nonostante la sua ostilità contro i Latini cercò di rafforzare la posizione bizantina in Occidente riprendendo i rapporti con Venezia interrotti dal 1171. I normanni nel frattempo occuparono Durazzo nel giugno 1185 e iniziarono a marciare contro Tessalonica. La flotta normanna conquistava inoltre le isole di Corfù, Cefalonia e Zacinto. Il 15 agosto anche Tessalonica cadeva e i normanni si apprestavano a marciare verso Costantinopoli.

 

Andronico accentuò il suo regime oppressivo e di terrore nella capitale che ormai era minacciata dai normanni. Il 12 settembre 1185 l’ultimo sovrano della dinastia dei Comneni morì di una morte orribile. L’imperatore che pochi anni prima era stato salutato come il salvatore dell’impero venne fatto a pezzi dalla folla infuriata nelle strade di Costantinopoli.

 

Le crudeltà di Andronico e l’esasperazione della folla e dell’aristocrazia di Bisanzio viene ben narrata nella cronaca di Roberto di Clari, che puntualizza la sua attenzione sulle atrocità e la meschinità di Andronico in contrapposizione alla saggezza dell’imperatore Manuele e di Isacco Angelo. I fratelli Angelo erano cinque: Andronico, Isacco, Alessio, Costantino e Teodoro.

 

Andronico Angelo aveva iniziato a cospirare contro l’imperatore con altri nobili di corte. Durante una dura campagna di persecuzione condotta da Andronico Comneno, riuscì a fuggire in Siria, dove morì.

 

Isacco, con il fratello Teodoro, era stato uno dei capi della rivolta del settembre 1183, ed aveva agito nella zona di Nicea. Dopo la sconfitta della ribellione, ad Isacco fu salvata la vita grazie all’intervento dell’arcivescovo di Nicea che chiese la grazia all’imperatore Andronico. Isacco allora fu condotto come prigioniero a Costantinopoli.

 

Il baillivo di cui si parla era il più fedele uomo di corte di Andronico. Si tratta infatti di Stefano Agiocristoforita. Costui aveva partecipato all’assassinio del giovane imperatore Alessio ed era ben presto divenuto il più famoso rappresentante della corte dell’imperatore per la sua crudeltà. Dopo l’assassinio di Alessio II, egli si era distinto nella propaganda verso il senato e la plebe di Costantinopoli in favore dell’incoronazione imperiale di Andronico. Questi, divenuto imperatore, gli diede tutta la sua fiducia e lo nominò logoteta (amministratore dell’impero) con il titolo di sebastos.

 

La caduta dell’imperatore Andronico descritta dal cavaliere piccardo aderisce sorprendentemente ai fatti storici. Il Clari si dimostra infatti ben informato sull’episodio. Dopo l’uccisione di Stefano Agiocristoforita, Isacco, temendo le conseguenze del suo atto, si rifugiò nella chiesa di Santa Sofia, ove rimase tutta la notte, finchè nella mattinata del 12 settembre il popolo iniziò a richiedere la deposizione di Andronico e l’incoronazione di Isacco. L’imperatore, dopo aver perso ogni speranza di eliminare Isacco, vestito con abiti barbarici salì su una galea imperiale insieme alla moglie Agnese e alla sua concubina preferita e si diresse verso la Russia.

 

La nobiltà feudale che uscì vittoriosa sotto la dinastia degli Angeli. Dopo gli anni della lotta disperata contro l’assolutismo intransigente degli ultimi Comneni, le aristocrazie regionali poterono operare in modo molto più libero.

 

Il nome della famiglia che resse Bisanzio alla fine del XII secolo aveva un'origine piuttosto prosaica, e derivava dalla città di Angel, nei dintorni di Amida, in Mesopotamia. Compaiono in effetti degli Angeli in epoca molto antica, ma ben difficilmente possono essere ravvisati dei legami, tanto più che gli stessi cronisti dell'epoca potevano permettersi di dubitare dell'effettiva nobiltà di questa casata.

 

Si trattava di una famiglia di militari la cui nobiltà era piuttosto recente, che ebbe la fortuna di entrare a far parte del clan imperiale tramite il matrimonio tra Costantino Angelo ed una figlia di Alessio I Comneno, Teodora. Tanto lui quanto il resto della famiglia furono in prima linea nelle campagne di Alessio, Giovanni e Manuele, e Andronico Angelo, figlio di Costantino, fu tra i comandanti delle truppe di Manuele a Miriocefalo.



 

 

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