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N. 74 - Febbraio 2014 (CV)

l'arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese di Chretien de Troyes
l’immaginario medievale tra realtà storica e finzione letteraria - parte iI

di Francesco Carbonaro

 

Elemento fondante dell’ontologia cavalleresca è l’avventura, declinata in vari gradi, nella quale il cavaliere mostra tutto il proprio valore e coraggio. Una forma di competizione ufficiale è il torneo, scontri di guerra simulati fatti oggetto di biasimo da parte dei chierici come Giacomo de Vitry il quale li considerava luoghi dove si annidavano i sette peccati capitali; nonostante la critica degli ecclesiastici, il torneo ebbe vita facile ed è foriero di significati che saranno fatti ri-vivere nella peculiare forma della letteratura di Chretien de Troyes.

 

Il tipo di competizione prediletta è la giostra e sembra che i cavalieri non possano o non vogliano farne a meno; il caso di Ivano è esemplare. Dopo aver sposato la regina Laudine, Ivano è attirato dalle sirene della giostra e si dimentica del proprio amore a scorno dell’amata la quale lo respingerà; la formazione del cavalier Ivano non è affatto completa, essa prevede la perfetta compenetrazione dei due aspetti, sentimentale e cavalleresco che comprende il primo ma non riesce a dominarlo.


Caso opposto e speculare è quello di “Erec et Enide” unico romanzo che, non a caso, riporta nel titolo sia la componente maschile sia quella femminile come a sottolineare il necessario equilibrio che Erec avrebbe dovuto tenere tra la donna amata e il proprio dovere di cavaliere. Quest’ultimo, al contrario di Ivano, è accusato di essersi rilassato troppo e di aver trascurato le “cose di guerre”, attirandosi il biasimo degli altri ai quali dovrà controbattere. Per rinverdire i fasti del proprio passato Erec andrà alla ricerca di avventure che possano mettere a tacere le voci su una sua presunta viltà derivante dal matrimonio.


L’avventura, dunque, comprende tornei e sfide come quella dello sparviero che diviene occasione d’incontro e innamoramento tra lui ed Enide, oppure classici incontri di spada che condiscono la ricerca di Ginevra da parte di Lancillotto, i numerosi incontri-scontri che dovrà affrontare Ivano sulla via della redenzione per liberare delle fanciulle segregate. Alieno di scontri di spada ma investito di una missione, anche Percival, inconsapevole di qualsivoglia tecnica, riesce a uccidere il cavaliere vermiglio e a sottrargli le armi nonostante l’abilità di quest’ultimo; l’essere cavaliere è per Percival, figlio ignaro di un ignoto cavaliere, qualcosa d’innato che lo porta ad affrontare e a vincere qualsiasi tipo di sfida. Alter ego già da tempo iniziato alla cavalleria è Galvano al quale è dedicato gran parte dell’ultimo romanzo rimasto incompiuto sebbene il titolo faccia riferimento a un unico eroe.


L’elemento dell’avventura e dello scontro, oltre a essere un espediente narrativo tanto amato dalla letteratura cavalleresca diviene spesso luogo natale di sentimenti e innamoramenti. Abbiamo già citato la sfida dello sparviero presente in “Erec et Enide” ma esso non è il solo caso in cui il clangore delle spade fa da sfondo allo scoccare della scintilla d’amore. Il coraggio e l’amore vanno di pari passo e sono elementi di quel repertorio di valori che è ascritto alla cortesia; la prodezza in battaglia e la caduta nel vortice di Amore sono luoghi comuni ai cavalieri i quali, nella loro purezza d’animo si ritrovano fortificati dal sentimento nei confronti di una donna. L’immagine della persona amata diviene tabernacolo di venerazione e la sua visione permette il recupero delle forze, leit motiv della letteratura cavalleresca nella quale il coraggio non basta da solo ma ha bisogno dell’amore che fortifica. Cligès nel combattimento contro il duca sta retrocedendo ma a un tratto “intende e ode molto bene il grido di Fenice, quella voce gli restituisce la forza e il coraggio”. Oltre al suono della voce è l’immagine della donna amata che restituisce vigore all’eroe; Lancillotto nello scontro con Meleagant a causa delle molte ferite riportate sta soccombendo, tuttavia la sua attenzione viene attirata dall’amata Ginevra “e, dal momento in cui se ne è accorto non allontana ne storna da lei gli occhi o il viso e si difende combattendo all’indietro”.


La tipologia di amore portata avanti da questi romanzi è, per molti aspetti, distante dalla fin amor cantata dai trovadori. Con Erec ed Enide, con Cligès e Fenice, con Ivano e Laudine e con Percival e Biancofiore ci troviamo di fronte a una fenomenologia del sentimento caratterizzata dalla totale dedizione all’altro, con la dovuta eccezione di Ivano che proprio a causa della sua mancanza di equilibrio tra amore e onore incorrerà in varie avventure che lo porteranno a riflettere sul rapporto spesso conflittuale tra le due componenti.


Ogni storia d’amore narrata da Chretien è caratterizzata da uno squilibrio che tenderà a ricomporsi successivamente; pensiamo all’iniziale timidezza immotivata che contraddistingue il rapporto tra Alessandro e Soredamor tra i quali scatta subito l’amore che però viene celato dall’ombra della paura di essere rifiutati, timore che sarà individuato e sconfitto dalla savia regina Ginevra che toglierà qualsiasi imbarazzo sancendo un’unione avvenuta immediatamente ma formalizzata solo all’ultimo. Erec ed Enide, Ivano e Laudine vivono un rapporto opposto ma speculare che la ricomposizione finale tra amore e onore potrà solo rinsaldare. La celebrazione della felicità coniugale finale è sempre preceduta da una prova impossibile da superare per chiunque ma non per l’eroe protagonista; a Erec si profila la sfida della “gioia della corte” presso il verziere di Maboagrain dove si trova una coppia nella quale si invera lo squilibrio presente in senso contrario nel legame della coppia eponima. Nel verziere vi è un cavaliere terribile che è stato soggiogato dalla donna che amava; naturalmente Erec riuscirà a superare questa prova che simboleggia la ricomposizione del dissidio tra dovere – amore, onore – amore che era stato perduto. Anche nel Cligès vi è una prova da affrontare per sottrarre Fenice al matrimonio con l’imperatore; in questo caso forti sono gli echi della versione del “Tristano e Isotta” firmata da Thomas. Nel caso di “Ivano” la prova impossibile è posta all’inizio e sarà proprio dall’unicità della stessa che deriverà il matrimonio tra Ivano e la moglie del cavaliere sconfitto nella prova della fontana. Anche in “Percival”, Galvano è costretto ad affrontare la prova del “letto della meraviglia” “ove nessuno dorme o riposa, si ristora o siede, che poi si alzi vivo”; il cavaliere della tavola rotonda naturalmente riuscirà nell’impresa.


Un caso a parte costituisce il “Lancillotto” nel quale troviamo gli stessi elementi in una nuova miscela; come sappiamo questo romanzo fu espressamente commissionato da Maria di Champagne la quale ha posto delle direttive dalle quali Chretien non poté fuggire e lo portarono a confezionare un roman distante dagli altri. La tipologia amorosa è, non a caso, più aderente ai canoni della poesia di un trovadore come Guglielmo IX presso il quale l’amore aveva tratti più carnali. L’amore tra Lancillotto e Ginevra moglie del re è, infatti, adultero e si esplica attraverso degli atteggiamenti più fisici e carnali rispetto al passato. Se nelle altre opere il sentimento amoroso rimaneva in una nebula soffusa, qui esso trova concretezza tanto che Lancillotto dopo aver divelto a mani nude le sbarre della prigione di Ginevra con essa potrà giacere. Se, inoltre, l’autore si faceva interprete di un equilibrio tra le ragioni del cuore e il senso del dovere, nell’ultimo romanzo tutto viene capovolto dalla scena della carretta dell’infamia sulla quale Lancillotto dovrà salire per recuperare Ginevra.

 

Non si spiega il motivo per cui Lancillotto, cavaliere e dunque dotato di cavallo debba salire su una carretta, ma non è questo che importa all’autore che abbandona qualsiasi criterio di verosimiglianza per sottolineare la disponibilità di Lancillotto a salire sulla gogna vagante per amore di Ginevra la quale non contenta del sacrificio, recriminerà l’iniziale indecisione dell’amato. Non è un caso che nelle pagine iniziali troviamo Ragione in disaccordo con Amore, dialettica che negli altri romanzi aveva trovato un momento di sintesi che qui viene lacerato. Se la miscela finale è dunque differente, gli ingredienti sono gli stessi, come quello della prova impossibile da superare ma vinta dall’eroe che, nel caso preso in esame, dovrà attraversare il ponte della spada al termine del quale due leoni, che poi si riveleranno frutto della fantasia, lo attendono.


Straniero nella terra di Amore è Percival che non sa nulla di donne né di sentimento e, dunque, per lui sarà un’iniziazione a tutti i livelli, cavalleresco e amoroso quella che si accingerà a vivere con Biancofiore che farà scoprire all’eroe un amore diverso da quello della madre alla ricerca della quale si avventurerà.


La fenomenologia sentimentale presente nei romanzi di Chretien appare, dunque, distante dall’amore professato da una certa tradizione di poesia trobadorica; se, in questi ultimi, il rapporto amoroso era messo in parallelo con quello feudale e spesso si trattava di un legame extraconiugale, Chretien si fa portatore di un’idea sentimentale più pura anche se non meno sconvolgente come testimoniano le pagine che descrivono, in una sorta di immaginario parallelo, l’innamoramento tra Alessandro e Soredamor, Cligès e Fenice. L’eccezione, già segnalata, si trova nel “Lancillotto” dove sono intervenuti fattori esterni, ovvero le pretese della committente, a variare la percezione dell’autore il quale si è adeguato a un canone più vicino a quello professato da Guglielmo IX nel quale la compiutezza sentimentale trova realizzazione al di fuori del vincolo matrimoniale e dove le tinte sono più “carnali”.


Il prototipo di coppia che invece troviamo negli altri romanzi, dove agì solo l’intenzionalità dello scrittore, è quello che vede ritrovarsi due amanti totalmente dediti l’uno all’altro tra i quali si è posto un ostacolo da superare; l’avventura consiste nel superare questa prova determinante per il loro amore e che sancirà e fortificherà il legame tra i due.


Una tale concezione sentimentale sembra stridere con la realtà storica del Medioevo dove un amore idealizzato come quello che traspare dalle pagine dei romanzi rimaneva solo argomento di letteratura che la società, almeno quella popolare, difficilmente avrebbe accettato. Gli ambienti di corte, dall’altra parte, potevano essere teatro di amori “cortesi” ma difficilmente essi erano sanciti da una fedeltà o dedizione paragonabile a quella dei nostri eroi.


Nella pagina scritta tutto assume un valore idealizzato che, in antitesi con il reale, acquisisce dei tratti fantastici come possono essere i giganti, nani e incantesimi. Ivano si scontra con un gigante mentre Erec e Lancillotto si imbattono in nani, figure losche e poco raccomandabili. Parte da protagonista giocano filtri magici o incantesimi come quello preparato da Tessala per evitare che Fenice possa esser toccata dall’imperatore; un filtro analogo a quello preparato da Bragagna che ha degli effetti magici e che portano l’uomo a pensare di avere posseduto la donna la quale, invece, conserva “corpo e anima” per il proprio amore. La magia è presente anche in “Ivano” dove il protagonista indossa un anello che lo rende invisibile, elemento magico che sarà fondamentale per la fervente fantasia di Tolkien che, secoli dopo, lo riprenderà per il suo ciclo di romanzi.


Attorno al dipolo amore - onore si articolano, dunque, le vicende che vedranno il trionfo della cortesia e dei sentimenti a essa legati, universo attorno al quale la letteratura di Chretien si avvita percependo i fattori fondanti della società nella quale viveva.


La letteratura, testimone del tempo, ha conservato quelle modalità percettive del reale che gli altri documenti non ci possono trasmettere; attraverso l’espediente narrativo l’autore ci tramanda parte della realtà alla quale apparteneva, così come ha fatto Chretien de Troyes il quale infonde nella sua materia tutti quegli ingredienti presenti nella società medievale ma trasfigurati. Considerare l’opera letteraria una fonte storica non è possibile per una serie di argomentazione che condurrebbero a un’unica conclusione e cioè che essa è frutto della fantasia; tuttavia relegarla esclusivamente all’ambito dello svago sarebbe altrettanto infruttuoso dato che contiene una grande mole di dati storici che devono essere sfrondati dalla loro patina letteraria. In questa direzione si dovrebbe muovere lo storico che, occupandosi del mondo medievale, dovrebbe fare riferimento anche alle opere di Chretien le quali contengono una serie di aspetti che rispecchiano il reale intendendo con esso quel sostrato di cui parla Le Goff e che costituisce il fondo della conoscenza dell’uomo e di un popolo, oggetti di studio della storia.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Barbero Alessandro, Chiara Frugoni a cura di, “Dizionario del Medioevo”, Bari 2008.

Carasso-Bulow Luciene, “The merveilleux in Chretien de Troyes’s romances”, Ginevra 1976.

Cardini Franco, “Alle origini della cavalleria medievale”, Scandicci 1997.

Chretien de Troyes, Erec et Enide”, in “I romanzi cortesi”, Milano 2011.

Chretien de Troyes, “Cligès” in “I romanzi cortesi”, Milano 2011.

Chretien de Troyes, “Lancillotto” in “I romanzi cortesi”, Milano 2011.

Chretien de Troyes, “Ivano” in “I romanzi cortesi”, Milano 2011.

Chretien de Troyes, “Percival” in “I romanzi cortesi”, Milano 2011.

Fassò Andrea, “Il sogno del cavaliere: Chrétien de Troyes e la regalità”, Roma 2003.

Flori Jean, “Cavalieri e cavalleria nel Medioevo”, Torino 1999.

Le Goff Jacques, “L’immaginario medievale”, Bari 2011.

Le Goff Jacques a cura di, “L’uomo medievale”, Bari 1999.

Maranini Lorenza, “Personaggi e immagini nell’opera di Chretien de Troyes”, Pavia 1966.

Novacco Domenico, “Dei, eroi e cavalieri dell’età medievale”, Roma 2012.



 

 

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