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N. 77 - Maggio 2014 (CVIII)

GRAND BUDAPEST HOTEL
IL Vincitore del Premio della Giuria a Berlino

di Giovanna D'Arbitrio

 

Wes Anderson, brillante regista americano autore di numerosi film di successo (tra i quali ricordiamo Rushmore, I Tenebaum, Moonrise Kingdom), ci regala un altro originale film, Grand Budapest Hotel, apparso di recente sugli schermi italiani.

 

Vincitore del Premio della Giuria 2014 a Berlino, il film appare davvero come uno scintillante caleidoscopio di personaggi e situazioni.

 

 Il racconto inizia nel Grand Hotel Budapest a Zubrowka, un immaginario paese dell’Est, dove il suo proprietario Mr. Mustafa (F. Murray Abraham) incontra un giovane scrittore (Jude Law) al quale narra le vicende della sua vita.

 

Con un lungo flash back Mustafa ritorna agi anni ‘30 quando egli, giovane immigrato soprannominato Zero (Tony Revolori), viene assunto da Monsieur Gustave (Ralph Fiennes), abile concierge-gigolo che circuisce signore anziane in cerca di emozioni.

 

Una di queste, Madame D. (Tilda Swinton), muore improvvisamente lasciandogli in eredità un prezioso quadro, ma gli avidi eredi guidati dal figlio Dimitri (Adrien Brody) lo accusano di averla assassinata. Finito in prigione sarà aiutato da Zero e dalla sua ragazza, Aghata (Saoirse Ronan) e... poi la vicenda prosegue tra colpi di scena, intrecci “gialli”, funambolici inseguimenti, gag divertenti e surreali.

 

Suddividendo la narrazione in capitoli sui personaggi principali, Anderson attraversa di volata 50 anni di storia ad un ritmo frenetico con il suo stile fantasioso, ironico e raffinato: un racconto immaginario, ma ricco di riferimenti alla realtà passata e presente, come il regista stesso ha evidenziato dedicando il film a Stefan Zweig, scrittore austriaco, convinto pacifista, le cui opere furono bruciate dai nazisti.

 

Così il Grand Hotel Budapest diventa una variegata rappresentazione allegorica dell’umanità con i suoi pregi e difetti attraverso i sui numerosi personaggi, esaminati con una sorta di lente deformante che c’induce ad osservarli più da vicino, con humour ma anche con un’esplicita condanna contro razzismo, dittature, violenza, ipocrisia e avidità.

 

Alcuni critici hanno trovato nel film elementi riferibili al Grande Dittatore di Chaplin, al cinema muto in genere alle commedie sofisticate di Lubitsch e Wilder, ai film di Mamoulian e Goulding e perfino ai fumetti, ma in verità in tale opera risalta ancora una volta uno stile tipicamente “andersoniano”, con i suoi dialoghi veloci, colti e brillanti (soggetto e sceneggiatura di W. Anderson), le sue atmosfere magiche e favolistiche, i colori sgargianti, l’attenta scenografia (S. O. Gessler)valorizzata dalla fotografia (R. Yeoman) e da una colonna sonora (A. Desplat) sempre appropriata all’azione e ai personaggi, interpretati da validi attori.

 

 Un cast stellare davvero eccezionale nel quale, oltre ai già citati interpreti principali, ne ricordiamo tanti altri come B. Murray, E. Norton, H. Keitel, J.Schwartzman, W. Dafoe, L. Seydoux, O. Wilson, T. Wilinson, B. Balaban, M. Amalric, J.Goldblum che con la loro bravura danno rilievo anche a personaggi secondari.



 

 

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