N. 52 - Aprile 2012 
                          
                          (LXXXIII)
																						la parabola di Gneo Pompeo il Magnus
																						Dalla gloria dei trionfi alla solitudine della fuga
																						di Paola Scollo
																			 
																			
																			
																			«Mi 
																			è 
																			caro 
																			il 
																			figlio 
																			del 
																			padre 
																			che 
																			odio» 
																			(TGF 
																			fr.201 
																			Nauck). 
																			Con 
																			questo 
																			verso, 
																			tratto 
																			dal
																			
																			Prometeo 
																			liberato 
																			di 
																			Eschilo, 
																			Plutarco 
																			sintetizza 
																			il 
																			sentimento 
																			(pathos) 
																			che 
																			il 
																			popolo 
																			romano 
																			nutre 
																			nei 
																			confronti 
																			di 
																			Gneo 
																			Pompeo 
																			Magno.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Infatti, 
																			spiega 
																			nell’incipit 
																			della
																			
																			Vita 
																			di 
																			Pompeo, 
																			«i 
																			Romani 
																			non 
																			mostrarono 
																			nei 
																			confronti 
																			di 
																			alcun 
																			altro 
																			generale 
																			un 
																			odio 
																			più 
																			tenace 
																			e 
																			violento 
																			di 
																			quello 
																			riservato 
																			a 
																			Strabone, 
																			il 
																			padre 
																			di 
																			Pompeo 
																			[…]. 
																			Viceversa, 
																			nessun 
																			Romano 
																			godette 
																			più 
																			di 
																			Pompeo 
																			da 
																			parte 
																			del 
																			popolo 
																			di 
																			una 
																			benevolenza 
																			così 
																			grande, 
																			che 
																			così 
																			presto 
																			si 
																			manifestasse, 
																			crescesse 
																			coi 
																			successi 
																			e 
																			rimanesse 
																			inalterata 
																			nonostante 
																			le 
																			sconfitte» 
																			(Pomp. 
																			I).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Plutarco 
																			pone 
																			alle 
																			origini 
																			dell’odio 
																			per 
																			Strabone 
																			l’insaziabile 
																			desiderio 
																			di 
																			ricchezze, 
																			laddove 
																			la 
																			semplicità 
																			del 
																			tenore 
																			di 
																			vita, 
																			l’abilità 
																			militare, 
																			l’eloquenza, 
																			la 
																			lealtà 
																			del 
																			carattere, 
																			l’affabilità 
																			nei 
																			rapporti 
																			umani, 
																			la 
																			capacità 
																			di 
																			donare 
																			senza 
																			alterigia 
																			e di 
																			ricevere 
																			con 
																			dignità 
																			vengono 
																			considerate 
																			le 
																			molteplici 
																			cause 
																			dell’amore 
																			(agape) 
																			verso 
																			Pompeo. 
																			Qualità 
																			che, 
																			peraltro, 
																			vanno 
																			ad 
																			aggiungersi 
																			alla 
																			bellezza 
																			fisica, 
																			che 
																			«contribuì 
																			in 
																			modo 
																			considerevole 
																			a 
																			guadagnargli 
																			consensi 
																			ancor 
																			prima 
																			di 
																			aprire 
																			bocca».
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Nell’immagine 
																			di 
																			Plutarco, 
																			il 
																			successo 
																			di 
																			Pompeo 
																			deriva 
																			dalla 
																			capacità 
																			di 
																			proporsi 
																			quale
																			
																			paradeigma 
																			per 
																			i 
																			suoi 
																			concittadini 
																			grazie 
																			a un
																			
																			modus 
																			operandi 
																			ispirato 
																			ai
																			
																			boni 
																			mores.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Figlio 
																			del 
																			generale 
																			Gneo 
																			Pompeo 
																			Strabone, 
																			senatore 
																			nell’89 
																			a.C., 
																			sin 
																			da 
																			giovanissimo 
																			Pompeo 
																			partecipa, 
																			al 
																			seguito 
																			del 
																			padre, 
																			a 
																			numerosi 
																			conflitti, 
																			acquisendo 
																			ottime 
																			capacità 
																			in 
																			campo 
																			militare.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Quando 
																			Silla 
																			sbarca 
																			a 
																			Brindisi, 
																			ne 
																			diviene 
																			sostenitore. 
																			Nell’80 
																			a.C. 
																			in 
																			Africa, 
																			dove 
																			è 
																			stato 
																			inviato 
																			per 
																			combattere 
																			contro 
																			i 
																			seguaci 
																			di 
																			Mario, 
																			viene 
																			accolto 
																			dai 
																			soldati 
																			con 
																			l’appellativo 
																			di
																			
																			Magnus, 
																			Grande, 
																			il 
																			solo 
																			dopo 
																			Alessandro. 
																			Nel 
																			79 
																			a.C., 
																			a 29 
																			anni, 
																			celebra 
																			a 
																			Roma 
																			il 
																			suo 
																			primo 
																			trionfo. 
																			Ed è 
																			proprio 
																			a 
																			partire 
																			da 
																			questo 
																			momento 
																			che 
																			i 
																			rapporti 
																			con 
																			Silla 
																			iniziano 
																			a 
																			deteriorarsi.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Spiega, 
																			infatti, 
																			Plutarco: 
																			«Silla 
																			si 
																			amareggiava 
																			vedendo 
																			a 
																			quale 
																			punto 
																			di 
																			fama 
																			e di 
																			potenza 
																			Pompeo 
																			stesse 
																			innalzandosi 
																			ma, 
																			avendo 
																			ritegno 
																			a 
																			opporsi, 
																			non 
																			prese 
																			alcuna 
																			iniziativa, 
																			eccetto 
																			in 
																			un 
																			caso, 
																			e 
																			cioè 
																			quando 
																			costui, 
																			con 
																			la 
																			forza 
																			e 
																			contro 
																			il 
																			suo 
																			volere, 
																			impose 
																			Lepido 
																			come 
																			console, 
																			sostenendone 
																			la 
																			candidatura 
																			e 
																			procurandogli 
																			il 
																			favore 
																			del 
																			popolo 
																			grazie 
																			al 
																			proprio 
																			credito» 
																			(Pomp. 
																			XV).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			In 
																			seguito 
																			al 
																			ritiro 
																			di 
																			Silla 
																			dalla 
																			scena 
																			politica, 
																			Pompeo 
																			è 
																			impegnato 
																			in 
																			vari 
																			conflitti, 
																			per 
																			cui 
																			può 
																			fare 
																			ritorno 
																			a 
																			Roma 
																			soltanto 
																			nel 
																			71, 
																			dopo 
																			sei 
																			anni 
																			di 
																			assenza. 
																			Nell’Urbe 
																			gli 
																			viene 
																			decretato 
																			un 
																			secondo 
																			trionfo, 
																			dopo 
																			quello 
																			del 
																			79, 
																			per 
																			aver 
																			contribuito 
																			alla 
																			riaffermazione 
																			della 
																			dignità 
																			del 
																			tribunato 
																			della 
																			plebe 
																			attraverso 
																			la
																			
																			lex
																			
																			Aurelia 
																			iudiciaria, 
																			proposta 
																			da 
																			Cotta. 
																			Ma i 
																			successi 
																			non 
																			esaltano 
																			Pompeo: 
																			per 
																			natura 
																			(physei) 
																			è 
																			saggio 
																			e 
																			moderato 
																			nei 
																			desideri. 
																			Nel 
																			corso 
																			dello 
																			stesso 
																			anno, 
																			mettendo 
																			da 
																			parte 
																			ogni 
																			contrasto, 
																			stringe 
																			un’alleanza 
																			con 
																			Crasso 
																			al 
																			fine 
																			di 
																			ottenere 
																			l’elezione 
																			al 
																			consolato 
																			per 
																			il 
																			70.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			I 
																			due 
																			sostenitori 
																			di 
																			Silla 
																			vengono 
																			eletti 
																			consoli 
																			con 
																			un 
																			programma 
																			popolare. 
																			Sin 
																			da 
																			subito 
																			promuovono 
																			riforme 
																			volte 
																			a 
																			sottrarre 
																			alla
																			
																			nobilitas, 
																			incapace 
																			di 
																			amministrare 
																			la
																			
																			res 
																			publica, 
																			l’auctoritas
																			
																			che 
																			le 
																			era 
																			stata 
																			accordata 
																			da 
																			Silla. 
																			In 
																			generale, 
																			Crasso 
																			esercita 
																			maggiore 
																			influenza 
																			sul 
																			senato, 
																			laddove 
																			Pompeo 
																			gode 
																			di 
																			maggior 
																			favore 
																			presso 
																			il 
																			popolo. 
																			Al 
																			termine 
																			dell’incarico, 
																			Pompeo 
																			si 
																			mostra 
																			raramente 
																			in 
																			pubblico.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Secondo 
																			Plutarco, 
																			«pensava 
																			di 
																			dover 
																			preservare 
																			la 
																			propria 
																			dignità 
																			da 
																			contatti 
																			e da 
																			rapporti 
																			pubblici. 
																			Il 
																			portare 
																			la 
																			toga 
																			-osserva 
																			il 
																			biografo- 
																			rischia, 
																			in 
																			verità, 
																			di 
																			eclissare 
																			la 
																			gloria 
																			di 
																			coloro 
																			che 
																			hanno 
																			acquisito 
																			fama 
																			in 
																			guerra 
																			e 
																			che 
																			male 
																			si 
																			adattano 
																			all’uguaglianza 
																			della 
																			vita 
																			democratica: 
																			essi 
																			pretendono 
																			di 
																			eccellere 
																			nella 
																			vita 
																			civile 
																			come 
																			in 
																			quella 
																			militare, 
																			mentre 
																			gli 
																			altri, 
																			che 
																			meno 
																			si 
																			sono 
																			distinti 
																			in 
																			quest’ultima, 
																			non 
																			accettano 
																			di 
																			non 
																			primeggiare 
																			almeno 
																			nella 
																			prima» 
																			(Pomp. 
																			XXIII).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Pompeo 
																			rimane 
																			in 
																			attesa 
																			dell’evoluzione 
																			degli 
																			eventi 
																			e, 
																			in 
																			effetti, 
																			l’occasione 
																			propizia 
																			non 
																			si 
																			fa 
																			attendere. 
																			L’eccellenza 
																			raggiunta 
																			dall’organizzazione 
																			delle 
																			forze 
																			dei 
																			pirati 
																			è 
																			motivo 
																			di 
																			forti 
																			preoccupazioni 
																			per 
																			Roma. 
																			I 
																			pirati 
																			penetrano 
																			con 
																			estrema 
																			facilità 
																			in 
																			tutto 
																			il 
																			Mediterraneo, 
																			attaccando 
																			e 
																			assediando 
																			numerose 
																			città. 
																			Stando 
																			alle 
																			fonti, 
																			quattrocento 
																			città 
																			sarebbero 
																			state 
																			prese, 
																			isole 
																			come 
																			Delo 
																			ed 
																			Egina 
																			devastate, 
																			città 
																			e 
																			templi 
																			depredati.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			In 
																			Italia 
																			le 
																			coste 
																			maggiormente 
																			esposte 
																			al 
																			pericolo 
																			pirateria 
																			sembra 
																			siano 
																			state 
																			quelle 
																			di 
																			Brundisium, 
																			della 
																			Campania 
																			e 
																			dell’Etruria. 
																			Nonostante 
																			l’iniziale 
																			opposizione 
																			del 
																			senato, 
																			viene 
																			approvata 
																			la
																			
																			lex 
																			Gabinia 
																			de 
																			piratis 
																			persequendi
																			
																			con 
																			cui 
																			vengono 
																			affidati 
																			a 
																			Pompeo 
																			poteri 
																			proconsolari 
																			illimitati, 
																			per 
																			una 
																			durata 
																			di 
																			tre 
																			anni, 
																			da 
																			esercitare 
																			su 
																			tutto 
																			il 
																			Mediterraneo 
																			e 
																			sulle 
																			zone 
																			costiere, 
																			per 
																			un 
																			totale 
																			di 
																			50 
																			miglia 
																			dal 
																			mare 
																			in 
																			profondità. 
																			Stando 
																			a 
																			Plutarco, 
																			il 
																			giorno 
																			previsto 
																			per 
																			la 
																			votazione 
																			della 
																			legge, 
																			Pompeo 
																			si 
																			ritira 
																			in 
																			campagna. 
																			Informato 
																			della 
																			ratifica, 
																			ritorna 
																			a 
																			Roma 
																			di 
																			notte, 
																			temendo 
																			di 
																			essere 
																			oggetto 
																			di 
																			invidia. 
																			Il 
																			giorno 
																			seguente, 
																			compie 
																			un 
																			sacrificio, 
																			si 
																			reca 
																			in 
																			assemblea 
																			e 
																			ottiene 
																			il 
																			doppio 
																			dei 
																			mezzi, 
																			ossia 
																			20 
																			legioni, 
																			una 
																			flotta 
																			di 
																			500 
																			navi 
																			e 
																			6.000 
																			talenti.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			La 
																			campagna 
																			militare 
																			ha 
																			inizio 
																			nella 
																			primavera 
																			del 
																			67 
																			a.C. 
																			e, 
																			dopo 
																			soli 
																			quaranta 
																			giorni, 
																			Pompeo 
																			riesce 
																			a 
																			liberare 
																			i 
																			mari 
																			occidentali 
																			dai 
																			pirati. 
																			Resa 
																			sicura 
																			Roma, 
																			si 
																			volge 
																			quindi 
																			all’Oriente, 
																			offrendo, 
																			ancora 
																			una 
																			volta, 
																			dimostrazione 
																			di 
																			eccellenti 
																			abilità 
																			tattiche 
																			e 
																			strategiche. 
																			Con 
																			un 
																			notevole 
																			dispiegamento 
																			di 
																			forze, 
																			divide 
																			il 
																			Mediterraneo 
																			e il 
																			Mar 
																			Nero 
																			in 
																			tredici 
																			settori, 
																			ognuno 
																			dei 
																			quali 
																			è 
																			affidato 
																			al 
																			controllo 
																			di 
																			un 
																			suo 
																			legato. 
																			In 
																			tre 
																			mesi 
																			riesce 
																			a 
																			sottrarre 
																			ai 
																			pirati 
																			l’isola 
																			di 
																			Creta, 
																			le 
																			coste 
																			della 
																			Cilicia, 
																			della 
																			Panfilia 
																			e 
																			della 
																			Licia. 
																			Provvede 
																			poi 
																			ai 
																			sopravvissuti, 
																			disponendo 
																			di 
																			farli 
																			trasferire 
																			in 
																			regioni 
																			interne 
																			e in 
																			città 
																			spopolate. 
																			Infine, 
																			affida 
																			a 
																			Cecilio 
																			Metello 
																			la 
																			gestione 
																			dei 
																			pirati 
																			cretesi, 
																			in 
																			quanto 
																			si 
																			prepara 
																			a 
																			un’impresa 
																			più 
																			ardua: 
																			la 
																			continuazione 
																			della 
																			guerra 
																			contro 
																			Mitridate 
																			e 
																			Tigrane, 
																			la 
																			cui 
																			gestione 
																			era 
																			stata 
																			affidata 
																			da 
																			tempo 
																			a 
																			Lucullo.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Di 
																			fronte 
																			ai 
																			clamorosi 
																			successi 
																			di 
																			Pompeo, 
																			il 
																			tribuno 
																			della 
																			plebe 
																			Manilio 
																			avanza 
																			una 
																			proposta 
																			di 
																			legge, 
																			la 
																			cosiddetta
																			
																			Pro 
																			lege 
																			Manilia 
																			de 
																			imperio 
																			Cnei 
																			Pompei, 
																			in 
																			base 
																			alla 
																			quale 
																			il 
																			generale 
																			avrebbe 
																			ottenuto 
																			i 
																			paesi 
																			e 
																			gli 
																			eserciti 
																			sottoposti 
																			a 
																			Lucullo, 
																			la 
																			Bitinia 
																			e il 
																			comando 
																			della 
																			guerra 
																			contro 
																			i re 
																			Tigrane 
																			e 
																			Mitridate, 
																			con 
																			a 
																			disposizione 
																			la 
																			flotta 
																			e il 
																			potere 
																			sul 
																			mare. 
																			In 
																			sintesi, 
																			secondo 
																			Plutarco, 
																			«lo 
																			Stato 
																			romano 
																			veniva 
																			affidato 
																			al 
																			governo 
																			di 
																			un 
																			solo 
																			uomo: 
																			infatti, 
																			le 
																			uniche 
																			province 
																			che, 
																			in 
																			base 
																			alla 
																			legge 
																			precedente, 
																			sembrava 
																			gli 
																			fossero 
																			sfuggite, 
																			ovvero 
																			Frigia, 
																			Licaonia, 
																			Galazia, 
																			Cappadocia, 
																			Cilicia, 
																			Colchide 
																			Superiore 
																			e 
																			Armenia, 
																			gli 
																			venivano 
																			tutte 
																			affidate 
																			insieme 
																			agli 
																			eserciti 
																			e al 
																			potere 
																			di 
																			cui 
																			aveva 
																			disposto 
																			Lucullo 
																			nelle 
																			sue 
																			campagne 
																			contro 
																			Mitridate 
																			e 
																			Tigrane» 
																			(Pomp. 
																			XXX).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Nel 
																			giudizio 
																			di 
																			Plutarco, 
																			i 
																			senatori 
																			non 
																			si 
																			rammaricano 
																			per 
																			la 
																			sostituzione 
																			di 
																			Lucullo 
																			al 
																			comando 
																			della 
																			guerra: 
																			nutrono, 
																			piuttosto, 
																			il 
																			timore 
																			che 
																			l’imperium 
																			di 
																			Pompeo 
																			possa 
																			costituire 
																			una 
																			seria 
																			minaccia 
																			per 
																			la
																			
																			libertas 
																			dello 
																			Stato, 
																			degenerando 
																			in 
																			una 
																			vera 
																			e 
																			propria 
																			tirannide. 
																			Tuttavia, 
																			al 
																			momento 
																			di 
																			decidere, 
																			per 
																			timore 
																			del 
																			popolo 
																			i 
																			senatori 
																			rimangono 
																			in 
																			silenzio. 
																			Soltanto 
																			Catulo 
																			inizia 
																			a 
																			gridare 
																			dalla 
																			tribuna, 
																			«sollecitando 
																			i 
																			senatori 
																			a 
																			cercare, 
																			come 
																			i 
																			loro 
																			antenati, 
																			un 
																			monte 
																			e 
																			una 
																			rupe 
																			scoscesa 
																			per 
																			trovarvi 
																			riparo 
																			e 
																			salvare 
																			la 
																			libertà» 
																			(Pomp. 
																			XXX).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			La 
																			legge 
																			viene 
																			approvata 
																			e 
																			Pompeo 
																			riceve 
																			«quasi 
																			tutti 
																			i 
																			poteri 
																			che 
																			aveva 
																			ottenuto 
																			Silla 
																			impadronendosi 
																			di 
																			Roma 
																			con 
																			la 
																			forza 
																			delle 
																			armi» 
																			(Pomp. 
																			XXX). 
																			In 
																			breve 
																			tempo, 
																			il
																			
																			Magnus 
																			vanifica 
																			l’operato 
																			di 
																			Lucullo, 
																			soltanto 
																			per 
																			gelosia 
																			e 
																			per 
																			dimostrare 
																			ai 
																			sostenitori 
																			di 
																			averlo 
																			ridotto 
																			all’impotenza. 
																			Lucullo 
																			è 
																			maggiore 
																			per 
																			età 
																			e 
																			per 
																			dignità 
																			consolare, 
																			ma 
																			Pompeo 
																			gode 
																			di 
																			un 
																			prestigio 
																			superiore 
																			grazie 
																			ai 
																			due 
																			trionfi. 
																			L’inasprimento 
																			dei 
																			rapporti 
																			induce 
																			Pompeo 
																			e 
																			Lucullo 
																			a 
																			concordare 
																			un 
																			incontro 
																			in 
																			Galizia.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Come 
																			spiega 
																			Plutarco, 
																			nel 
																			corso 
																			dei 
																			colloqui 
																			i 
																			due 
																			non 
																			riescono 
																			a 
																			trovare 
																			punti 
																			di 
																			incontro; 
																			anzi, 
																			arrivano 
																			agli 
																			insulti 
																			perché 
																			Pompeo 
																			rimprovera 
																			a 
																			Lucullo 
																			la 
																			sua 
																			cupidigia 
																			e 
																			Lucullo 
																			a 
																			Pompeo 
																			la 
																			sete 
																			di 
																			potere. 
																			Lucullo 
																			riparte. 
																			Pompeo, 
																			dopo 
																			aver 
																			posto 
																			sotto 
																			il 
																			controllo 
																			della 
																			flotta 
																			il 
																			mare 
																			compreso 
																			tra 
																			la 
																			Fenicia 
																			e il 
																			Bosforo, 
																			si 
																			dirige 
																			contro 
																			Mitridate, 
																			che 
																			dispone 
																			di 
																			un 
																			esercito 
																			di 
																			trentamila 
																			fanti 
																			e 
																			duemila 
																			cavalieri, 
																			senza 
																			tuttavia 
																			attaccare 
																			battaglia 
																			(XXXII). 
																			Pompeo 
																			priva 
																			gradualmente 
																			Mitridate 
																			dell’appoggio 
																			dei 
																			suoi 
																			alleati, 
																			a 
																			partire 
																			da 
																			Tigrane. 
																			Nel 
																			64 
																			a.C., 
																			dopo 
																			aver 
																			sconfitto 
																			le 
																			ultime 
																			resistenze 
																			di 
																			Iberi 
																			e 
																			Albani, 
																			conquista 
																			il 
																			Ponto, 
																			che 
																			diviene 
																			provincia 
																			romana. 
																			Lo 
																			straordinario 
																			successo 
																			consacra 
																			Pompeo 
																			quale 
																			erede 
																			di 
																			Lucullo, 
																			l’uomo 
																			chiamato 
																			dal 
																			destino 
																			a 
																			difesa 
																			della
																			
																			res 
																			publica.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Successivamente, 
																			riprende 
																			il 
																			viaggio 
																			«ormai 
																			con 
																			maggiore 
																			solennità», 
																			dando 
																			prova 
																			della 
																			sua 
																			grandezza 
																			d’animo. 
																			A 
																			Mitilene 
																			concede 
																			libertà, 
																			per 
																			rispetto 
																			di 
																			Teofane, 
																			e 
																			prende 
																			parte 
																			al 
																			certame 
																			poetico 
																			in 
																			onore 
																			delle 
																			sue 
																			gesta; 
																			a 
																			Rodi 
																			ascolta 
																			i 
																			sofisti 
																			e 
																			dona 
																			loro 
																			un 
																			talento 
																			come 
																			premio; 
																			ad 
																			Atene 
																			ascolta 
																			i 
																			filosofi 
																			e 
																			dona 
																			cinquanta 
																			talenti 
																			alla 
																			città 
																			per 
																			i 
																			lavori 
																			di 
																			restauro. 
																			Dopo 
																			aver 
																			sconfitto 
																			quattordici 
																			nazioni, 
																			aver 
																			offerto 
																			un 
																			nuovo 
																			assetto 
																			alle 
																			province 
																			d’Oriente 
																			e 
																			aver 
																			fondato 
																			numerose 
																			città, 
																			Pompeo 
																			decide 
																			di 
																			ritornare 
																			in 
																			Italia, 
																			con 
																			la 
																			speranza 
																			di 
																			presentarsi 
																			come 
																			il 
																			più 
																			illustre 
																			degli 
																			uomini.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Tuttavia, 
																			scrive 
																			Plutarco, 
																			«quel 
																			dio 
																			(daimon), 
																			che 
																			ha 
																			sempre 
																			cura 
																			di 
																			mescolare 
																			una 
																			parte 
																			di 
																			infelicità 
																			ai 
																			grandi 
																			e 
																			splendidi 
																			doni 
																			della 
																			fortuna, 
																			gli 
																			teneva 
																			in 
																			serbo 
																			già 
																			da 
																			tempo 
																			un 
																			ritorno 
																			doloroso». 
																			Il 
																			generale 
																			sbarca 
																			a 
																			Brindisi 
																			nel 
																			dicembre 
																			del 
																			62 
																			e, a 
																			dispetto 
																			di 
																			ogni 
																			previsione, 
																			scioglie 
																			l’esercito. 
																			Questa 
																			decisione 
																			gli 
																			procura 
																			molte 
																			simpatie. 
																			Un 
																			cospicuo 
																			numero 
																			di 
																			Romani 
																			si 
																			riversa 
																			sulle 
																			strade 
																			per 
																			accoglierlo: 
																			«erano 
																			una 
																			massa 
																			di 
																			persone 
																			superiore 
																			agli 
																			effettivi 
																			del 
																			suo 
																			esercito, 
																			così 
																			che, 
																			se 
																			allora 
																			avesse 
																			pensato 
																			di 
																			rovesciare 
																			il 
																			governo 
																			e di 
																			fare 
																			la 
																			rivoluzione, 
																			non 
																			avrebbe 
																			avuto 
																			bisogno 
																			delle 
																			sue 
																			truppe» 
																			(Pomp. 
																			XLIV).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			senato 
																			lo 
																			saluta 
																			con 
																			l’appellativo 
																			di
																			
																			Magnus 
																			e 
																			decreta 
																			in 
																			suo 
																			onore 
																			un 
																			trionfo 
																			per 
																			il 
																			29 
																			settembre 
																			del 
																			61. 
																			Si 
																			tratta 
																			del 
																			terzo 
																			trionfo. 
																			A 
																			dire 
																			il 
																			vero, 
																			come 
																			nota 
																			Plutarco, 
																			anche 
																			altri 
																			in 
																			passato 
																			avevano 
																			ricevuto 
																			tre 
																			trionfi, 
																			ma 
																			Pompeo, 
																			«avendo 
																			trionfato 
																			per 
																			la 
																			prima 
																			volta 
																			sull’Africa, 
																			la 
																			seconda 
																			sull’Europa 
																			e, 
																			infine, 
																			sull’Asia, 
																			sembrava 
																			aver 
																			sottomesso 
																			in 
																			qualche 
																			modo, 
																			con 
																			i 
																			tre 
																			trionfi, 
																			il 
																			mondo 
																			intero 
																			(oikoumene)» 
																			(Pomp. 
																			XLV). 
																			Le 
																			celebrazioni 
																			proseguono 
																			per 
																			due 
																			giorni, 
																			«un 
																			tempo 
																			insufficiente 
																			rispetto 
																			all’importanza» 
																			(Pomp. 
																			XLIV). 
																			Le 
																			insegne 
																			indicano 
																			Paesi 
																			e 
																			popolazioni 
																			sottomessi: 
																			Ponto, 
																			Armenia, 
																			Paflagonia, 
																			Cappadocia, 
																			Media, 
																			Colchide, 
																			Iberi, 
																			Albani, 
																			Siria, 
																			Cilicia, 
																			Mesopotamia, 
																			Fenicia, 
																			Palestina, 
																			Giudea, 
																			Arabia. 
																			A 
																			ciò 
																			occorre 
																			aggiungere 
																			mille 
																			fortezze, 
																			quasi 
																			novecento 
																			città 
																			e 
																			ottocento 
																			navi 
																			strappate 
																			ai 
																			pirati, 
																			oltre 
																			che 
																			la 
																			fondazione 
																			di 
																			trentanove 
																			città 
																			e 
																			svariati 
																			tributi 
																			e 
																			trofei. 
																			In 
																			ricordo 
																			dello 
																			straordinario 
																			evento, 
																			viene 
																			avviata 
																			la 
																			costruzione 
																			nel 
																			Campo 
																			Marzio 
																			del 
																			primo 
																			teatro 
																			permanente 
																			in 
																			pietra 
																			con 
																			un 
																			tempio 
																			dedicato 
																			a 
																			Venere
																			
																			Victrix.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			confronto 
																			con 
																			Alessandro 
																			Magno 
																			è 
																			inevitabile, 
																			così 
																			come 
																			inevitabile 
																			si 
																			configura 
																			l’amara 
																			osservazione 
																			di 
																			Plutarco: 
																			«Quanto 
																			avrebbe 
																			guadagnato 
																			a 
																			concludere 
																			la 
																			sua 
																			vita 
																			allora, 
																			quando 
																			aveva 
																			la 
																			fortuna 
																			di 
																			Alessandro! 
																			Gli 
																			anni 
																			successivi, 
																			infatti, 
																			gli 
																			recarono 
																			invidiabili 
																			successi, 
																			ma 
																			anche 
																			sventure 
																			irrimediabili» 
																			(Pomp. 
																			XLVI).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Nella 
																			sua 
																			corsa 
																			verso 
																			il 
																			dominio, 
																			Pompeo 
																			trascura 
																			un 
																			aspetto 
																			decisamente 
																			importante. 
																			Un 
																			nuovo 
																			personaggio 
																			si 
																			affaccia 
																			sulla 
																			scena 
																			politica 
																			di 
																			Roma: 
																			Caio 
																			Giulio 
																			Cesare. 
																			Infatti, 
																			è 
																			proprio 
																			grazie 
																			all’appoggio 
																			di 
																			Pompeo 
																			che 
																			Cesare 
																			riesce 
																			a 
																			conquistare 
																			il 
																			potere. 
																			Una 
																			volta 
																			rientrato 
																			dalla 
																			trionfale 
																			spedizione 
																			in 
																			Gallia, 
																			che 
																			gli 
																			era 
																			valsa 
																			grandi 
																			consensi, 
																			Cesare 
																			aspira 
																			al 
																			primo 
																			consolato. 
																			Per 
																			questa 
																			ragione, 
																			decide 
																			di 
																			sfruttare 
																			le 
																			tensioni 
																			politiche 
																			interne 
																			alleandosi, 
																			in 
																			un 
																			primo 
																			momento, 
																			sia 
																			con 
																			Pompeo 
																			sia 
																			con 
																			Crasso. 
																			Si 
																			tratta 
																			del 
																			primo 
																			triumvirato 
																			della 
																			storia 
																			di 
																			Roma.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			L’alleanza 
																			tra 
																			Pompeo 
																			e 
																			Cesare 
																			si 
																			rafforza 
																			quando 
																			nel 
																			59 
																			a.C. 
																			Pompeo 
																			sposa 
																			Giulia, 
																			figlia 
																			di 
																			Cesare, 
																			ottenendo 
																			così 
																			il 
																			governo 
																			della 
																			Spagna 
																			Ulteriore. 
																			Tuttavia, 
																			a 
																			partire 
																			dal 
																			56 
																			a.C., 
																			i 
																			rapporti 
																			fra 
																			i 
																			triumviri 
																			cominciano 
																			a 
																			incrinarsi. 
																			Nel 
																			corso 
																			di 
																			una 
																			riunione 
																			segreta 
																			a 
																			Lucca, 
																			Cesare 
																			decide 
																			di 
																			rinnovare 
																			il 
																			consolato 
																			di 
																			Crasso 
																			e 
																			Pompeo 
																			per 
																			il 
																			55. 
																			Cesare 
																			ottiene 
																			in 
																			tal 
																			modo 
																			il 
																			prolungamento 
																			del 
																			potere 
																			proconsolare 
																			per 
																			altri 
																			cinque 
																			anni, 
																			Crasso 
																			il 
																			governo 
																			della 
																			Siria 
																			e 
																			Pompeo 
																			il 
																			governo
																			
																			in 
																			absentia 
																			della 
																			Spagna.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Nonostante 
																			gli 
																			accordi, 
																			la 
																			situazione 
																			è 
																			critica: 
																			l’ipotesi 
																			della 
																			guerra 
																			civile 
																			è 
																			ormai 
																			concreta 
																			realtà. 
																			Dapprima, 
																			Pompeo 
																			crede 
																			di 
																			poter 
																			sconfiggere 
																			Cesare. 
																			In 
																			effetti, 
																			stando 
																			a 
																			Plutarco, 
																			all’età 
																			di 
																			cinquantotto 
																			anni 
																			è 
																			ancora 
																			perfettamente 
																			in 
																			grado 
																			di 
																			combattere 
																			a 
																			piedi 
																			armato, 
																			di 
																			montare 
																			a 
																			cavallo, 
																			di 
																			sguainare 
																			la 
																			spada 
																			in 
																			scioltezza, 
																			imprimendo 
																			velocità 
																			al 
																			cavallo, 
																			e di 
																			deporla 
																			con 
																			destrezza. 
																			Rivela 
																			poi 
																			molta 
																			precisione 
																			nel 
																			lancio 
																			del 
																			giavellotto 
																			e, 
																			soprattutto, 
																			grande 
																			capacità 
																			nel 
																			raggiungere 
																			distanze 
																			difficili 
																			da 
																			superare 
																			anche 
																			per 
																			i 
																			giovani.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Re e 
																			principi 
																			stranieri 
																			affollano 
																			il 
																			suo 
																			campo 
																			e lo 
																			stesso 
																			Cicerone 
																			pare 
																			si 
																			sia 
																			vergognato 
																			di 
																			non 
																			figurare 
																			nella 
																			schiera 
																			di 
																			coloro 
																			che 
																			affrontavano 
																			il 
																			pericolo 
																			per 
																			la 
																			patria 
																			(Pomp. 
																			LXIV). 
																			L’atteggiamento 
																			di 
																			Pompeo 
																			in 
																			battaglia 
																			infonde 
																			coraggio 
																			ai 
																			soldati 
																			che, 
																			esaltati 
																			dai 
																			successi 
																			iniziali, 
																			cercano 
																			di 
																			affrettare 
																			lo 
																			scontro. 
																			Ma, 
																			quando 
																			nella 
																			primavera 
																			del 
																			49 
																			a.C. 
																			Cesare 
																			oltrepassa 
																			il 
																			Rubicone, 
																			Pompeo 
																			ordina 
																			alle 
																			sue 
																			truppe 
																			di 
																			fuggire: 
																			preferisce 
																			evitare 
																			lo 
																			scontro 
																			diretto, 
																			limitandosi 
																			a 
																			inseguire, 
																			assediare 
																			e 
																			logorare 
																			il 
																			nemico 
																			con 
																			la 
																			mancanza 
																			di 
																			rifornimenti.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			I 
																			pompeiani 
																			raggiungono 
																			Brindisi, 
																			da 
																			dove 
																			salpano 
																			per 
																			l’Oriente. 
																			Pompeo 
																			riesce 
																			a 
																			conquistare 
																			Dyrrachium, 
																			ma 
																			non 
																			è 
																			capace 
																			di 
																			sfruttare 
																			favorevolmente 
																			la 
																			situazione. 
																			Come 
																			afferma 
																			lo 
																			stesso 
																			Cesare, 
																			citato 
																			da 
																			Plutarco, 
																			«il 
																			nemico 
																			avrebbe 
																			vinto, 
																			se 
																			avesse 
																			avuto 
																			un 
																			comandante 
																			che 
																			era 
																			un 
																			vincitore» 
																			(Pomp. 
																			LXV). 
																			Lo 
																			scontro 
																			decisivo 
																			avviene 
																			a 
																			Farsalo, 
																			in 
																			Grecia, 
																			nel 48. 
																			Le 
																			sorti 
																			della 
																			battaglia 
																			appaiono 
																			chiare 
																			a 
																			Pompeo 
																			in 
																			un 
																			sogno 
																			premonitore: 
																			«[…] 
																			gli 
																			sembrava 
																			di 
																			entrare 
																			nel 
																			suo 
																			teatro 
																			fra 
																			gli 
																			applausi 
																			della 
																			folla 
																			per 
																			ornare 
																			con 
																			molte 
																			spoglie 
																			il 
																			tempio 
																			di 
																			Venere 
																			Vittoriosa.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Tale 
																			visione, 
																			se 
																			da 
																			una 
																			parte 
																			lo 
																			incoraggiò, 
																			dall’altra 
																			lo 
																			angustiò, 
																			perché 
																			gli 
																			sembrava 
																			di 
																			essere 
																			lui 
																			stesso 
																			la 
																			causa 
																			di 
																			fama 
																			e di 
																			gloria 
																			per 
																			Cesare, 
																			la 
																			cui 
																			stirpe 
																			risaliva 
																			a 
																			Venere. 
																			Un 
																			subbuglio, 
																			indizio 
																			di 
																			panico, 
																			che 
																			pervadeva 
																			il 
																			campo, 
																			lo 
																			svegliò. 
																			Invece, 
																			al 
																			di 
																			sopra 
																			del 
																			campo 
																			di 
																			Cesare, 
																			dove 
																			regnava 
																			la 
																			massima 
																			tranquillità, 
																			al 
																			cambio 
																			della 
																			guardia 
																			del 
																			mattino 
																			risplendette 
																			una 
																			gran 
																			luce, 
																			da 
																			cui 
																			si 
																			levò 
																			una 
																			fiamma 
																			ardente 
																			che 
																			andò 
																			ad 
																			abbattersi 
																			sul 
																			campo 
																			di 
																			Pompeo. 
																			Lo 
																			stesso 
																			Cesare 
																			afferma 
																			di 
																			aver 
																			visto 
																			questo 
																			prodigio 
																			mentre 
																			passava 
																			in 
																			rassegna 
																			le 
																			prestazioni 
																			di 
																			guardia» 
																			(Pomp. 
																			LXVIII).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Una 
																			volta 
																			dato 
																			il 
																			segnale 
																			di 
																			combattimento, 
																			pochi 
																			Romani, 
																			i 
																			migliori 
																			secondo 
																			Plutarco, 
																			e 
																			alcuni 
																			Greci, 
																			estranei 
																			al 
																			combattimento, 
																			vedendo 
																			avvicinarsi 
																			il 
																			momento 
																			fatale, 
																			riflettevano 
																			«su 
																			come 
																			la 
																			smania 
																			di 
																			prevalere 
																			e 
																			l’ambizione 
																			avessero 
																			trascinato 
																			l’impero 
																			sino 
																			a 
																			quel 
																			punto. 
																			Infatti 
																			-prosegue 
																			il 
																			biografo- 
																			si 
																			trovavano 
																			di 
																			fronte 
																			armi 
																			ed 
																			eserciti 
																			dello 
																			stesso 
																			sangue 
																			e 
																			della 
																			stessa 
																			razza, 
																			insegne 
																			comuni, 
																			tante 
																			truppe 
																			valorose 
																			e 
																			possenti 
																			di 
																			una 
																			stessa 
																			città, 
																			che 
																			se 
																			ne 
																			serviva 
																			per 
																			rivolgerle 
																			contro 
																			se 
																			stessa. 
																			Ciò 
																			sta 
																			a 
																			dimostrare 
																			che 
																			la 
																			natura 
																			umana, 
																			quando 
																			è 
																			dominata 
																			dalla 
																			passione, 
																			è 
																			cieca 
																			e 
																			folle» 
																			(Pomp. 
																			LXX).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			combattimento 
																			viene 
																			avviato 
																			con 
																			colpi 
																			di 
																			spada. 
																			Le 
																			perdite 
																			sono 
																			numerose. 
																			I 
																			seguaci 
																			di 
																			Pompeo 
																			cercano 
																			di 
																			circondare 
																			il 
																			nemico 
																			ma, 
																			proprio 
																			mentre 
																			procedono 
																			all’accerchiamento, 
																			non 
																			riescono 
																			a 
																			sostenere 
																			l’urto: 
																			vengono 
																			travolti 
																			e 
																			cadono 
																			essi 
																			stessi 
																			vittime 
																			della 
																			manovra. 
																			Plutarco 
																			afferma 
																			di 
																			non 
																			essere 
																			in 
																			grado 
																			di 
																			stabilire 
																			con 
																			certezza 
																			quali 
																			pensieri 
																			affollassero 
																			la 
																			mente 
																			di 
																			Pompeo 
																			in 
																			quei 
																			terribili 
																			attimi 
																			dello 
																			sfondamento, 
																			laddove 
																			la 
																			disfatta 
																			della 
																			cavalleria 
																			doveva 
																			apparire 
																			certa.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Con 
																			ogni 
																			probabilità, 
																			il 
																			suo 
																			aspetto 
																			doveva 
																			essere 
																			«quello 
																			di 
																			un 
																			folle 
																			e di 
																			un 
																			forsennato 
																			che 
																			non 
																			si 
																			ricordava 
																			neppure 
																			di 
																			essere 
																			Pompeo 
																			Magno». 
																			Con 
																			questa 
																			espressione, 
																			il 
																			generale 
																			doveva 
																			procedere 
																			a 
																			passi 
																			lenti, 
																			di 
																			nascosto, 
																			indossando 
																			«un 
																			abito 
																			adatto 
																			alla 
																			sventura 
																			del 
																			momento» 
																			(Pomp. 
																			LXXII). 
																			Per 
																			la 
																			prima 
																			volta, 
																			dopo 
																			trentaquattro 
																			anni 
																			di 
																			dominio 
																			incontrastato 
																			e di 
																			vittorie, 
																			Pompeo 
																			fa 
																			esperienza 
																			della 
																			sconfitta.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			I 
																			trionfi 
																			sono 
																			ormai 
																			arcano 
																			ricordo. 
																			E, 
																			in 
																			questa 
																			dimensione 
																			di 
																			precarietà, 
																			non 
																			vi è 
																			più 
																			nulla 
																			in 
																			lui 
																			dell’antica
																			
																			magnitudo: 
																			improvvisamente, 
																			si 
																			rivela 
																			un 
																			essere 
																			piccolo, 
																			insignificante. 
																			Nel 
																			momento 
																			della 
																			difficoltà, 
																			quando 
																			non 
																			è 
																			più 
																			assiso 
																			sul
																			
																			currus 
																			triumphalis, 
																			quando 
																			la 
																			Venere
																			
																			Victrix 
																			non 
																			ne 
																			asseconda 
																			e 
																			sostiene 
																			l’azione, 
																			il
																			
																			Magnus 
																			si 
																			ritrova 
																			solo, 
																			abbandonato 
																			da 
																			tutti. 
																			Ed è 
																			costretto 
																			a 
																			darsi 
																			alla 
																			fuga. 
																			A 
																			bordo 
																			di 
																			una 
																			nave 
																			raggiunge 
																			Anfipoli, 
																			quindi 
																			Mitilene 
																			per 
																			prendere 
																			con 
																			sé 
																			la 
																			moglie 
																			Cornelia. 
																			Alla 
																			vista 
																			del 
																			marito, 
																			pare 
																			che 
																			Cornelia 
																			abbia 
																			affermato: 
																			«Io 
																			ti 
																			vedo, 
																			marito 
																			mio, 
																			per 
																			opera 
																			non 
																			già 
																			della 
																			tua 
																			fortuna 
																			ma 
																			della 
																			mia, 
																			sbattuto 
																			in 
																			quest’unica 
																			imbarcazione, 
																			tu 
																			che, 
																			prima 
																			di 
																			sposare 
																			Cornelia, 
																			navigavi 
																			su 
																			questo 
																			mare 
																			con 
																			cinquecento 
																			navi! 
																			Perché 
																			sei 
																			venuto 
																			a 
																			trovarmi 
																			e 
																			non 
																			hai 
																			abbandonato 
																			al 
																			suo 
																			triste 
																			destino 
																			colei 
																			che 
																			ha 
																			colmato 
																			anche 
																			te 
																			di 
																			tanta 
																			sventura? 
																			Che 
																			donna 
																			fortunata 
																			sarei 
																			stata 
																			se 
																			fossi 
																			morta 
																			prima 
																			di 
																			sapere 
																			che 
																			Publio, 
																			il 
																			mio 
																			primo 
																			marito, 
																			era 
																			caduto 
																			combattendo 
																			contro 
																			i 
																			Parti, 
																			e 
																			come 
																			sarei 
																			stata 
																			saggia 
																			se, 
																			dopo 
																			di 
																			lui, 
																			avessi 
																			rinunciato 
																			alla 
																			vita 
																			come 
																			ero 
																			sul 
																			punto 
																			di 
																			fare! 
																			L’ho 
																			conservata 
																			soltanto 
																			per 
																			causare 
																			la 
																			rovina 
																			di 
																			Pompeo 
																			Magno!».
																			
																			
																			 
																			
																			
																			La 
																			risposta 
																			di 
																			Pompeo 
																			non 
																			si 
																			fa 
																			attendere: 
																			«Tu 
																			conoscevi, 
																			dunque, 
																			Cornelia, 
																			solo 
																			una 
																			parte 
																			della 
																			mia 
																			fortuna, 
																			la 
																			migliore, 
																			ed 
																			essa 
																			ti 
																			ha 
																			ingannato, 
																			forse 
																			perché 
																			è 
																			durata 
																			più 
																			a 
																			lungo 
																			del 
																			solito. 
																			Ma 
																			noi 
																			dobbiamo 
																			sopportare 
																			anche 
																			questo, 
																			perché 
																			siamo 
																			uomini, 
																			e 
																			tentare 
																			di 
																			nuovo 
																			il 
																			destino. 
																			Non 
																			si 
																			deve 
																			disperare 
																			di 
																			tornare 
																			dalla 
																			condizione 
																			presente 
																			a 
																			quella 
																			passata, 
																			se 
																			da 
																			quella 
																			si è 
																			passati 
																			a 
																			questa» 
																			(Pomp. 
																			LXXIV). 
																			Di 
																			fronte 
																			alla 
																			drammaticità 
																			degli 
																			eventi 
																			e ai 
																			sensi 
																			di 
																			colpa 
																			di 
																			Cornelia, 
																			Pompeo 
																			continua 
																			a 
																			mostrare 
																			coraggio 
																			e 
																			fiducia 
																			nel 
																			futuro, 
																			mantenendo 
																			inalterata 
																			la 
																			grandezza 
																			propria 
																			dei
																			
																			magni 
																			viri. 
																			Con 
																			la 
																			moglie 
																			e 
																			alcuni 
																			amici 
																			prosegue 
																			il 
																			viaggio, 
																			alla 
																			ricerca 
																			di 
																			un 
																			approdo 
																			sicuro. 
																			Sceglie 
																			l’Egitto 
																			e 
																			mai 
																			scelta 
																			si 
																			rivelò 
																			essere 
																			per 
																			lui 
																			più 
																			funesta. 
																			Infatti, 
																			alla 
																			corte 
																			di 
																			Tolemeo, 
																			«quel 
																			dio 
																			(daimon), 
																			che 
																			ha 
																			sempre 
																			cura 
																			di 
																			mescolare 
																			una 
																			parte 
																			di 
																			infelicità 
																			ai 
																			grandi 
																			e 
																			splendidi 
																			doni 
																			della 
																			fortuna» 
																			gli 
																			avrebbe 
																			sferrato 
																			l’estremo 
																			fatale 
																			colpo.
																			
																			 
																			 
																			
																			
																			
																			Riferimenti 
																			bibliografici:
																			
																			
																			
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