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N. 83 - Novembre 2014 (CXIV)

la riforma del melodramma

Christoph Willibald Gluck
di Alessandro Di Meo

 

Quest’anno cade il terzo centenario della nascita di uno dei più grandi compositori di tutti i tempi, Christoph Willibald Gluck, noto soprattutto per i suoi melodrammi con cui rinnovò il genere operistico; è invece meno conosciuta la sua produzione strumentale, comprendente soprattutto sonate.

 

Gluck nacque ad Erasbach, nell’Alto Palatinato, nel 1714; iniziò a studiare musica in un seminario gesuita a Komotau, in Boemia, quindi si spostò a Praga dove studiò presso la facoltà di filosofia dell’università.

 

Si spostò successivamente a Parigi, dove ascoltò i melodrammi italiani del compositore Johann Adolph Hasse (1699-1783), autore di opere serie – realizzate con la collaborazione di Pietro Metastasio – dall’impianto ancora tradizionale, ma in cui era evidente la fusione dello stile tedesco con le più recenti innovazioni introdotte dalla scuola napoletana, cui appartenevano, tra gli altri, Alessandro Scarlatti, Niccolò Porpora e Giovanni Battista Pergolesi.

 

Dopo un breve soggiorno a Vienna, dove Gluck ricoprì l’incarico di “musico di camera” del principe Lobkowitz, il compositore si stabilì a Milano, dove incontrò Giovanni Battista Sammartini (1701-1775), autore soprattutto di musica strumentale; Sammartini, che diede un impulso notevole allo sviluppo del genere della sinfonia – influenzò, tra gli altri, Johann Christian Bach e Mozart – prese Gluck come allievo e ne formò lo stile compositivo in campo strumentale.

 

Nel 1741 Gluck fece rappresentare a Milano l’opera Artaserse, su libretto di Metastasio, che ottenne un grande successo; i suoi melodrammi cominciarono a riscuotere consensi nei teatri di molte città italiane ed europee e con la rappresentazione della Sofonisba (1744) e di Artamene la fama di Gluck si affermò definitivamente.

 

Negli anni tra il 1745 e il 1750 il compositore soggiornò a Londra, dove pubblicò le Sonate in Trio (1746), che risentono ancora dello stile di Sammartini, e dove fece rappresentare alcuni nuovi melodrammi che però non ebbero grande successo anche per la concorrenza di Handel, che influenzò Gluck nell’impiego del coro nei melodrammi; nel 1750 rientrò a Vienna, dove l’imperatrice Maria Teresa lo nominò Maestro di Cappella e Direttore dell’Opera al Teatro di corte. Il matrimonio con la figlia di un ricco banchiere gli permise di vivere agiatamente e di dedicarsi esclusivamente alla composizione.

 

Nella capitale austriaca Gluck fece rappresentare La clemenza di Tito (1752), su libretto di Metastasio – lo stesso musicato anche da Mozart nel 1791 – e l’Antigone; nel 1761 compose anche un balletto, Don Juan, per una compagnia francese di opéra – comique.

 

Nel 1760 Gluck conobbe il letterato italiano Raniero De Calzabigi, con cui diede inizio alla riforma del melodramma, che si concretizzò con l’opera Orfeo e Euridice del 1762; egli cercò di creare un nuovo stile in cui la musica doveva suscitare e trasmettere al pubblico le emozioni e gli stati d’animo dei personaggi del melodramma, con un equilibrio sostanziale tra parole e musica, superando la concezione virtuosistica dello stile italiano.

 

Gluck e Calzabigi rinnovarono anche la struttura del melodramma, riducendo gli atti dell’opera ad una successione di brevi scene e semplificandone la trama, che pur restando quasi sempre legata alla mitologia classica, assunse un significato etico, in cui le vicende dei protagonisti del dramma dovevano assumere un ruolo istruttivo per il pubblico.

 

L’enorme successo di Orfeo e Euridice, cui seguì l’Alceste (1767) e Paride ed Elena (1770) segnarono un punto di svolta nella storia del melodramma; nel 1774 Gluck lasciò Vienna e si stabilì a Parigi, dove poté contare sulla protezione della regina Maria Antonietta, che era stata sua allieva di canto. Nella capitale francese Gluck entrò a far parte dell’Académie Royale de Musique e fece rappresentare l’opera seria Iphigénie en Aulide, tratta dal dramma di Racine, su libretto di Du Rullet; qualche anno dopo sia la versione francese dell’Orfeo (“Orphée et Eurydice”) sia il melodramma Armide ottennero un successo strepitoso.

 

Parigi fu anche il centro di un’aspra controversia tra i seguaci di Gluck e i sostenitori dell’opera seria tradizionale, soprattutto dopo l’arrivo nella capitale francese del principale rivale del compositore tedesco, il barese Niccolò Piccinni (1728 – 1800), autore di opere buffe, che però preferì restarsene in disparte e continuò a far rappresentare i suoi lavori senza intervenire nella disputa sorta tra i sostenitori dell’opera tradizionale; Piccinni stesso, del resto, aveva rinnovato il melodramma lavorando, come Gluck, ad una nuova concezione dello stile musicale.

 

La disputa tra i due toccò l’apice nel 1778, quando entrambi fecero rappresentare un’opera su un tema analogo, Iphigénie en Tauride, commissionata ad entrambi dal direttore dell’Opéra di Parigi; l’opera di Gluck, su libretto di Guillard, ottenne un successo straordinario e venne riconosciuta unanimemente come il suo capolavoro.

 

L’ultimo melodramma di Gluck, Echo et Narcisse (Eco e Narciso), fu invece un insuccesso e alla prima, tenutasi a Parigi nel 1779, l’opera fu fischiata; oggi è uno dei lavori di Gluck più rappresentati ed è considerato un capolavoro. L’insuccesso riportato da Echo et Narcisse spinse il compositore a fare ritorno a Vienna, dove morì nel 1787.

 

La produzione di Gluck comprende, oltre ai balletti e alle opere serie, anche alcune opere buffe, come L’isle de Merlin (1758), L’arbre enchanté (1759), L’ivrogne corrigé (“L’ubriaco emendato”, 1760) e infine Le cadi dupé (“Il cadì ingannato”, 1761).

 

Le novità introdotte da Gluck nel melodramma hanno segnato la storia della musica e il musicista tedesco è unanimemente considerato il primo compositore del Classicismo, il periodo che va dal 1750 al 1830 e che ebbe il suo fulcro in Vienna, città dove vissero e lavorarono Mozart, Haydn e Beethoven.

 

Attualmente Gluck non è conosciuto come meriterebbe e la circostanza rappresentata dal terzo centenario della sua nascita potrebbe costituire un’occasione per permetterne la riscoperta e la diffusione presso un pubblico più ampio ed esteso.



 

 

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