N. 65 - Maggio 2013 
                          
                          (XCVI)
																						LO STATO DI BOSCHI E FORESTE DOPO L’UNITÀ
																						SPUNTI PER UNA RIFLESSIONE ECOLOGICA ATTRAVERSO LA VOCE DI UN TESTIMONE 
																						di Alberto Conti
																			 
																			
																			I brevi saggi cui si dedicò Giuseppe Bossi Federigotti, e 
																			che 
																			apparvero 
																			a 
																			stampa 
																			negli 
																			anni 
																			immediatamente 
																			successivi 
																			al 
																			compimento 
																			dell’Unità 
																			d’Italia, 
																			si 
																			inseriscono 
																			nel 
																			solco 
																			di 
																			una 
																			non 
																			rara 
																			pubblicistica 
																			fortemente 
																			sensibile 
																			al 
																			diffuso 
																			processo 
																			di 
																			deterioramento 
																			di 
																			boschi 
																			e 
																			foreste 
																			in 
																			atto, 
																			ormai 
																			da 
																			tempo, 
																			all’interno 
																			della 
																			penisola.
																			
																			 
																			
																			Sbaglieremmo a rubricarla in una chiave meramente utilitaristica 
																			– 
																			benché 
																			imprescindibile 
																			fosse 
																			l’esigenza 
																			di 
																			non 
																			privare 
																			i 
																			monti 
																			e i 
																			colli 
																			di 
																			quel 
																			robusto 
																			tessuto 
																			arboreo 
																			che 
																			ne 
																			aveva 
																			nei 
																			secoli 
																			caratterizzato 
																			il 
																			profilo 
																			ambientale 
																			(ci 
																			torneremo).
																			 
																			
																			A ben guardare, spesso esprimevano una chiara coscienza 
																			ecologica 
																			che, 
																			la 
																			supponenza 
																			dei 
																			nostri 
																			tempi, 
																			vorrebbe 
																			attribuire 
																			solo 
																			ai 
																			contemporanei. 
																			In 
																			realtà, 
																			come 
																			aveva 
																			messo 
																			in 
																			luce 
																			Donald 
																			Worster, 
																			l’idea 
																			di 
																			ecologia 
																			“ebbe 
																			inizio 
																			nel 
																			XVIII 
																			secolo 
																			quando 
																			essa 
																			si 
																			configurò 
																			come 
																			un 
																			metodo 
																			più 
																			ampio 
																			per 
																			osservare 
																			la 
																			struttura 
																			della 
																			vita 
																			sulla 
																			terra 
																			[…]”.
																			 
																			
																			Proprio la felice nozione di “Economia della natura” si 
																			attaglia 
																			efficacemente 
																			al 
																			pensiero 
																			del 
																			nostro 
																			autore, 
																			impegnato 
																			a 
																			fornire 
																			una 
																			rappresentazione 
																			– in 
																			bilico 
																			tra 
																			un’inclinazione 
																			scientifica 
																			(prevalente) 
																			e 
																			una 
																			filosofica, 
																			e in 
																			tal 
																			guisa 
																			sorprendentemente 
																			attuale, 
																			in 
																			relazione 
																			ai 
																			problemi 
																			d’identità 
																			che 
																			ancora 
																			affliggono 
																			l’ecologia 
																			moderna 
																			- 
																			delle 
																			fatiche 
																			di 
																			una 
																			natura 
																			benigna 
																			e 
																			riparatrice 
																			dei 
																			guasti 
																			provocati 
																			dai 
																			comportamenti 
																			umani.
																			 
																			
																			Se ci soffermiamo sul primo trattatelo: “Imitazione della 
																			natura 
																			nel 
																			rimboschimento 
																			delle 
																			montagne”, 
																			è 
																			interessante 
																			rilevare 
																			come 
																			la 
																			dissertazione 
																			– 
																			pure 
																			informata 
																			a 
																			criteri 
																			non 
																			specialistici 
																			e 
																			debitrice 
																			di 
																			importanti 
																			contributi 
																			coevi 
																			provenenti 
																			dalle 
																			scienze 
																			forestali 
																			– 
																			volga 
																			chiaramente 
																			a 
																			rappresentare 
																			in 
																			chiave 
																			sociale 
																			la 
																			vita 
																			delle 
																			piante: 
																			ovvero 
																			comunità 
																			legata, 
																			in 
																			qualche 
																			misura, 
																			da 
																			vincoli 
																			solidaristici.
																			 
																			
																			Tale prospettiva era, ovviamente, ancora lungi dal prefigurare 
																			gli 
																			scenari 
																			dell’ecologia 
																			moderna, 
																			anche 
																			perché 
																			era 
																			assente 
																			ogni 
																			riferimento 
																			all’integrazione 
																			di 
																			vita 
																			vegetale 
																			e 
																			animale. 
																			Insomma, 
																			una 
																			riflessione 
																			ecologica 
																			al 
																			passo 
																			con 
																			i 
																			propri 
																			tempi, 
																			ma 
																			non 
																			priva 
																			di 
																			intuizioni 
																			originali.
																			 
																			
																			L’ansia di un Federigotti, come di altri osservatori contemporanei 
																			– di 
																			là 
																			dalle 
																			rispettive 
																			attitudini 
																			intellettuali 
																			e 
																			specialistiche 
																			– 
																			muoveva 
																			dal 
																			timore 
																			che 
																			il 
																			processo 
																			di 
																			spoliazione 
																			di 
																			boschi 
																			e 
																			foreste 
																			non 
																			si 
																			arrestasse, 
																			con 
																			gravi 
																			ripercussioni 
																			nel 
																			tessuto 
																			ambientale 
																			del 
																			Paese.
																			 
																			
																			Non è fuori luogo riconoscere, in tale prospettiva, l’esistenza 
																			di 
																			una 
																			questione 
																			ambientale 
																			che, 
																			in 
																			verità, 
																			le 
																			misure 
																			legislative 
																			e 
																			amministrative 
																			varate 
																			sin 
																			lì 
																			avevano 
																			scarsamente 
																			contribuito 
																			ad 
																			affrontare.
																			
																			
																			 
																			
																			Potremmo anche accostarci con qualche pregiudizio ai piccoli 
																			saggi 
																			di 
																			Federigotti, 
																			dove 
																			il 
																			suo 
																			naturalismo 
																			appare 
																			di 
																			ben 
																			altra 
																			seduzione 
																			rispetto 
																			a 
																			quello 
																			coevo 
																			di 
																			un 
																			Thoreau 
																			e 
																			dove 
																			la 
																			sua 
																			penna 
																			scivola 
																			frequentemente 
																			verso 
																			lidi 
																			pomposi 
																			e 
																			magniloquenti. 
																			Ma 
																			se 
																			leggiamo 
																			l’incipit 
																			del 
																			primo 
																			saggio: 
																			“Grande, 
																			insuperabile, 
																			nostra 
																			maestra 
																			ch’è 
																			la 
																			natura! 
																			Quanto 
																			più 
																			liete 
																			e 
																			felici 
																			non 
																			trascorrerebbero 
																			le 
																			cose 
																			dell’umana 
																			famiglia, 
																			se 
																			la 
																			più 
																			bella 
																			creazione 
																			d’Iddio, 
																			se 
																			il 
																			re 
																			degli 
																			animali, 
																			non 
																			avesse 
																			frequentissimamente 
																			rotto 
																			le 
																			leggi 
																			naturali 
																			dall’eterna 
																			sapienza 
																			imposte!” 
																			troviamo 
																			che 
																			vi 
																			echeggia 
																			una 
																			tensione 
																			morale, 
																			in 
																			fondo 
																			non 
																			lontana 
																			dalle 
																			ansie 
																			ecologiste 
																			dei 
																			nostri 
																			tempi.
																			
																			
																			 
																			
																			Fiducioso più nella natura che non negli uomini, l’autore 
																			esprimeva 
																			una 
																			semplice 
																			ricetta 
																			per 
																			risollevare 
																			le 
																			sorti 
																			di 
																			monti 
																			e 
																			colli, 
																			devastati 
																			dalla 
																			distruzione 
																			del 
																			loro 
																			manto 
																			forestale: 
																			“Basta 
																			che 
																			non 
																			v’intervenga 
																			la 
																			mano 
																			devastatrice 
																			dell’uomo; 
																			basta 
																			ch’ei 
																			tenga 
																			lontano 
																			il 
																			ferro 
																			e il 
																			fuoco, 
																			di 
																			cui 
																			egli 
																			si 
																			serve 
																			per 
																			distruggere, 
																			nonché 
																			le 
																			selve, 
																			sé 
																			stesso”. 
																			Certo, 
																			come 
																			osserveremo 
																			tra 
																			breve, 
																			la 
																			questione 
																			ambientale, 
																			pur 
																			efficacemente 
																			evocata, 
																			non 
																			veniva 
																			affatto 
																			problematizzata, 
																			se 
																			non 
																			attraverso 
																			una 
																			successiva 
																			e 
																			comunque 
																			significativa 
																			chiosa, 
																			quando 
																			si 
																			auspicava 
																			un 
																			qualche 
																			rallentamento 
																			del 
																			“progresso”, 
																			da 
																			“regolarizzare” 
																			secondo, 
																			evidentemente, 
																			le 
																			esigenze 
																			di 
																			riproduzione 
																			del 
																			ciclo 
																			naturale.
																			 
																			
																			Del resto, all’uomo era veniva assegnato un ruolo, potremmo 
																			dire, 
																			puramente 
																			sussidiario 
																			rispetto 
																			alla 
																			natura: 
																			“Se, 
																			dunque, 
																			il 
																			solo 
																			nostro 
																			abbandono, 
																			la 
																			nostra 
																			oblivione, 
																			se 
																			il 
																			solo 
																			astenersi 
																			dai 
																			danni 
																			basterebbe 
																			infallibilmente 
																			a 
																			far 
																			ripullulare, 
																			col 
																			tempo, 
																			le 
																			selve, 
																			anche 
																			né 
																			luoghi 
																			più 
																			ripidi 
																			dei 
																			monti; 
																			come 
																			potremo 
																			ristabilirle 
																			presto 
																			e 
																			bene 
																			coll’aiutar 
																			la 
																			natura 
																			e 
																			coll’unir 
																			la 
																			nostra 
																			industria 
																			alla 
																			di 
																			lei 
																			cooperazione?”. 
																			Il 
																			processo 
																			di 
																			rimboschimento, 
																			in 
																			altre 
																			parole, 
																			come 
																			razionale 
																			programma 
																			di 
																			sostegno 
																			alla 
																			rigenerazione 
																			ambientale; 
																			ma 
																			anche, 
																			crediamo, 
																			secondo 
																			il 
																			moralismo 
																			dell’autore, 
																			come 
																			risarcimento, 
																			da 
																			parte 
																			dell’uomo, 
																			per 
																			i 
																			danni 
																			arrecati 
																			a 
																			“madre 
																			natura”.
																			 
																			
																			Abbiamo accennato, in precedenza, a un tema cruciale, peraltro 
																			appena 
																			adombrato 
																			nel 
																			testo 
																			in 
																			questione: 
																			quello 
																			del 
																			progresso 
																			in 
																			rapporto 
																			alle 
																			esigenze 
																			di 
																			tutela 
																			dell’ambiente 
																			naturale.
																			 
																			
																			Non esauriremo ora le nostre breve riflessioni sul tema. 
																			Basti 
																			intanto 
																			sottolineare 
																			che, 
																			sin 
																			dal 
																			decreto 
																			varato 
																			in 
																			età 
																			napoleonica, 
																			nel 
																			maggio 
																			del 
																			1811, 
																			il 
																			dilemma 
																			consisteva 
																			nel 
																			conciliare 
																			le 
																			esigenze 
																			della 
																			produzione 
																			di 
																			legname 
																			(per 
																			l’industria 
																			bellica 
																			e 
																			quella 
																			manifatturiera 
																			in 
																			genere), 
																			e 
																			dell’allevamento, 
																			con 
																			quella 
																			della 
																			difesa 
																			del 
																			manto 
																			forestale, 
																			che 
																			copriva 
																			allora 
																			una 
																			quota 
																			consistente 
																			del 
																			territorio 
																			della 
																			penisola.
																			
																			
																			 
																			
																			Sarebbe ingeneroso non riconoscere a quel provvedimento un 
																			valore 
																			almeno 
																			pionieristico 
																			(anche 
																			se 
																			in 
																			realtà 
																			non 
																			costituì 
																			la 
																			prima 
																			misura 
																			in 
																			assoluto 
																			adottata 
																			in 
																			materia), 
																			ma 
																			certo, 
																			anche 
																			per 
																			le 
																			inerzie 
																			dei 
																			governi 
																			succedutisi 
																			con 
																			la 
																			Restaurazione, 
																			il 
																			quadro 
																			generale 
																			di 
																			impoverimento 
																			del 
																			manto 
																			forestale 
																			non 
																			si 
																			sarebbe 
																			arrestato. 
																			E 
																			per 
																			il 
																			varo 
																			di 
																			una 
																			legge, 
																			da 
																			parte 
																			del 
																			nuovo 
																			Stato 
																			unitario, 
																			si 
																			dovette 
																			attendere 
																			sino 
																			al 
																			1877. 
																			E 
																			fu, 
																			per 
																			diversi 
																			aspetti, 
																			una 
																			legislazione 
																			carente 
																			e 
																			largamente 
																			permissiva. 
																			Né 
																			soccorreva, 
																			all’obiettivo 
																			di 
																			rimediare, 
																			per 
																			usare 
																			le 
																			parole 
																			di 
																			Federigotti, 
																			allo 
																			“stato 
																			allarmante” 
																			in 
																			cui 
																			si 
																			trovavano 
																			le 
																			montagne, 
																			quel 
																			programma 
																			di 
																			rimboschimento 
																			che 
																			egli, 
																			come 
																			molti 
																			esperti 
																			in 
																			materia, 
																			auspicavano. 
																			Il 
																			problema 
																			era 
																			soprattutto 
																			di 
																			carattere 
																			finanziario, 
																			in 
																			considerazione 
																			che 
																			gli 
																			oneri 
																			erano 
																			i 
																			larga 
																			parte 
																			a 
																			carico 
																			delle 
																			amministrazioni 
																			comunali, 
																			assai 
																			tiepide 
																			rispetto 
																			alla 
																			scelta 
																			di 
																			dirottare 
																			parte 
																			delle 
																			proprie 
																			già 
																			carenti 
																			risorse 
																			alle 
																			suddette 
																			finalità. 
																			E 
																			ciò 
																			anche 
																			in 
																			ragione 
																			della 
																			scarsa 
																			sensibilità 
																			ambientale 
																			che 
																			esprimevano, 
																			ma 
																			solo 
																			per 
																			questo 
																			come 
																			vedremo.
																			 
																			
																			
																			Se 
																			quindi 
																			si 
																			prefigurava, 
																			già 
																			primo 
																			corso 
																			dell’ottocento 
																			e 
																			ancora 
																			maggiormente 
																			in 
																			seguito, 
																			un 
																			embrionale 
																			conflitto 
																			tra 
																			le 
																			dinamiche 
																			del 
																			progresso 
																			le 
																			prime 
																			ferite 
																			inferte 
																			all’ambiente, 
																			un 
																			pacifico 
																			osservatore 
																			come 
																			Federigotti 
																			aveva 
																			ben 
																			poco 
																			da 
																			sperare. 
																			I 
																			cambiamenti 
																			in 
																			atto 
																			erano 
																			epocali, 
																			come 
																			ci 
																			ricorda 
																			un 
																			grande 
																			storico, 
																			a 
																			proposito 
																			di 
																			una 
																			realtà 
																			nella 
																			quale 
																			il 
																			processo 
																			di 
																			disboscamento 
																			era 
																			stato 
																			molto 
																			violento: 
																			“Allora 
																			(i 
																			primi 
																			decenni 
																			dell’ottocento, 
																			n.d.s.) 
																			i 
																			boschi 
																			della 
																			merlata 
																			non 
																			erano 
																			lontani 
																			dalle 
																			mura 
																			e 
																			accompagnavano 
																			le 
																			strade 
																			della 
																			Brianza 
																			verso 
																			Erba 
																			e 
																			Como, 
																			prima 
																			di 
																			scomparire, 
																			nell’inoltrarsi 
																			del 
																			secolo, 
																			quando, 
																			soprattutto 
																			a 
																			iniziare 
																			da 
																			quegli 
																			anni 
																			sessanta, 
																			andava 
																			dileguando, 
																			nella 
																			preoccupazione 
																			di 
																			un 
																			esasperato 
																			e 
																			remunerativo 
																			sfruttamento 
																			agrario 
																			delle 
																			ultime 
																			aree 
																			incolte, 
																			quell’Ottocento 
																			ancora 
																			largamente 
																			segnato 
																			da 
																			pascoli 
																			e 
																			pittoresche 
																			campagne 
																			che 
																			le 
																			tele 
																			dell’epoca 
																			ci 
																			rivelano 
																			morente”.
																			 
																			
																			
																			
																			Interessante inoltre – per gli spunti di natura socio-economica 
																			– 
																			che 
																			sollecitano, 
																			è 
																			anche 
																			il 
																			secondo 
																			saggio, 
																			dal 
																			titolo: 
																			“Se 
																			il 
																			rimettere 
																			le 
																			selve 
																			su 
																			monti 
																			possa 
																			diminuire 
																			la 
																			popolazione”.
																			 
																			
																			Di là dalle dotte citazioni storiche e dal forte afflato 
																			naturalistico 
																			che 
																			ancora 
																			vi 
																			emerge, 
																			è un 
																			aspetto, 
																			in 
																			particolare, 
																			che 
																			attira 
																			la 
																			nostra 
																			osservazione, 
																			ovvero 
																			la 
																			rivendicazione, 
																			da 
																			parte 
																			dell’autore, 
																			della 
																			piena 
																			integrazione 
																			che 
																			possa 
																			realizzarsi 
																			tra 
																			agricoltura 
																			e 
																			selvicoltura 
																			(“ed 
																			a 
																			gran 
																			torto 
																			nella 
																			mente 
																			d’alcuni 
																			pochi 
																			agricoltura 
																			e 
																			selvicoltura 
																			si 
																			credon 
																			nemiche, 
																			laddove 
																			invece 
																			la 
																			sorellanza 
																			naturalmente 
																			le 
																			lega”).
																			 
																			
																			Il tema è di grande pregnanza, in quanto ha prodotto, nel 
																			corso 
																			dell’ottocento, 
																			una 
																			dei 
																			maggiori 
																			dilemmi 
																			che 
																			angustiavano 
																			gli 
																			agronomi. 
																			Dobbiamo 
																			dar 
																			torto 
																			all’ingenuo 
																			ottimismo 
																			del 
																			nostro 
																			autore, 
																			in 
																			considerazione 
																			dell’empirica 
																			dimostrazione 
																			che 
																			le 
																			due 
																			attività 
																			si 
																			rivelavano 
																			largamente 
																			incompatibili. 
																			I 
																			legislatori, 
																			dal 
																			canto 
																			loro, 
																			operavano 
																			ricercando 
																			faticosi 
																			compromessi.
																			 
																			
																			Emblematico, in tale prospettiva, il trattamento riservato 
																			a 
																			questa 
																			materia 
																			dai 
																			regolamenti 
																			forestali 
																			provinciali 
																			richiesti 
																			dalla 
																			legge 
																			varata 
																			nel 
																			1877. 
																			A 
																			Como, 
																			per 
																			esempio, 
																			si 
																			stabilì 
																			che 
																			il 
																			pascolo 
																			potesse 
																			“esercitarsi 
																			in 
																			quei 
																			boschi, 
																			che 
																			secondo 
																			il 
																			loro 
																			governo, 
																			si 
																			trovano 
																			nelle 
																			condizioni 
																			rispettivamente 
																			determinate 
																			per 
																			tale 
																			fruizione 
																			dalle 
																			prescrizioni 
																			di 
																			massima 
																			del 
																			Comitato 
																			Forestale”. 
																			È 
																			già 
																			intuibile 
																			la 
																			complicata 
																			attuabilità 
																			di 
																			questa 
																			norma. 
																			Tutto 
																			l’impianto 
																			dell’articolo, 
																			del 
																			resto, 
																			si 
																			reggeva 
																			su 
																			un 
																			delicato 
																			equilibrio 
																			di 
																			competenze 
																			e di 
																			senso 
																			di 
																			responsabilità 
																			(di 
																			“abili 
																			pastori” 
																			parla 
																			il 
																			disposto, 
																			a 
																			proposito 
																			del 
																			controllo 
																			da 
																			esercitare 
																			sulle 
																			bestie 
																			durante 
																			il 
																			pascolo, 
																			al 
																			fine 
																			di 
																			evitare 
																			danni 
																			alla 
																			vegetazione).
																			
																			
																			 
																			
																			D’altra parte, il problema è ancora attuale, e investe il 
																			dibattito 
																			tra 
																			gli 
																			specialisti. 
																			Basterà 
																			qui 
																			far 
																			cenno 
																			a 
																			una 
																			relazione 
																			del 
																			prof. 
																			Mario 
																			Capelli, 
																			che 
																			rivendica 
																			l’esigenza 
																			di 
																			regolamentare 
																			rigorosamente 
																			la 
																			promiscuità 
																			di 
																			bosco 
																			e 
																			pascolo 
																			e 
																			aggiunge: 
																			“Senza 
																			un 
																			miglioramento 
																			della 
																			produzione 
																			pascoliva, 
																			i 
																			rapporti 
																			tra 
																			bosco 
																			e 
																			pascoli 
																			saranno 
																			sempre 
																			tesi 
																			e 
																			contrastanti 
																			perché 
																			il 
																			bosco 
																			soggiace 
																			all’esigenza 
																			del 
																			pascolo 
																			in 
																			quanto 
																			i 
																			redditi 
																			di 
																			quest’ultimo 
																			sono 
																			più 
																			immediati”.
																			 
																			
																			La realtà, nel corso dell’ottocento - pur al netto delle 
																			profonde 
																			differenze 
																			socio-economiche 
																			intervenute 
																			in 
																			quasi 
																			due 
																			secoli 
																			– 
																			non 
																			era 
																			molto 
																			diversa.
																			 
																			
																			Quanto al tema principale affrontato in questo secondo saggio, 
																			ovvero 
																			il 
																			rapporto 
																			tra 
																			popolazione 
																			e 
																			processo 
																			di 
																			rimboschimento, 
																			l’oziosità 
																			dell’interrogativo, 
																			come 
																			ben 
																			spiegava 
																			l’autore, 
																			era 
																			solo 
																			apparente, 
																			ed 
																			egli 
																			sviluppava 
																			le 
																			sue 
																			considerazioni 
																			partendo 
																			dalla 
																			prospettiva 
																			di 
																			un 
																			suggestivo 
																			ecologismo 
																			– 
																			pur 
																			primitivo 
																			per 
																			molti 
																			versi 
																			– 
																			che 
																			sfociava 
																			in 
																			quel 
																			“totalitarismo” 
																			dell’ordine 
																			naturale 
																			che 
																			l’uomo 
																			avrebbe 
																			semplicemente 
																			dovuto 
																			assecondare. 
																			Non 
																			che 
																			manchi, 
																			peraltro, 
																			concretezza 
																			di 
																			argomenti, 
																			anche 
																			attraverso 
																			sorprendenti 
																			escursioni 
																			nella 
																			storia 
																			antica.
																			 
																			
																			Proprio da tale prospettiva si coglie come il decadimento 
																			di 
																			intere 
																			aree 
																			geografiche 
																			sia 
																			dipeso, 
																			piuttosto, 
																			dalla 
																			distruzione 
																			dell’ambiente 
																			vegetale. 
																			E di 
																			come 
																			ciò 
																			avesse 
																			determinato 
																			perdite 
																			rilevanti 
																			di 
																			popolazione. 
																			E 
																			per 
																			un 
																			autore 
																			come 
																			Federigotti, 
																			che 
																			forse 
																			credeva 
																			ancora 
																			nella 
																			Storia 
																			come 
																			“magister 
																			vitae”, 
																			era 
																			inaccettabile 
																			che 
																			i 
																			contemporanei 
																			non 
																			comprendessero 
																			l’esigenza 
																			di 
																			promuovere 
																			uno 
																			sviluppo 
																			che 
																			non 
																			fosse 
																			in 
																			conflitto 
																			con 
																			l’ordine 
																			naturale.
																			 
																			
																			È un peccato che non ci siano noto il terzo saggio, intitolato: 
																			“Se 
																			l’impedire 
																			il 
																			dissodamento 
																			di 
																			certe 
																			coste 
																			montane 
																			ed 
																			il 
																			costringere 
																			a 
																			imboscare 
																			ed a 
																			rinselvare 
																			dell’altre, 
																			ledere 
																			possa 
																			i 
																			naturali 
																			diritti 
																			di 
																			libertà 
																			e di 
																			proprietà”. 
																			La 
																			prolissità 
																			del 
																			titolo 
																			la 
																			dice 
																			lunga 
																			sulla 
																			complessità 
																			di 
																			una 
																			questione 
																			che 
																			interessa 
																			sia 
																			l’economia 
																			sia 
																			l’organizzazione 
																			sociale 
																			di 
																			intere 
																			comunità. 
																			Oltre, 
																			ovviamente, 
																			questioni 
																			più 
																			specificamente 
																			giuridiche, 
																			se 
																			non, 
																			in 
																			qualche 
																			misura, 
																			finanche 
																			ideologiche.
																			 
																			
																			Se ripercorriamo gli esiti delle misure varate nel corso 
																			dell’ottocento, 
																			e 
																			infine 
																			della 
																			legge 
																			del 
																			1877, 
																			rileviamo 
																			alcuni 
																			aspetti 
																			cruciali: 
																			a) 
																			l’esercizio 
																			della 
																			privata 
																			proprietà 
																			non 
																			venne 
																			significativamente 
																			intaccato 
																			dalle 
																			riforme 
																			attuate; 
																			b) 
																			l’utilizzo 
																			comunistico 
																			dei 
																			boschi 
																			subì 
																			invece 
																			un 
																			ridimensionamento, 
																			sebbene 
																			spesso 
																			attenuato 
																			dall’enorme 
																			mole 
																			di 
																			ricorsi, 
																			a 
																			volte 
																			presentati 
																			da 
																			intere 
																			comunità; 
																			c) 
																			il 
																			processo 
																			in 
																			atto, 
																			almeno 
																			nell’ultimo 
																			scorcio 
																			del 
																			secolo, 
																			produceva 
																			una 
																			sorta 
																			di 
																			antagonismo 
																			tra 
																			istanze 
																			ancora 
																			pre-moderne 
																			e 
																			l’impatto 
																			riformatore 
																			(invero 
																			tutt’altro 
																			che 
																			dirompente) 
																			derivante 
																			dalle 
																			nuove 
																			norme.
																			 
																			
																			Cercheremo di osservare alcune dinamiche, seppur in termini 
																			essenziali, 
																			con 
																			riferimento 
																			alla 
																			prima 
																			legge 
																			varata 
																			in 
																			materia 
																			dal 
																			nuovo 
																			Stato 
																			unitario.
																			 
																			
																			Il carattere “liberale” (in un’accezione negativa, ovvero 
																			rispetto 
																			agli 
																			obiettivi 
																			di 
																			difesa 
																			del 
																			patrimonio 
																			forestale) 
																			assunto 
																			dalla 
																			legge 
																			del 
																			1877 
																			è 
																			stato 
																			ampiamente 
																			stigmatizzato 
																			dalla 
																			storiografia 
																			contemporanea, 
																			proprio 
																			in 
																			funzione 
																			del 
																			suo 
																			impianto 
																			permissivo 
																			e 
																			per 
																			maglie 
																			molto 
																			larghe 
																			degli 
																			obblighi 
																			che 
																			imponeva. 
																			Infatti, 
																			era 
																			forte 
																			l’attenzione 
																			affinché 
																			l’esercizio 
																			della 
																			proprietà 
																			privata 
																			non 
																			avesse 
																			troppo 
																			a 
																			soffrire 
																			dal 
																			varo 
																			della 
																			nuova 
																			normativa.
																			 
																			
																			Da un’ altra parte, le nuove misure tendevano a restringere 
																			in 
																			modo 
																			significativo 
																			l’uso 
																			comune 
																			dei 
																			boschi, 
																			ovvero 
																			la 
																			disponibilità 
																			di 
																			cui, 
																			per 
																			secolare 
																			consuetudine, 
																			intere 
																			comunità 
																			godevano, 
																			sia 
																			per 
																			il 
																			pascolo 
																			sia 
																			per 
																			l’approvvigionamento 
																			di 
																			legna 
																			per 
																			usi 
																			domestici. 
																			Fatalmente 
																			ciò 
																			non 
																			poteva 
																			non 
																			incontrare 
																			resistenze, 
																			generando 
																			vere 
																			e 
																			proprie 
																			tensioni 
																			sociali.
																			
																			
																			 
																			
																			Porre dei vincoli all’utilizzo dei boschi, in questa prospettiva, 
																			produceva 
																			quei 
																			contrasti, 
																			cui 
																			abbiamo 
																			fatto 
																			cenno, 
																			tra 
																			istanze 
																			spesso 
																			inconciliabili.
																			
																			
																			 
																			
																			Peraltro, ricondurre tutto alla scarsa, o nulla sensibilità 
																			ambientale 
																			dei 
																			più, 
																			ci 
																			farebbe 
																			perdere 
																			di 
																			vista 
																			il 
																			fatto 
																			che 
																			il 
																			faticoso 
																			processo 
																			verso 
																			la 
																			modernità 
																			scontava 
																			ancora 
																			il 
																			perdurare, 
																			all’interno 
																			della 
																			società, 
																			di 
																			strutture 
																			che 
																			moderne 
																			ancora 
																			non 
																			erano.
																			
																			
																			 
																			
																			Inoltre va anche sottolineato che, nella ricezione, da parte 
																			delle 
																			autorità 
																			politiche 
																			locali, 
																			degli 
																			effetti 
																			che 
																			la 
																			riforma 
																			produceva 
																			nel 
																			rispettivo 
																			territorio, 
																			occorrerà 
																			sempre 
																			distinguere 
																			tra 
																			la 
																			difesa 
																			clientelare 
																			di 
																			interessi 
																			“forti”, 
																			e la 
																			diffusa 
																			preoccupazione 
																			per 
																			il 
																			mantenimento 
																			degli 
																			equilibri 
																			delle 
																			comunità.
																			
																			
																			 
																			
																			C’è un passo, nei saggi di Federigotti, che è ardito riportare 
																			in 
																			modo 
																			acritico: 
																			“La 
																			pace 
																			non 
																			nutre 
																			maggior 
																			gente, 
																			che 
																			la 
																			guerra 
																			non 
																			voglia 
																			a 
																			struggerne. 
																			Questi 
																			due 
																			stadi 
																			non 
																			esercitano 
																			sulla 
																			popolazione 
																			che 
																			un 
																			influsso 
																			ben 
																			passeggero. 
																			Noi 
																			sappiamo 
																			dalla 
																			moderna 
																			istoria 
																			francese, 
																			quanto 
																			passeggera 
																			sia 
																			l’influenza 
																			delle 
																			più 
																			cruente 
																			guerre 
																			sulla 
																			condizione 
																			di 
																			popolamento, 
																			in 
																			un 
																			paese, 
																			ove 
																			ogni 
																			specie 
																			di 
																			culto 
																			agreste 
																			sia 
																			in 
																			onore”.
																			 
																			
																			Certo il nostro autore non avrebbe conosciuto i cataclismi 
																			provocati 
																			dalle 
																			grandi 
																			guerre 
																			del 
																			secolo 
																			successivo, 
																			e la 
																			sua 
																			appare 
																			in 
																			ogni 
																			caso 
																			più 
																			un’espressione 
																			d’effetto 
																			che 
																			un’interpretazione 
																			storica.
																			 
																			
																			Tuttavia, una riflessione ancora la suggerisce: la tutela 
																			dell’ambiente 
																			quale 
																			condizione 
																			primaria 
																			per 
																			la 
																			difesa 
																			delle 
																			popolazioni 
																			e 
																			garanzia 
																			per 
																			il 
																			loro 
																			futuro.
																			
																			
																			 
																			
																			Fosse pure l’ingenuo sentimentalismo di un reazionario, ma 
																			certo 
																			precorreva 
																			le 
																			drammatiche 
																			contraddizioni 
																			che 
																			caratterizzano 
																			i 
																			nostri 
																			tempi.
																			
																			 
																			
																			P.S.: Se si dovesse diligentemente rispettare il buon decalogo 
																			di 
																			ogni 
																			ricerca 
																			storica, 
																			questo 
																			contributo 
																			peccherebbe 
																			di 
																			un 
																			vizio 
																			d’origine, 
																			per 
																			così 
																			dire. 
																			Ovvero 
																			l’autore 
																			non 
																			conosce 
																			assolutamente 
																			nulla 
																			di 
																			Giuseppe 
																			Bossi 
																			Federigotti 
																			(a 
																			parte 
																			il 
																			titolo 
																			nobiliare 
																			di 
																			conte, 
																			anteposto, 
																			secondo 
																			costume, 
																			al 
																			proprio 
																			nome). 
																			Quindi 
																			la 
																			fonte 
																			scaturisce 
																			direttamente 
																			dalla 
																			lettura 
																			di 
																			questi 
																			scritti, 
																			senza 
																			alcuna 
																			ulteriore 
																			ricognizione. 
																			Sono 
																			stati, 
																			tuttavia, 
																			un 
																			valido 
																			stimolo 
																			a 
																			riproporre 
																			riflessioni 
																			su 
																			un 
																			tema 
																			cruciale 
																			per 
																			i 
																			nostri 
																			tempi 
																			e 
																			per 
																			quelli 
																			che 
																			verranno, 
																			partendo 
																			proprio 
																			dalle 
																			osservazioni 
																			e 
																			dalle 
																			stimolanti 
																			analisi/divagazioni 
																			di 
																			un 
																			inquieto 
																			– 
																			ancorché 
																			anonimo 
																			- 
																			testimone 
																			dell’ottocento.
																			 
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Riferimenti 
																			bibliografici:
																			 
																			
																			
																			
																			Giornale 
																			e 
																			atti 
																			della 
																			Società 
																			Agraria 
																			di 
																			Lombardia, 
																			Archivi 
																			Biblioteca 
																			comunale 
																			Como
																			
																			
																			D.Worster,
																			
																			Storia 
																			delle 
																			idee 
																			ecologiche, 
																			Bologna, 
																			1994
																			
																			
																			
																			V.Fumagalli,
																			
																			L’uomo 
																			e 
																			l’ambiente 
																			nel 
																			Medioevo, 
																			Roma-Bari,2003
																			
																			
																			P.Bevilacqua, 
																			La 
																			terra 
																			è 
																			finita, 
																			Roma-Bari,2006
																			
																			
																			Teresa 
																			Isemburg,
																			
																			Storia 
																			d’Italia 
																			– 
																			Atlante, 
																			Immagini 
																			e 
																			Numeri 
																			dell’Italia, 
																			Torino,1976
																			
																			
																			“Pascolo 
																			e 
																			bosco” 
																			Atti 
																			della 
																			tavola 
																			rotonda 
																			tenutasi 
																			a 
																			Firenze 
																			il 
																			12 
																			marzo 
																			1982. 
																			Accademia 
																			italiana 
																			di 
																			scienze 
																			forestali, 
																			Firenze,1984
																							
																			
																			
																			
																			
																							
																			 
																			
																			