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ATTUALITà


N. 38 - Febbraio 2011 (LXIX)

cHi è GIOVANE OGGI
Dieci risposte per spiegarE chi siamo

di Giulia Gabriele

 

Io sono giovane, ho 21 anni e, tempo fa, mi fece riflettere un’inezia, una constatazione piccola e banale, di poco conto, un pourparler che una mia amica mi rivolse. Si parlava di username (per intenderci il ‘nome utente’ che si immette prima della ‘chiocciola’ o at, per gli anglofoni: @) per gli indirizzi di posta elettronica ‘professionali’ (quelli che si usano per mandare i curricula in giro, insomma).

 

A quanto pare, al mondo, ci sono talmente tante “Giulia Gabriele”, che ogni possibilità di scelta era già stata assegnata a queste identità omonime, ma a me sconosciute. Perciò fui costretta ad aggiungere un numero al mio nome e cognome. Pensai di inserire il mio anno di nascita, in parte perché è stato un anno politicamente e socialmente interessante e in parte perché mi sembrò la scelta più professionale e meno ambigua.

 

Così digitai “89” e, magia, l’username era valido. Ma ebbi il tempo di rimanere contenta per pochi giorni di questa conquista, fino a quando questa mia amica, giovane donna in carriera, non mi venne a mettere, in assoluta buona fede, una pulce nell’orecchio. Pur appoggiando la mia scelta sicuramente intelligente di crearmi un account di posta professionale (ne avevo già uno da molti anni, ma nel dominio – la parte dopo la chiocciola – aveva la ‘K’… e che parola italiana si può associare a questa lettera durante uno spelling? A me, l’unica che è sempre venuta in mente è stata ‘koala’: colorita ma poco professionale, appunto), era rimasta un po’ perplessa per l’aggiunta del mio anno di nascita, apostrofando in questo modo la scelta: “Così, però, si capisce subito che sei giovane”.

 

Ora, questa frase detta da una persona che mi ha ‘assunta’ quando avevo ancora meno anni di oggi, non viene interpretata né come offensiva né in senso dispregiativo. Però fa riflettere. È vero che non sarò giovane per sempre, ma per ora lo sono. Adesso che sarei in età da lavoro o da stage o da master o quelchevipare, proprio adesso potrei essere ‘stoppata’ a causa di un numero non abbastanza basso.

 

Quindi questa breve intervista capita “a fagiolo” per provare a capire chi siano, cosa pensino e cosa vogliano i giovani d’oggi.

 

a. Nome: Davide

b. Età: 21

c. Città natale e dove vivi (se diversa): Roma

d. Titolo di studio: Diploma di maturità scientifica

e. Facoltà universitaria: Informatica

f. Professione: Studente

 

1. Secondo te, è vero che l'Italia non mette alla prova i suoi giovani, che li teme? E se sì, quanto questo stallo dipende dagli stessi giovani e quanto dalla politica del Paese?

 

Sinceramente non penso che l’Italia tema i suoi giovani. Diciamo solo che, purtroppo, in un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando è difficile poter dare fiducia alle persone, a noi giovani compresi e, anzi, forse soprattutto a noi, perché rappresentiamo, in alcuni casi, una scommessa che non sempre si vince.

Credo che se la politica italiana investisse maggiormente, ad esempio, sui giovani laureati con ottimi risultati accademici, potrebbe trovare una fonte di risorse inaspettata. D’altra parte, se anche i giovani, incluso io stesso, si interessassero maggiormente alla politica in maniera costruttiva, qualcosa potrebbe essere diversa.

I giovani sono il futuro e ogni scelta ci porta sulla strada che un giorno rappresenterà il nostro presente. E anche la politica fa parte di queste scelte.

 

a. Nome: Giulia
b. Età: 21
c. Città natale e dove vivi (se diversa): Roma
d. Titolo di studio: Diploma di maturità classica
e. Facoltà universitaria: Medicina e Chirurgia
f. Professione: Studentessa

 

2. Hai mai avuto l'occasione di vivere all’Estero? E, in generale, cosa credi che l’Italia non abbia rispetto ad altri Paesi, e/o viceversa?

 

Non ho avuto occasione di vivere all’Estero, ma viaggio molto; la cosa fondamentale che manca all’Italia credo sia il senso civico, il senso dello Stato; negli altri Paesi, il pubblico è di TUTTI, in Italia il pubblico non è di nessuno e dunque non è degno di essere tutelato e sostenuto.

Purtroppo la classe politica italiana è marcia e vetusta, andrebbe sostituita in toto da gente che abbia ancora degli ideali “puliti”, che capisca il senso dell’essere un politico (cioè essere al servizio di tutti i cittadini, e non al giogo del potere), che creda davvero nei giovani perché lei stessa è giovane. Ogni Paese, poi, chiaramente ha le sue magagne, ma questo non vuol dire assuefarsi alla mediocrità.

 

a. Nome: Rebecca

b. Età: 21

c. Città natale e dove vivi (se diversa): Roma

d. Facoltà universitaria: Scienze politiche

e. Titolo di studio: Diploma di maturità classica

f. Professione: Studentessa

 

3. Sognare, secondo te, in quest’epoca cos'è? Un diritto, un dovere, un privilegio o altro?

 

Sognare vuol dire tante cose: sognare vuol dire vivere, sperare, avere fiducia, amare se stessi e anche gli altri. La nostra società fa di tutto per farci credere che sia un privilegio per pochi, un lusso. Io invece credo che sia un sinonimo di libertà e l’unico mezzo che abbiamo per rimanere fuori dal baratro, dall’omologazione.

 

Sognare vuol dire avere degli obiettivi e impiegare la propria vita nel raggiungimento di questi, uno dopo l’altro. Sognare, per noi giovani, è un dovere perché un Paese nel quale i giovani perdono la voglia di sognare, è un Paese finito.

 

a. Nome: Vanessa  

b. Età: 22

c. Città natale e dove vivi (se diversa): Roma, Parigi

d. Titolo di studio: Diploma di maturità scientifica

e. Facoltà universitaria:Storia dell’arte e archeologia

f. Professione: Hotêsse d’accueil al Museo dell’Architettura di Parigi

 

4. Secondo te c’è differenza tra impegno politico e impegno sociale? E tu sei impegnata in qualche modo in questi settori?

 

La differenza c’è, ma entrambi esprimono un desiderio di cambiamento, seppur su diversi livelli e in settori differenti. La politica deve avere a cuore la qualità di vita dei cittadini di un Paese, ma i suoi mezzi sono più potenti, e i provvedimenti possono riguardare sfere più alte. Detto questo, l’impegno sociale è anche qualcosa d’importante, e permette all’individuo di agire in prima persona, senza delegare responsabilità a un partito o a un portavoce.

Personalmente non sono iscritta a nessun partito politico, ma in più occasioni mi sono impegnata direttamente in attività di beneficenza e volontariato, per combattere il sentimento di impotenza, ma anche perché le ritengo occasioni di arricchimento personale.

 

5. Mi auguro che non se ne dispiacciano gli altri ragazzi intervistati, ma, visto che sei un’italiana che vive all’Estero, approfitterei di te per porti un altro paio di domande. E la prima delle due è: si dice spesso che i giovani non abbiano spazio, che a nessuno interessi cosa abbiano da dire, da proporre. Bene: dimmi 5 cose che ritieni fondamentali per cambiare in meglio, se lo ritieni necessario, l’Italia.

 

Ben volentieri. Sicuramente la prima che mi viene in mente è una lotta all’abusivismo più violenta: è scandaloso vedere come il nostro territorio nazionale sia imbruttito da abitazioni non regolamentari e dalla formazione di interi quartieri non previsti dal Piano regolatore, quartieri che inevitabilmente costano alla Stato milioni ogni anno (gli allacci base come quello della corrente o del gas, i servizi di vario genere, per non parlare dei soccorsi in caso di crolli, frane). E quindi si devono abolire i condoni… leggi più severe non servono, basta far applicare quelle già esistenti.

La seconda è la lotta all’evasione fiscale, ma non a chiacchiere.

La terza, invece, riguarda la modernizzazione delle città italiane: in questo senso, credo che l’idea di Alemanno, ad esempio, per la riqualificazione di Tor Bella Monaca – un quartiere di Roma abbandonato a se stesso da sempre – sia buona (se messa in atto con criterio); i mezzi pubblici dovrebbero essere resi più efficienti, i controlli contro gli autobus “fantasma” (quegli autobus che saltano le corse e poi ne vedi arrivare tre di fila che per Roma, ma non solo, sono una vera piaga) devono essere maggiori, le linee metropolitane devono essere aumentate e a livello europeo in tutte le principali città italiane; e le città stesse devono essere rese a misura d’uomo, non di automobile, perché una città più facile da attraversare non solo è più bella, ma si fa anche rispettare di più...

La quarta cosa da fare sarebbe iniziare a parlare di conflitto d’interessi senza tabù: è uno scandalo agli occhi di tutto il mondo, ma in Italia non si può neanche dire a voce alta.

E, infine, ma non per importanza, credo sarebbe l’ora di valorizzare i nostri tesori nazionali, troppo spesso lasciati in totale stato di abbandono. L’Italia è una terra meravigliosa, ma molte volte gli italiani non la rispettano né la fanno rispettare.

 

6. E questa è la seconda: visto che vivi all’Estero, credi che all’Italia manchi qualcosa rispetto agli altri Paesi? E come viene vista?

 

Ormai vivo a Parigi da 4 anni, e posso assicurarti che i problemi qui non mancano, ma la continuità del Governo spesso permette di trovare dei provvedimenti, che possono non piacere a tutti, ma che vengono attuati. A penalizzare maggiormente la politica italiana credo sia proprio quest’assenza di continuità, che obbliga ogni nuovo Governo a cominciare da zero, senza dare mai il tempo a nessuno di trovare risposte o soluzioni.

E, come se non bastasse, il nostro Paese spreca tantissime (troppe) energie nelle lotte interne, tra partiti contrapposti ma anche nel partito comune, che indeboliscono il Governo e l’economia (già messa in ginocchio dalla discontinuità al potere di cui ti parlavo prima), rendendo instabile la Borsa e l’immagine dell’Italia agli occhi delle altre Nazioni europee, che, spesso, risulta imbarazzante.

 

a. Nome: Marco
b. Età: 24
c. Città natale e dove vivi (se diversa):Palermo, Roma-Milano
d. Titolo di studio: Diploma di maturità scientifica
e. Facoltà universitaria: Lettere e Filosofia
f. Professione: Aiuto regista

 

7. Siccome ti interessi del mondo dello spettacolo e in qualche modo ne fai anche parte, ne approfitto per aprire una parentesi sulla televisione: molti giovani vorrebbero entrare a far parte del tuo mondo e a volte, mi permetto di dare un giudizio personale, spingendo il limite della loro coscienza a punti di non ritorno. Tu cosa ne pensi? Credi che i modelli di giovani che popolano la tv (dai reality ai talent-show passando anche per i telegiornali), rappresentino veramente te e i tuoi coetanei? Pensi che la visione televisiva del mondo dei giovani possa in qualche misura aver influenzato, negli anni, la visione che gli adulti (tra cui genitori, insegnanti, politici, ecc.) hanno dei ragazzi di oggi?

 

Credo che la tv sia innegabilmente uno specchio della società. Questo non vuol dire che tutti i giovani siano come quelli che appaiono in televisione, ma neanche che questa distorca troppo la realtà. Giovani vogliosi di apparire ce ne sono e anche quelli esibizionisti che non si fanno scrupoli ad addentrarsi nel giaciglio altrui per ottenere posti di rilievo.

Io personalmente non faccio parte di questa categoria: se un giorno diventerò mai qualcuno, voglio esserlo per meriti professionali, perché non voglio avere scheletri nell’armadio. Voglio poter essere fiero della mia vita. Ma più vado avanti e più mi sento una mosca bianca, ahimè.

“L’adulto moralizzatore”, poi, di certo non aiuta… anche perché ogni generazione non fa che “incolpare” quella successiva di superficialità, perché “ai miei tempi” era così o cosà… quando, in realtà, la società (molto ipocrita secondo me) che oggi noi giovani italiani ci ritroviamo sulle spalle non è altro che il risultato di “quei tempi”. Quindi, più che puntare il dito, gli adulti (politici in primis) dovrebbero aiutarci a cambiare il corso degli eventi.

 

a. Nome: Simone

b. Età: 27 anni

c. Città natale e dove vivi (se diversa): Roma, Viterbo

d. Titolo di studio: Laurea

e. Facoltà universitaria: Architettura

f. Professione: Giornalista

 

8. Da giovane, sei interessato alla politica e cosa pensi di quella italiana? Credi che ci sia differenza tra la politica e i politici?

 

Personalmente mi interesso di politica, sia estera che italiana, ma non sono un “attivista”… diciamo che mi tengo informato il più possibile. Una volta lessi una frase: “La politica ci fa schifo, ma la sopportiamo perché è l'unico mezzo che abbiamo per cambiare le cose”.

Tendenzialmente sono d’accordo con questa affermazione, ma modificherei la prima parte: la società in cui viviamo è il problema e genera una classe politica in parte inadeguata che noi (popolazione) continuiamo a sopportare con il miraggio che un giorno le cose cambino.

Le cose cambierebbero se ci fosse un miglioramento dal basso da parte della società, quando non ci sarà più gente che abbandona i frigoriferi vicino ai cassonetti, che non pretende lo scontrino nei negozi, che non parcheggia nei posti per disabili... pura utopia? Eppure in alcuni Paesi funziona così… basterebbe ricominciare a sapersi indignare con chi sbaglia con dolo, cosa che oggi manca profondamente all’Italia.

Per quanto riguarda la differenza tra politica e politici, penso che come in tutte le categorie ci sia qualcuno, purtroppo davvero pochi, che si occupa di politica solo per il bene comune. È anche vero che la stragrande maggioranza dei politici sfrutta l’ignoranza diffusa della gente a proprio vantaggio o per i privilegi di poche categorie. Per questo motivo il mio sdegno non è rivolto solamente alla classe politica, ma anche a una fetta consistente di popolazione.

La politica invece sarebbe, uso il condizionale, una nobile arte, se esercitata al servizio del bene comune ma che per definizione, occupandosi del potere, finisce per corrompere la maggioranza dei politici.

 

a. Nome: Laura

b. Età: 28

c. Città natale e dove vive (se diversa): Roma

d. Titolo di studio: Diploma di maturità classica

e. Facoltà universitaria: Lettere e Filosofia

f. Professione: Segreteria di direzione

 

9. Tu, per via dell’età, fai parte della categoria “Giovani”. Cosa rappresenta per te questo status? E quali sono le prime 3 cose (stati d’animo, oggetti, parole, ecc.) che associ alla categoria?

 

Giovane è la capacità di sognare di divenire. Non di essere, ma di divenire. È uno status di certo transitorio, complesso e spesso traditore. Ti aspetti che il solo essere giovane ti permetta di avere il mondo, l’opportunità e il tempo per evolverti e con sudore divenire quello che hai sempre desiderato di essere.

Le tre cose che mi vengono in mente sono delle inseparabili scarpe da ginnastica, l’inquietudine di una passione e la possibilità di avere, nei tanti momenti di smarrimento, una meta dove rifugiarsi per sentirsi chiamare ancora “figlia”.

 

E, infine, la decima domanda… quella classica che si pone a chiunque, soprattutto ai giovani. Questa categoria indistinta, che a volte si condanna, altre si osanna o altre ancora si ignora. Questa categoria che non t’aspetti, magari banale, alternativa, assonnata, partecipe. Questa categoria che non è solo una fascia d’età (18-30): ha tanti cuori che battono, uno per ogni suo componente; questa categoria è una storia di vita che sarebbe intelligente saper ascoltare.

 

Chi siano questi giovani d’oggi, niente di quanto qui scritto potrà dirvelo. Perché non esiste una categoria “Giovani” inquadrabile sotto uno stereotipo comune… i giovani d’oggi non sono diversi da quelli di ieri: sono impauriti, determinati, scoraggiati, sognatori, realisti, stanchi. Sono quello che i giovani di ieri hanno permesso loro di essere oggi, nel Terzo millennio: precari o assunti, sereni o tormentati, buoni o cattivi.

 

I giovani d’oggi sono quelli che per mandare in giro il proprio curriculum vitae (una vita magari appena accennata, ma non per questo vuota), si creano un account di posta elettronica ‘professionale’, aggiungendovi ingenuamente il loro anno di nascita, sperando di non venire rifiutati a prescindere. E perché? Perché sono giovani. Come se fosse una colpa avere un inizio.

 

I giovani, o almeno quelli di questa intervista (perché tanto rimane sempre fuori, perché ci sono giovani che non sanno/possono vivere), sono quelli ai quali se, dopo una lunga chiacchierata sulla politica e l’Italia, alla fine chiedi: Come ti vedi tra 15 anni e dove?, rispondono così.

 

Davide: “Pensando a me fra 15 anni, fino a adesso mi sono sempre visto sposato con una moglie e dei bambini e ovviamente con un lavoro, che spero sia quello per cui sto studiando in questo momento. Dove? Nella mia città, Roma, dove sono nato, cresciuto e dove resterò per tutta la mia vita”.

 

Giulia: “Mi vedo laureata, con un lavoro e (magari) una famiglia. Spero nel mio Paese!”

 

Rebecca: “Tra 15 anni mi vedo serena, con un marito e dei figli (magari 2, un maschio e una femmina) da amare e dai quali essere amata. Con una bella casa poco fuori dalla città, circondata da alberi ombrosi e da un frutteto. E con un buon lavoro che mi permetta, però, di godermi la mia famiglia. Tutto questo lo vorrei a Roma, ma se la Vita mi portasse altrove, non disdegnerei. Vedremo”.

 

Vanessa: “Sinceramente, non lo so”.

 

Marco: “Sarò un famoso regista e produttore italiano, vivrò tra Roma, Milano e New York e gestirò un teatro a Palermo, la mia città natale”.

 

Simone: “Tra 15 anni, se tutto va bene, ne avrò 42. Spero di aver formato la mia famiglia e di essere all’altezza del difficile mestiere di padre e marito. Mi vedo con una residenza fissa, magari in Italia ma con un lavoro che mi permetta di viaggiare, visitare, spostarmi. Come vedi dopo questa lunga intervista un po’ di ottimismo, soprattutto per la mia condizione personale, forse mi è rimasto”.

 

Laura: “In motorino. La meta sarà la meta di un giorno, non della vita”. 



 

 

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