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N. 85 - Gennaio 2015 (CXVI)

Il Giorno della Memoria

tanti Olocausti, una ferita aperta nel cuore dell’umanità
di Andrea Filippini

 

Con la legge 211/2000 il Parlamento della Repubblica Italiana ha stabilito un «Giorno della Memoria, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati» (art. 1).

 

La data prescelta – il 27 gennaio – ha un alto valore simbolico perché corrisponde al giorno in cui le truppe sovietiche dell’Armata Rossa, abbattendo i cancelli del famigerato campo di sterminio di Auschwitz (Oświęcim, Polonia), diedero contezza al mondo intero della realtà dell’Olocausto degli ebrei e di tutti coloro che «anche in campi e schieramenti diversi, si [erano opposti] al progetto di sterminio» (art. 2) concepito e perpetrato dai gerarchi nazisti e dai loro sostenitori con la classica meticolosità teutonica.

 

Come auspicato dal legislatore, il Giorno della Memoria vuole stimolare e promuovere «iniziative, incontri e momenti […] di riflessione […] in modo da conservare nel futuro […] la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinchè simili eventi non possano mai più accadere» (art. 2).

 

Quest’anno ricorre il settantesimo anniversario della liberazione dei deportati ad Auschwitz e il numero dei superstiti ancora viventi è ormai ridottissimo. Con il tempo i tragici accadimenti che hanno contrassegnato buona parte del XX secolo sono destinati a divenire una semplice pagina di un sussidiario scolastico. La vita prosegue.

 

La storia scorre inesorabilmente. Quando gli ultimi testimoni oculari dell’inferno concentrazionario lasceranno la scena, a garantire la Memoria rimarranno per fortuna i monumenti, i reperti, i documenti e gli scritti dei protagonisti e di chi di loro si è occupato.

 

Accanto a quello, immane e inaudito, che ha falcidiato milioni d’appartenenti al seme d’Abraamo, negli ultimi decenni gli storici hanno spesso parlato di «tanti olocausti», portando così alla ribalta le vicende umane di gruppi minoritari che furono altrettanto crudemente vittime della follia criminale dei dirigenti nazisti e della loro astiosa ideologia politica pregna di assurde teorie razzistiche e di aspirazioni parareligiose riguardanti un futuro millenario per il Reich e il suo Messia e Salvatore, Adolf Hitler.

 

Ci fu così un Olocausto degli slavi e degli zingari, considerati Untermenschen (subumani). I polacchi, in particolare, annoveravano tra le proprie colpe l’“occupazione abusiva” di un suolo facente parte del Lebensraum (spazio vitale) bramato dalla “razza tedesca superiore”. Assieme agli ebrei, le popolazioni slave soffrirono semplicemente per ciò che erano: non c’erano per loro scappatoie!

 

Ci fu poi un Olocausto degli attivisti politici, degli oppositori e degli omosessuali. Tutti costoro patirono le ire del regime per ciò che facevano. I comunisti, contrassegnati nei lager da un triangolo rosso, pagarono un prezzo altissimo per il coraggio con cui portarono avanti i propri ideali politici. Rinnegando se stessi e rinunciando alle proprie idee potevano sfuggire alla scure statale!

 

I nazisti perpetrarono anche un Olocausto degli obiettori di coscienza, Testimoni di Geova e altri. A differenza degli altri, queste persone furono tanto angariate dal nazismo tedesco e dal fascismo italiano per quello che si rifiutavano di fare. Ripudiando la fede, i convincimenti e, spesso, firmando un semplice modulo di abiura preparato ad hoc per loro, potevano tornare liberi!

 

A proposito di questo Olocausto, va riconosciuto onestamente che la persecuzione dei Testimoni di Geova durante il periodo nazifascista è tra le meno note. Nella nomenclatura concentrazionaria gli appartenenti a questo gruppo religioso minoritario erano catalogati come Bibelforscher (Studenti Biblici) ed erano segnalati da un triangolo viola, un “logo” che già nel colore funereo appariva drammaticamente profetico.

 

Come gli attivisti politici, i Testimoni si opponevano al regime totalitario imposto dal Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi (NSDAP), ma nel loro caso ciò avveniva solo in modo passivo: essi semplicemente si rifiutavano di compiere tutte quelle azioni che reputavano stridenti con la propria coscienza religiosa.

 

In particolare i Bibelforscher ritenevano inconciliabile con i principi del cristianesimo professati l’arruolamento nell’esercito e ogni attività bellica, l’accettazione di tessere partitiche e l’antropolatria del Führer in tutte le sue declinazioni. Indispettì molto le autorità tedesche il rifiuto ferreo dei Testimoni di Geova di praticare l’Hitlergruß (il saluto di Hitler) seguito dall’esclamazione Heil Hitler! (La salvezza appartiene Hitler!). A migliaia furono per questi motivi arrestati e tradotti nei campi di prigionia. Molti d’essi furono giustiziati.

 

Visto il dovere della memoria, voglio ricordare il caso di Franc Drozg, un modesto operaio dell’antica cittadina romana di Poetovio (Ptuj), in Slovenia. Agli inizi del 1942 le autorità occupatrici tedesche lo precettarono per reclutarlo nella Wermanschaft, un corpo paramilitare. Franc, divenuto soltanto da poco tempo uno zelante Studente Biblico, pur di rimanere coerente con i propri convincimenti religiosi ed etici, rifiutò l’arruolamento.

 

Il 28 maggio fu arrestato e, dopo qualche giorno, venne trasferito nelle Carceri Giudiziarie di Maribor, reclusorio in cui i prigionieri venivano interrogati e brutalmente torturati. Senza un regolare processo il locale comandante della polizia di sicurezza gli comminò la pena di morte. Lunedì 8 giugno 1942, dopo una dozzina di giorni dall’arresto, l’esistenza di Franc fu infranta dallo sparo di un fucile.

 

Spesso i carnefici non si accontentano dell’eliminazione fisica del nemico ma ne cercano l’umiliazione e la mortificazione. Tre persone da me intervistate una quindicina d’anni fa, all’epoca dei fatti già correligionari del Drozg, mi hanno riferito che i nazisti, con il chiaro scopo di turlupinarlo e mortificarlo, appesero al suo collo un cartello con la scritta «Non sono di questo mondo» (Giovanni 18:36).

 

Poche ore prima della fucilazione, a questo obiettore di coscienza per motivi religiosi fu accordato il permesso di redigere una lettera di commiato. Le poche righe vergate dallo stilo di Franc rivelano la sua grande dignità, la sua inamovibile fede in Dio nonché le sue convinzioni escatologiche ovvero la speranza di una futura vita eterna futura sotto il Regno di Dio. In questa breve missiva, indirizzata all’amico Rupert Španer e oggi conservata nel Museo di Liberazione Nazionale di Maribor, leggiamo: «Caro amico! Rupert oggi sono stato condannato a morte. Non fate cordoglio per me. Saluto voi e tutti a casa e arrivederci nel Regno di Dio».

 

L’esecuzione del Drozg e di una lunga lista di altri sventurati “criminali”, perpetrata quel giorno, fu notificata alla cittadinanza attraverso un Bekanntmachung, un avviso pubblico affisso per le strade attraverso il quale il comandante tedesco Rösener intendeva spaventare la cittadinanza per piegarla al volere dell’occupatore. Franc Drozg, l’ultimo della lista, non cedette ai diktat nazisti, non impugnò mai le armi, non scese a compromessi e davvero non fece parte di quel mondo orribile! (Le storie personali di Franc Drozg e di tanti altri obiettori di coscienza sono trattate nel libro Cristiani odiati a motivo della fede).

 

L’inumanità della politica hitleriana e della sua prassi di governo, così come l’efferatezza di tante altre tragedie analoghe avvenute sotto differenti bandiere, lascia interdetti e increduli.

 

Con la Shoah degli ebrei, i tanti Olocausti e i vari genocidi ancora in corso nel cuore dell’umanità si è prodotta una ferita profonda. Com’è stato possibile?

 

Perché ancora accadono cose simili?

 

Il Giorno della Memoria offre a tutti lo spunto per riflettere sul valore che diamo alle persone e alla vita e dovrebbe indurci a riconsiderare il nostro modo di vedere gli altri e di relazionarci con loro.

 

La famosa regola aurea, concepita dalla saggezza divina di Gesù di Nazaret, suggerisce una direttrice di comportamento che, se seguita, renderebbe migliore il mondo e contribuirebbe a cicatrizzare lo squarcio emotivo generato dall’Olocausto nei sopravvissuti, nei loro parenti e in tutte le persone sensibili: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Matteo 7:12).



 

 

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