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N. 19 - Luglio 2009 (L)

Europa: IL SORGERE DEGLI STATI NAZIONALI
RAPPORTI COL PAPATO E L’IMPERO

di Gennaro Tedesco

 

Dalla lotta per le investiture tra Papato ed Impero escono rafforzate le forze borghesi comunali. Sia il papa che l’imperatore sono interessati al consolidamento dei Comuni, ma soprattutto a ricevere da essi sostegno finanziario, per cui sono ben disposti nei confronti dei Comuni, che ne approfittano per rendersi sempre più autonomi rispetto alle due massime autorità del Medioevo.

 

Mentre in Italia nel XIII e XIV secolo i Comuni centro-settentrionali non riescono ad abbandonare il loro particolarismo e corporativismo deleterio, in Spagna, Inghilterra e Francia si verifica una evoluzione della borghesia comunale da posizioni non dissimili da quelle italiane a posizioni totalmente innovative rispetto a quelle italiane.

 

La nobiltà laica ed ecclesiastica continua a sfuggire completamente al controllo centrale del monarca feudale, non contribuisce fiscalmente alle esigenze della corte centrale e continua a godere di immunità tali da renderla un corpo separato e autonomo rispetto alla società che sta cambiando.

 

Non meno interessati dei monarchi all’assoggettamento della nobiltà laica ed ecclesiastica centrifuga sono le forze borghesi comunali che vedono perennemente insidiati e saccheggiati dalla illegalità e dalla rapacità dei feudatari i loro capitali accumulati per mezzo delle attività artigianali, commerciali e finanziarie, che, per poter essere sviluppate, abbisognano della massima tranquillità e legalità.

 

Del resto il sostegno finanziario della borghesia commerciale e bancaria è sempre più richiesto dalla monarchia per le spese di corte e per i tentativi di centralizzazione antifeudale. La nascente borghesia non rifiuta questi prestiti al monarca accentratore perché dal prestito finanziario essa ricava vantaggi economici immensi, quali l’appalto dell’esazione fiscale o il monopolio delle forniture reali sempre più in aumento.

 

A questo punto la centralizzazione antifeudale operata dai re di Spagna, Inghilterra e Francia trova l’appoggio interessato della borghesia che nella eliminazione dello strapotere feudale ed ecclesiastico scorge la possibilità di una maggiore emancipazione sociale se non politica.

 

La nascita del blocco monarchico-nazionale-borghese in questi Paesi significa l’intensificazione del processo di centralizzazione antifeudale, la burocratizzazione amministrativa, giudiziaria e fiscale, la creazione di un esercito non più dipendente dai “capricci” dei grandi feudatari.

 

La formazione di una burocrazia amministrativa e fiscale crea dei funzionari dipendenti esclusivamente dal re non più reclutati tra l’aristocrazia feudale ed ecclesiastica, ma tra i plebei (soprattutto la borghesia delle professioni).

 

Le monarchie nazionali borghesi, costituita per la prima volta una macchina fiscale abbastanza precisa e puntuale, cominciano a richiedere il pagamento delle tasse all’aristocrazia laica ed ecclesiastica sempre esente dall’imposizione fiscale. Ma ora il rafforzamento delle monarchie e la presa di coscienza della borghesia produttiva che non tollera più l’improduttività, la rapacità e il privilegio fiscale della nobiltà laica ed ecclesiastica impongono l’universalità dei tributi. Significativo a questo punto è il caso della Francia di Filippo il Bello.

 

Il sovrano francese chiede, anzi pretende la contribuzione fiscale anche dagli ecclesiastici. Essi rifiutano di sottomettersi a tali obblighi verso il monarca, trovando l’appoggio dello stesso papa rimasto ancorato ancora all’ottica del privilegio ecclesiastico romano.

 

Ma a dimostrazione che i tempi sono mutati, la borghesia francese corre in aiuto del sovrano francese, schierandosi nettamente dalla sua parte contro le retrive pretese papali. La presunta offesa di Anagni contro il papa perpetrata dai francesi non è che l’ultimo atto della fine del preteso e ormai anacronistico universalismo papale.

 

I tentativi dei pontefici romani di creare degli ordini ecclesiastici come i domenicani e i gesuiti, vere e proprie quinte colonne al servizio del Vaticano, non ottengono alcun risultato pratico. Anzi il pericolo rappresentato da questi ordini ecclesiastici al servizio dello Stato pontificio accomuna e consolida il blocco monarchico nazionale e borghese.

 

L’Impero, nel frattempo uscito definitivamente sconfitto dallo scontro col Papato, si disimpegna quasi completamente, a parte alcune calate imperiali in Italia che concludono ben poco. Esso, ormai avviato sotto gli Svevi a snaturarsi prendendo sempre più le caratteristiche di uno Stato su basi centralistiche e borghesi, circoscrive i limiti dei suoi interessi ed interventi alla zona, grosso modo, austro-germanica dell’Europa.



 

 

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